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Mentre valgono le considerazioni generali già fatte per le precedenti fonti documentarie, e cioè: Vedi Elenco Numerico, pare
qui opportuno rilevare ogni volta la casualità e imparzialità con
la quale le diverse fonti si aggiungono le une alle altre, animati da
una pretesa di completezza, che sappiamo difficile da raggiungere. Il quotidiano “La
Stampa”, fondato nel 1867, rende disponibile il suo archivio storico
dal 1867 al 2006. Valgono i criteri generali enunciati in precedenza e
adattati ogni volta alla specificità della nuova fonte. Assumendo
come anno di partenza il 1921 seguiamo un metodo sincronico,
raccordandolo con quello diacronico basato su alcuni anni di
riferimento.
Anno inizio spoglio: 1921. |
Sommario: 1. Palestina terra di fuoco. – 2. Esplosioni a Gerusalemme, sparatorie a Tel Aviv. – 3. Nuovi episodi di violenza in Palestina. – 4. La sfida degli ebrei alla Gran Bretagna. – 5. Fra i 1600 ebrei del campo di Grugliasco Carabinieri e agenti scoprono manifestini dell’«Irgun Zwai». – 6. Una bomba a Londra al Ministero delle colonie. – 7. Le salme dei sergenti rapiti collegate ad na mina. – 8. Duecentomila arabi marciano sulla Palestina? – 9. Il Gran Muftì organizza un Governo in esilio. – 10. L’America teme i russi in Palestina. – 11. Situazione meno tesa in Palestina. – 12. Palestina in fiamme. –
Indice Analitico: a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z. – Eventi del 1947. – Altre fonti giornalistiche, periodiche o archivistiche del 1947.
Indice Analitico: a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z. – Eventi del 1947. – Altre fonti giornalistiche, periodiche o archivistiche del 1947.
Palestina terra di fuoco
La Nuova Stampa,
Quotidiano indipendente
Quotidiano indipendente
Anno III, Nr. 3, p.1
Venerdì, 3 gennaio 1947
Titoli: Palestina terra di fuoco. Inghilterra e Stati Uniti non possono permettere nella zona una duplice ribellione sionista e araba. (Dal nostro corrispondente).
Londra, 2 gennaio. – Domani pomeriggio arriverà a Londra in aereo il generale Sir Alan Cunningham, alto commissario britannico in Palestina. In vista della gravissima situazione in Palestina, questa visita ha tale importanza che per ragioni di sicurezza il Ministero delle Colonie rifiuta persino di rivelar l’ora e l’aerodromo a cui il generale Cunningham arriverà.
Per quanto, ufficialmente, il generale Cunningham venga in relazione alla conferenza palestinese, che dovrebbe aprirsi il 21 gennaio, tutta la stampa inglese si rende conto che la visita è resa imperativa dalla minaccia degli arabi di aggiungere la loro campagna terroristica a quella già ben grave dei sionisti. Le due organizzazioni paramilitari arabe, Nejada e Fettuwa, hanno dato la squilla ai loro seguaci. Giamel Husseini, vicepresidente dell’alto comitato arabo, ha lanciato un manifesto a tutta la popolazione araba della Palestina che «ogni arabo deve essere un soldato di prima linea». Simultaneamente, Mohamed Hawari, capo dell’organizzazione paramilitare araba, ha fatto seguito a questo manifesto con l’annuncio che «non è lontana l’ora in cui il Gran Muftì darà il segnale di cominciare le operazioni». E la «Irgun», la organizzazione terroristica degli ebrei, ha comunicato ieri sera alle autorità britanniche che la tregua di un mese è finita, e con migliaia di manifestini distribuiti a Tel Aviv ha annunciato che avrebbe ripreso gli attacchi.
Il congresso sionista di Basilea si era chiuso con un ordine del giorno di non partecipare alla conferenza palestinese di Londra: è tuttavia degno di nota che la mozione era stata approvata soltanto con una piccola maggioranza degli estremisti, i quali contano sull’appoggio americano per la loro pretesa a tutta la Palestina.
Per contro, la sezione moderata vorrebbe arrivare ad un accordo con la Gran Bretagna, non fosse altro perché diffida dell’ipotetico appoggio politico dell’America e preferirebbe aderire alla tesi britannica di una equa spartizione della Palestina, che crei uno stato ebraico «di eque proporzioni».
Il problema palestiniano assume oggi un’importanza ed un interesse vivissimi, in vista dell’accordo anglo-americano per il petrolio persiano, annunciato alla fine della scorsa settimana, accordo che contempla la costruzione di un nuovo ed importantissimo condotto di petrolio.
È ovvio che davanti ad un così alto interesse strategico né la Gran Bretagna né gli Stati Uniti possono lasciare che la Palestina diventi il campo di una duplice ribellione, sionista ed araba; e la radio clandestina dell’«Irgun» già attacca l’accordo anglo-americano, dicendo che le promesse del governo americano di aiuti al sionismo sono soltanto delle chiacchiere.
Per contro, la sezione moderata vorrebbe arrivare ad un accordo con la Gran Bretagna, non fosse altro perché diffida dell’ipotetico appoggio politico dell’America e preferirebbe aderire alla tesi britannica di una equa spartizione della Palestina, che crei uno stato ebraico «di eque proporzioni».
Il problema palestiniano assume oggi un’importanza ed un interesse vivissimi, in vista dell’accordo anglo-americano per il petrolio persiano, annunciato alla fine della scorsa settimana, accordo che contempla la costruzione di un nuovo ed importantissimo condotto di petrolio.
È ovvio che davanti ad un così alto interesse strategico né la Gran Bretagna né gli Stati Uniti possono lasciare che la Palestina diventi il campo di una duplice ribellione, sionista ed araba; e la radio clandestina dell’«Irgun» già attacca l’accordo anglo-americano, dicendo che le promesse del governo americano di aiuti al sionismo sono soltanto delle chiacchiere.
f.
