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Sommario: 1. Alleanza: voce tratta dal “Dizionario di politica” (1939). - 1.1 Le alleanze nel diritto societario moderno. - 1.2 Valutazione politica fascista delle alleanze. - 1.3 L’alleanza militare. –
1.
ALLEANZA
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L’alleanza è una società di due o più stati che determina una comunità ed una solidarietà di interessi ed una conseguente corrispondenza di obblighi. L’alleanza per esistere giuridicamente presuppone un trattato-contratto che stabilisca l’incontro delle volontà dei contraenti, e fissi le norme dell’azione d’alleanza. Le alleanze possono distinguersi in alleanze generali ed in alleanze limitate. Le alleanze generali stabiliscono la solidarietà totale di due o più stati; le alleanze limitate costituiscono una società limitata a dati scopi, a date circostanze e ad obblighi ristretti.
Le alleanze generali costituiscono una società totalitaria. Possono avere contenuto negativo o positivo, o i due contenuti insieme. Alla prima categoria appartengono le alleanze difensive. Alle alleanze con contenuto positivo appartengono quelle che hanno in obbietto il raggiungimento di dati interessi positivi ed in particolare date sistemazioni territoriali o politiche. Nella realtà storica è stato però sempre difficile distinguere le alleanze generali difensive da quelle offensive, sia per i sottintesi politici fra i contraenti, sia per la forza maggiore di situazioni create dai patti stessi di alleanza.
Tra le alleanze a scopi limitati sono principalmente le alleanze di guerra, ristrette al conseguimento della vittoria e quindi di determinati risultati.
Il punto centrale più delicato nei patti di alleanza è il casus foederis ed il suo accertamento nei casi concreti. Si può dire che il vincolo d'alleanza deve avere il giuoco più estensivo possibile perché così esige il principio della società e la solidarietà fissata dal patto generale di alleanza. Ma d’altra parte il casus foederis deve essere fatto decorrere dall’osservanza rigorosa di tutti gli obblighi contemplati reciprocamente nel patto: l’aver ancato da parte dell’Austria-Ungheria al rispetto di questa totalità di obblighi (compensi territoriali proporzionali) ha infatti giustificato il nostro rifiuto di considerarci obbligati dal casus foederis in occasione della grande guerra.
Altro punto discusso nel passato dai giuristi è la decadenza di un’alleanza oltre i casi legittimi di termine scaduto, di consenso bilaterale, e di denuncia. E si è sostenuta la legittimità della decadenza di un’alleanza nei casi di sopravveniente conflitto del vincolo d’alleanza col «diritto necessario» nei casi di «cambiamento nella situazione delle cose», ecc. Ma evidentemente si tratta in tal caso di concetti elasticissimi che si vogliono introdurre per mascherare le esigenze politiche richiedenti la non osservanza degli obblighi d’alleanza da parte di uno stato.
Le alleanze per esistere giuridicamente hanno bisogno di un patto formale scritto. Però si sono, nel passato, creati istituti di opportunità politicamente equivalenti alle alleanze, ma che non raggiungevano una forma giuridica completa: le intese, come l’Entente cordiale tra Francia, Inghilterra e Russia. L’intesa si differenzia dall’alleanza perché lascia libero lo stato di dare o non dare caso per caso la sua collaborazione. E fu introdotta perché più corrispondente alla mentalità dei Britannici.
1.1 Le alleanze nel diritto societario moderno. – Il diritto societario moderno, costituito dal patto della Società delle nazioni, vuol creare una solidarietà ed una collaborazione generale degli stati per la pace e contro la guerra. Questo concetto centrale di collaborazione contro la guerra esclude i concetti di alleanza giuridica e di blocco politico contro terzi; può ammettere soltanto alleanze nell’ordine societario. Quindi nel patto della Società delle nazioni non è considerata la protezione giuridica per il rispetto delle obbligazioni derivanti da patti di alleanza. Anzi con l’art. 18 è fatto obbligo di registrare tutti i trattati presso la Società delle nazioni e di pubblicarli, il che esclude i trattati segreti, forma che hanno invece assunta quasi sempre i trattati di alleanza, appunto per coprire il loro lato offensivo e aggressivo. E l’art. 20 dice: «I membri della Società riconoscono che il presente patto abroga tutte le obbligazioni o intese inter se incompatibili coi suoi termini e si impegnano solennemente a non stringerne simili nell’avvenire. Se prima del suo. ingresso nella Società un membro ha assunto obbligazioni incompatibili coi termini del patto, deve prendere misure immediate per disimpegnarsi da queste obblgazioni».
Però, poiché la società degli stati è sempre la stessa né può pensare di eliminare la guerra come mezzo supremo di soluzione dei contrasti di esistenza e sviluppo fra gli stati, oggi gli stati anche in periodo societario hanno dovuto trovare degli equivalenti alle antiche alleanze. L’equivalenza politica è la stessa; soltanto il formulario giuridico ed il condizionamento d’esecuzione del patto è incardinato sul patto societario in forme che costituiscono non tanto una volontà di adeguamento e di parallelismo quanto una mascheratura societaria dell’alleanza politico-militare vecchio stile. È merito dell’azione politica fascista avere per prima smascherato la vera natura di tali forme moderne di alleanza.
