Titoli: Lettere da Varsavia. La Polonia e la quistione ebrea. I nativi e gli importati. Pretese legittime e pretese assurde.
Varsavia, marzo.
All’Occidente in generale i polacchi hanno l’opinione dei mangia ebrei creatasi in seguito alla propaganda ebrea sui famosi «progrom» (l’origine della parola è russa e la prima applicazione si ebbe nel 1905 durante i famosi massacri degli ebrei compiuti a Kiszyniew nella Bessarabia). Qualunque alterco tra un polacco ed un ebreo in Polonia serve alla stampa ed alle agenzie ebree sioniste all’estero per denunziare al mondo un nuovo «pogrom». Basta dire che i soldati di Haller tornati dalla Francia nel 1918 ebbero la malaugurata ed ammettiamo pure, stupida idea di tagliar le barbe agli ebrei usi a portarle lunghe e sudicie generalmente, in quel periodo all’estero cominciarono a circolare le voci sui grandi «pogrom» antiebrei in Polonia, sulle migliaia e migliaia di vittime, mentre in origine trattavasi di qualche barba accorciata. Questo atto dei soldati represso dalle autorità militari, come un attentato all’onor del mento prese le proporzioni dei «pogrom».
La verità è che la Polonia oltre l’elemento ebreo nato in Polonia possiede una grande quantità di ebrei espulsi a suo tempo dalla Russia ed ora anelanti al ritorno impedito loro dallo svolgersi degli avvenimenti tra i due paesi e dalle circostanze di vita alimentare ed economica difficili in Russia. Questo elemento straniero in tutto agli agli usi ed ai costumi polacchi, nonché a quelli degli ebrei originari del paese, non si contenta dei diritti di ospite ma pretende dei diritti speciali.
Strane pretese
Sotto l’impulso della propaganda di questo elemento straniero ebreo gli ebrei in Polonia incominciarono anche loro ad avanzare delle pretese alquanto strane se non addirittura assurde. Nel giornale ebreo pubblicato a Varsavia nel gergo denominato “yddish” – «Hajnt» – troviamo una simile dichiarazione del deputato ebreo alla dieta di Varsavia. Grunbaum: «…la lotta degli ebrei polacchi è sotto tutti i suoi aspetti una lotta per i diritti nazionali. Gli ebrei costituiscono una nazione differente dalle altre».
Nessuno tende a disconoscere agli ebrei la facoltà di credersi «una nazione differente dalle altre», ma gli stessi ebrei hanno preteso ed hanno ottenuto i diritti dei cittadini polacchi, inglesi, francesi, italiani ed altri, molto probabilmente allora essi partivano da un punto di vista ben diverso considerandosi unicamente come una comunità religiosa diversa dalle altre, ma non come una nazione. E se loro si considerano «una nazione» allora giustamente possiamo chiederci: cosa succederà se avverrà la contrarietà tra i loro interessi nazionali e gli interessi del paese ove essi risiedono?
Ed è strana pure la dichiarazione del Luciano Wolff nel memoriale della delegazione ebrea alla Lega delle Nazioni a Ginevra dove si dice testualmente così: «uno dei più grandi scopi dell’esistenza della Lega sarebbe nientemeno che la difesa degli ebrei dinanzi alle nazioni alle quali essi in apparenza appartengono.
Le successive manovre degli ebrei a Ginevra hanno portato al seguente risultato, nello statuto della Lega si dice che le lagnanze delle minoranze nazionali devono essere inoltrate per mezzo di un membro della Lega stessa, attualmente invece questo paragrafo è stato modificato e «le minoranze hanno diritto di rivolgersi direttamente alla Lega», sarebbe a dire le minoranze godono i prerogativi spettanti alle nazioni, vale a dire indirettamente: gli ebrei costituiscono una nazione.
La “Judeo=Polonia»!
