giugno 14, 2007

L’industra dell’Olocausto. Note in margine al libro di Finkelstein

Versione 1.0

Ho intrapreso la lettura del libro di Norman G. Finkelstein, L’industria dell’Olocausto, nell’edizione economica della vecchia e gloriosa BUR. È questa una delle conseguenze dirette della vicenda teramana connessa alla mancata libertà di parola di quanti volevano ascoltare il francese Faurisson. Mi trovo costretto a prendere conoscenza di una letteratura che prima non rientrava nella sfera dei miei interessi più diretti. Del resto, l’argomento mi sembra sti al centro della geopolitica contemporanea. Nessuno che abbia il senso della realtà potrà negare l‘esistenza di interessi imperiali americani in Medioriente. Se la sola Italia è disseminata di basi militari americane con parecchie decine di migliaia di marines che si comportano come in terra coloniale, tutto lo stato d’Israele è una superbase americana in Medio Oriente. Mi sembra ovvia la funzione strategica dello stato d’Israele per la politica imperiale americana. Come Europeo, penso che interesse dell’Europa sia un sistema di relazioni pacifiche con tutto il mondo arabo. Non vedo nessun interesse a fornire copertura ad una politica americana-israeliana. Via via che procedo nelle conoscenze mi sembra sbagliata in linea di principio anche la più ridotta e simbolica presenza italiana ed europea in Medio Oriente. Gli USA – se vogliono – la loro guerra se la facciano da soli, non con la copertura morale ed ideologica degli Europei. E qui veniamo al punto che direi sia principalmente trattato da Finkelstein. L’operazione Olocausto è una forma di guerra ideologica.

1.
Prima e dopo la guerra del 1967

Mancava alle mie conoscenze ed alla mia comprensione la posizione degli ebrei americani nei confronti di Israele e dell’ideologia dell’Olocausto. Vi è uno spartiacque temporale. prima e dopo il 1967 vi è un mutamento di posizioni ed atteggiamento sia da parte della presidenza USA sia da parte dell’influentissima “lobby ebraica” americana. Questo è il termine che usa Finkelstein ed è un’espressione della lingua italiana che si può lecitamente usare senza che il Mantelli torinese possa pretendere di dettarci lui le espressioni italiane che si possono o non possono usare. È di un’immane, sconfinata idiozia la pretesa degli strateghi londinesi che hanno teorizzato essere “antisemita” ciò che gli ebrei o i filoisraeliani percepiscono come “antisemita”. Pertanto, secondo questa idiozia messa per iscritto anche in libri italiani basta che un ebreo in un giorno di sole si immagini che piova ed ecco che deve necessariamente piovere. Al tempo stesso secondo gli idioti londinesi costituisce “antisemitismo” equiparari la condotta militare israeliana al nazismo, mentre vale qualificare come nazisti i musulmani. Ed è quanto si trova in un libro prodotto da questa combricola in servizio civile su suolo italiano. È eloquente il libro di Carlo Panella, qui sulla mia scrivania: Fascismo islamico. Per rigore filologico ne terminerò l’analisi, ma mi sono bastate le prime pagine per capirne la totale inconsistenza e la natura propagandistica.bellicista al pari dei libri di Ottolenghi, Nirenstein, Magdi Allam che con noia e pazienza infinita termineremo di leggere, autoinfliggendoci non poca tribolazione. Diverso è il discorso con Finkelstein, che è un ebreo purosangue e che riscatta gli altri ebrei. Dal suo libro si può apprendere e comprendere cose nuove. Intanto annoto e segnalo il discrimine temporale del 1967.

(segue)

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