A questa classe appartengono infatti i numerosi patti di collaborazione e di intesa; i patti di mutua garanzia ed assistenza, tutti formulati e condizionati apparentemente sul patto societario, ma in fondo destinati ad avere le funzioni politiche delle antiche alleanze contro terzi. Così è dei patti che formavano la Piccola Intesa e l’Intesa Balcanica, così dei trattati di alleanza del 1921 fra Iugoslavia, Cecoslovacchia e Romania, così del trattato di alleanza franco-cecoslovacco del 25 gennaio 1924, del trattato di mutua garanzia franco-cecoslovacco del 16 ottobre 1925, dei trattati d’amicizia tra Francia e Romania del 10 giugno 1926 e tra Francia e Iugoslavia dell’11 novembre 1927.
La teoria fascista afferma che i più recenti trattati di mutua assistenza hanno equivalenza di alleanza di guerra. Così è per il trattato di mutua assistenza franco-russo firmato nel 1935 e per il trattato russo-cecoslovacco, per quanto sia prevista in questi trattati l’adesione di terzi stati. Tutti questi trattati includono l’obbligo immediato dell’assistenza militare in caso di aggressione (v. AGGRESSIONE) per quanto combinino questo obbligo con procedure societarie collaterali, mentre invece queste dovrebbero essere esclusive e pregiudiziali. Gli stessi patti regionali di sicurezza ricalcati sul patto societario si trasformerebbero per l’assenza di uno o più stati in patti di alleanza contro lo stato che non avesse voluto parteciparvi. Tutti questi pattti moderni di collaborazione, di intesa, di assistenza, sia pure costruiti su formule societarie, escludono dunque la possibiltà di una vera collaborazione di pace perché in realtà essi formano dei blocchi militari di opposizione ad altri stati.
Tra i tipi moderni di alleanze va messa l'alleanza successoria al mandato. Gli stati mandatarî concedono la cessazione del loro mandato A e riconoscono la piena piena indipendenza dello stato sotto mandato e la sua ammissione alla Lega delle nazioni sotto condizione sia di servitù militari (diritto di guarnigione, diritto di passaggio, obbligo di approvvigionamento delle truppe del mandatario in caso di guerra) sia di alleanza politica e militare.
Il trattato anglo-irakiano del 30 giugno 1930 stabilisce infatti l’alleanza fra i due stati, e contempla i reciproci obblighi di assistenza militare in caso di guerra, per quanto ridotti al minimo quelli dell’Irak. Il trattato anglo-egiziano rappresenta lo stesso tipo di alleanza. Così il trattato franco-siriano.
1.2 Valutazione politica fascista delle alleanze. – La concezione fascista nei riguardi delle alleanze internazionali è tipicamente realistica, come è realistico tutto il carattere della politica estera fascista. Se in un primo tempo l’Italia fascista si è rifiutata di aderire ad alleanze aventi carattere più offensivo che difensivo, in un secondo tempo, quando ha visto che l’ambiente politico internazionale era maturo per una tipica alleanza «evolutiva», tale cioè da creare un vero e proprio processo di chiarificazione e di miglioramento dell’ambiente internazionale (in quanto le potenze occidentali con il sistema delle cosiddette garanzie creavano barriere ostili e tendevano a formare una vera coalizione militare contro l’Italia e la Germania), ben volentieri ha aderito al concetto nuovo d’alleanza quale si era venuta forgiando in seguito alla collaborazione italo-tedesca. Il «patto d’acciaio» (v.), firmato a Berlino il 22 maggio 1939 tra l’Italia e la Germania, in cui i due governi dell’Asse hanno voluto fissare, anche dal punto di vista formale, i loro rapporti, presuppone questo mutato concetto di «alleanza» e realizza la costituzione di una nuova entità politica con cui l’Europa e il mondo realizzeranno il vero ordine che non può essere disgiunto dalla giustizia.
1.3 L’allenza militare. – La funzione delle alleanze militari nella storia è importantissima, perché esse rendono possibili imprese collettive e perciò di vasta portata politica che altrimenti sarebbero vietate; allarga il teatro di azione dei singoli stati e ne accresce le possibilità strategiche; equilibria spesso le forze, anche in tempo di pace, in modo da rendere più difficile la sopraffazione di uno stato forte a danno di uno più debole. L’alleanza militare corrisponde perciò all’istinto di unione che è naturalmente sentito da popoli o da governi i quali abbiano, in un dato periodo storico, interessi almeno parzialmente coincidenti. In tal caso è logico che anche la loro preparazione militare sia diretta verso una meta unica e preveda una collaborazione delle rispettive forze armate in un senso determinato.