Gli ebrei polacchi fino a poco tempo fa parlavano apertamente che a loro i diritti delle minoranze non possono bastare e che essi tenderanno ad ottenere l’autonomia nazionale. Gli ebrei più accesi parlavano addirittura che la Polonia non è soltanto la Polonia ma è la Judeo-Polonia. Lo stato polacco dovrebbe essere composto di due stati e gli ebrei in tal modo avrebbero un loro stato nello Stato polacco. Ora i polacchi possono concedere agli ebrei i diritti spettanti ad ogni cittadino della repubblica di Polonia, possono accettare le leggi speciali sulla protezione delle minoranze nazionali, perché l’Europa dietro la spinta degli ebrei predominanti specialmente in Inghilterra costringe loro ad accettarli ma in quanto allo Stato ebreo nello Stato polacco, no!
Durante l’invasione bolscevica in Polonia purtroppo e specialmente in alcune località della Polonia orientale gli ebrei hanno dato prova di ciò che succede quando la loro concezione degli interessi nazionali contrasta con la concezione degli interessi della nazione alla quale essi «in apparenza» appartengono. I bolscevichi in queste località hanno avuto da parte degli ebrei un’accoglienza calorosissima e si sono formate pure le legioni ebree ausiliarie. Bisogna riconoscere che in alcune altre località gli ebrei polacchi hanno dimostrato il loro amore per la terra natia e che hanno fatto il loro dovere a pari con gli altri cittadini.
Vediamo pure dagli atteggiamenti degli ebrei di Vilna, dall’azione ebrea per l’Alta Slesia, che non si può accusare indistintamente tutti gli ebrei polacchi di ciò che commettono alcuni gruppi prevalentemente costituiti dall’elemento immigrato dopo l‘espulsione dalla Russia e sommamente antipatico alla popolazione indigena per la loro opera di russificazione svolta prima della guerra, di spalleggiamento a scapito della popolazione dei governanti stranieri odiati e detestati, per la loro arroganza nell’esprimere esternamente l’odio contro tutto ciò che era polacco e che simboleggiava la secolare lotta per l’indipendenza nazionale della Polonia. Questo odio ha causato indubbiamente qualche eccesso senza però aggiungere gli effetti voluti nelle asserzioni della stampa ebrea occidentale, dei «Jewish Espress, Jewish World, Jewish Times», ecc.
Nessuna azione sterminatrice
Ogni tanto, specialmente in Inghilterra, circolano le nuove voci sui pogrom compiuti o da compiere contro gli ebrei in Polonia ed ogni tanto gli ebrei si rivolgono al Foreign Office per l’intervento inglese. Non bastarono le ispezioni fatte in Polonia dai delegati americani ed inglesi di «nazionalità» ebrea per tranquillizzare gli ebrei inglesi, non bastano neppure le leggi sulla protezione delle minoranze firmate ed accettate dal Governo di Varsavia. Tutte le difficoltà create dall’Inghilterra nella soluzione dei vari problemi concernenti la Polonia hanno la loro radice nelle manovre oscure di retroscena degli ebrei. La sfiducia palesemente e puerilmente dimostrata da Lloyd George verso le capacità polacche di esistere e di organizzarsi ha pure la sua origine nei consigli di «nazionalisti» ebrei «in apparenza» appartenenti alla nazione inglese. E pure negli ultimi mesi dell’anno scorso la supersensibilità «nazionalista» ebrea ha inventato una preparazione di un «pogrom» a Leopoli. Il Foreign Office potrebbe confermare le nostre parole poichè si richiedeva nuovamente il suo intervento in favore di quelli che «dovevano essere pogromati».
La dichiarazione canadese in rispetto ai diritti delle minoranze è l’unica adottabile in riguardo agli ebrei: ogni straniero che intende scegliersi il domicilio fisso e la patria sul territorio di uno Stato deve sottomettersi alle leggi proclamate nell’ambito di questo Stato, diventare un cittadino leale ed obbediente, diventare un membro della società non parassitario e disgregatore ma contribuente al benessere generale. I nazionalisti ebrei sanno che le masse dei loro «compatrioti» in Polonia poco entusiasmo suscita il progetto del ritorno «alla culla degli avi» – in Palestina –, essi preferiscono o restare nel paese che loro ospita od andarsene in America, in Palestina non ci vanno di certo.
