A. I, Nr. 4, p. 212-49. 15 Sett. 1921. |
Sommario: 1. La situazione in Palestina al 1° settembre 1921. – 2. «Occorre constatare il fallimento del sionismo». – 3. Confini assurdi. – 4. Il sionismo e l’opinione pubblica inglese. – 5. L’allocuzione papale e il Patriarca cattolico di Gerusalemme. – 6. La Delegazione arabo-palestinese e l’antisionismo degli Arabi. – 7. Arabi e “Sefardim”. – 8. Torbida situazione in Palestina. – 9. La nuova costituzione palestinese. – 10. Situazione nella Transgiordania. – 11. L’istruzione e la stampa in Palestina. – y. Periodici e fonti citate. – z. Rinvii.
Oriente Moderno. Rivista mensile
Anno I, Nr. 4, 15 Settembre 1921
1. La situazione in Palestina al 1° settembre 1921. – La situazione della Palestina è sempre oscura, a causa del movimento antisionista. Il 1° settembre si inizia a Carlsbad il congresso sionista internazionale, cui si annette grande importanza. In agosto
la Congregazione della propaganda e quella degli affari
ecclesiastici straordinari si sono riuniti per esaminare il problema
dei Luoghi Santi
ed in particolar modo del Cenacolo di Gerusalemme. Secondo
notizie diffuse negli ambienti cattolici, su relazione dei Cardinali Vico e Scapinelli si sarebbe deciso di appoggiare con ogni energia le rivendicazioni dei Latini contro gli Ortodossi e gli Ebrei. Il Patriarca di Gerusalemme mons. Barlassina
ha fondato l’«Opera per la preservazione della fede in
Palestina, innestandola nell’ordine del Santo Sepolcro e allo
scopo di combattere le infiltrazioni non cattoliche in
Palestina.
Essa si propone :
- di restaurare e migliorare le scuole cattoliche per evitare una funesta concorrenza di non cattolici;
- di diffondere periodici e pubblicazioni di propaganda cattolica;
- di fondare sale per conferenze, riunioni e divertimenti.
Il Sommo Pontefice ha incoraggiato l’opera con una lettera del cardinale Gasparri a mons. Barlassina.
2. «Occorre constatare il fallimento del sionismo». – La politica dell’Inghilterra e della Francia nei paesi di maggioranza musulmana. - Il Dr. George Samné, il noto autore dell’importante volume La Syrie recentemente pubblicato, espone nella Correspondance d’Orient la sua opinione sul complicato problema orientale, in un articolo che egli intitola L’Orient terre d’Islam. (…)
OCCORRE CONSTATARE IL FALLIMENTO DEL SIONISMO
Churchill, in un suo recente discorso alla Camera dei Comuni (Oriente Moderno,
fasc. 2°, pag. 84) ha citato tre cifre sufficienti a
dimostrare la vanità dell’impresa sionista: «Vi sono in
Palestina 500.000 musulmani, 65.000 cristiani e 65.000
ebrei). A questi ultimi, che rappresentano meno di un decimo
della popolazione, l’Inghilterra pretende di dare il potere! È naturale che l’elemento più numeroso insorga contro una tale pretensione. Cristiani e Musulmani si sono uniti ufficialmente contro Inglesi e Sionisti. Gli
Avvenimenti di Giaffa bastano a mostrare lo stato in cui si
trova il paese, ove l’agitazione è aumentata dalla speciale
qualità degli immigranti. Costoro, venuti dalle regioni più
inquiete dell’Europa Oriente e del Levante, imbevuti di idee
bolsceviche, costituiscono un elemento assai pericoloso per la
tranquillità della Palestina. Perfino un proclama degli Ebrei di
Costantinopoli rinnega questi correligionari. Che
cosa è in realtà il Sionismo? Una mascherata impresa coloniale
britannica. Solo il rispetto alla maggioranza potrà formare in
Palestina una situazione stabile e normale.