Esplosioni a Gerusalemme, sparatore a Tel Aviv
La Nuova Stampa,
Quotidiano indipendente
Quotidiano indipendente
Anno III, Nr. 3, p.1
Venerdì, 3 gennaio 1947
Gerusalemme, 2 gennaio. – Una violenza esplosione si è prodotta questa sera nella Città Santa. Tutte le truppe britanniche addette alla sorveglianza di edifici militari e civili sono in stato di allerta.
Terroristi ebrei hanno attaccato pure questa sera il Comando della Polizia ed il Quartier Generale militare di Tel Aviv. Fra le strade della città sono in corso combattimenti fra le truppe britanniche e terroristi ebrei. Sono in corso per le strade violente sparatorie. I civili fuggono terrorizzati alla ricerca di ripari.
(Dal nostro corrispondente)
Londra, 3 gennaio. – La situazione in Palestina continua a preoccupare non solo il governo britannico, ma anche gli ebrei del sionismo moderato, i quali temono che le complicazioni causate dai terroristi ebrei e dagli arabi finiscano per pregiudicare la loro speranza di arrivare ad uno Stato ebraico indipendente. L’arrivo del generale Cunningham, alto commissario britannico a Gerusalemme, è stato ravvolto, da parte della polizia politica, in tanto mistero che nessuno può dire con certezza se e a quale aerodromo il commissario sia giunto. Si crede che egli, in un colloquio col ministro delle Colonie, presenti Bevin e Montgomery, abbia chiesto al governo di adottare una più ferma politica e che abbia riferito che le truppe britanniche possono essere tenute a freno con difficoltà.
In Palestina il terrorismo ebraico ha assunto oggi nuove violenze con l’uso di lanciafiamme; e cinque soldati inglesi sono stati feriti gravemente da una mina fuori di Tel Aviv. A Londra si diceva stasera che gli attacchi dell’Irgun mostrano ormai che l’esercito terroristico è deciso ad usare tutta la sua forza.
Frattanto il governo ha deciso di rifiutare l’ingresso in Inghilterra al prof. Smertenko vice-presidente della lega americana per una libera Palestina. Quanto alla conferenza palestinese che dovrebbe aprirsi il 21 gennaio, il governo britannico ha ora consultato gli Stati arabi per via diplomatica sull’opportunità di rimandare la conferenza.
(Dal nostro corrispondente) Londra, 11 gennaio. – La battaglia fra il sionista prof. Smertenko e il governo britannico sta assumendo un andamento donchisciottesco. Stasera si apprendeva a Londra che, dietro pressione dell’ambasciata britannica a Parigi, le linee aeree francesi avevano rifiutato al prof. Smertenko il trasporto da Le Bourget ad un aerodromo londinese. Per parte sua lo Smertenko annunciava che verrà in Inghilterra mercoledì, in barba al governo britannico. Egli ha ora due alternative per eludere il bando inglese, e cioè: o venire a Londra con un tassì aereo, oppure avvalersi della sua cittadinanza americana per viaggiare su un apparecchio delle linee che vanno a Shannon, nell’Irlanda e di là noleggiare un aeroplano privato.
Simultaneamente lo Smertenko ha lanciato alla Gran Bretagna una sfida fantastica, proclamando in un’intervista sull’edizione continentale del New York Herald che l’Irgun attaccherà d’ora innanzi i principali obiettivi militari dell’Inghilterra in tutti gli angoli dell’impero, fino a quando la Terra Santa non a diventata uno Stato ebraico. « Attaccheremo — egli ha detto — tutti i porti ove si trovano navi da guerra britanniche, cominciando con Gibilterra e Malta, perché le navi della flotta britannica vengono usate per impedire il ritorno degli ebrei in Palestina». Lo Smertenko ha poi detto delle cose interessanti sull’attentato dinamitardo contro l’ambasciata britannica di Roma: «Le bombe che hanno fatto saltare in aria l’ambasciata inglese di Roma erano un’operazione strettamente militare dell’Irgun. La ambasciata era il centro degli intrighi britannici in Italia per impedire agli ebrei di recarsi in Palestina e il vespaio doveva essere distrutto».
I dispacci da Gerusalemme dicono che oggi il comandante in capo delle truppe britanniche in Palestina, generale Barker, si è recato al Cairo per discutere la situazione palestinese con il comandante delle forze di terra del Medio Oriente, generale Dempsey. A Tel Aviv gli inglesi hanno arrestato Ester Raziel, sorella del fu Davide Raziel, fondatore e primo comandante in capo dell’Irgun. La polizia, che aveva ricercato la Raziel parecchio tempo, la considera un personaggio importantissimo della organizzazione terroristica e la sospetta di essere dietro la radio clandestina dell’Irgun. La Raziel è stata condotta al campo di Latrun, sotto scorta di quattro carri armati.
Frattanto i sette Stati arabi hanno deciso di partecipare di nuovo alla conferenza palestinese di Londra, che riprenderà il lavoro il 21 gennaio.
Titoli: Cronaca cittadina - Fra i 1600 ebrei del campo di Grugliasco - Carabinieri e agenti scoprono manifestini dell’«Irgun Zwai».
Venerdì, 10 gennaio, poco prima delle 18, un cartoccio esplosivo scoppiava in via Milano, quasi all’angolo di via Garibaldi: il cartoccio diffondeva attorno una serie di manifestini dell’«Irgun Zwai Leumi», organizzazione ebraica che lotta per la libertà della Palestina contro gli inglesi.
Il fatto — che suscitava vivo panico nel passanti — induceva il comando alleato ad autorizzare le nostre forze di polizia ad una perquisizione in grande stile del campo di concentramento di Grugliasco, dove, com’è noto, sono raccolti circa 1600 uomini e donne ebrei: il 60 per cento di costoro è composto da palestinesi, il resto da individui di tutte le nazionalità. Di questi ebrei, che occupano i locali già destinati ad ospedale psichiatrico per le donne, abbiamo parlato nell’aprile scorso, quando per dissidi fra gli Internati e il loro rabbino era intervenuta la Polizia.