Poco a poco anche l’Europa occidentale incomincia a guardare attentamente le mene ebree nazionaliste e poco a poco essa si potrà convincere finalmente che la Polonia non condusse nessuna azione sterminatrice degli ebrei che godono dei privilegi specialmente nel senso del rito, particolari e che certamente non sarebbero concessi da nessun altro Stato e che da noi si perpetuano in virtù della tradizione secolare, sin da quando scappando dai paesi dell’Inquisizione gli ebrei in Polonia trovavano leggi di protezione emanate da quasi tutti i re polacchi sino all’ultimo: Stanislao Augusto.
Dinanzi agli ebrei in Polonia sta questo dilemma: o diventare cittadini leali e sinceri della repubblica o andarsene in Palestina; la lotta per lo Stato nello Stato non può essere tollerata e non sarà mai tollerata da nessuno degli Stati esistenti. E dall’Europa noi attendiamo la giustizia anche in questo campo, perché tra i molti «ismi» regalati alla Polonia v’è anche antiebraismo ossia antisemitismo.
Jan Lonski
Cap. 3
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Conflitti fra israeliti e arabi in Palestina.
Lo stato d’assedio a Gerusalemme
Il Popolo d’Italia,
Anno VIII, N. 107 p. 5
Giovedì, 5 Maggio 1921
Londra, 4.
Secondo un comunicato del ministro delle Colonie il 1° maggio sono scoppiati disordini a Giaffa fra i comunisti israeliti ed alcuni operai arabi nel quartiere israelita di Giaffa. Il giorno successivo, i disordini sono ricominciati. Si dovettero far intervenire la forza ed automobili blindate. Una quarantina di persone sono rimaste uccise, di cui trenta israeliti e 10 arabi. Vi sono stati 142 feriti israeliti e 37 arabi. Alcuni negozi sono stati saccheggiati. Vennero operati 66 arresti. Oggi la calma è ristabilita.
A Gerusalemme è stata proclamata la legge marziale. Si segnalano soltanto alcuni incidenti isolati.
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Queste sono le prime conseguenze del malaugurato patto di San Remo!
Cap. 4
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Gli arabi in Palestina contro gli ebrei e gl’inglesi
350 fra morti e feriti
Il Popolo d’Italia,
Anno VIII, N. 111
Martedì, 10 Maggio 1921
Parigi, 9.
Il Matin ha da Jaffa:
La Palestina continua ad essere teatro di gravi disordini. L’incrociatore inglese Calipso ha dovuto sbarcare ieri 300 marinai e l’alto Commissario britannico ha istituito una Corte marziale. Sono attese a Jaffa altre navi britanniche. A Naplause oggi sono stati massacrati parecchi ebrei. Nei dintorni continuano gli scontri sanguinosi e le zuffe per le strade. Il numero degli uccisi e dei feriti nella regione ammontano a 350.
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Anche il sangue che si versa in Palestina, come quello che si versa – ed è italiano! – nell’Alta Slesia, ricade nella sorniona, ignorante diplomazia dell’Intesa, che ha complicate le questioni, invece di risolverle.
Malgrado la reticenza e la laconicità dei telegrammi – quasi tutti di fonte inglese – la verità che non si può più celare oltre, è questa: dal primo maggio il mondo arabo che popola la Palestina è in piena rivolta contro gli inglesi e contro gli ebrei. Era facile prevedere ciò che accade. A S. Remo, cedenso alle pressioni dei sionisti polacchi e russi, fu conferito all’Inghilterra il mandato sulla Palestina allo scopo di creare in quella uno Stato ebraico che avrebbe dovuto raccogliere gli ebrei che circolano nel mondo slavo, poiché gli altri, quelli che circolano nelle società occidentali sono quasi tutti poco inclinati al sionismo e in massima parte compiono il loro dovere di cittadini nelle rispettive nazioni.