3. «Confini assurdi». – Il prof. Alois Musil
dell’Università di Praga, che dimorò a lungo fra i Beduini
dell’Arabia Petrea e pubblicò su quest’ultima regione una
splendida opera Arabal Petraea, (Wien 1907-08, 3 voll.), stampa nella Prager Presse del 4 settembre un articolo (sugli assurdi confini (Widersinnige Grenze) stabiliti nel trattato di Sèvres senza tener conto delle condizioni locali…
«…La
Transgiordania, almeno le antiche regioni Ammon e Moab,
appartiene alla Palestina; Gerusalemme si provvede di viveri da
queste fertili terre. Nondimeno esse ora sono separate dalla
Palestina, e il fiume Giordano costituisce il confine. Ad ovest
del Giordano comandano gl’Inglesi, sostenuti dai Sionisti; ad
est del fiume spadroneggia l’Emiro Abdullah.
La Palestina non aveva mai veduto ancora limiti cosi assurdi.
Anche i Romani avevano diviso la Palestina dalla “Provincia
Arabia”, ma tanto in Palestina quanto in Arabia era la sovranità
romana. Oggi i fedeli dell’Emiro Abdullah
intraprendono scorrerie contro la Palestina propriamente
detta, turbano e saccheggiano le colonie ebraiche e poi
scompaiono con il bottino nella Transgiordania araba
indipendente.
L’Emiro Mahmud al-Faur, già grande partigiano dell’espulso Re Faisal [ora Re della Mesopotamia] ed attualmente devoto amico del generale Gouraud,
protesta contro il confine da tiralinee fra la Palestina e la
Siria a nord del lago di Genezaret. La sua tribù suole
accampare d’autunno e d’inverno nei campi del Giordano, di
primavera e d’estate sull’altopiano al-Giaulan. Tuttavia i
diplomatici hanno assegnato i campi del Giordano alla Palestina,
il territorio al-Giaulan alla Siria. L’Emiro Mahmud
domanda che anche i campi del Giordano vengano alla Siria,
perché egli non riconoscerà mai la sovranità dei Sionisti, ed è
disposto a difendere, con tutta la sua tribù, il suo
territorio contro i Sionisti fino all’ultima goccia di sangue. Le
sue genti attaccano i pacifici coloni ebraici a nord del lago
di Genezaret, mettono in salvo il loro bottino nella Siria
francese, ed i coloni, qualora vogliano riavere i bovini e le
pecore a loro rubati, devono trattare per ciò con i Governi di
Parigi e di Londra mediante i loro rappresentanti all’estero».
4. Il Sionismo e l’opinione pubblica inglese. – Il settimanale inglese Palestine
è organo del British Palestine Committee. Il suo programma che
mira «a risuscitare le antiche glorie della Nazione ebraica
nella libertà di un nuovo “Dominion” inglese in Palestina» (si
cfr. Oriente Moderno,
fasc. 2°, p. 93, col. I) spiega il seguente articolo, con cui
il periodico esamina le cause del malcontento che si è
manifestato nei circoli sionisti specialmente dopo il discorso
tenuto a Gerusalemme da Sir Herbert Samuel il 3 giugno scorso (Oriente Moderno,
fasc. 2°, p. 90 sgg.) e cerca dimostrarne la infondatezza, pur
non mancando di biasimare la politica inglese in qualche punto
di secondaria importanza.
I Sionisti, dice Palestine,
temono in primo luogo che il Governo inglese non mantenga
intiera fede ai suoi impegni; in secondo luogo che un cambiamento
di Governo possa portare un radicale cambiamento nella politica
inglese, a detrimento della causa sionista. Per il primo punto,
afferma Palestine,
non vi è alcun timore; per il secondo esso esamina le
possibilità, a cui può dar luogo l’ attuale situazione dei partiti
in Inghilterra.