L’operazione di ieri è stata condotta da un centinaio di carabinieri agli ordini del capitano Lepore e del tenente Losco, comandante la stazione di Venaria e da un forte nucleo di agenti della squadra politica della questura, guidati dal commissario dott. Mazzacano. Era presente un capitano britannico della «Field Security». Alle 5 e 30, quando ancora il grande campo era immerso nell’oscurità e nel sonno, la polizia ha provveduto a circondare il recinto; indi si è proceduto alla visita delle varie baracche. Nessun incidente si è verificato e la perquisizione non ha fruttato che pochi manifestini dell’«Irgun Zwal Leumi», redatti in lingua ebraica e, presumibilmente, di contenuto anti-inglese.
Comunque non sono stati operati né fermi né arresti.
(Nostro servizio particolare)
Londra, 16 aprile. – Il terrorista ebreo Dov Gruner – che era stato condannato nel gennaio scorso – è stato impiccato stamani all’alba a Gerusalemme. Altri tre terroristi lo hanno seguito nella sorte, perché come lui, ritenuti colpevoli dell’attacco contro la stazione di polizia di Tel Aviv. Gruner è di origine ungherese e contava trentatre anni di età. Allo scopo d’impedire tumulti le autorità britanniche hanno ordinato il coprifuoco in buona parte della Palestina. La prima impressione dopo le esecuzioni è che un’era di violenze senza precedenti è ormai aperta in Palestina.
Stamane, una donna di fatica, mentre stava facendo pulizia nell’ufficio del Ministero delle Colonie a White Hall, a circa 200 metri di distanza da Downing Street n. 10, dove abita Attlee, ha scoperto una bomba. Scotland Yard, mobilitata immediatamente, ha messo quest’attentato in rapporto con l’esecuzione avvenuta in Palestina di quattro dinamitardi membri dell‘associazione terroristica ebraica «Irgun Zwai Leumi».
La bomba, composta di 27 bastoncini di gelignite, ciascuno dei quali basta a far saltare nelle miniere 400 tonnellate di carbone, avrebbe dovuto scoppiare la notte scorsa, azionata da un orologio d’argento che era collegato all’esplosivo. Ma evidentemente non ha funzionato a causa della cattiva qualità della miccia che pare fosse stata accesa. Grandi misure di precauzione vengono prese stasera dalla polizia, che sta interrogando tutti i sospetti di avere simpatie per il movimento terroristico ebraico.
f.
Nuovi episodi di violenza in Palestina
La Nuova Stampa,
Quotidiano indipendente
Quotidiano indipendente
Anno III, Nr. 4, p.1
Sabato, 4 gennaio 1947
(Dal nostro corrispondente)
Londra, 3 gennaio. – La situazione in Palestina continua a preoccupare non solo il governo britannico, ma anche gli ebrei del sionismo moderato, i quali temono che le complicazioni causate dai terroristi ebrei e dagli arabi finiscano per pregiudicare la loro speranza di arrivare ad uno Stato ebraico indipendente. L’arrivo del generale Cunningham, alto commissario britannico a Gerusalemme, è stato ravvolto, da parte della polizia politica, in tanto mistero che nessuno può dire con certezza se e a quale aerodromo il commissario sia giunto. Si crede che egli, in un colloquio col ministro delle Colonie, presenti Bevin e Montgomery, abbia chiesto al governo di adottare una più ferma politica e che abbia riferito che le truppe britanniche possono essere tenute a freno con difficoltà.
In Palestina il terrorismo ebraico ha assunto oggi nuove violenze con l’uso di lanciafiamme; e cinque soldati inglesi sono stati feriti gravemente da una mina fuori di Tel Aviv. A Londra si diceva stasera che gli attacchi dell’Irgun mostrano ormai che l’esercito terroristico è deciso ad usare tutta la sua forza.
Frattanto il governo ha deciso di rifiutare l’ingresso in Inghilterra al prof. Smertenko vice-presidente della lega americana per una libera Palestina. Quanto alla conferenza palestinese che dovrebbe aprirsi il 21 gennaio, il governo britannico ha ora consultato gli Stati arabi per via diplomatica sull’opportunità di rimandare la conferenza.
f.
La sfida degli ebrei alla Gran Bretagna
La Nuova Stampa,
Quotidiano indipendente
Quotidiano indipendente
Anno III, Nr. 9, p.1
domenica, 12 gennaio 1947
Titoli: La sfida degli ebrei alla Gran Bretagna. L’Irgun inizierà l’attacco agli obiettivi militari in tutto l’Impero. (Dal nostro corrispondente) Londra, 11 gennaio. – La battaglia fra il sionista prof. Smertenko e il governo britannico sta assumendo un andamento donchisciottesco. Stasera si apprendeva a Londra che, dietro pressione dell’ambasciata britannica a Parigi, le linee aeree francesi avevano rifiutato al prof. Smertenko il trasporto da Le Bourget ad un aerodromo londinese. Per parte sua lo Smertenko annunciava che verrà in Inghilterra mercoledì, in barba al governo britannico. Egli ha ora due alternative per eludere il bando inglese, e cioè: o venire a Londra con un tassì aereo, oppure avvalersi della sua cittadinanza americana per viaggiare su un apparecchio delle linee che vanno a Shannon, nell’Irlanda e di là noleggiare un aeroplano privato.
Simultaneamente lo Smertenko ha lanciato alla Gran Bretagna una sfida fantastica, proclamando in un’intervista sull’edizione continentale del New York Herald che l’Irgun attaccherà d’ora innanzi i principali obiettivi militari dell’Inghilterra in tutti gli angoli dell’impero, fino a quando la Terra Santa non a diventata uno Stato ebraico. « Attaccheremo — egli ha detto — tutti i porti ove si trovano navi da guerra britanniche, cominciando con Gibilterra e Malta, perché le navi della flotta britannica vengono usate per impedire il ritorno degli ebrei in Palestina». Lo Smertenko ha poi detto delle cose interessanti sull’attentato dinamitardo contro l’ambasciata britannica di Roma: «Le bombe che hanno fatto saltare in aria l’ambasciata inglese di Roma erano un’operazione strettamente militare dell’Irgun. La ambasciata era il centro degli intrighi britannici in Italia per impedire agli ebrei di recarsi in Palestina e il vespaio doveva essere distrutto».