I signori diplomatici di S. Remo dimenticarono, prendendo la famosa decisione, che per far posto in Palestina, agli ebrei, che almeno da dodici secoli si sono fissati in quelle plaghe e non intendono abbandonarle. Dopo un anno dalla decisione di S. Remo gli ebrei orientali che sono accorsi in Palestina sono una quantità trascurabile: l’enorme massa dei fuggiaschi si è diretta a New York. E contro gli ebrei giunti in Palestina si sono scatenate le ostilità in primo luogo degli arabi (circa 600.000) che, a malgrado della più o meno diretta parentela semitica, nutrono un odio mortale contro gli «jaùdi»; in secondo luogo dei cristiani (corca 80.000) che hanno visto importati a Gerusalemme costumi e mode profane e moderne in contrasto stridente col carattere sacro della città e finalmente anche la colonia ebraica di Gerusalemme, composta da bigotti del Talmud guarda con sospetta diffidenza i nuovi arrivati che hanno delle arie di eretici o di emancipati. Non è esclusa una infiltrazione di elementi comunisti e bolcevichi. Col Mandato Palestinico l’Inghilterra si proponeva di creare una soluzione di continuità fra il mondo islamico orientale e quello occidentale, ma pare che il colpo le sia mancato. L’insurrezionale degli arabi in Palestina sta a dimostrare ancora una volta che le costruzioni arbitrarie e artificiose, non hanno lunga storia!
Cap. 5
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Albania e Palestina
Il Popolo d’Italia,
Anno VIII, N. 148, p. 1
Mercoledì, 22 giugno 1921
Titoli: Memorabile seduta parlamentare. Un fortissimo discorso di Benito Mussolini. Scontro violento fra socialisti e fascisti. Un incidente Labriola-Giolitti. Il poderoso discorso di Mussolini.
[…] Altra punto doloroso della politica estera è quello dell’Albania abbandonata dalla Consulta.
Per la Palestina Mussolini ricorda il monito di Benedetto XV contro il falso ed effimero tentativo del sionismo britannico.
Per quanto riguarda la politica continentale Mussolini ha affermato che siamo di fronte ad una formidabile competizione di interessi e di egemonie tra Francia e Inghilterra, mentre l’Italia non ha una politica propria.
Dopo questa parte del discorso principalmente dedicata alla politica estera Mussolini è passato alla politica interna, mentre l’attenzione della Camera si faceva oltremodo intensa.
Cap. 6
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Brano sulla Palestina nel primo discorso parlamentare di Mussolini
Vol. XVI, p. 438-9
21 giugno 1921.
...Vengo ad un’altra questione, molto delicata.
È una questione che bisogna affrontare, prima di tutto perché la cronaca lo ha imposto, ed in secondo luogo perché, dopo l’allocuzione pontificia davanti al Concistoro segreto di giorni fa, non è più possibile ignorare che esiste una questione della Palestina.
Bisogna scegliere; bisogna che il Governo abbia un suo punto di vista. O sceglie il punto di vista sionistico inglese, o sceglie il punto di vista di Benedetto XV.
Credo di non tediare la Camera ricordando brevemente i precedenti della questione.
Il 2 novembre 1917 il Governo inglese si dichiarava favorevole alla questione della creazione, in Palestina, di un focolare nazionale per il popolo ebraico, restando bene inteso che nulla sarebbe fatto che potesse recare offesa ai diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina, e ai diritti ed agli istituti politici, di cui godono gli ebrei in tutte le altre nazioni del mondo. In un secondo tempo le potenze alleate hanno adottato questa dichiarazione. Finalmente con l’articolo 222 del trattato di pace, sottoscritto il 20 agosto 1920 a Sèvres, la Turchia rinunziava a tutti i suoi diritti sulla Palestina, e le potenze alleate sceglievano come mandataria l’Inghilterra.