Eccettuati i Laburisti, tutti
gli altri partiti contengono elementi che non approvano le
responsabilità assunte in Palestina dall’Inghilterra. Nella
Coalizione vi sono gli oppositori per ragioni economiche, i quali
vorrebbero che si abbandonasse la Palestina, e sono contrari
all’impegno preso con gli Ebrei, non per anti-semitismo, ma perchè
temono che, essendo gli Ebrei in minoranza, il mantenere
l’impegno possa aumentare le spese per l’esercizio del Mandato in
Palestina. Vi sono altri, come Lord Derby del partito
Conservatore, che non approvano il Mandato e la promessa fatta agli
Ebrei, perchè credono che essi possano produrre difficoltà nelle
relazioni con la Francia. Vi sono infine pochissimi Liberali,
contrari agli impegni presi in Palestina, poichè vi vedono i
caratteri di una avventura imperialistica.
Ma
ognuna di queste opposizioni rappresenta una minoranza nel
relativo partito. Gli oppositori della Coalizione sono a loro
volta divisi in due campi, né è concepibile che possano formare
un Governo; e cosi la parte dei Conservatori che si aggruppa
intorno a Lord Derby. E se anche i puri Conservatori potessero
vincere l’attuale Coalizione, essi dovrebbero formarne un’altra,
che necessariamente conterrebbe alcuni membri della Coalizione
attuale, come il gruppo di Lord Cecil favorevolissimo alla causa
giudaica, o parti di altri gruppi, che protesterebbero con ogni
energia contro qualsiasi ritrattazione delle promesse fatte
dall’Inghilterra.
Egualmente la situazione sarebbe
sicura se ritornasse al potere il partito laburista, o se i
Liberali indipendenti formassero un Governo in collaborazione
con i Laburisti o con i Conservatori. Se i Sionisti considerano
la forza della loro posizione, anche in caso di un cambiamento
di Governo vedranno che a loro conviene sapere attendere, saper
trarre profitto dalle buone occasioni (che è il segreto del
successo in politica), e seguire, in una parola, una politica
opportunista.
Vi sono pero alcuni fatti che giustificano il disagio dell’opinione pubblica ebraica.
Anzitutto il ritardo nella ratifica del Mandato, da parte della Lega delle Nazioni.
Esso pero è dovuto principalmente al desiderio di convincere
gli Stati Uniti che il Mandato non rappresenta una mascherata
annessione imperialistica, ma una solenne garanzia per scopi già
approvati dalla Lega delle Nazioni.
Il ritardo è veramente increscioso, poichè lo sviluppo della
Palestina è strettamente connesso con l’affluenza del capitale
ebraico, che non potrà avvenire prima che il Mandato entri in
vigore. Ma gli Ebrei hanno atteso quasi duemila anni e possono
attendere ancora.
Altra causa di disagio è l’interpretazione che alcuni hanno dato al discorso di Sir Herbert Samuel. Ma il fatto che Samuel è un così convinto Sionista dovrebbe indurre a una migliore interpretazione delle sue parole, come fu data in Palestine (Oriente Moderno, fasc. 2°, p. 93, col. 1. Qui cap. ).
Il
vero pericolo è costituito dalla opinione, che ha guadagnato
molto terreno, che, cioè, fra i funzionari del Governo di
Palestina ve ne siano alcuni, che non hanno alcuna simpatia per la
politica favorevole al Sionismo. Samuel,
anche con le migliori intenzioni possibili, deve valersi di
questi funzionari, e se vi è realmente, in alcuni di essi, tale
sentimento antisionista, possono da ciò derivare gravi
inconvenienti. D’altra parte non occorre dimenticare che tanto gli
Ebrei, quanto il Governo inglese hanno tutto l’interesse perchè la
questione Araba sia risolta nel modo più regolare e pacifico; se
vi fossero gravi disordini e conflitti non mancherebbe in
Inghilterra una violenta reazione contro l’azione del Governo,
che sarebbe certamente definita uno «strozzamento» della
Palestina.
Certo il Governo è stato debole,
specialmente in occasione della temporanea sospensione
dell’immigrazione, dopo i disordini di Giaffa; e una politica più
ferma e meno equivoca verso gli Arabi, sarebbe stata assai più
opportuna.
Infine il Governo inglese commette un gravissimo errore, adoperando criteri estremamente rigorosi nella censura della stampa. (Palestine 9-6-21). - M. G.
