gennaio 30, 2013

La Questione sionista e il Vicino Oriente. – Letteratura monografica: 2. Aleksander Solgenitsin: “Due secoli insieme. Ebrei e Russi prima della rivoluzione”: il pogrom di Kichinev.

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I due volumi di Aleksander Solgenitsin (1918-2008) ricostruiscono la storia dell’ebraismo in Russia negli ultimi due secoli. La traduzione italiana di “Due secoli insieme” è del 2007, mentre la prima edizione in lingua russa è del 2002. Di molti episodi noti in versione propagandistica l’autore russo, basandosi su fonti russe, ci fornisce una versione oggettiva, più aderente ai fatti storici realmente accaduto. Ricostruiremo nei limiti in cui ne saremo capaci i costi umani che Solgenitsin ha dovuto affrontare per la sua opera di verità. Il breve estratto che segue ha finalità didattiche e scientifiche e verrà prontamente rimosso in caso di richiesta da parte degli aventi diritto. Il brano che segue è tratto dal secondo volume dell’opera: Ebrei e Russi prima della rivoluzione (pp. 388-405). Abbiamo eliminato tutte o buona parte delle note originali, per le quali si rinvia all’edizione citata.  Al brano seguirà un nostro commentario ed apparato critico, come è nostra l’iconografica illustrativa del testo, tratta dalla rete.

*
Il pogrom di Kichinev 

Il pogrom di Kichinev iniziò il 6 aprile, ultimo giorno della Pasqua ebraica e primo giorno della pasqua ortodossa. (Non è la prima volta che osserviamo questo tragico legame tra i pogrom antiebrei e la Pasqua dei cristiani: nel 1881, nel 1882 e nel 1899 a Nikolaev - e questo ci colma di un dolore e di una inquietudine estremi).

Ricorriamo all’unico documento fondato su un’inchiesta rigorosa condotta a caldo, appena dopo gli avvenimenti. Si tratta dell’atto di accusa steso dal procuratore del tribunale locale, V. N. Goremykin, il quale «non ha citato un solo ebreo in qualità di accusato, cosa per cui fu aspramente vilipeso dalla stampa reazionaria». (Come vedremo, il tribunale sedette prima a porte chiuse per «non esacerbare le passioni», e l”atto d’accusa fu inizialmente pubblicato all’estero nell’organo di stampa emigrato di Stoccarda, Osvobojdenie [“Liberazione”]).

Il documento si apre con il resoconto degli «abituali scontri tra ebrei e cristiani così come se ne sono prodotti in tutti questi ultimi anni a Pasqua», e sull’«animosità della popolazione locale nei confronti degli ebrei». Vi è detto che «già due settimane prima della Pasqua [ ... ], erano circolate voci in città annuncianti che, per le future feste, vi sarebbero state delle aggressioni contro gli ebrei». Un giornale, il Bessarabets ("il Bessarabo"), aveva svolto qui un ruolo da attaccabrighe pubblicando «giorno dopo giorno, nel corso delle ultime settimane, articoli incendiari, fortemente antiebraici, che non passarono inosservati presso i funzionari di basso rango, gli scribacchini, del popolo poco istruito della Bessarabia. Tra gli ultimi articoli provocatori del giornale, ci fu quello che riferiva l’omicidio di un bambino cristiano nel borgo di Dubossary, perpetrato, secondo quanto riportato, da ebrei “a scopo rituale” (e correva un’altra voce in base alla quale un ebreo aveva assassinato una serva cristiana mentre questa si era, in realtà, suicidata).

E la polizia di Kichinev cosa fece? «Non dando alcun particolare credito alle voci», e malgrado il fatto che, «in questi ultimi anni,sopraggiungevano regolarmente risse tra ebrei e cristiani, la polizia di Kichinev non prese alcuna seria misura preventiva», non fece altro che rafforzare le pattuglie «per le feste, nei luoghi in cui la folla sarebbe stata più densa», aggiungendo ad esse uomini reclutati nella guarnigione locale. Il capo della polizia non diede alcuna chiara istruzione ai suoi graduati.

È proprio questa la cosa più imperdonabile: risse a ripetizione tutti gli anni per la Pasqua, voci di tale gravità - e la polizia incrocia le braccia. Un segno ulteriore dello stato di decadenza dell’apparato governativo. Perché delle due cose l’una: o si lascia andare l’impero (quante guerre, quanti sforzi dispiegati allo scopo di riunire, per oscure ragioni, la Moldavia alla Russia), o si bada al buon ordine che deve regnare su tutto il suo territorio.

Il pomeriggio del 6 aprile, le strade della città sono invase dal «popolo in festa», con «molti adolescenti» deambulanti tra la folla, così come persone alticce. I ragazzi si mettono a lanciare pietre contro le vicine case ebraiche, tirando sempre più forte, e quando il commissario e i suoi ispettori tentano di arrestare uno di loro, «vengono a loro volta colpiti da sassi». Degli adulti si mettono allora in mezzo. «La polizia non prese alcuna misura ferma per stroncare i disordini» e questi ultimi sfociarono nel saccheggio di due botteghe ebree e di alcune rimesse. In serata, i disordini si calmarono, «nessuna via di fatto era stata perpetrata quel giorno contro gli ebrei»; la polizia aveva arrestato sessanta persone durante la giornata.

Tuttavia, «all’alba del 7 aprile, la popolazione cristiana [ ... ], molto agitata, cominciò a raccogliersi in diversi posti della città e

gennaio 24, 2013

La questione sionista ed il Vicino Oriente – Documentazione tratta da “Il Popolo d’Italia”: Cronache dell’anno 1921.

Home Q. sionista, ebraica, giudaica.
Mentre valgono le considerazioni generali già fatte per le precedenti fonti documentarie, e cioè: Vedi Elenco Numerico, pare qui opportuno rilevare ogni volta la casualità e imparzialità con la quale le diverse fonti si aggiungono le une alle altre, animati da una pretesa di completezza, che sappiamo difficile da raggiungere. «Il Popolo d’Italia» fu fondato da Vittorio Mussolini nel 1914 e percorre tutta la durata dello Stato fascista. Al momento non esistono archivio digitali in rete di questo quotidiano e pertanto il nostro spoglio si basa sulla consultazione in biblioteca dell’originale cartaceo. Valgono i criteri generali enunciati in precedenza e adattati ogni volta alla specificità della nuova fonte. Assumendo come anno di partenza il 1921 seguiamo un metodo sincronico, raccordandolo con quello diacronico basato su alcuni anni di riferimento.