Ora, mentre le nazioni civili dell’Occidente non hanno modificato il regime comune di libertà per le diverse confessioni religiose, in Palestina è accaduto tutto il contrario, anche perché l’amministrazione di quello Stato in embrione è stata affidata all’organizzazione politica del sionismo.
Ma in Palestina ci sono seicentomila arabi, che vivono là da dieci secoli, e settantamila cristiani, mentre gli ebrei non arrivano che a cinquantamila. Si è così determinata una situazione straordinariamente interessante. Gli ebrei autoctoni, che hanno vissuto per secoli e secoli all’ombra delle moschee di Gerusalemme, non possono soffrire gli elementi che vengono dalla Polonia, dall'Ucraina, dalla Russia, perché hanno delle arie straordinariamente emancipate; e quelli che sono immigrati si sono già divisi in tre frazioni, una delle quali, che si chiama abbreviatamente
Mopsi, è già iscritta regolarmente come frazione comunista alla terza Internazionale di Mosca.
Apro una parentesi, per dire che non si deve vedere nelle mie parole alcun accenno ad un antisemitismo, che sarebbe nuovo in quest’aula. Riconosco che il sacrificio di sangue dato dagli ebrei italiani in guerra è stato largo e generoso, ma qui si tratta di esaminare una determinata situazione politica e indicare quali possono essere le direttive eventuali del Governo.
Ora in Palestina si è determinata l’alleanza tra cristiani ed arabi, si è formato il partito della conferenza di Giaffa, che si oppone colla guerra civile e col boicottaggio ad ogni immigrazione ebraica, ed il 1° maggio ed il 14 maggio si sono verificati disordini sanguinosi, in cui ci sono stati qualche centinaio di feriti e vari morti, tra i quali uno scrittore di una certa fama. Ora, a quanto si legge sul
Bulletin du Comité des délégations juives, a pagina 19, pare che il testo del mandato inglese per la Palestina debba essere sottomesso al Consiglio della Società delle nazioni nella prossima riunione di Ginevra. Ed io desidererei che il Governo accettasse, in questa questione delicatissima, il punto di vista espresso dal Vaticano.
Ciò è anche negli interessi degli ebrei, i quali, fuggiti ai
pogroms dell’Ucraina e della Polonia, non devono incontrare i
pogroms arabici della Palestina, ed anche perché non si determini nelle nazioni occidentali una penosa situazione giuridica per gli ebrei, in quanto, se domani gli ebrei fossero cittadini sudditi del loro Stato, potrebbero diventare immediatamente colonie straniere negli altri Stati…
Cap. 7
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↑ 29.7.1921 ↓ c
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Una missione di palestinesi a Londra
per un migliore assetto della Palestina
Il Popolo d’Italia,
Anno VIII, N. 180, p. 1
Venerdì, 29 Luglio 1921
Roma, 28
È stata di passaggio per Roma in questi giorni la delegazione araba della Palestina, diretta a Londra, per perorare la causa della Palestina contro la minaccia del sionismo. Ne è presidente Musa Kasen Pascià, e ne fanno parte quattro musulmani e due cristiani, tutti nativi della Palestina.
Lo scopo del viaggio, è quello di esporre al Governo inglese la gravità della situazione creata in Palestina dalla politica sionista finora adottata e di ottenere una efficace tutela di palestinesi, tanto musulmani, quanto cristiani. La delegazione si propone anche di illuminare la opinione pubblica inglese e di ottenerne l’appoggio.
Passando per Roma i delegati hanno dichiarato di essere stati profondamente soddisfatti della protesta contro il sionismo fatta dal Papa, nell’ultima allocuzione concistoriale. La delegazione parte questa sera per Parigi donde proseguirà per Londra.
