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Ricorriamo all’unico documento fondato su un’inchiesta rigorosa condotta a caldo, appena dopo gli avvenimenti. Si tratta dell’atto di accusa steso dal procuratore del tribunale locale, V. N. Goremykin, il quale «non ha citato un solo ebreo in qualità di accusato, cosa per cui fu aspramente vilipeso dalla stampa reazionaria». (Come vedremo, il tribunale sedette prima a porte chiuse per «non esacerbare le passioni», e l”atto d’accusa fu inizialmente pubblicato all’estero nell’organo di stampa emigrato di Stoccarda, Osvobojdenie [“Liberazione”]).
Il documento si apre con il resoconto degli «abituali scontri tra ebrei e cristiani così come se ne sono prodotti in tutti questi ultimi anni a Pasqua», e sull’«animosità della popolazione locale nei confronti degli ebrei». Vi è detto che «già due settimane prima della Pasqua [ ... ], erano circolate voci in città annuncianti che, per le future feste, vi sarebbero state delle aggressioni contro gli ebrei». Un giornale, il Bessarabets ("il Bessarabo"), aveva svolto qui un ruolo da attaccabrighe pubblicando «giorno dopo giorno, nel corso delle ultime settimane, articoli incendiari, fortemente antiebraici, che non passarono inosservati presso i funzionari di basso rango, gli scribacchini, del popolo poco istruito della Bessarabia. Tra gli ultimi articoli provocatori del giornale, ci fu quello che riferiva l’omicidio di un bambino cristiano nel borgo di Dubossary, perpetrato, secondo quanto riportato, da ebrei “a scopo rituale” (e correva un’altra voce in base alla quale un ebreo aveva assassinato una serva cristiana mentre questa si era, in realtà, suicidata).
E la polizia di Kichinev cosa fece? «Non dando alcun particolare credito alle voci», e malgrado il fatto che, «in questi ultimi anni,sopraggiungevano regolarmente risse tra ebrei e cristiani, la polizia di Kichinev non prese alcuna seria misura preventiva», non fece altro che rafforzare le pattuglie «per le feste, nei luoghi in cui la folla sarebbe stata più densa», aggiungendo ad esse uomini reclutati nella guarnigione locale. Il capo della polizia non diede alcuna chiara istruzione ai suoi graduati.
È proprio questa la cosa più imperdonabile: risse a ripetizione tutti gli anni per la Pasqua, voci di tale gravità - e la polizia incrocia le braccia. Un segno ulteriore dello stato di decadenza dell’apparato governativo. Perché delle due cose l’una: o si lascia andare l’impero (quante guerre, quanti sforzi dispiegati allo scopo di riunire, per oscure ragioni, la Moldavia alla Russia), o si bada al buon ordine che deve regnare su tutto il suo territorio.
Il pomeriggio del 6 aprile, le strade della città sono invase dal «popolo in festa», con «molti adolescenti» deambulanti tra la folla, così come persone alticce. I ragazzi si mettono a lanciare pietre contro le vicine case ebraiche, tirando sempre più forte, e quando il commissario e i suoi ispettori tentano di arrestare uno di loro, «vengono a loro volta colpiti da sassi». Degli adulti si mettono allora in mezzo. «La polizia non prese alcuna misura ferma per stroncare i disordini» e questi ultimi sfociarono nel saccheggio di due botteghe ebree e di alcune rimesse. In serata, i disordini si calmarono, «nessuna via di fatto era stata perpetrata quel giorno contro gli ebrei»; la polizia aveva arrestato sessanta persone durante la giornata.
Tuttavia, «all’alba del 7 aprile, la popolazione cristiana [ ... ], molto agitata, cominciò a raccogliersi in diversi posti della città e
I due volumi di Aleksander Solgenitsin (1918-2008) ricostruiscono la storia dell’ebraismo in Russia negli ultimi due secoli. La traduzione italiana di “Due secoli insieme” è del 2007, mentre la prima edizione in lingua russa è del 2002. Di molti episodi noti in versione propagandistica l’autore russo, basandosi su fonti russe, ci fornisce una versione oggettiva, più aderente ai fatti storici realmente accaduto. Ricostruiremo nei limiti in cui ne saremo capaci i costi umani che Solgenitsin ha dovuto affrontare per la sua opera di verità. Il breve estratto che segue ha finalità didattiche e scientifiche e verrà prontamente rimosso in caso di richiesta da parte degli aventi diritto. Il brano che segue è tratto dal secondo volume dell’opera: Ebrei e Russi prima della rivoluzione (pp. 388-405). Abbiamo eliminato tutte o buona parte delle note originali, per le quali si rinvia all’edizione citata. Al brano seguirà un nostro commentario ed apparato critico, come è nostra l’iconografica illustrativa del testo, tratta dalla rete.