LA QUESTIONE SIONISTA
E IL VICINO ORIENTE
Home
tratta dalla consultazione cartacea de “Il Popolo d’Italia”


1921
1920  ↔ 1922

Anno inizio spoglio: 1921.
Il Popolo d’Italia: 1882 - 1883 - 1884 - 1885 - 1886 - 1887 - 1888- 1889 - 1890 - 1891 - 1892- 1893 - 1894 - 1895 - 1896 - 1897 - 1898 - 1899 - 1900 - 1901 - 1902 - 1903 - 1904 - 1905 - 1906 - 1907 - 1908 - 1909 - 1910 - 1911 - 1912 - 1913 - 1914 - 1915 - 1916 - 1917 - 1918 - 1919 - 1920 - 1921 - 1922 - 1923 - 1924 - 1925 - 1926 - 1927 - 1928 - 1929 - 1930 - 1931 - 1932 - 1933 - 1934 - 1935 - 1936 - 1937 - 1938 - 1939 - 1940 - 1941 - 1942 - 1943.






Cap. 1

Top c. 1 13.1.1921 ↓ c.  3  → plus

Lettere dalla Polonia: gli ebrei di Vilna pe la Costituente 

Il Popolo d’Italia,
13 gennaio 1921

Si ha da Vilna che gli ebrei organizzati nei gruppi democratici della Lituania centrale sotto la presidenza dei noti agitatori politici dottori Chabad e Spiro hanno deciso di partecipare alle elezioni per la costituente della Lituania centrale. Il dott. Chabad in un’intervista ha dichiarato che secondo la sua opinione la dieta costituente eletta in base ai regolamenti comuni a tutti i paesi democratici dell’Europa sarà l’organo meglio adatto a pronunciarsi sulla sorte del paese. Secondo il dott. Chabad qualsiasi altra forma della consultazione popolare sarebbe inutile e ritarderebbe unicamente la soluzione del problema di Vilna che deve essere nell’interesse di tutte le nazionalità che compongono la sua popolazione – sarebbe a dire: polacchi, ebrei, bianco-ruteni e lituani – rapida.



Cap. 2

Top c. 1 18.3.1921 ↓ c.  3  → plus

La Polonia e la quistione ebrea

Il Popolo d’Italia,
Anno VIII, N. 66. p. 3
Venerdì, 18 marzo 1921

Titoli: Lettere da Varsavia. La Polonia e la quistione ebrea. I nativi e gli importati. Pretese legittime e pretese assurde.

(Dal nostro corrispondente particolare)

Varsavia, marzo.

All’Occidente in generale i polacchi hanno l’opinione dei mangia ebrei creatasi in seguito alla propaganda ebrea sui famosi «progrom» (l’origine della parola è russa e la prima applicazione si ebbe nel 1905 durante i famosi massacri degli ebrei compiuti a Kiszyniew nella Bessarabia). Qualunque alterco tra un polacco ed un ebreo in Polonia serve alla stampa ed alle agenzie ebree sioniste all’estero per denunziare al mondo un nuovo «pogrom». Basta dire che i soldati di Haller tornati dalla Francia nel 1918 ebbero la malaugurata ed ammettiamo pure, stupida idea di tagliar le barbe agli ebrei usi a portarle lunghe e sudicie generalmente, in quel periodo all’estero cominciarono a circolare le voci sui grandi «pogrom» antiebrei in Polonia, sulle migliaia e migliaia di vittime, mentre in origine trattavasi di qualche barba accorciata. Questo atto dei soldati represso dalle autorità militari, come un attentato all’onor del mento prese le proporzioni dei «pogrom».

La verità è che la Polonia oltre l’elemento ebreo nato in Polonia possiede una grande quantità di ebrei espulsi a suo tempo dalla Russia ed ora anelanti al ritorno impedito loro dallo svolgersi degli avvenimenti tra i due paesi e dalle circostanze di vita alimentare ed economica difficili in Russia. Questo elemento straniero in tutto agli agli usi ed ai costumi polacchi, nonché a quelli degli ebrei originari del paese, non si contenta dei diritti di ospite ma pretende dei diritti speciali.

Strane pretese

 Sotto l’impulso della propaganda di questo elemento straniero ebreo gli ebrei in Polonia incominciarono anche loro ad avanzare delle pretese alquanto strane se non addirittura assurde. Nel giornale ebreo pubblicato a Varsavia nel gergo denominato “yddish” – «Hajnt» – troviamo una simile dichiarazione del deputato ebreo alla dieta di Varsavia. Grunbaum: «…la lotta degli ebrei polacchi è sotto tutti i suoi aspetti una lotta per i diritti nazionali. Gli ebrei costituiscono una nazione differente dalle altre».

Nessuno tende a disconoscere agli ebrei la facoltà di credersi «una nazione differente dalle altre», ma gli stessi ebrei hanno preteso ed hanno ottenuto i diritti dei cittadini polacchi, inglesi, francesi, italiani ed altri, molto probabilmente allora essi partivano da un punto di vista ben diverso considerandosi unicamente come una comunità religiosa diversa dalle altre, ma non come una nazione. E se loro si considerano «una nazione» allora giustamente possiamo chiederci: cosa succederà se avverrà la contrarietà tra i loro interessi nazionali e gli interessi del paese ove essi risiedono?

Ed è strana pure la dichiarazione del Luciano Wolff nel memoriale della delegazione ebrea alla Lega delle Nazioni a Ginevra dove si dice testualmente così: «uno dei più grandi scopi dell’esistenza della Lega sarebbe nientemeno che la difesa degli ebrei dinanzi alle nazioni alle quali essi in apparenza appartengono.