Cap. 8
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Il Congresso arabo di Ginevra
Il Popolo d’Italia,
Anno VIII, N. 201, p. 3
Martedì, 23 Agosto 1921
Da molto tempo la stampa europea e in genere quella mondiale hanno seguito con una certa larghezza il Problema Arabo. Ma raramente il gran pubblico ha potuto avere la cognizione esatta del deplorevole stato di cose ad oggi succeduto nei paesi arabi dalla firma dell’armistizio.
Divagazioni sull’argomento più che relazioni di «competenza». Il riattaccamento con l’estero e specialmente con i Paesi Arabi è una vera «probatio diabolica» e come sempre unica «spes» è limitata alle comunicazioni è limitata alle comunicazioni delle agenzie o alle corrispondenze di inviati speciali degli organi più potenti.
Tutti gli apprezzamenti alla leggiera hanno molto nociuto alla valutazione degli avvenimenti. E d’altra a noi sembra che su questa leggerezza e sulla incredulità si è giocato il «bluff» di alcune potenze nei riguardi dell’Oriente Arabo. Già esponemmo la cronistoria degli avvenimenti post-bellici che vennero maturandosi a proposito di una promessa e mancata costituzione di un Regno Arabo Indipendente.
Così che dopo una guerra combattuta con eguale fede da tutti i popoli del mondo materialmente e moralmente, ci troviamo oggi a rimirare un nuovo mastodontico imperialismo che minaccia l’esistenza delle nazioni giovanissime e soprattutto dell’Italia.
Fu agitato molto coreograficamente e clamorosamente il fantasma di una ferrea tutela per la costituzione delle nazionalità minori, le quali prima della guerra furono oppresse da abbominevoli dominazioni, si sono convocati celestiali plebisciti, tutta una fraseologia più che cristiana ha insuflato i polmoni dei fonografi diplomatici, ma alla fine gli unghioni hanno lacerato il drappo attutitore di velluto, e l’Alta Slesia, l’India, la Siria, la Palestina, offrono uno spettacolo ben convincente, ai più sfegatati ottimisti di questa Pace segnata a grandi caratteri sul frontone del tempio della Società delle Nazioni.
Ad esempio, nella Siria permane uno stato di cose impressionante, quantunque compaiano solo di volta in volta pillolette informative di questo «lontanissimo» Oriente, che si vuol veramente renderlo più lontano dalla vita politica occidentale, tuffandolo nel buio più fantastico e maligno.
Gli Arabi della Siria continuano la loro lotta per l’indipendenza. L’interno del paese è in fiamme. La linea Raiak-Aleppo è tagliata dai rivoluzionari bene armati e diretti da ufficiali dello Stato Maggiore che l’Agenzia Havas denunzia come briganti!
Briganti perché lottano per la loro santa indipendenza. Amara analogia con tutti gli eroici stati d’anima della storia di tutti i popoli liberi del mondo! L’ultima visita del generale Gourand ad Aleppo è stata fatta in automobile, guardata a poca distanza da una autoblindata, sei aeroplani e un corpo di guardia.
Nel frattempo Monsieur Briand pretende dall’alto dell’augusta tribuna della Camera, che: la Francia è in Siria per la espressa volontà del popolo siriaco, giungendo nel suo impeto lirico a dare l’impressione che i siriaci prenderanno le armi contro la Francia qualora questa un bel giorno si decidesse ad evacuare il paese.
Per rimettere ogni cosa nel suo giusto valore non solamente con questo grottesco paradosso, ma per tutto il sibillino lavoro di trucco, perché il mondo conosca quale è la verità, è imminente a Ginevra un Congresso Arabo. Lo scopo sarà duplice, una organizzazione generale siriaca e lo sviluppo della questione stessa innanzi alla Società delle Nazioni.
Così noi assisteremo a una fiera accusa all’opera malvagia compiuto in Oriente. Dalla Palestina è partita una commissione di sei membri, quattro musulmani e due cristiani, tutti mandatari accreditati della popolazione palestiniana. Essa propugnerà la revisione della politica sionista ed ha per animatore Moussa Kazim Al-Houssaïny pascià.