5. L’allocuzione papale e il Patriarca cattolico di Gerusalemme.
- II Patriarca di Gerusalemme Mons. Barlassina ha pubblicato in
occasione della festa del Papa una lettera pastorale, il cui
argomento è il dovere di obbedienza e di affetto che i fedeli
hanno verso il Capo della Chiesa, ma il cui scopo fu di render
pubblica l’allocuzione del Papa nel Concistoro del 13 giugno, a proposito delle attuali condizioni della Palestina. Prima
della lettera pastorale, la pubblicazione integrale della
parola pontificia era stata proibita, mentre si permetteva agli
organi sionisti di pubblicarne dei sunti alterati e di
travisarne la portata e il significato. Perciò il Patriarca ha
inserito integralmente nella sua Pastorale la protesta fatta da Benedetto XV nell’allocuzione Concistoriale e l’ha fatta seguire da queste parole:
«Mentre
tutte le persone oneste, scevre da passioni politiche o da
interessi privati, riconoscono la paterna bontà del Papa verso
questa povera popolazione della Palestina, bontà premurosa dei suoi
orfani, dei suoi poveri, non meno che dei suoi sacri diritti,
alcuni insensati si son permessi, di qualificare l’opera sapiente
del Romano Pontefice in modo ignominioso e indegno. Noi, da
figli devoti del Vicario di Gesù Cristo, non mancheremo di
protestare energicamente là dove la nostra voce è sentita,
fidenti che la Nazione lnglese, colle sue tradizioni di
liberalità e di giustizia, non permetterà che gli interessi
religiosi e civili di un intero popolo siano manomessi dagli
intrighi di pochi. E tanto più è acuto il nostro dolore,
inquantochè troppo chiara è la differenza di trattamento fatta in
danno dei Cattolici. Con criteri arbitrari e inqualificabili la
censura esercitò le sue pressioni interdicendoci la
pubblicazione della parola pura e genuina del Papa, presentata
senza alcun commento, nonché la stampa di notizie sullo stesso
soggetto, le quali per altro erano già state letteralmente
pubblicate dai giornali locali; mentre poi si autorizzavano organi
sionisti a lanciare al pubblico contro il Pontefice frasi
ingiuriose, atte a sminuirne l’autorità, e grossolanamente
calunniose. Denunziando tali fatti penosi, Noi non esageriamo nè
cadiamo in errore, perché ne possediamo i documenti autentici.
«Ora,
se pubblico fu l’insulto, pubblico il male, pubblica anche sia
la nostra protesta. E voi, o cattolici, la farete, ma in quel
modo che è degno della sublimità della Fede che professate; voi
protesterete rafforzando ognor più il vostro amor figliale,
verso il Papa, protesterete con una obbedienza assoluta alla Sua
veneranda autorità, protesterete pregando più fervidamente che
mai per la Sua Augusta Persona».
Secondo il Corriere d’Italia di Roma, del 10 agosto, i fatti ai quali allude il Patriarca sono i seguenti:
Nei
periodici cattolici è stato proibito persino il titolo: «Il
Papa e la Palestina», mentre questo è stato permesso sul
giornale ebraico Ha-ares, («La Terra») di Gerusalemme nel numero
del 20 giugno. E a quel titolo seguiva un articolo nel quale il
significato della parola del Papa era radicalmente svisato. Lo
stesso giornale, una settimana dopo, smentiva le parole del Papa
sullo stato morale attuale della Palestina. Un altro giornale ebraico, il Pinhas
di Giaffa, il 30 giugno scriveva: «La parola giustizia è
diventata oggi di uso continuo nella bocca dei Papi che se ne
servono per nascondere la vergogna delle loro azioni e in modo
capace di ingannare i popoli… I santi del Signore predicano nelle
chiese criticando un movimento nazionale, invitando
all’uccisione e al saccheggio e complottando col diavolo e col
Papa».