Le successive manovre degli ebrei a Ginevra hanno portato al seguente risultato, nello statuto della Lega si dice che le lagnanze delle minoranze nazionali devono essere inoltrate per mezzo di un membro della Lega stessa, attualmente invece questo paragrafo è stato modificato e «le minoranze hanno diritto di rivolgersi direttamente alla Lega», sarebbe a dire le minoranze godono i prerogativi spettanti alle nazioni, vale a dire indirettamente: gli ebrei costituiscono una nazione.

La “Judeo=Polonia»!

Gli ebrei polacchi fino a poco tempo fa parlavano apertamente che a loro i diritti delle minoranze non possono bastare e che essi tenderanno ad ottenere l’autonomia nazionale. Gli ebrei più accesi parlavano addirittura che la Polonia non è soltanto la Polonia ma è la Judeo-Polonia. Lo stato polacco dovrebbe essere composto di due stati e gli ebrei in tal modo avrebbero un loro stato nello Stato polacco. Ora i polacchi possono concedere agli ebrei i diritti spettanti ad ogni cittadino della repubblica di Polonia, possono accettare le leggi speciali sulla protezione delle minoranze nazionali, perché l’Europa dietro la spinta degli ebrei predominanti specialmente in Inghilterra costringe loro ad accettarli ma in quanto  allo Stato ebreo nello Stato polacco, no!

Durante l’invasione bolscevica in Polonia purtroppo e specialmente in alcune località della Polonia orientale gli ebrei hanno dato prova di ciò che succede quando la loro concezione degli interessi nazionali contrasta con la concezione degli interessi della nazione alla quale essi «in apparenza» appartengono. I bolscevichi in queste località hanno avuto da parte degli ebrei un’accoglienza calorosissima e si sono formate pure le legioni ebree ausiliarie. Bisogna riconoscere che in alcune altre località gli ebrei polacchi hanno dimostrato il loro amore per la terra natia e che hanno fatto il loro dovere a pari con gli altri cittadini.

Vediamo pure dagli atteggiamenti degli ebrei di Vilna, dall’azione ebrea per l’Alta Slesia, che non si può accusare indistintamente tutti gli ebrei polacchi di ciò che commettono alcuni gruppi prevalentemente costituiti dall’elemento immigrato dopo l‘espulsione dalla Russia e sommamente antipatico alla popolazione indigena per la loro opera di russificazione svolta prima della guerra, di spalleggiamento a scapito della popolazione dei governanti stranieri odiati e detestati, per la loro arroganza nell’esprimere esternamente l’odio contro tutto ciò che era polacco e che simboleggiava la secolare lotta per l’indipendenza nazionale della Polonia. Questo odio ha causato indubbiamente qualche eccesso senza però aggiungere gli effetti voluti nelle asserzioni della stampa ebrea occidentale, dei «Jewish Espress, Jewish World, Jewish Times», ecc.

Nessuna azione sterminatrice

Ogni tanto, specialmente in Inghilterra, circolano le nuove voci sui pogrom compiuti o da compiere contro gli ebrei in Polonia ed ogni tanto gli ebrei si rivolgono al Foreign Office per l’intervento inglese. Non bastarono le ispezioni fatte in Polonia dai delegati americani ed inglesi di «nazionalità» ebrea per tranquillizzare gli ebrei inglesi, non bastano neppure le leggi sulla protezione delle minoranze firmate ed accettate dal Governo di Varsavia. Tutte le  difficoltà create dall’Inghilterra nella soluzione dei vari problemi concernenti la Polonia hanno la loro radice nelle manovre oscure di retroscena degli ebrei. La sfiducia palesemente e puerilmente dimostrata da Lloyd George verso le capacità polacche di esistere e di organizzarsi ha pure la sua origine  nei consigli di «nazionalisti» ebrei «in apparenza» appartenenti alla nazione inglese. E pure negli ultimi mesi dell’anno scorso la supersensibilità «nazionalista» ebrea ha inventato una preparazione di un «pogrom» a Leopoli. Il Foreign Office potrebbe confermare le nostre parole poichè si richiedeva nuovamente il suo intervento in favore di quelli che «dovevano essere pogromati».

La dichiarazione canadese in rispetto ai diritti delle minoranze è l’unica adottabile in riguardo agli ebrei: ogni straniero che intende scegliersi il domicilio fisso e la patria sul territorio di uno Stato deve sottomettersi alle leggi proclamate nell’ambito di questo Stato, diventare un cittadino leale ed obbediente, diventare un membro della società non parassitario e disgregatore ma contribuente al benessere generale. I nazionalisti ebrei sanno che le masse dei loro «compatrioti» in Polonia poco entusiasmo suscita il progetto del ritorno «alla culla degli avi» – in Palestina –, essi preferiscono o restare nel paese che loro ospita od andarsene in America, in Palestina non ci vanno di certo.

Poco a poco anche l’Europa occidentale incomincia a guardare attentamente le mene ebree nazionaliste e poco a poco essa si potrà convincere finalmente che la Polonia non condusse nessuna azione sterminatrice degli ebrei che godono dei privilegi specialmente nel senso del rito, particolari e che certamente non sarebbero concessi da nessun altro Stato e che da noi si perpetuano in virtù della tradizione secolare, sin da quando scappando dai paesi dell’Inquisizione gli ebrei in Polonia trovavano leggi di protezione emanate da quasi tutti i re polacchi sino all’ultimo: Stanislao Augusto.

Dinanzi agli ebrei in Polonia sta questo dilemma: o diventare cittadini leali e sinceri della repubblica o andarsene in Palestina; la lotta per lo Stato nello Stato non può essere tollerata e non sarà mai tollerata da nessuno degli Stati esistenti. E dall’Europa noi attendiamo la giustizia anche in questo campo, perché tra i molti «ismi» regalati alla Polonia v’è anche antiebraismo ossia antisemitismo.