I dispacci da Gerusalemme dicono che oggi il comandante in capo delle truppe britanniche in Palestina, generale Barker, si è recato al Cairo per discutere la situazione palestinese con il comandante delle forze di terra del Medio Oriente, generale Dempsey. A Tel Aviv gli inglesi hanno arrestato Ester Raziel, sorella del fu Davide Raziel, fondatore e primo comandante in capo dell’Irgun. La polizia, che aveva ricercato la Raziel parecchio tempo, la considera un personaggio importantissimo della organizzazione terroristica e la sospetta di essere dietro la radio clandestina dell’Irgun. La Raziel è stata condotta al campo di Latrun, sotto scorta di quattro carri armati.
Frattanto i sette Stati arabi hanno deciso di partecipare di nuovo alla conferenza palestinese di Londra, che riprenderà il lavoro il 21 gennaio.
Fra i 1600 ebrei di Grugliasco
Carabinieri e agenti scoprono manifestini dell’«Irgun Zwai»
Carabinieri e agenti scoprono manifestini dell’«Irgun Zwai»
La Nuova Stampa,
Quotidiano indipendente
Quotidiano indipendente
Anno III, Nr. 11, p. 2
mercoledì, 15 gennaio 1947
Venerdì, 10 gennaio, poco prima delle 18, un cartoccio esplosivo scoppiava in via Milano, quasi all’angolo di via Garibaldi: il cartoccio diffondeva attorno una serie di manifestini dell’«Irgun Zwai Leumi», organizzazione ebraica che lotta per la libertà della Palestina contro gli inglesi.
Il fatto — che suscitava vivo panico nel passanti — induceva il comando alleato ad autorizzare le nostre forze di polizia ad una perquisizione in grande stile del campo di concentramento di Grugliasco, dove, com’è noto, sono raccolti circa 1600 uomini e donne ebrei: il 60 per cento di costoro è composto da palestinesi, il resto da individui di tutte le nazionalità. Di questi ebrei, che occupano i locali già destinati ad ospedale psichiatrico per le donne, abbiamo parlato nell’aprile scorso, quando per dissidi fra gli Internati e il loro rabbino era intervenuta la Polizia.
L’operazione di ieri è stata condotta da un centinaio di carabinieri agli ordini del capitano Lepore e del tenente Losco, comandante la stazione di Venaria e da un forte nucleo di agenti della squadra politica della questura, guidati dal commissario dott. Mazzacano. Era presente un capitano britannico della «Field Security». Alle 5 e 30, quando ancora il grande campo era immerso nell’oscurità e nel sonno, la polizia ha provveduto a circondare il recinto; indi si è proceduto alla visita delle varie baracche. Nessun incidente si è verificato e la perquisizione non ha fruttato che pochi manifestini dell’«Irgun Zwal Leumi», redatti in lingua ebraica e, presumibilmente, di contenuto anti-inglese.
Comunque non sono stati operati né fermi né arresti.
Una bomba a Londra al Ministero delle colonie
La Nuova Stampa,
Quotidiano indipendente
Quotidiano indipendente
Anno III, Nr. 90, p. 1
giovedì, 17 aprile 1947
(Nostro servizio particolare)
Londra, 16 aprile. – Il terrorista ebreo Dov Gruner – che era stato condannato nel gennaio scorso – è stato impiccato stamani all’alba a Gerusalemme. Altri tre terroristi lo hanno seguito nella sorte, perché come lui, ritenuti colpevoli dell’attacco contro la stazione di polizia di Tel Aviv. Gruner è di origine ungherese e contava trentatre anni di età. Allo scopo d’impedire tumulti le autorità britanniche hanno ordinato il coprifuoco in buona parte della Palestina. La prima impressione dopo le esecuzioni è che un’era di violenze senza precedenti è ormai aperta in Palestina.
Stamane, una donna di fatica, mentre stava facendo pulizia nell’ufficio del Ministero delle Colonie a White Hall, a circa 200 metri di distanza da Downing Street n. 10, dove abita Attlee, ha scoperto una bomba. Scotland Yard, mobilitata immediatamente, ha messo quest’attentato in rapporto con l’esecuzione avvenuta in Palestina di quattro dinamitardi membri dell‘associazione terroristica ebraica «Irgun Zwai Leumi».
La bomba, composta di 27 bastoncini di gelignite, ciascuno dei quali basta a far saltare nelle miniere 400 tonnellate di carbone, avrebbe dovuto scoppiare la notte scorsa, azionata da un orologio d’argento che era collegato all’esplosivo. Ma evidentemente non ha funzionato a causa della cattiva qualità della miccia che pare fosse stata accesa. Grandi misure di precauzione vengono prese stasera dalla polizia, che sta interrogando tutti i sospetti di avere simpatie per il movimento terroristico ebraico.
v.
Le salme dei sergenti rapiti collegate ad una mina
La Nuova Stampa,
Quotidiano indipendente
Quotidiano indipendente
Anno III, Nr. 180, p. 1
venerdì, 1 agosto 1947
Gerusalemme, 31 luglio. – I cadaveri dei due sergenti britannici, rapiti ed impiccati dai terroristi ebrei dell’«Irgun Zvei Leumi», sono stati trovati a quattro miglia a sud di Nathania. I due sergenti erano stati impiccati a due eucaliptus gemelli, e mentre i soldati britannici stavano distaccando i corpi dagli alberi, una mina è scoppiata dietro le salme, dilaniandole e gettando a terra tutti i presenti. Un granatiere della guardia intento alla pietosa bisogna è stato ferito al volto dalla schegge, mentre gli alberi sono stati divelti dalla forza dell’esplosione. Pezzi di carne ed ossa sono stati lanciati intorno ad un raggio di circa cinquanta metri.