Monsignor Barlassina dichiara formalmente
che neanche un solo prete cattolico si è permesso di predicare
la violenza né in chiesa nè altrove. È da notarsi, aggiunge il Corriere d’Italia, che l’articolo del Pinhas
è stato pubblicato mentre a Giaffa impera tutta la legge
marziale, quindi con la piena consapevolezza e connivenza delle
autorità inglesi.
6. La
Delegazione arabo-palestinese e l’antisionismo degli Arabi. -
Sono stati intervistati alcuni membri della Delegazione
arabo-palestinese a Londra. Di questa Delegazione, quattro membri
sono musulmani e due cristiani (1): essa è stata eletta dal
Congresso arabo palestinese rappresentante i distretti di Samaria,
Galilea, Giudea e Fenicia, allo scopo di recarsi in Inghilterra a
protestare contro la restituzione della Terra Santa agli
Israeliti. Di passaggio per Roma, diretta in Inghilterra, la
Delegazione è stata ricevuta dal Papa, al quale ha presentato i
suoi ringraziamenti per le dichiarazioni fatte a proposito della
Palestina. La Delegazione è presieduta da Musa Kazim pascià el-Huseini,
capo di una nobile famiglia di Gerusalemme; ne fa parte anche
el-hagg Taufiq Hammad, ex membro del Parlamento turco di
Costantinopoli.
«Noi amiamo l’Inghilterra», ha detto uno dei membri della delegazione.
«
Siamo stati suoi alleati durante la guerra. Il nostro scopo,
venendo qui, è quello di stabilire la nostra posizione contro il
movimento sionista. Noi non siamo contro gli Ebrei. L’intera
popolazione della Palestina è di circa 700.000 abitanti. II 7 per
cento è formato da Ebrei; tutti gli altri parlano arabo e ad essi
appartiene il paese. Parecchi degli Ebrei sono nati nel nostro
paese, hanno vissuto con noi prima della guerra e sono dalla
parte nostra. Sono gli Ebrei Sefardim (2).
« Il
movimento sionista si fa sempre più intenso. Parecchi Sionisti
sono emigrati in Palestina recando con loro lo spirito dei
bolscevichi. Moltissimi fra questi vengono dalla Polonia e dalla
Russia e parlano tedesco. Essi sono ostili agli ideali inglesi.
Più d’ogni altra lingua è il tedesco che ora viene parlato in
Palestina».
« La maggior parte degli abitantiti del nostro paese desidera che la nostra terra venga lasciata a noi stessi».
«Noi
desideriamo che il nostro popolo, che i contadini lavorino
sulla loro terra e non già che vengano cacciati via dagli Ebrei.
Non è stata promessa alle piccole nazioni l’indipendenza dopo
la guerra? Non v’è giustizia al mondo, fuori che con
l’Inghilterra». Il delegato arabo ha soggiunto che, per quanto
ciò possa sembrare strano, la popolazione israelita non
rappresenta se non il due per cento della ricchezza totale della
Palestina. (Manchster Guardian, 9-8-1921). - U. T.
Il Manchster Guardian del 10 agosto riferisce che Churchill
ha acconsentito a ricevere la Delegazione arabo-palestinese.
Ritornando sull’argomento ed esponendo i desiderata degli Arabi
della Palestina, un membro della Delegazione ha detto che con la
loro domanda di Governo nazionale essi chieggono la costituzione
di un Governo nominato da un Parlamento eletto da tutti gli
abitanti del paese. Essi hanno bisogno di una Costituzione di tipo
occidentale; di leggi votate dal Parlamento e non già di decreti
promulgati da un segretario legale. In questo Parlamento gli
Ebrei avranno tanti rappresentanti quanti ne sono giustificati
dal loro numero; tanti, per esempio, quanti i Cristiani, che
sono nativi del paese. Nessuno sa come il Governo intenda di
armonizzare le due promesse contenute nella dichiarazione di Balfour:
fondare una sede nazionale per gli lsraeliti e, nello stesso
tempo, rispettare e dare soddisfazione come si deve ai diritti
degli abitanti indigeni. Finora la dichiarazione è stata interpretata in modo favorevole alle idee sioniste e gli Arabi sono stati lasciati fuori. (Mancester Guardian, 10-8-1921). - U. R.