Jan Lonski



Cap. 3

Top c. 1 5.5.1921 ↓ c.  3  → plus

Conflitti fra israeliti e arabi in Palestina.
Lo stato d’assedio a Gerusalemme


Il Popolo d’Italia,
Anno VIII, N. 107 p. 5
Giovedì, 5 Maggio 1921
Londra, 4.
Secondo un comunicato del ministro delle Colonie il 1° maggio sono scoppiati disordini a Giaffa fra i comunisti israeliti ed alcuni operai arabi nel quartiere israelita di Giaffa. Il giorno successivo, i disordini sono ricominciati. Si dovettero far intervenire la forza ed automobili blindate. Una quarantina di persone sono rimaste uccise, di cui trenta israeliti e 10 arabi. Vi sono stati 142 feriti israeliti e 37 arabi. Alcuni negozi sono stati saccheggiati. Vennero operati 66 arresti. Oggi la calma è ristabilita.

A Gerusalemme è stata proclamata la legge marziale. Si segnalano soltanto alcuni incidenti isolati.

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Queste sono le prime conseguenze del malaugurato patto di San Remo!




Cap. 4

Top c. 1 10.5.1921 ↓ c.  3  → plus

Gli arabi in Palestina contro gli ebrei e gl’inglesi
350 fra morti e feriti


Il Popolo d’Italia,
Anno VIII, N. 111
Martedì, 10 Maggio 1921


Parigi, 9.

Il Matin ha da Jaffa:

La Palestina continua ad essere teatro di gravi disordini. L’incrociatore inglese Calipso ha dovuto sbarcare ieri 300 marinai e l’alto Commissario britannico ha istituito una Corte marziale. Sono attese a Jaffa altre navi britanniche. A Naplause oggi sono stati massacrati parecchi ebrei. Nei dintorni continuano gli scontri sanguinosi e le zuffe per le strade. Il numero degli uccisi e dei feriti nella regione ammontano a 350.
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Anche il sangue che si versa in Palestina, come quello che si versa – ed è italiano! – nell’Alta Slesia, ricade nella sorniona, ignorante diplomazia dell’Intesa, che ha complicate le questioni, invece di risolverle.

Malgrado la reticenza e la laconicità dei telegrammi – quasi tutti di fonte inglese – la verità che non si può più celare oltre, è questa: dal primo maggio il mondo arabo che popola la Palestina è in piena rivolta contro gli inglesi e contro gli ebrei. Era facile prevedere ciò che accade. A S. Remo, cedenso alle pressioni dei sionisti polacchi e russi, fu conferito all’Inghilterra il mandato sulla Palestina allo scopo di creare in quella uno Stato ebraico che avrebbe dovuto raccogliere gli ebrei che circolano nel mondo slavo, poiché gli altri, quelli che circolano nelle società occidentali sono quasi tutti poco inclinati al sionismo e in massima parte compiono il loro dovere di cittadini nelle rispettive nazioni.

I signori diplomatici di S. Remo dimenticarono, prendendo la famosa decisione, che per far posto in Palestina, agli ebrei, che almeno da dodici secoli si sono fissati in quelle plaghe e non intendono abbandonarle. Dopo un anno dalla decisione di S. Remo gli ebrei orientali che sono accorsi in Palestina sono una quantità trascurabile: l’enorme massa dei fuggiaschi si è diretta a New York. E contro gli ebrei giunti in Palestina si sono scatenate le ostilità in primo luogo degli arabi (circa 600.000) che, a malgrado della più o meno diretta parentela semitica, nutrono un odio mortale contro gli «jaùdi»; in secondo luogo dei cristiani (corca 80.000) che hanno visto importati a Gerusalemme costumi e mode profane e moderne in contrasto stridente col carattere sacro della città e finalmente anche la colonia ebraica di Gerusalemme, composta da bigotti del Talmud guarda con sospetta diffidenza i nuovi arrivati che hanno delle arie di eretici o di emancipati. Non è esclusa una infiltrazione di elementi comunisti e bolcevichi. Col Mandato Palestinico l’Inghilterra si proponeva di creare una soluzione di continuità fra il mondo islamico orientale e quello occidentale, ma pare che il colpo le sia mancato. L’insurrezionale degli arabi in Palestina sta a dimostrare ancora una volta che le costruzioni arbitrarie e artificiose, non hanno lunga storia!

Cap. 5

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Albania e Palestina


Il Popolo d’Italia,
Anno VIII, N. 148, p. 1
Mercoledì, 22 giugno 1921

Titoli: Memorabile seduta parlamentare. Un fortissimo discorso di Benito Mussolini. Scontro violento fra socialisti e fascisti. Un incidente Labriola-Giolitti. Il poderoso discorso di Mussolini.

[…] Altra punto doloroso della politica estera è quello dell’Albania abbandonata dalla Consulta.

Per la Palestina Mussolini ricorda il monito di Benedetto XV contro il falso ed effimero tentativo del sionismo britannico.

Per quanto riguarda la politica continentale Mussolini ha affermato che siamo di fronte ad una formidabile competizione di interessi e di egemonie tra Francia e Inghilterra, mentre l’Italia non ha una politica propria.

Dopo questa parte del discorso principalmente dedicata alla politica estera Mussolini è passato alla politica interna, mentre l’attenzione della Camera si faceva oltremodo intensa.


Cap. 6

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Brano sulla Palestina nel primo discorso parlamentare di Mussolini

Mussolini,
 Opera Omnia
Vol. XVI, p. 438-9
21 giugno 1921.
...Vengo ad un’altra questione, molto delicata.

È una questione che bisogna affrontare, prima di tutto perché la cronaca lo ha imposto, ed in secondo luogo perché, dopo l’allocuzione pontificia davanti al Concistoro segreto di giorni fa, non è più possibile ignorare che esiste una questione della Palestina.

Bisogna scegliere; bisogna che il Governo abbia un suo punto di vista. O sceglie il punto di vista sionistico inglese, o sceglie il punto di vista di Benedetto XV.

Credo di non tediare la Camera ricordando brevemente i precedenti della questione.

Il 2 novembre 1917 il Governo inglese si dichiarava favorevole alla questione della creazione, in Palestina, di un focolare nazionale per il popolo ebraico, restando bene inteso che nulla sarebbe fatto che potesse recare offesa ai diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina, e ai diritti ed agli istituti politici, di cui godono gli ebrei in tutte le altre nazioni del mondo. In un secondo tempo le potenze alleate hanno adottato questa dichiarazione. Finalmente con l’articolo 222 del trattato di pace, sottoscritto il 20 agosto 1920 a Sèvres, la Turchia rinunziava a tutti i suoi diritti sulla Palestina, e le potenze alleate sceglievano come mandataria l’Inghilterra.