L’Alto Commissario per la Palestina, generale sir Alan Cunningham, ha oggi chiamato a colloquio Golda Myerson, capo dell’Agenzia Ebraica, per comunicargli che egli vuole «una totale e soddisfacente riparazione dagli ebrei nel senso più pieno della parola».
L’Agenzia Ebraica e il Vaad Leumi hanno pubblicato un comunicato nel quale esprimono la loro esecrazione per «l’infame assassinio di due innocenti da parte di criminali sordi alla voce della coscienza, i quali si arrogano il diritto di decidere sulla vita e sulla morte di esseri umani» ed esortano gli ebrei a continuare la lotta contro lo spirito del male che si è infiltrato fra di loro.
Questa sera a Tel Aviv un gruppo di soldati britannici ha aperto il fuoco contro un autobus che transitava nella città uccidendo 4 ebrei e ferendone otto. Da fonte ebraica si apprende che nella stessa città si è avuto un breve scontro tra civili ebrei e soldati britannici. Un ebreo è rimasto ucciso e sette sono stati feriti.
Inoltre il quartier generale della polizia di Tel Aviv comunica che una trentina di soldati inglesi hanno percorso le vie della città fracassando le vetrine di una ventina di negozi. Con ogni probabilità il comportamento dei soldati inglesi non è da imputare che all’indignazione da essi provata per l’impiccagione da parte dei terroristi ebrei dei due sottufficiali britannici.
Parigi, 10 ottobre. – Da ieri sera, duecentomila uomini appartenenti alle forze armate di cinque paesi arabi sono in movimento per tradurre in pratica le risoluzioni della Lega araba al fine di difendere la Palestina dal sionismo. Un portavoce del governo libanese ha ammesso stamani che gli eserciti della Siria e del Libano hanno iniziato i loro movimenti alla mezzanotte di ieri e stanno «manovrando» nei pressi del confine della Palestina.
Le truppe della Legione araba di re Abdullah della Transgiordania, le più numerose e meglio equipaggiate del Medio Oriente stanno attestandosi lungo le rive del Giordano. Sei grandi accampamenti sono stati eretti in tutta fretta. Formazioni celeri motorizzate sono in stato d’allarme. Fra la popolazione si parla apertamente di un’invasione della Palestina.
Nel Gebel druso, i veterani delle rivolte della Siria e della Palestina hanno iniziato il reclutamento di volontari per «salvare la Palestina». Gli arruolamenti ottengono un grande successo, particolarmente fra i giovani. Da fonte degna di fede si apprende che forze egiziane si preparano a penetrare nel deserto del Sinai mentre, su invito del governo egiziano, truppe cammellate dell’Arabia saudita, sono arrivate in territorio egiziano per prendere parte all’assedio della Terra Santa. Aeroplani dell’Arabia saudita, secondo quanto si apprende da fonti private, sono atterrati su aerodromi egiziani.
Negli ambienti di Londra si manifesta un certo scetticismo sull’attendibilità delle notizie di una imminente invasione della Palestina. D’altra parte sembra certo che gli arabi non ricorreranno alla forza finché le truppe inglesi rimarranno nel paese.
Duecentomila arabi marciano sulla Palestina?
La Nuova Stampa
Anno III, Num. 238, p. 3
Anno III, Num. 238, p. 3
sabato, 11 ottobre 1947
Parigi, 10 ottobre. – Da ieri sera, duecentomila uomini appartenenti alle forze armate di cinque paesi arabi sono in movimento per tradurre in pratica le risoluzioni della Lega araba al fine di difendere la Palestina dal sionismo. Un portavoce del governo libanese ha ammesso stamani che gli eserciti della Siria e del Libano hanno iniziato i loro movimenti alla mezzanotte di ieri e stanno «manovrando» nei pressi del confine della Palestina.
Le truppe della Legione araba di re Abdullah della Transgiordania, le più numerose e meglio equipaggiate del Medio Oriente stanno attestandosi lungo le rive del Giordano. Sei grandi accampamenti sono stati eretti in tutta fretta. Formazioni celeri motorizzate sono in stato d’allarme. Fra la popolazione si parla apertamente di un’invasione della Palestina.
Nel Gebel druso, i veterani delle rivolte della Siria e della Palestina hanno iniziato il reclutamento di volontari per «salvare la Palestina». Gli arruolamenti ottengono un grande successo, particolarmente fra i giovani. Da fonte degna di fede si apprende che forze egiziane si preparano a penetrare nel deserto del Sinai mentre, su invito del governo egiziano, truppe cammellate dell’Arabia saudita, sono arrivate in territorio egiziano per prendere parte all’assedio della Terra Santa. Aeroplani dell’Arabia saudita, secondo quanto si apprende da fonti private, sono atterrati su aerodromi egiziani.
Negli ambienti di Londra si manifesta un certo scetticismo sull’attendibilità delle notizie di una imminente invasione della Palestina. D’altra parte sembra certo che gli arabi non ricorreranno alla forza finché le truppe inglesi rimarranno nel paese.
Il Gran Muftì organizza un Governo in esilio
Stampa Sera, ult. ed.
Anno I, Num. 150, p. 1
Anno I, Num. 150, p. 1
sa-do, 11-12 ottobre 1947
Titoli: Assedio alla Palestina. Il Gran Muftì organizza un Governo in esilio.
Beirut, sabato sera. – Il Muftì di Gerusalemme, Haj Arun El Husseini, ha dato inizio nel Libano alla formazione di un «Governo arabo della Palestina in esilio». Il Muftì assumerà lui stesso la carica di presidente e avrà sotto di sé il Primo Ministro ed otto altri ministri, i quali governeranno quella parte della Palestina che riusciranno ad occupare se la Gran Bretagna si ritirerà dalla Terra Santa.