(1) Cfr. Oriente Moderno, fasc. 3°, p. 153 e 159-160.
(2) Cfr. qui avanti, p. 224, n. 1.
7. a) Arabi e “Sefardim”. – Secondo un telegramma giunto da Gerusalemme, il Gran Rabbino
ed altri capi dei «Selardim» (1) in Palestina hanno protestato
energicamente contro le voci corse, secondo le quali essi
sosterrebbero la Delegazione araba. Essi affermano di essere in
perfetta unità di tendenze col resto degli Ebrei della Palestina,
richiedendo l’esecuzione delle promesse fatte relativamente
alla fondazione della sede nazionale israelita in Palestina. (Times, 13-8-1921). U. F.
b) Gli Arabi e il Sionismo.
- Yusuf al-Khtib pubblica un appello agli Arabi palestinesi,
sotto il titolo : «Non vi è timore né pericolo da parte dei
Sionisti, se si forma in tutte le regioni della Palestina un’unità
naturale economica». Egli dice che è inutile
fare appello alle altre nazioni, è inutile l’opera di
propaganda, una volta che l’Inghilterra, per bocca di Sir H. Samuel,
ha dichiarato che non è possibile ritirare la promessa fatta ai
Sionisti; occorre in questa condi zione apprestare le armi per
la difesa nel campo della concorrenza economica. I Sionisti si
apprestano a occupare la Palestina; ma essa è in mano degli
Arabi; e che timore allora, e che bisogno di aiuto dall’Estero?
Occorre liberarsi da ogni vano sogno o timore, e apprestare
contro i Sionisti la forza dell’unione, la forza economica, la
forza della scienza, strumenti con i quali essi stessi
combattono gli Arabi.
Ognuno veda quale è la sua
parte di compito in questa impresa; il pericolo non è costituito
dal Sionismo, ma dalla divisione, dalla cupidigia, dagli odi,
dall’egoismo, dall’ignoranza, dall’attendere gli aiuti dal di
fuori. Se tutti si porranno all’ opem con buona volontà e
concordia, la Palestina resterà araba. (al-Karmel, 30-7- 1921). - M. G.
(1) Israeliti d’origine spagnola o portoghese, ma stabiliti in Palestina da quattro secoli. Cfr. qui sopra, p. 223, col. I.
8. a) Torbida situazione in Palestina.
- Alcuni viaggiatori degni di fede, che ritornano dalla
Palestina, recano notizie assai poco soddisfacenti sulla
situazione del Paese. La sicurezza pubblica, specialmente nella
regione settentrionale è, in pratica, nulla. Si verificano quasi
giornalmente incursioni dalla Transgiordania, ove sembra che l’Emiro Abdullah
non abbia forza sufficiente per mantener l’ordine; e vi sono
stati parecchi casi di brigantaggio sulle strade di comunicazione.
Nessuno dei colpevoli è stato punito o arrestato, poiché, a
causa delle deficienze di organizzazione e di istruzione, le
truppe arrivano invariabilmente troppo tardi. Coloro che
forniscono queste notizie affermano che il Governo ha perduto
parte del suo prestigio a causa della sua politica e della sua
debolezza, e che nè gli Israeliti nè gli Arabi hanno alcuna
fiducia nelle autorità. L’ostilità contro gli Israeliti cresce di
giorno in giorno e v’è ogni ragione di credere che si
ripercueteranno più gravi gli incidenti e le turbolenze fra Arabi
ed Israeliti, se la Delegazione Araba di Musa Kazim Pascià al-Huseini
ritornerà a mani vuote e se il Governo prenderà qualche misura
punitiva contro gli Arabi che hanno recato molestia alle colonie
israelite. Gli abitanti più vecchi dicono che la sicurezza
pubblica era mantenuta di gran lunga meglio sotto i Turchi. È
vero che il Governo della Palestina ha finalmente deciso di
adottare la politica dei suoi predecessori e di costituire un
corpo di gendarmeria; ma ciò è troppo poco, assolutamente. Le
autorità erano preparate a spendere una somma considerevole per
quello che si sarebbe dovuto chiamare corpo di difesa, ma ora che
questo progetto è stato destituito di valore, esse non voglion
concedere se non una somma insignificante per la gendarmeria, la
quale, come da tutti viene riconosciuto, potrebbe costituire
l’unica soluzione del problema della sicurezza pubblica. Coloro
che forniscono queste informazioni ritengono che il Paese non
avrà pace, finchè tutta la polizia non venga sottoposta a
revisione ed a riorganizzazione, sinchè la popolazione araba non
abbia qualche prova di fatto che è errata l’opinione popolare
che vuole il Governo inglese venduto ai Sionisti, e sinché il
paese non abbia un Governo basato sulla volontà del popolo e sul
principio della rappresentanzaa proporzionale. (Times, 10-8-1921). - U. F.