Ora, mentre le nazioni civili dell’Occidente non hanno modificato il regime comune di libertà per le diverse confessioni religiose, in Palestina è accaduto tutto il contrario, anche perché l’amministrazione di quello Stato in embrione è stata affidata all’organizzazione politica del sionismo.

Ma in Palestina ci sono seicentomila arabi, che vivono là da dieci secoli, e settantamila cristiani, mentre gli ebrei non arrivano che a cinquantamila. Si è così determinata una situazione straordinariamente interessante. Gli ebrei autoctoni, che hanno vissuto per secoli e secoli all’ombra delle moschee di Gerusalemme, non possono soffrire gli elementi che vengono dalla Polonia, dall'Ucraina, dalla Russia, perché hanno delle arie straordinariamente emancipate; e quelli che sono immigrati si sono già divisi in tre frazioni, una delle quali, che si chiama abbreviatamente Mopsi, è già iscritta regolarmente come frazione comunista alla terza Internazionale di Mosca.

Apro una parentesi, per dire che non si deve vedere nelle mie parole alcun accenno ad un antisemitismo, che sarebbe nuovo in quest’aula. Riconosco che il sacrificio di sangue dato dagli ebrei italiani in guerra è stato largo e generoso, ma qui si tratta di esaminare una determinata situazione politica e indicare quali possono essere le direttive eventuali del Governo.

Ora in Palestina si è determinata l’alleanza tra cristiani ed arabi, si è formato il partito della conferenza di Giaffa, che si oppone colla guerra civile e col boicottaggio ad ogni immigrazione ebraica, ed il 1° maggio ed il 14 maggio si sono verificati disordini sanguinosi, in cui ci sono stati qualche centinaio di feriti e vari morti, tra i quali uno scrittore di una certa fama. Ora, a quanto si legge sul Bulletin du Comité des délégations juives, a pagina 19, pare che il testo del mandato inglese per la Palestina debba essere sottomesso al Consiglio della Società delle nazioni nella prossima riunione di Ginevra. Ed io desidererei che il Governo accettasse, in questa questione delicatissima, il punto di vista espresso dal Vaticano.

Ciò è anche negli interessi degli ebrei, i quali, fuggiti ai pogroms dell’Ucraina e della Polonia, non devono incontrare i pogroms arabici della Palestina, ed anche perché non si determini nelle nazioni occidentali una penosa situazione giuridica per gli ebrei, in quanto, se domani gli ebrei fossero cittadini sudditi del loro Stato, potrebbero diventare immediatamente colonie straniere negli altri Stati…

Cap. 7

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Una missione di palestinesi a Londra
per un migliore assetto della Palestina


Il Popolo d’Italia,
Anno VIII, N. 180, p. 1
Venerdì, 29 Luglio 1921

Roma, 28

È stata di passaggio per Roma in questi giorni la delegazione araba della Palestina, diretta a Londra, per perorare la causa della Palestina contro la minaccia del sionismo. Ne è presidente Musa Kasen Pascià, e ne fanno parte quattro musulmani e due cristiani, tutti nativi della Palestina.

Lo scopo del viaggio, è quello di esporre al Governo inglese la gravità della situazione creata in Palestina dalla politica sionista finora adottata e di ottenere una efficace tutela di palestinesi, tanto musulmani, quanto cristiani. La delegazione si propone anche di illuminare la opinione pubblica inglese e di ottenerne l’appoggio.

Passando per Roma i delegati hanno dichiarato di essere stati profondamente soddisfatti della protesta contro il sionismo fatta dal Papa, nell’ultima allocuzione concistoriale. La delegazione parte questa sera per Parigi donde proseguirà per Londra.


Cap. 8

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Il Congresso arabo di Ginevra


Il Popolo d’Italia,
Anno VIII, N. 201, p. 3
Martedì, 23 Agosto 1921

 Da molto tempo la stampa europea e in genere quella mondiale hanno seguito con una certa larghezza il Problema Arabo. Ma raramente il gran pubblico ha potuto avere la cognizione esatta del deplorevole stato di cose ad oggi succeduto nei paesi arabi dalla firma dell’armistizio.

Divagazioni sull’argomento più che relazioni di «competenza». Il riattaccamento con l’estero e specialmente con i Paesi Arabi è una vera «probatio diabolica» e come sempre unica «spes» è limitata alle comunicazioni è limitata alle comunicazioni delle agenzie o alle corrispondenze di inviati speciali degli organi più potenti.

Tutti gli apprezzamenti alla leggiera hanno molto nociuto alla valutazione degli avvenimenti. E d’altra a noi sembra che su questa leggerezza e sulla incredulità si è giocato il «bluff» di alcune potenze nei riguardi dell’Oriente Arabo. Già esponemmo la cronistoria degli avvenimenti post-bellici che vennero maturandosi a proposito di una promessa e mancata costituzione di un Regno Arabo Indipendente.

Così che dopo una guerra combattuta con eguale fede da tutti i popoli del mondo materialmente e moralmente, ci troviamo oggi a rimirare un nuovo mastodontico imperialismo che minaccia l’esistenza delle nazioni giovanissime e soprattutto dell’Italia.

Fu agitato molto coreograficamente e clamorosamente il fantasma di una ferrea tutela per la costituzione delle nazionalità minori, le quali prima della guerra furono oppresse da abbominevoli dominazioni, si sono convocati celestiali plebisciti, tutta una fraseologia più che cristiana ha insuflato i polmoni dei fonografi diplomatici, ma alla fine gli unghioni hanno lacerato il drappo attutitore di velluto, e l’Alta Slesia, l’India, la Siria, la Palestina, offrono uno spettacolo ben convincente, ai più sfegatati ottimisti di questa Pace segnata a grandi caratteri sul frontone del tempio della Società delle Nazioni.

Ad esempio, nella Siria permane uno stato di cose impressionante, quantunque compaiano solo di volta in volta pillolette informative di questo «lontanissimo» Oriente, che si vuol veramente renderlo più lontano dalla vita politica occidentale, tuffandolo nel buio più fantastico e maligno.