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Il pogrom di Kichinev
Il pogrom di Kichinev iniziò il 6 aprile, ultimo giorno della Pasqua ebraica e primo giorno della pasqua ortodossa. (Non è la prima volta che osserviamo questo tragico legame tra i pogrom antiebrei e la Pasqua dei cristiani: nel 1881, nel 1882 e nel 1899 a Nikolaev - e questo ci colma di un dolore e di una inquietudine estremi).Ricorriamo all’unico documento fondato su un’inchiesta rigorosa condotta a caldo, appena dopo gli avvenimenti. Si tratta dell’atto di accusa steso dal procuratore del tribunale locale, V. N. Goremykin, il quale «non ha citato un solo ebreo in qualità di accusato, cosa per cui fu aspramente vilipeso dalla stampa reazionaria». (Come vedremo, il tribunale sedette prima a porte chiuse per «non esacerbare le passioni», e l”atto d’accusa fu inizialmente pubblicato all’estero nell’organo di stampa emigrato di Stoccarda, Osvobojdenie [“Liberazione”]).
Il documento si apre con il resoconto degli «abituali scontri tra ebrei e cristiani così come se ne sono prodotti in tutti questi ultimi anni a Pasqua», e sull’«animosità della popolazione locale nei confronti degli ebrei». Vi è detto che «già due settimane prima della Pasqua [ ... ], erano circolate voci in città annuncianti che, per le future feste, vi sarebbero state delle aggressioni contro gli ebrei». Un giornale, il Bessarabets ("il Bessarabo"), aveva svolto qui un ruolo da attaccabrighe pubblicando «giorno dopo giorno, nel corso delle ultime settimane, articoli incendiari, fortemente antiebraici, che non passarono inosservati presso i funzionari di basso rango, gli scribacchini, del popolo poco istruito della Bessarabia. Tra gli ultimi articoli provocatori del giornale, ci fu quello che riferiva l’omicidio di un bambino cristiano nel borgo di Dubossary, perpetrato, secondo quanto riportato, da ebrei “a scopo rituale” (e correva un’altra voce in base alla quale un ebreo aveva assassinato una serva cristiana mentre questa si era, in realtà, suicidata).
E la polizia di Kichinev cosa fece? «Non dando alcun particolare credito alle voci», e malgrado il fatto che, «in questi ultimi anni,sopraggiungevano regolarmente risse tra ebrei e cristiani, la polizia di Kichinev non prese alcuna seria misura preventiva», non fece altro che rafforzare le pattuglie «per le feste, nei luoghi in cui la folla sarebbe stata più densa», aggiungendo ad esse uomini reclutati nella guarnigione locale. Il capo della polizia non diede alcuna chiara istruzione ai suoi graduati.
È proprio questa la cosa più imperdonabile: risse a ripetizione tutti gli anni per la Pasqua, voci di tale gravità - e la polizia incrocia le braccia. Un segno ulteriore dello stato di decadenza dell’apparato governativo. Perché delle due cose l’una: o si lascia andare l’impero (quante guerre, quanti sforzi dispiegati allo scopo di riunire, per oscure ragioni, la Moldavia alla Russia), o si bada al buon ordine che deve regnare su tutto il suo territorio.
Il pomeriggio del 6 aprile, le strade della città sono invase dal «popolo in festa», con «molti adolescenti» deambulanti tra la folla, così come persone alticce. I ragazzi si mettono a lanciare pietre contro le vicine case ebraiche, tirando sempre più forte, e quando il commissario e i suoi ispettori tentano di arrestare uno di loro, «vengono a loro volta colpiti da sassi». Degli adulti si mettono allora in mezzo. «La polizia non prese alcuna misura ferma per stroncare i disordini» e questi ultimi sfociarono nel saccheggio di due botteghe ebree e di alcune rimesse. In serata, i disordini si calmarono, «nessuna via di fatto era stata perpetrata quel giorno contro gli ebrei»; la polizia aveva arrestato sessanta persone durante la giornata.
Tuttavia, «all’alba del 7 aprile, la popolazione cristiana [ ... ], molto agitata, cominciò a raccogliersi in diversi posti della città e
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