b) Nuovo corpo di gendarmeria in Palestina.
- Il Commissario supremo per la Palestina ha dato il suo
consenso alla formazione di un corpo di gendarmeria per la
Palestina, allo scopo di difendere le frontiere contro
l’invasione di bande di briganti e di aiutare la polizia civile
nel mantenimento dell’ordine interno. Detto corpo avrà
istruzioni, carattere e attribuzioni di polizia militare, e dopo
sei mesi di istruzione verrà costituito in gruppi di 50 cavalieri o
di 100 fanti accampati in vari punti della Palestina. Non si accetteranno se non persone di ottimo carattere e riputazione. Questo corpo, che consterà di 500 uomini (300 cavalieri e 200 fanti), verrà formato da Arabi, Israeliti e Crisiani. (Manchester Guardian, 11-8-1921). - U. F.
9. La nuova costituzione palestinese. La rivista Palestine dà, con molte riserve, notizia della Costituzione che si viene elaborando per la Palestina. Il
nuovo Governo sarà sul tipo delle Colonie della Corona (come
Hong Kong ed alcune isole delle Indie Occidentali); avrà cioè un
Consiglio Esecutivo composto interamente di funzionari inglesi,
assistito da un Consiglio legislativo o consultivo, con membri in
parte eletti e in parte nominati. Il Consiglio
Legislativo palestinese ne avrà probabilmente 30, di cui la metà,
o, secondo l’uso delle Colonie della Corona, 16, saranno
funzionari o nominati dal Governo, per garantire una maggioranza
ufficiale; le leggi approvate da questo Consiglio non saranno
valide che dopo l’approvazione del Consiglio Esecutivo. Si dice
che alcune materie, p. es. quelle relative alla dichiarazione Balfour, saranno riservatte alla Camera Legislativa. (Palestine, 30-8-1921). - V. d. B.
10. Situazione nella Transgiordania
(1). – In occasione di una corrispondenza dalla Transgiordania
pubblicata nel Karmel, e che destò molta impressione, la redazione
stessa del giornale ha interrogato Kamil al-Qasab, che è molto
addentro nelle cose della Transgiordania, e gode la piena fiducia dell’emiro Abdullah (Oriente Moderno,
fasc. 1°, p. 19, 29), circa il contenuto della corrispondenza.