Il cerchio di armati che circonda la Palestina si fa ascendere ad una forza di 200-250 mila uomini. Parecchi di essi sono dotati di armi moderne ed istruiti da ufficiali europei, tutti sono decisi a combattere – qualora a tanto si dovesse arrivare – con assoluto spirito di sacrificio. La tradizionale rivalità fra arabi ed ebrei ha trovato la scintilla che l’ha riaccesa e la tensione tra le due parti è grave. Si afferma a Beirut che se i sionisti tentassero di impadronirsi del potere in Palestina, una volta partiti gli inglesi, gli stati arabi che la circondano non esiterebbero a far varcare il confine alle loro forze attualmente sul piede di guerra.
(Dal nostro corrispondente)
Londra, 4 dicembre.
Gli avvenimenti in Palestina hanno completamente eclissato la conferenza dei Quattro: anzi, negli ambienti politici sta ingigantendosi il timore che la Palestina stia per diventare il campo agonistico dove divamperà quel conflitto d’interessi fra la Russia e l’America, di cui la conferenza del Quattro ci ha mostrato finora soltanto le schermaglie retoriche. Il Gabinetto britannico ha oggi discusso le modalità per il ritiro delle truppe e dei funzionari inglesi dalla Palestina (200.000 persone in tutto, di cui 80.000 effettivi di truppa) e sembra che il ritiro comincerà il prossimo maggio e sarà completato il 1° agosto.
Coll’abbandono del mandato da parte della Gran Bretagna il maggio venturo, le Nazioni Unite dovranno assumersi la amministrazione della Palestina: capo del segretariato di spartizione nel periodo interinale sarà il dottor Ralph Bunche, un negro-americano il quale è il più alto funzionario negro-americano nella sezione statunitense delle Nazioni Unite. Anche il segretario generale dell’U.N.O, Trygye Lie, farà una rapida visita in Palestina e potrebbe poi sovrintendere personalmente 1’operazione di trapasso.
L’aspetto internazionalmente più interessante del problema palestinese è oggi che il governo ed il Congresso degli Stati Uniti, dopo aver votato per la spartizione della Palestina, sono ora allarmatissimi per le possibili gravissime conseguenze. Essi temono cioè che Mosca possa d’improvviso decidere di mandare truppe sovietiche in Palestina come parte di una polizia internazionale per imporre l’applioazione della decisione dell’U.N.O.: e sé la Russia facesse questo, gli Stati Uniti potrebbero trovarsi nell’impossibilità di prevenire la mossa sovietica. Non per nulla, il New York Times scrive oggi, in una corrispondenza da Washington, che sta avvicinandosi il momento per l’America di assumere una parte predominante nella responsabilità di applicare la spartizione della Palestina, dopo che le truppe britanniche siano partite.
A leggere i dispacci da Washington si ha l’impressione che la tensione negli ambienti governativi e militari americani deve essere gravissima.: secondo un’informazione, un alto ufficiale americano, del quale non si rivela il nome, ha ieri predetto ad una commissione del Congresso che la Russia occuperà la Palestina entro pochissimi mesi, usando le agitazioni fra arabi ed ebrei come un pretesto: quando questo sarà avvenuto, la Russia si sarà stabilita sul Mediterraneo e non vi sarà più nessuno al mondo che possa farla sloggiare.
Nell’entourage del presidente Truman non si sa ancora se diffidare più degli ebrei o degli arabi come micce che potrebbero far saltare la polveriera con un colpo di mano sovietico; e qualche senatore ha proposto dì formare subito una legione di volontari americani da mandare in Palestina «se le Nazioni Unite decideranno che la spartizione non può avvenire senza truppe». Altri prevedono che le zone della Palestina assegnate allo Stato arabo finiranno per cascare sotto il dominio del re Abdullah.
Le Nazioni Unite si trovano ad affrontare, per la Palestina, la prova del fuoco. Se c’è un caso in cui la loro funzione sia legittima e indispensabile, e al tempo stesso relativamente facile ad adempiere, è proprio questo. Se l’UNO (così io seguito a scrivere, secondo la sigla originaria inglese che dovrebbe essere adottata da tutti: un po’ d’internazionalismo almeno sulle sigle!), se l’UNO fallisce in questa prova, non so davvero in quale altra potrà riuscire.
Per la Palestina, U.S.A. e U.R.S.S., si sono trovati una volta tanto d’accordo: caso che sembra miracoloso. È tolto dunque, per la questione palestinese, l’ostacolo maggiore che ha impedito finora l’attività dell’UNO, in quella che dovrebbe essere la sua sfera d’azione per eccellenza: la composizione di contrasti internazionali. E poiché la Gran Bretagna abbandona la Palestina — anche qui si è verificato un accordo insolito: quello fra il governo laburista e Churchill — ne deriva per la questione palestinese una specie di neutralizzazione: essa viene a trovarsi fuori del campo di competizione fra i Grossi. Questi hanno una occasione unica per cooperare, senza sospetti e senza secondi fini, alla pace e alla tranquillità di una zona importantissima del mondo, e in un conflitto di popoli che è uno dei più aspri finora verificatisi.
Il conflitto fra arabi ed ebrei è uno di quelli che mostrano più chiaramente come il principio di nazionalità, da solo, non possa bastare — secondoché l’Ottocento si era illuso — per una sistemazione pacifica mondiale: come, anzi, da solo esso costituisca un pericolo per la pace mondiale. L’«autodeterminazione dei popoli» non è l’ultima Thule della vita internazionale; al di là di essa, vi sono la giustizia e la pace, valori universali che non possono essere sacrificati a interessi particolari, anche i più legittimi e sacri.
Gli Arabi hanno un innegabile diritto sulla Palestina, loro terra. Ma anche gli Ebrei, immigrati in quella che era pure stata, per millenni, la terra loro, vi hanno acquistato diritti non meno sacri: quello della necessità, per un popolo atrocemente perseguitato, di una terra di rifugio; quello del loro stabilimento compiuto in base ad atti internazionali riconosciuti da tutti; quello, infine e soprattutto, del meraviglioso lavoro di civiltà da essi compiuto nella terra già d’Israele. C’è uno stato di fatto, che è anche uno stato di diritto. Solo un pazzo potrebbe oggi pensare a cacciar gli Ebrei dalla Palestina, o a chiuder loro colà le porte in faccia. Gli Ebrei stabilitisi in Palestina hanno diritto di rimanervi; e, nei limiti di capacità del territorio ad essi riconosciuto, non si vede come si potrebbe legittimamente proibire l'afflusso ulteriore di loro connazionali. Altrettanto assurdo sarebbe negare a questa loro comunità — che è, per riconoscimento internazionale, un popolo, e di fatto uno Stato — il diritto di autogoverno. Di qui la necessità di una spartizione della Palestina: e vedendo quanto tempo abbiano messo, la Gran Bretagna e le altre potenze, per arrivare a questa conclusione, che s’imponeva almeno da dieci anni a ogni cervello sano, non si può che ripetere melanconicamente il «quam parva sapienza regitur mundus».
