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Sommario: 1. I Luoghi Santi e il governo laburista. –
Indice Analitico: a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z. – Eventi del 1924. – Altre fonti giornalistiche, periodiche o archivistiche del 1924.
Mentre valgono le considerazioni generali già fatte per le precedenti fonti documentarie, e cioè: Vedi Elenco Numerico, pare
qui opportuno rilevare ogni volta la casualità e imparzialità con
la quale le diverse fonti si aggiungono le une alle altre, animati da
una pretesa di completezza, che sappiamo difficile da raggiungere. Il quotidiano “La
Stampa”, fondato nel 1867, rende disponibile il suo archivio storico
dal 1867 al 2006. Valgono i criteri generali enunciati in precedenza e
adattati ogni volta alla specificità della nuova fonte. Assumendo
come anno di partenza il 1921 seguiamo un metodo sincronico,
raccordandolo con quello diacronico basato su alcuni anni di
riferimento.
Anno inizio spoglio: 1921. |
Indice Analitico: a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z. – Eventi del 1924. – Altre fonti giornalistiche, periodiche o archivistiche del 1924.
I Luoghi Santi e il governo laburista
LaStampa,
Anno LVIII n. 42,
Anno LVIII n. 42,
lunedì, p. 1
18 febbraio 1924
(Dal nostro corrispondente vaticano)
Roma, febbraio.
B. — La crisi politica inglese e l’ormai evidente orientamento nuovo che sta per assumere, sotto la guida laburista, tutta la prassi governativa britannica, non manca di far sentire lo loro ripercussioni nelle più alte sfere ecclesiastiche, dove si è soliti seguire con sensibile vigilanza, le possibili interferenze degli atteggiamenti del Itegno Unito, con gli interessi del Cattolicesimo nei territori dell’Impero. Veramente quel senso realistico e positivo che contrassegna tutto le mosse e i quotidiani indirizzi della diplomazia pontificia non le consente abitualmente di precorrere frettolosamente gli eventi e di adottare intempestivamente decisioni non imposte dalle circostanze di fatto. La nuova situazione politica britannica, determinata dalle recenti elezioni, e ancora troppo immatura, perché in Vaticano si senta già il bisogno di concertare qualcosa di positivo per fronteggiarne le probabili manifestazioni sul terreno religioso. Ma ciò non vuol dire che nei circoli più direttamente interessati alle sorti della causa cattolica nei paesi più o meno direttamente soggiacenti al prestigio di Albione non si avverta la convenienza di prepararsi agli eventi, con piena conoscenza di uomini e di cose. Non è da credere che la Santa Sede abbia delle ragioni particolari, a quanto ci è stato detti in ambienti capaci di esprimere un apprezzamento autorevole, per nutrire dello diffidenze preconcepite e delle ostilità pregiudiziali alle nuove combinazioni liberali-democratiche che si determinano nella vita politica britannica.
La Chiesa cattolica, se può in linea di fatto paventare i rivolgimenti politici che in nome delle idealità democratiche importano lacerazioni e sconvolgimenti nei tessuti delle costituzioni sociali, sente molto più, in linea di principio, quelle concezioni conservatrici statolatriche, che, con il loro patrocinio ad ogni esercizio incontrollato del potere, si costituiscono automaticamente come emule e rivali del suo magistero e della sua disciplina. Nella fattispecie, la politica vaticana guarda con fiduciosa aspettativa i risultati eventuali della politica laburista in Inghilterra. Può darsi, data la decisa preponderanza che in un Gabinetto Mac Donald finiranno logicamente con l’avere gli elementi non-conformisti, che l’azione governativa, nettamente sfavorevole a quei tentativi di riconciliazione religiosa che alcune sezioni dell’alta chiesa anglicana vanno ormai da anni compiendo per avvicinarsi a Roma, frustrerà anche più rapidamente di ogni pratico risultato il programma della riunione delle chiese. Ma Roma non si è mai cullata nella illusione che lo scisma consumato in Inghilterra all’epoca di Enrico VIII sia per essere ricomposto mercé le mene di pochi dilettanti di controversie denominazionali.