Gli Arabi della Siria continuano la loro lotta per l’indipendenza. L’interno del paese è in fiamme. La linea Raiak-Aleppo è tagliata dai rivoluzionari bene armati e diretti da ufficiali dello Stato Maggiore che l’Agenzia Havas denunzia come briganti!

Briganti perché lottano per la loro santa indipendenza. Amara analogia con tutti gli eroici stati d’anima della storia di tutti i popoli liberi del mondo! L’ultima visita del generale Gourand ad Aleppo è stata fatta in automobile, guardata a poca distanza da una autoblindata, sei aeroplani e un corpo di guardia.

Nel frattempo Monsieur Briand pretende dall’alto dell’augusta tribuna della Camera, che: la Francia è in Siria per la espressa volontà del popolo siriaco, giungendo nel suo impeto lirico a dare l’impressione che i siriaci prenderanno le armi contro la Francia qualora questa un bel giorno si decidesse ad evacuare il paese.

Per rimettere ogni cosa nel suo giusto valore non solamente con questo grottesco paradosso, ma per tutto il sibillino lavoro di trucco, perché il mondo conosca quale è la verità, è imminente a Ginevra un Congresso Arabo. Lo scopo sarà duplice, una organizzazione generale siriaca e lo sviluppo della questione stessa innanzi alla Società delle Nazioni.

Così noi assisteremo a una fiera accusa all’opera malvagia compiuto in Oriente. Dalla Palestina è partita una commissione di sei membri, quattro musulmani e due cristiani, tutti mandatari accreditati della popolazione palestiniana. Essa propugnerà la revisione della politica sionista ed ha per animatore Moussa Kazim Al-Houssaïny pascià.

Questa delegazione di passaggio per Roma ha avuto le migliori accoglienze sia dal Governo italiano, sia dal Vaticano che si è mostrato molto soddisfatto per le proteste fatte contro il Sionismo nella Terra Santa. Il Congresso Arabo di Ginevra, a cui parteciperanno tutte le delegazioni arabe, assumerà una importanza grandissima per la...

materiale perché finalmente la luce ricompaia su questo «caos» nelle quali i fili intricati si sono sempre più addensati per una voluta campagna.

È il miglior momento perché l’Italia si renda edotta della situazione ora che anche dal Vaticano è venuta la solidarietà per gli interessi cristiani insidiati dalla invadenza della politica sionista. Se diecine di non sono valse a richiamare l’attenzione dell’Italia su queste terre mediterranee, ove pure le navi delle nostre fiorenti repubbliche marinare incrociarono apportandovi benessere e magnificenza e si ricollegano ai fasti delle più belle pagine e si ricollegano ai fasti delle più belle pagine della nostra storia medioevale, valga oggi il vivo nostro interessamento affinché preparati possiamo far valere la nostra parola di potenza civile e vittoriosa.

Così la Società delle Nazioni troverà il primo «commento» al suo famoso articolo 22 che lo spirito wilsoniano restrinse in sessanta righe di testo. L’articolo 22 concernente «i mandati» è antigiuridico e illogico perché non riesce a risolvere affatto la «traditio» di quelle terre che «à la suite de la guerre, ont cessé d’être sous la souveranité des Etats qui les gouvernaient precedemment et qui sont habités par des peuples non encore capables de se diriger eux-mêmes dans les conditions particulierment difficile du monde moderne».

Infatti si parla della cessazione della sovranità precedente, ma non è espresso quale sarà la sovranità che deve rimpiazzare l’altra decaduta. Gabriele Hanotaux ha rilevato questa manchevolezza, ma i diplomatici, imperterriti, non hanno colmato la lacuna. Si accenna ad una gradazione di mandati, essi dovranno differire a seconda del grado di sviluppo del popolo, a seconda della situazione geografica, a seconda delle condizioni economiche; va benissimo tutta questa premura, ma in quale considerazione appunto è stata tenuta?

In Siria vige ancora una amministrazione militare, ottantamila regolari francesi che costeranno centinaia di milioni, si ostinano ad assicurare la pace. Oh, prodiga fratellanza! Al contrario il popolo dichiara che la sua felicità sarà veramente grande quando potrà essere lasciato libero nel diritto di amministrarsi.

Così l’istituto plebiscitario è restato arida teoria giuridica quando si pensa alle licenze molto arbitrarie che questa o quell’altra Potenza ha creduto concedersi. Così si è avuto ancora una vera e propria colonizzazione, mentre nel mondo occidentale vagolava la figura novella della libera elezione di governo.

E ricordiamo che se una volta nel Congo vere battute da bracconieri facevano piazza pulita dei poveri abitanti dell’Africa, – questo vecchio continente paziente che ha il solo torto di essere abitato da una razza inferiore, per essere ancora il grande feudo del Mondo – oggi nella terra dei Profeti e dei grandi iniziati manovra tutta la strategia di campi moderni di guerra.

Sì, è stata una grande sublime aspirazione la Società delle Nazioni, ma l’aquila bianca che doveva levarsi a volo è caduta come un povero uccellaccio di cartapesta.

Alfredo Acito



Cap. 9

Top c. 1 ↑ 31.8.1921 ↓ c.  3  → plus


Il Congresso Siriaco di Ginevra.
Il travaglio acuto del mondo arabo


Il Popolo d’Italia,
Anno VIII, N. 208, p. 3
Mercoledì, 31 Agosto 1921

 (Dal nostro inviato speciale)
Ginevra, 29.

Immediatamente dopo aver lasciato il treno abbiamo colto l’occasione, nella sorridente e mite Ginvra, di avvicinarci al Congresso Siriaco che rappresenta il più grande avvenimento attualmente, nell£imminenza della spinosa questione slesiana e della riunione della Società delle Nazioni.

gennaio 20, 2013

La questione sionista ed il Vicino Oriente – Tratte da “The Daily News” cronache dell’anno 1948: § 1: Ebrei ed Arabi ‘vicini’ ad un accordo.