Spartizione, dunque; e neppure Stato unico federale, per ora: giacché gli animi delle due parti non sono maturi per ciò. Solo dopo una convivenza pacifica in stati contigui, ma divisi, potrà farsi luogo al passo ulteriore. La spartizione, però, non può esser messa in piedi e funzionare senza un intervento dal di fuori, senza — diciamo le cose come sono — una autorità superiore che la imponga e la regoli. Anche se miracolosamente fosse stato raggiunto, o fosse in vista, un accordo diretto arabo-ebraico, sempre l’applicazione di questo accordo dovrebbe essere controllata internazionalmente. È proprio il caso di dire che fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio. E ciò anche se non ci fosse il terzo territorio palestinese — Gerusalemme —, per necessità internazionale.
Nelle condizioni presenti, poi, con lo scatenamento del nazionalismo dei capi arabi da una parte, del terrorismo estremista sionistico dall’altra, l’intervento internazionale s’impone immediatamente. Intervento che non può essere se non dell'UNO, e appoggiato a una forza d’ordine dipendente dall’UNO. È proprio l’esperimento classico per un’autorità supernazionale; e (ripetiamolo) nelle condizioni migliori, o meno cattive, oggi immaginabili. L’UNO deve affrontarlo integralmente, pena l’abdicazione.
Beirut, sabato sera. – Il Muftì di Gerusalemme, Haj Arun El Husseini, ha dato inizio nel Libano alla formazione di un «Governo arabo della Palestina in esilio». Il Muftì assumerà lui stesso la carica di presidente e avrà sotto di sé il Primo Ministro ed otto altri ministri, i quali governeranno quella parte della Palestina che riusciranno ad occupare se la Gran Bretagna si ritirerà dalla Terra Santa.
Il cerchio di armati che circonda la Palestina si fa ascendere ad una forza di 200-250 mila uomini. Parecchi di essi sono dotati di armi moderne ed istruiti da ufficiali europei, tutti sono decisi a combattere – qualora a tanto si dovesse arrivare – con assoluto spirito di sacrificio. La tradizionale rivalità fra arabi ed ebrei ha trovato la scintilla che l’ha riaccesa e la tensione tra le due parti è grave. Si afferma a Beirut che se i sionisti tentassero di impadronirsi del potere in Palestina, una volta partiti gli inglesi, gli stati arabi che la circondano non esiterebbero a far varcare il confine alle loro forze attualmente sul piede di guerra.
L’America teme i russi in Palestina
La Nuova Stampa
Anno III, Num. 285, p. 1
Anno III, Num. 285, p. 1
venerdì, 5 dicembre 1947
Titoli: Nuovi nubi all’orizzonte. L’America teme i russi in Palestina.(Dal nostro corrispondente)
Londra, 4 dicembre.
Gli avvenimenti in Palestina hanno completamente eclissato la conferenza dei Quattro: anzi, negli ambienti politici sta ingigantendosi il timore che la Palestina stia per diventare il campo agonistico dove divamperà quel conflitto d’interessi fra la Russia e l’America, di cui la conferenza del Quattro ci ha mostrato finora soltanto le schermaglie retoriche. Il Gabinetto britannico ha oggi discusso le modalità per il ritiro delle truppe e dei funzionari inglesi dalla Palestina (200.000 persone in tutto, di cui 80.000 effettivi di truppa) e sembra che il ritiro comincerà il prossimo maggio e sarà completato il 1° agosto.
Coll’abbandono del mandato da parte della Gran Bretagna il maggio venturo, le Nazioni Unite dovranno assumersi la amministrazione della Palestina: capo del segretariato di spartizione nel periodo interinale sarà il dottor Ralph Bunche, un negro-americano il quale è il più alto funzionario negro-americano nella sezione statunitense delle Nazioni Unite. Anche il segretario generale dell’U.N.O, Trygye Lie, farà una rapida visita in Palestina e potrebbe poi sovrintendere personalmente 1’operazione di trapasso.
L’aspetto internazionalmente più interessante del problema palestinese è oggi che il governo ed il Congresso degli Stati Uniti, dopo aver votato per la spartizione della Palestina, sono ora allarmatissimi per le possibili gravissime conseguenze. Essi temono cioè che Mosca possa d’improvviso decidere di mandare truppe sovietiche in Palestina come parte di una polizia internazionale per imporre l’applioazione della decisione dell’U.N.O.: e sé la Russia facesse questo, gli Stati Uniti potrebbero trovarsi nell’impossibilità di prevenire la mossa sovietica. Non per nulla, il New York Times scrive oggi, in una corrispondenza da Washington, che sta avvicinandosi il momento per l’America di assumere una parte predominante nella responsabilità di applicare la spartizione della Palestina, dopo che le truppe britanniche siano partite.
A leggere i dispacci da Washington si ha l’impressione che la tensione negli ambienti governativi e militari americani deve essere gravissima.: secondo un’informazione, un alto ufficiale americano, del quale non si rivela il nome, ha ieri predetto ad una commissione del Congresso che la Russia occuperà la Palestina entro pochissimi mesi, usando le agitazioni fra arabi ed ebrei come un pretesto: quando questo sarà avvenuto, la Russia si sarà stabilita sul Mediterraneo e non vi sarà più nessuno al mondo che possa farla sloggiare.