In Vaticano, a quanto abbiamo potuto constatare nel corso di una conversazione con un eminente ecclesiastico di lingua inglese in grado di esprimere giudizi autorevoli, ci si ripromette più tosto dal Governo laburista che potrà presto formarsi, e che si troverà molto più libero nei suoi atteggiamenti internazionali dei governi che l’hanno preceduto, una linea di condotta meno impacciala da preconcetti e da compromissioni sul terreno di quei problemi politico-religiosi che la pace e le sue clausole hanno posto allo studio e al Governo del Regno Unito. C’è un problema in particolare, eccezionalmente preoccupante per la Santa Sede, a proposito del quale si attende, in molti ambienti ecclesiastici romani, con viva ansietà, il contegno che sarà per assumere il Governo di Londra. Ed è il problema del mandato britannico in Palestina.
È noto ormai come la Santa Sede, e il suo diretto interprete nei Luoghi Santi, il torinese mons. Barlassina, patriarca latino di Gerusalemme, abbiano assunto apertamente un’attitudine di irriducibile e viva opposizione al tentativo sionista, forte di un impegno contratto da Balfour. Per quanto il piano della progettata colonizzazione giudaica abbia proceduto con insanabile lentezza, i suoi patrocinatori non hanno per questo smarrito il loro entusiasmo. In questo momento esso è tutto concentrato nel progetto della erigenda università, per la quale sono stati accaparrati i più bei nomi, tra cui quello di Einstein, Mons. Barlassina si è gettato a capo fitto nella lotta antisionista, stringendo, per il suo fine, intese così con gli arabi come con gli israeliti indigeni, la cui mentalità e i cui interessi non combaciano veramente con quelli degli organizzatori sionisti.
La posizione del patriarca si è fatta in questi ultimi mesi eccezionalmente difficile. Non solamente per i contrasti immancabili con Sir Samuel, il quale, nonostante la innegabile duttilità del suo regime amministrativo non può non mantenere fede alla consegna ch’egli si è assunta andando ad impiantarsi in Palestina; bensì anche per la latente tensione che si è venuta creando fra la Custodia di Terra Santa, secolare depositaria e tutelatrice degli interessi cattolici, nel paese di Gesù, e il patriarcato latino che, sotto l’azione di un uomo come il Barlassina, è venuto moltiplicando i suoi poteri e la sua autorità. Può darsi che il cambiamento di indirizzo politico in Inghilterra eserciti un’efficacia rasserenante nell’ambiente palestinese. Un governo labourista non deve avere dei motivi particolari per concedere al sionismo quella mal dissimulala benevolenza che è stata la parola d’ordine dei passati gabinetti coalizionisti e conservatori.
La lotta quindi degli elementi arabi e cristiani colà perderà della sua acre effervescenza. Mons. Barlassina, in una situazione di maggiore calma, potrebbe non essere più l’uomo della situazione. L’attenderà allora in curia la posizione che i suoi meriti e il suo zelo chiaroveggente gli avranno assicurato. E il custode in Terra Santa, l’ottimo Diotallevi, riguadagnerà intiera la sua tradizionale efficienza. E allora sarà segnata, per il sionismo, la sua prova suprema. Ecco una delle ragioni, una sola, ma non delle meno solide, per le quali si attende in Vaticano con molto ottimismo l’esperimento labourista.