Homepage || DN1 1948 prius / post
The Daily News fa parte del progetto Trove, coordinato con la National Library of Australia, ed include una collezione di giornali digitalizzati dal 1803 al 1982, accessibili con il motore Trove. Le annate disponibili del The Daily News vanno dal 1882 al 1950. Valgono per le fonti australiane gli stessi criteri di raccolta e sistemazione che abbiamo chiamato “a papiro” contenente in un solo post tutti gli articoli dell’annata senza interventi redazionali e quindi concepita per il più ampio numero possibile di fruitori. Nella redazione “a libro” con un post per ogni singolo articolo svilupperemo invece un nostro commentario. Un Indice analitico ed una Cronologia degli eventi menzionati conferiscono unità alle diverse e disparate fonti qui esplorate. 

Indice Analitico: a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z. –  Eventi del 1948.  - Cronologia generale. – Altre fonti giornalistiche, periodiche o archivistiche del 1948: 1. Journale de Jenève; 2. Gazette de Lausanne; 3. Luxemburger Wort; 4. The Sidney Morning Herald; 5. The West Australian; 6. Kalgoorlie Miner; 7. Townsville Bulletin; 8. Barrier Miner; 9. Mirror; 10. Advocate; 11. The Central Queensland Herald; 12. Camperdown Chronicle; 13. L’Unità; 14. L’Osservatore Romano; 15. La Stampa;
Cap. 1

Top ↑ 26.11.1948 ↓  c. 2 →  prius

 Ebrei ed Arabi ‘vicini’ ad un accordo

The Daily News
Friday, 26 November 1948, p. 4


PARIGI, venerdì (AAP): 


Ralph Bunche (1903-1971)
Gli ebrei e gli arabi erano più vicini ad un accordo ora che in qualsiasi altro momento, da quando era iniziato la mediazione. Così il mediatore della Palestina Dr. Ralph Bunche ha detto oggi alla superiore Commissione politica dell’ONU. In precedenza, Henry Kattan, alto commissario per il mondo arabo, aveva detto che gli arabi erano pronti per un conciliazione alle seguenti condizioni:
  • che la conciliazione debba essere ricercata tra arabi e i pacifici, legittimi abitanti ebrei della Palestina;  
  • che essa essa debba essere ricercate senza tener conto di ogni altra precedente decisione o risoluzione sulla Palestina;
  • che ha la sicurezza della pace nel Medio Oriente bisogno di pace, di cui la Palestina è parte integrante, deve essere prese in considerazione.

Commentario 

1) La stessa notizia su Henry Katta, figura interessante, ma non passata alla storia, si trova nel Kalgoorlie Miner del 24 novembre. Ralph Bunche ebbe il Nobel per la pace nel 1950, e lo ebbe per le sue funzioni di mediatore nella stipula della tregua nella guerra del 1948 fra ebrei e arabi.

La questione sionista e il Vicino Oriente. – Documentazione tratta da “The Daily News”: Cronache dell’anno 1948.

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The Daily News fa parte del progetto Trove, coordinato con la National Library of Australia, ed include una collezione di giornali digitalizzati dal 1803 al 1982 e risorse online australiane. Le annate disponibili del The Daily News vanno dal 1882 al 1950. Valgono per le fonti neozelandesi gli stessi criteri di raccolta e sistemazione che abbiamo chiamato “a papiro” contenente in un solo post tutti gli articoli dell’annata senza interventi redazionali e quindi concepita per il più ampio numero possibile di fruitori. Nella redazione “a libro” con un post per ogni singolo articolo svilupperemo invece un nostro commentario. Un Indice analitico ed una Cronologia degli eventi menzionati conferiscono unità alle diverse e disparate fonti qui esplorate.

LA QUESTIONE SIONISTA
E IL VICINO ORIENTE

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SommarioAnno 1948 → 1.  Ebrei ed arabi ‘vicini’ a un accordo.  –   2.  –

Cap. 1

Top 26.11.1948 ↓  c. 2 →  plus

 Jews, Arabs ‘close’ to Agreement

The Daily News
Friday, 26 November 1948, p. 4

Jews, Arabs ‘close’ to Agreement
PARIS, Fri (AAP):

The Jews and Arabs were closer to agreement now than at any time since mediation began.
So acting Palestine mediator Dr. Ralph Bunche told the UNO major political committee today.

Earlier, Henry Kattan, for the Arab higher committee, said the Arabs were willing for a conciliation on the following terms:
  • That conciliation be sought between Arabs and peaceful, legitimate Jewish inhabitants of Palestine;
  • That it be carried on without regard for any previous decision or resolutions on Palestine;
  • That peace security needs in the Middle East, of which Palestine was an integral part, be taken into account.

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La questione sionista ed il Vicino Oriente – Tratte dal “Kalgoorlie Miner” cronache dell’anno 1948: § 1: Spartizione della Palestina: i terroristi sionisti.

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Kalgoorlie Miner fa parte del progetto Trove, coordinato con la National Library of Australia, che include una collezione di giornali digitalizzati dal 1803 al 1982. Le annate disponibili del Kalgoorlie Miner vanno dal 1895 al 1950. Valgono per le fonti australiane gli stessi criteri di raccolta e sistemazione che abbiamo chiamato “a papiro” contenente in un solo post tutti gli articoli dell’annata senza interventi redazionali e quindi concepita per il più ampio numero possibile di fruitori. Nella redazione “a libro” con un post per ogni singolo articolo svilupperemo invece un nostro commentario. Un Indice analitico ed una Cronologia degli eventi menzionati conferiscono unità alle diverse e disparate fonti qui esplorate. 

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Cap. 1

Top ↑ 24.11.1948 ↓  c. 2 →  prius

Spartizione della Palestina:
i terroristi sionisti.
Kalgoorlie Miner
Wednesday, 24 November 1948, p. 5

Parigi, 22 novembre. -

Mr. Henry Kattan, per gli arabi della Palestina, ha detto alla Commissione Politica dell’ONU che tra 700.000 e 800.000 arabi (1) senza casa sono stati vittime di atti di aggressione indescrivibilmente oltraggiose da parte degli ebrei. I terroristi devono tornare nei loro paesi d’origine, ha detto.

Economicamente la spartizione ha violato ogni principio di giustizia. Essa si propone di dare gli ebrei il miglior terreno agricolo, incluso tutti gli agrumeti, anche se di proprietà degli arabi per il 53 per cento. Nella zona proposta agli arabi non ci sarebbe nulla da produrre, niente da esportare e nulla per vivere.