Kamil al-Qasab ha negato l’esistenza di partiti che si
combattano a vicenda nella Transgiordania. È vero che Sayyid ’Ali
Khalqi ha voluto creare nel paese un sentimento di nazionalità
per indurre gli abitanti a respingere ogni cosa che venisse dal
di fuori. Così agli ufficiali giunti per
assumere servizio colà, disse, fingendo un incarico da parte
dell’Emiro, che essi potevano andarsene e che il paese non aveva
bisogno di loro. Appena l’Emiro seppe ciò, si affrettò a
smentire le parole di ’Ali Khalqi. Kamil al-Qasab ha anche, fra
l’altro, dato un giudizio degli uomini che ora sono alla
direzione del Governo; e ha rilevato che fra le ottime persone
che lo compongono, vi sono anche individui da cui l’Emiro deve
guardarsi, perchè con la loro azione potrebbero compromettere gli
interessi della Transgiordania. (al-Karmel, 30-7-1921). M. G. In Transgiordania, secondo la Syrie, le cose vanno male. I partiti sono troppo numerosi, le amministrazioni disorganizzate. L’Emiro Abdullah, che avrebbe il torto di circondarsi dei cattivi consiglieri già responsabili della caduta di Faisal,
ha contratto in Palestina varii prestiti, che vengono impiegati
in modo irregolare; tanto che gli abitanti di es-Salt hanno
declinato ogni responsabilità in proposito, e molti benpensanti,
fra cui la maggioranza dei capi tribù, stanno formando un partito
che porterà il nome di «gioventù del Giordano», per combattere
l’attuale politica dell’Emiro. Si ha da Gerusalemme che quest’ultimo avrebbe chiesto all’Alto Commissario Samuel la cessazione delle sue funzioni in Transgiordania, essendo passati i sei mesi per i quali si era impegnato. Samuel
rifiutò, e l’Emiro consentì a rimanere ad alcune condizioni,
fra cui un aumento del suo bilancio e dei suoi armati. Samuel studia la questione, ed il viaggio del col. Lawrence a Gedda per conferire col Re Husein ha forse qualche rapporto con questi fatti. (La Syrie, francese di Beirut, 11-8-1921). - V. d. B.
(1) Cfr. qui sopra, p. 217, col. II e p. 220, col. II.
11. L’istruzione e la stampa in Palestina.
– Prima della guerra tutta la Palestina, e specialmente
Gerusalemme, erano famose per la cultura. Oggi nazionalismo,
movimento politico e vita culturale sono una cosa sola; i
Palestinesi comprendono come lo studio della lingua sia intimamente
legato alla riscossa nazionale. Le scuole palestinesi, siano o
no governative, indigene (ahliyya) o straniere, sono migliori di
quelle siriane. Nelle scuole governative, più numerose delle
nazionaliste, si studiano scienze naturali, geografia, storia,
matematica, ingegneria, disegno, eloquenza e filodrammatica. Tanto
nelle scuole governative che in quelle indigene (ahliyya) si
studia inglese, francese e arabo; a Gerusalemme esiste un solo
collegio nazionalista, il Rawd al-Ma‘-Ma’arif («giardino delle
cognizioni») che occupa un posto importante, specialmente per
l’eloquenza, la recitazione e la ginnastica; gli alunni hanno compiuto
diversi viaggi d’istruzione nelle città principali della
Palestina, rappresentandovi commedie; a Caiffa raccolsero cosi 300
L. E. (= 7.776 frcs.] per la scuola. Fra le
scuole governative la migliore è la Rashdiyya, paragonabile per
la bontà degli insegnanti al Rawd al-Ma‘arif, che comprende sei
classi e prepara alle scuole superiori. La
stampa araba palestinese conta sette giornali, nessuno dei quali
quotidiano: al-Karmel di Caiffa, diretto da as-Sayyid Nagib Nassar;
Filastin («Palestina») di Giaffa, diretto da ’Isà effendi al-‘Isi,
ed al-Akhbar («Le notizie») pure di Giaffa, che però è
intermittente. A Gerusalemme si pubblicano Bay al-Maqdis
(«Gerusalemme») e e Mir’al as-sarq («Specchio dell’oriente»);
uscirà presto il Lian al-‘Arab «(«La lingua araba»). A
Gerusalemme vi sono molti giornali israelitici, di cui due in
lingua araba: il Barid al-yawn («Il corriere del giorno») e
as-Salam («La salute spirituale»). Quelli in lingua ebraica sono più
di quattro, qualcuno dei quali è quotidiano. Quanto
alla libertà di opinioni, essa è un fatto: i giornali
nazionalisti non escono una volta senza attacchi violenti contro
il Governo inglese; dopo i fatti di Giaffa però è stata
ristabilita la censura sulla stampa, che è severissima, e
probabilmente verrà mantenuta finchè dura la situazione attuale.
(Nagib ar-Rayyis, in Suriyyah al-gadidah, 27-6-1921). - V. d. B.
Top.
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