La Chiesa cattolica, se può in linea di fatto paventare i rivolgimenti politici che in nome delle idealità democratiche importano lacerazioni e sconvolgimenti nei tessuti delle costituzioni sociali, sente molto più, in linea di principio, quelle concezioni conservatrici statolatriche, che, con il loro patrocinio ad ogni esercizio incontrollato del potere, si costituiscono automaticamente come emule e rivali del suo magistero e della sua disciplina. Nella fattispecie, la politica vaticana guarda con fiduciosa aspettativa i risultati eventuali della politica laburista in Inghilterra. Può darsi, data la decisa preponderanza che in un Gabinetto Mac Donald finiranno logicamente con l’avere gli elementi non-conformisti, che l’azione governativa, nettamente sfavorevole a quei tentativi di riconciliazione religiosa che alcune sezioni dell’alta chiesa anglicana vanno ormai da anni compiendo per avvicinarsi a Roma, frustrerà anche più rapidamente di ogni pratico risultato il programma della riunione delle chiese. Ma Roma non si è mai cullata nella illusione che lo scisma consumato in Inghilterra all’epoca di Enrico VIII sia per essere ricomposto mercé le mene di pochi dilettanti di controversie denominazionali.
In Vaticano, a quanto abbiamo potuto constatare nel corso di una conversazione con un eminente ecclesiastico di lingua inglese in grado di esprimere giudizi autorevoli, ci si ripromette più tosto dal Governo laburista che potrà presto formarsi, e che si troverà molto più libero nei suoi atteggiamenti internazionali dei governi che l’hanno preceduto, una linea di condotta meno impacciala da preconcetti e da compromissioni sul terreno di quei problemi politico-religiosi che la pace e le sue clausole hanno posto allo studio e al Governo del Regno Unito. C’è un problema in particolare, eccezionalmente preoccupante per la Santa Sede, a proposito del quale si attende, in molti ambienti ecclesiastici romani, con viva ansietà, il contegno che sarà per assumere il Governo di Londra. Ed è il problema del mandato britannico in Palestina.
È noto ormai come la Santa Sede, e il suo diretto interprete nei Luoghi Santi, il torinese mons. Barlassina, patriarca latino di Gerusalemme, abbiano assunto apertamente un’attitudine di irriducibile e viva opposizione al tentativo sionista, forte di un impegno contratto da Balfour. Per quanto il piano della progettata colonizzazione giudaica abbia proceduto con insanabile lentezza, i suoi patrocinatori non hanno per questo smarrito il loro entusiasmo. In questo momento esso è tutto concentrato nel progetto della erigenda università, per la quale sono stati accaparrati i più bei nomi, tra cui quello di Einstein, Mons. Barlassina si è gettato a capo fitto nella lotta antisionista, stringendo, per il suo fine, intese così con gli arabi come con gli israeliti indigeni, la cui mentalità e i cui interessi non combaciano veramente con quelli degli organizzatori sionisti.
La posizione del patriarca si è fatta in questi ultimi mesi eccezionalmente difficile. Non solamente per i contrasti immancabili con Sir Samuel, il quale, nonostante la innegabile duttilità del suo regime amministrativo non può non mantenere fede alla consegna ch’egli si è assunta andando ad impiantarsi in Palestina; bensì anche per la latente tensione che si è venuta creando fra la Custodia di Terra Santa, secolare depositaria e tutelatrice degli interessi cattolici, nel paese di Gesù, e il patriarcato latino che, sotto l’azione di un uomo come il Barlassina, è venuto moltiplicando i suoi poteri e la sua autorità. Può darsi che il cambiamento di indirizzo politico in Inghilterra eserciti un’efficacia rasserenante nell’ambiente palestinese. Un governo labourista non deve avere dei motivi particolari per concedere al sionismo quella mal dissimulala benevolenza che è stata la parola d’ordine dei passati gabinetti coalizionisti e conservatori.
La lotta quindi degli elementi arabi e cristiani colà perderà della sua acre effervescenza. Mons. Barlassina, in una situazione di maggiore calma, potrebbe non essere più l’uomo della situazione. L’attenderà allora in curia la posizione che i suoi meriti e il suo zelo chiaroveggente gli avranno assicurato. E il custode in Terra Santa, l’ottimo Diotallevi, riguadagnerà intiera la sua tradizionale efficienza. E allora sarà segnata, per il sionismo, la sua prova suprema. Ecco una delle ragioni, una sola, ma non delle meno solide, per le quali si attende in Vaticano con molto ottimismo l’esperimento labourista.
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