Commentario

1) Sono i numeri che corrispondono alle cifre della “pulizia etnica della Palestina” avvenuta nel 1948, ma senza che i grandi circuiti della stampa già all’epoca ne facessero menzione. Il controllo sionista dei media era già allora consolidato e antico nel tempo.

gennaio 19, 2013

La questione sionista ed il Vicino Oriente – Tratte da “The West Australian” cronache dell’anno 1948: § 1: Il gran muftì chiede uno stato arabo

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The West Australian fa parte del progetto Trove, coordinato con la National Library of Australia, che include una collezione di giornali digitalizzati dal 1803 al 1982. Le annate disponibili del The West Australian vanno dal 1879 al 1954. Valgono per le fonti australiane gli stessi criteri di raccolta e sistemazione che abbiamo chiamato “a papiro” contenente in un solo post tutti gli articoli dell’annata senza interventi redazionali e quindi concepita per il più ampio numero possibile di fruitori. Nella redazione “a libro” con un post per ogni singolo articolo svilupperemo invece un nostro commentario. Un Indice analitico ed una Cronologia degli eventi menzionati conferiscono unità alle diverse e disparate fonti qui esplorate. 

Indice Analitico: a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z. –  Eventi del 1948.  - Cronologia generale. – Altre fonti giornalistiche, periodiche o archivistiche del 1948: 1. Journale de Jenève; 2. Gazette de Lausanne; 3. Luxemburger Wort; 4. The Sidney Morning Herald; 5. The West Australian; 6. Kalgoorlie Miner; 7. Townsville Bulletin; 8. Barrier Miner; 9. Mirror; 10. Advocate; 11. The Central Queensland Herald; 12. Camperdown Chronicle; 13. L’Unità; 14. L’Osservatore Romano; 15. La Stampa;

Cap. 1

Top ↑ 18.6.1947 ↓  c. 2 | ⤇  prius

Il gran muftì chiede uno Stato arabo
The West Australian
Wednesday, 18 June 1947, p. 9


Henry Gurney (1898-1951)
Il Governo della Palestina ha presentato ieri alla prima udienza della Commissione delle Nazioni Unite dati statistici  sulla Palestina. Il Segretario Capo del Governo (Sir Henry Gurney), dopo tre ore di camera di consiglio, ha fornito dettagli sull’amministrazione del territorio, la popolazione, i salari e l’occupazione.

Moshe Shertok (1894-1965)
Il Dr. Moshe Shertok (1), capo del dipartimento politico dell’Agenzia Ebraica, che sarà il primo testimone ebreo nella inchiesta odierna, ha descritto il boicottaggio arabo e l’inchiesta stessa come un sabotaggio destinato a preparare la strada ad una fase successiva, quando gli arabi potrebbero affermare che essi avevano il diritto di rifiutare le decisioni dell’ONU perché il loro caso non era stato sentito. Lo sciopero proclamato dall’Alto Comitato Arabo per protestare contro l’inchiesta è terminato nella serata di ieri senza incidenti.

Il Gran Muftì (1897-1974)
Haj Amin el-Husseini, il Gran Mufti in esilio, di Gerusalemme, in un messaggio letto in molte moschee in tutta la Palestina, chiesto ha l’indipendenza per la Palestina come uno Stato arabo. Ha chiesto «la cessazione della sperimentazione di un focolare nazionale ebraico», e anche la cessazione del mandato britannico e la sua sostituzione con un trattato simile a quello esistente tra la Gran Bretagna e l’Iraq e tra la Francia e la Siria.

Il Gran Muftì ha aggiunto: «Gli arabi sono pronti a negoziare con spirito ragionevole le condizioni alle quali si potranno salvaguardare ragionevoli interessi britannici e approvare le garanzie necessarie per la tutela dei diritti legittimi della popolazione ebraica e di altre minoranze in Palestina».

Un avvocato di origine russa, il signor Levitsky, ha annunciato che un appello di clemenza per i tre terroristi ebrei condannati a morte per la partecipazione al raid nel carcere di Acri il 4 maggio sarà depositata oggi presso l’Amministratore Generale al Comando in Palestina (Major Generale HA MacMillan). Gli uomini sono Meir (21) Nakar, calzolaio, Yacob Weiss (23), operaio, e Asyalon Habib (20), impiegato.

Irgun Zvai Leumi (l’organizzazione terroristica ebraica) ha inviato un messaggio alla Commissione ONU facendo una intercessione a nome dei tre uomini armati. Ha anche chiesto la soppressione del tribunale militare che li ha condannati e l’abolizione preventiva della deportazione ulteriore di rimpatriati.

I condannati sono stati spostati dalla prigione centrale di Gerusalemme nel carcere Acri. Le autorità hanno messo in guardia le truppe britanniche e la polizia di essere costantemente in guardia contro il pericolo di essere rapiti e tenuti in ostaggio.


Commentario


1) Il nome Shertok poi cambiato in Sharett, seguendo una prassi in voga di assumere nomi di ascendenza biblica per dare la parvenza di un radicamento sul territorio. Si veda al riguardo:...  Sulla figura di questo personaggio si legge il profilo che ne faceva su La Stampa del 17 giugno 1948 il giornalista Giovanni Artieri: Un ministro di Israele. Egli fu il primo ministro degli esteri dello «stato ebraico di Israele», proclamato unilateralmente alle ore 24 del venerdì 14 maggio 1948, un secondo prima che la Gran Bretagna cessasse dal suo Mandato il 15 maggio 1948. Questa della “unilateralità” della proclamazione dello stato è una situazione che si verifica oggi a proposito della pretesa dell’ANP o meglio della resistenza palestinese di avere il riconoscimento di statualità. Da parte israeliana viene opposto che tale riconoscimento deve avvenire su base negoziale con la stessa Isreale, ma nel 1948 non vi fu nessuna negoziazione con la parte palestinese e lo stato “ebraico” procedette in modo unilaterale, avendo però subito il riconoscimento e la copertura politica delle maggiori potenze dell’epoca.