Ch’io sappia, esiste un solo libro organico su Hamas in lingua italiana. È il volume di Paola Caridi, uscito da poco tempo. È però un libro di difficile lettura, come ammette la stessa autrice. Forse la difficoltà è insita a ciò che si potrebbe e dovrebbe dire ed invece non si vuole e non si può dire. Al pari di altri temi, anche per Hamas è stata votata una damnatio: non se ne può e non se ne deve parlare, se non per dirne tutto il male possibile. Chiunque pensasse di violare questa consegna di regime, verrebbe immediatamente demonizzato lui stesso. Lo abbiamo appreso personalmente. Tuttavia, non ci lasciamo impressionare e continuiamo nel nostro metodo di cercare nella rete stessa o in libri a noi accessibili, ciò che aiuta a capire e che ci offre dati e informazioni altrimenti ignoti. Sappiamo al massimo da dove partiamo, ma non sappiamo dove arriveremo.
Sommario: 1. Come Hamas vinse nel gennaio 2006. – 2. Hamas distingue fra ebrei e sionisti. – 3. La lista nera del terrorismo. – 4. L’incredibile numero dei prigionieri palestinesi. – 5. Gli omicidi “mirati”. – 6. La riforma linguistica. – 7. Anche i tunnel sono “terroristi”. – 8.
1. Come Hamas vinse nel gennaio del 2006. – Andando al link del titolo si trova un articolo di Michel Guglielmo Torri, cui attingiamo dall’archivio di “Come don Chisciotte”, nostra fonte privilegiata che esploreremo cronologicamente, salvo integrarla con altre fonti. La diffamazione di Hamas, la cui democraticissima vittoria elettorale non era gradita, incomincia subito, come subito incominciò l’assedio israeliano di Gaza. Bel modo di intendere la “democratizzazione” all’occidentale: i risultati elettorali ed il regime che ne risulta vanno bene, se piacciono al padrino. Altrimenti… Torri ricostruisce l’evento risalendo all’antefatto di Camp David, nel 2000, quando fallirono le eterne trattative perché gli israliano non intendevano concedere proprio nulla ad Arafat, che voleva uno stato palestinese sui territori precedenti il 1967. Inutile per me riferire circa le trattative. Roba da mercanti. Da filosofo a me basta rilevare il totale deficit di legittimità da parte di Israele. La legalità costruita sui concreti rapporti di forza, sulla conquista violenta del territorio, è cosa che non può entrare nella mia considerazione. Se fossi un politico ed un protagonista degli eventi, il mio modo di ragionare potrebbe essere diverso. Ma ad ognuno il suo. E dunque ricostruisco la storia in modo che abbia per me un senso piuttosto che averne nessuno.
2. Hamas distingue fra ebrei e sionisti. – Nell’intervista che Silvia Cattori fa al leader di Hamas Moshir Al Masri emerge subito la fondamentale distinzione fra ebrei in quanto tali e sionisti. Occorre qui rinviare al libro di Rabkin per questa distinzione, assai importante, ma pressoché totalmente sconosciuta ai nostri media ed al giudizio corrente su questi fatti, inficiati da gravissimi pregiudizi. L’esistenza di Hamas è perfettamente legale in quanto resistenza legittima ad un’occupazione illegale e peggio che coloniale, ricordando che il colonianismo storico del XVIII e XIX secondo non si era proposto in linea di principio la pulizia etnica e lo sterminio degli indigeni, che sarebbero stati se mai una assai utile forza lavoro da poter sfruttare. Se il nostro senso morale non fosse stato distorto dai media, dovremmo indignarci contro gli occupanti e non già contro gli occupati che hanno la volontà e la dignità umana di voler e saper resistere in condizioni per noi impensabili.
3. La lista nera del terrorismo. – Troppo spesso accettiamo supinamente che questo o quel movimento sia un gruppo “terrorista” e venga registrato all’anagrafe come tale. In realtà, si tratta di designazione arbitrarie ed unilaterale con le quali si vuole deligittimare un avversario politico, un minoranza, un’intera popolazione. La Bolla viene quindi passata ai media il cui compito diventa quello di alienare la simpatia e la solidarietà verso i soggetti così criminalizzati, che spesso hanno dalla loro tutte le ragioni del diritto naturale. Per Hamas l’inclusione nella lista dei “terroristi” avviene nel 2003. Cercheremo in questo paragrafo di attingere maggiori informazioni su questo interessante meccanismo di delegittimazione e demonizzazione nonché manipolazione della cosiddetta opinione pubblica, che è in realtà una costruzione dei mass media.
4. L’incredibile numero dei prigionieri palestinesi. – Sarebbero oltre 650.000 i palestinesi che sono stati graditi e riveriti ospiti delle carceri israeliani. Sono stati torturati e seviziati. Si è tentato di trasformarli in spie collaborazionisti e non vi è dubbio che in non pochi casi il tentativo abbia avuto successo.
5. Gli omicidi “mirati”. – E pensare che ad essere indicati come “terroristi” sono gli appartenenti ad Hamas! Moshir al Masri dice che questa prassi può aver successo solo grazie alla collaborazione dell’Autorità palestinese, vero e proprio governo quisling.
6. La riforma linguistica. – Scompare dalla terminologia dell’OLP tutta una serie di termini ed espressioni: non si parla più di “diritto al ritorno” dei palestinesi, ma si “soluzione del problema dei profughi”, scompare la dizione “nemico israeliano” e simili. L’Hasbara israeliana, l’ufficio della propaganda, ha al riguardo una grande esperienza. I mass media occidentali si attengono strettamente al vocabolario fornito loro dall’Hasbara. La politica del “fatto compiuto” trova una sua prima realizzazione nella riforma linguistica e nella complicità con la quale viene accettata dagli uomini di Abu Mazen.
7. Anche i tunnel sono “terroristi”. – Credo che ormai ogni persona, anche di modesta capacità critica, possa rendersi di quali livelli di manipolazione vada toccando il sistema dell’informazione. Adesso abbiamo non solo persone definite “terroriste”, ma addirittura “tunnel”. Aspettiamoci dunque sedie terroriste, scarpe terroriste, e chissà quanto altro.
(segue)