Questa delegazione di passaggio per Roma ha avuto le migliori accoglienze sia dal Governo italiano, sia dal Vaticano che si è mostrato molto soddisfatto per le proteste fatte contro il Sionismo nella Terra Santa. Il Congresso Arabo di Ginevra, a cui parteciperanno tutte le delegazioni arabe, assumerà una importanza grandissima per la...
materiale perché finalmente la luce ricompaia su questo «caos» nelle quali i fili intricati si sono sempre più addensati per una voluta campagna.
È il miglior momento perché l’Italia si renda edotta della situazione ora che anche dal Vaticano è venuta la solidarietà per gli interessi cristiani insidiati dalla invadenza della politica sionista. Se diecine di non sono valse a richiamare l’attenzione dell’Italia su queste terre mediterranee, ove pure le navi delle nostre fiorenti repubbliche marinare incrociarono apportandovi benessere e magnificenza e si ricollegano ai fasti delle più belle pagine e si ricollegano ai fasti delle più belle pagine della nostra storia medioevale, valga oggi il vivo nostro interessamento affinché preparati possiamo far valere la nostra parola di potenza civile e vittoriosa.
Così la Società delle Nazioni troverà il primo «commento» al suo famoso articolo 22 che lo spirito wilsoniano restrinse in sessanta righe di testo. L’articolo 22 concernente «i mandati» è antigiuridico e illogico perché non riesce a risolvere affatto la «traditio» di quelle terre che «à la suite de la guerre, ont cessé d’être sous la souveranité des Etats qui les gouvernaient precedemment et qui sont habités par des peuples non encore capables de se diriger eux-mêmes dans les conditions particulierment difficile du monde moderne».
Infatti si parla della cessazione della sovranità precedente, ma non è espresso quale sarà la sovranità che deve rimpiazzare l’altra decaduta. Gabriele Hanotaux ha rilevato questa manchevolezza, ma i diplomatici, imperterriti, non hanno colmato la lacuna. Si accenna ad una gradazione di mandati, essi dovranno differire a seconda del grado di sviluppo del popolo, a seconda della situazione geografica, a seconda delle condizioni economiche; va benissimo tutta questa premura, ma in quale considerazione appunto è stata tenuta?
In Siria vige ancora una amministrazione militare, ottantamila regolari francesi che costeranno centinaia di milioni, si ostinano ad assicurare la pace. Oh, prodiga fratellanza! Al contrario il popolo dichiara che la sua felicità sarà veramente grande quando potrà essere lasciato libero nel diritto di amministrarsi.
Così l’istituto plebiscitario è restato arida teoria giuridica quando si pensa alle licenze molto arbitrarie che questa o quell’altra Potenza ha creduto concedersi. Così si è avuto ancora una vera e propria colonizzazione, mentre nel mondo occidentale vagolava la figura novella della libera elezione di governo.
E ricordiamo che se una volta nel Congo vere battute da bracconieri facevano piazza pulita dei poveri abitanti dell’Africa, – questo vecchio continente paziente che ha il solo torto di essere abitato da una razza inferiore, per essere ancora il grande feudo del Mondo – oggi nella terra dei Profeti e dei grandi iniziati manovra tutta la strategia di campi moderni di guerra.
Sì, è stata una grande sublime aspirazione la Società delle Nazioni, ma l’aquila bianca che doveva levarsi a volo è caduta come un povero uccellaccio di cartapesta.
Alfredo Acito
Cap. 9
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Il Congresso Siriaco di Ginevra.
Il travaglio acuto del mondo arabo
Il Popolo d’Italia,
Anno VIII, N. 208, p. 3
Mercoledì, 31 Agosto 1921
(Dal nostro inviato speciale)
Ginevra, 29.
Immediatamente dopo aver lasciato il treno abbiamo colto l’occasione, nella sorridente e mite Ginvra, di avvicinarci al Congresso Siriaco che rappresenta il più grande avvenimento attualmente, nell£imminenza della spinosa questione slesiana e della riunione della Società delle Nazioni.