Nell’entourage del presidente Truman non si sa ancora se diffidare più degli ebrei o degli arabi come micce che potrebbero far saltare la polveriera con un colpo di mano sovietico; e qualche senatore ha proposto dì formare subito una legione di volontari americani da mandare in Palestina «se le Nazioni Unite decideranno che la spartizione non può avvenire senza truppe». Altri prevedono che le zone della Palestina assegnate allo Stato arabo finiranno per cascare sotto il dominio del re Abdullah.
f.
Situazione meno tesa in Palestina
La Nuova Stampa Sera
Anno I, Num. 198, p. 1
Anno I, Num. 198, p. 1
sabato-domenica, 6-7 dicembre 1947
Titoli: Situazione meno tesa in Palestina. La settimana di disordini ha avuto sessanta morti.
Gerusalemme, sabato sera.
Dopo una settimana di disordini in Palestina che sono costati la vita a circa 60 persone, la situazione è apparsa meno tesa nella mattinata d’oggi. A Gerusalemme e a Caifa, tanto nei quartieri ebrei quanto in quelli arabi, la vita ha ripreso normale. Nel settore fra Giaffa e Tel Aviv, dov’è ancora in vigore il coprifuoco, la calma non era stata turbata fino alle 10 di stamane.
Palestina in fiamme
La Nuova Stampa
Anno III, Num. 302, p. 1
Anno III, Num. 302, p. 1
giovedì, 25 dicembre 1947
Le Nazioni Unite si trovano ad affrontare, per la Palestina, la prova del fuoco. Se c’è un caso in cui la loro funzione sia legittima e indispensabile, e al tempo stesso relativamente facile ad adempiere, è proprio questo. Se l’UNO (così io seguito a scrivere, secondo la sigla originaria inglese che dovrebbe essere adottata da tutti: un po’ d’internazionalismo almeno sulle sigle!), se l’UNO fallisce in questa prova, non so davvero in quale altra potrà riuscire.
Per la Palestina, U.S.A. e U.R.S.S., si sono trovati una volta tanto d’accordo: caso che sembra miracoloso. È tolto dunque, per la questione palestinese, l’ostacolo maggiore che ha impedito finora l’attività dell’UNO, in quella che dovrebbe essere la sua sfera d’azione per eccellenza: la composizione di contrasti internazionali. E poiché la Gran Bretagna abbandona la Palestina — anche qui si è verificato un accordo insolito: quello fra il governo laburista e Churchill — ne deriva per la questione palestinese una specie di neutralizzazione: essa viene a trovarsi fuori del campo di competizione fra i Grossi. Questi hanno una occasione unica per cooperare, senza sospetti e senza secondi fini, alla pace e alla tranquillità di una zona importantissima del mondo, e in un conflitto di popoli che è uno dei più aspri finora verificatisi.
Il conflitto fra arabi ed ebrei è uno di quelli che mostrano più chiaramente come il principio di nazionalità, da solo, non possa bastare — secondoché l’Ottocento si era illuso — per una sistemazione pacifica mondiale: come, anzi, da solo esso costituisca un pericolo per la pace mondiale. L’«autodeterminazione dei popoli» non è l’ultima Thule della vita internazionale; al di là di essa, vi sono la giustizia e la pace, valori universali che non possono essere sacrificati a interessi particolari, anche i più legittimi e sacri.
Gli Arabi hanno un innegabile diritto sulla Palestina, loro terra. Ma anche gli Ebrei, immigrati in quella che era pure stata, per millenni, la terra loro, vi hanno acquistato diritti non meno sacri: quello della necessità, per un popolo atrocemente perseguitato, di una terra di rifugio; quello del loro stabilimento compiuto in base ad atti internazionali riconosciuti da tutti; quello, infine e soprattutto, del meraviglioso lavoro di civiltà da essi compiuto nella terra già d’Israele. C’è uno stato di fatto, che è anche uno stato di diritto. Solo un pazzo potrebbe oggi pensare a cacciar gli Ebrei dalla Palestina, o a chiuder loro colà le porte in faccia. Gli Ebrei stabilitisi in Palestina hanno diritto di rimanervi; e, nei limiti di capacità del territorio ad essi riconosciuto, non si vede come si potrebbe legittimamente proibire l'afflusso ulteriore di loro connazionali. Altrettanto assurdo sarebbe negare a questa loro comunità — che è, per riconoscimento internazionale, un popolo, e di fatto uno Stato — il diritto di autogoverno. Di qui la necessità di una spartizione della Palestina: e vedendo quanto tempo abbiano messo, la Gran Bretagna e le altre potenze, per arrivare a questa conclusione, che s’imponeva almeno da dieci anni a ogni cervello sano, non si può che ripetere melanconicamente il «quam parva sapienza regitur mundus».
Spartizione, dunque; e neppure Stato unico federale, per ora: giacché gli animi delle due parti non sono maturi per ciò. Solo dopo una convivenza pacifica in stati contigui, ma divisi, potrà farsi luogo al passo ulteriore. La spartizione, però, non può esser messa in piedi e funzionare senza un intervento dal di fuori, senza — diciamo le cose come sono — una autorità superiore che la imponga e la regoli. Anche se miracolosamente fosse stato raggiunto, o fosse in vista, un accordo diretto arabo-ebraico, sempre l’applicazione di questo accordo dovrebbe essere controllata internazionalmente. È proprio il caso di dire che fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio. E ciò anche se non ci fosse il terzo territorio palestinese — Gerusalemme —, per necessità internazionale.
Nelle condizioni presenti, poi, con lo scatenamento del nazionalismo dei capi arabi da una parte, del terrorismo estremista sionistico dall’altra, l’intervento internazionale s’impone immediatamente. Intervento che non può essere se non dell'UNO, e appoggiato a una forza d’ordine dipendente dall’UNO. È proprio l’esperimento classico per un’autorità supernazionale; e (ripetiamolo) nelle condizioni migliori, o meno cattive, oggi immaginabili. L’UNO deve affrontarlo integralmente, pena l’abdicazione.
Luigi Salvatorelli
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