Teoricamente le alleanze militari dovrebbero essere «complementari», cioè tali da assicurare a ciascuno dei contraenti aiuti e appoggi in quel campo dove esso è meno forte; per esempio uno stato strettamente continentale dovrebbe cercare l’alleanza di uno stato potente sul mare e viceversa; un paese ricco di uomini ma povero di denari o di materie prime dovrebbe allearsi con chi possiede queste prerogative mentre è demograficamente debole; e così via. Ma nella pratica le ragioni politiche contingenti sopraffanno ogni altra considerazione; le coalizioni si formano così secondo leggi empiriche, tendendo a risolvere volta per volta i problemi più urgenti. Per questo motivo, oltre che per altri di natura più propriamente tecnica e politica, le alleanze non dànno spesso, alla prova dei fatti, quei risultati militari sicuri e rapidi che se ne potevano aspettare. Esse sono tuttavia insopprimibili nella storia dei popoli e i loro effetti si incidono profondamente nel destino degli stati.
Alleanze militari esisterono anche in tempi antichissimi; è noto che uno dei più interessanti documenti della storia egiziana elenca i nomi dei popoli mediterranei che, almeno mille anni prima dell’Era volgare, si unirono in coalizione navale e terrestre per assalire l’Egitto stesso. Le vicende delle grandi monarchie asiatiche del periodo preellenico sono caratterizzate da poderose coalizioni dirette volta per volta contro quel popolo che aveva acquistato una posizione dominante e tirannica; per esempio quella dei Medi e Persiani contro gli Assiri, che portò dopo ben note vicende all’egemonia persiana. La Grecia ebbe alleanze permanenti che univano anche con vincoli religiosi i piccoli stati ellenici a scopo di difesa contro i barbari; l’efficienza militare di tali coalizioni di tipo nazionale e religioso fu spesso grandissima e sproporzionata alla modesta consistenza demografica di quei popoli. Più netta la distinzione, fra le leghe militari che in un secondo tempo si formarono da una parte intorno ad Atene, dall’altra intorno a Sparta.
Roma fece sempre un’abile politica di alleanze; ed ebbe alleati fedelissimi attraverso i secoli anche perché applicò per la prima il principio di tener fede «sempre ed a qualunque costo» agli impegni presi con gli alleati: questa notoria lealtà fu un elemento decisivo nella storia delle guerre di espansione della repubblica. Si sa che al tempo delle guerre contro Taranto e Pirro, Roma fu alleata di Cartagine; più tardi invece contro quest’ultima ebbe alleati fedeli sia nelle popolazioni italiche sia tra le genti africane sottratte al giogo o alla minaccia punica. Non si potrebbe in alcun modo spiegare la costante fortuna militare di Roma senza tener conto di quell’abilissima politica di alleanze militari che il Senato con mirabile perspicacia seppe intessere e mantenere efficiente anche nei momenti più difficili. Queste alleanze naturalmente non erano da pari a pari; anche con gli stessi socii italici Roma affermò sempre la propria posizione di dominio morale e militare, fino a che essi non ebbero ottenuta, con la guerra sociale, pieno diritto di cittadinanza.
Il Medioevo, producendo in tutta Europa la frantumazione delle grandi unità politiche in un vero pulviscolo di stati, staterelli, signorie feudali e comuni autonomi, moltiplicò naturalmente le alleanze ma ne diminuì la portata. Celebri nella storia italiana le «leghe» di governi comunali, e fra tutte quella Lega lombarda che si rivelò più potente dell’imperatore e lo indusse a scendere a patti. Nelle lotte fra guelfi e ghibellini l’alleanza fra comuni dello stesso colore era di rigore; tali combinazioni erano però assai mutevoli e soggette all’andamento delle lotte interne comunali che portavano alla prevalenza di questa o quella fazione. Lo stesso papato come potenza politica fece un’attiva e continua politica di alleanze.
Il Rinascimento sviluppò questa tendenza alle combinazioni politiche che erano soprattutto di equilibrio; ma questo fu poi sconvolto dal comparire delle grandi monarchie, formatesi del resto anch’esse o con alleanze dinastiche o per forza di successioni e concentrazioni ereditarie.
Il genio politico degli Italiani abusò del sistema delle alleanze che si prestava a interessanti combinazioni intellettualistiche e al giuoco diplomatico, e per esse trascurò la seria preparazione militare; inoltre si commise, anche dai nostri più abili statisti, l’errore di includere nelle alleanze potentati stranieri; ne derivò notoriamente la lunga servitù italiana. Un esempio tipico di questo sistema si ebbe nella grande alleanza formatasi contro Venezia per istigazione del papa Giulio II e che prese il nome di lega di Cambrai; essa sanzionò il diritto dei Francesi d’intervenire nelle cose d’Italia e degli Spagnoli di contrastare quest’ingerenza; la penisola doveva divenire ben presto il campo di battaglia delle due grandi potenze miranti all’egemonia.
Alleanze apparentemente illogiche se si guarda agli interessi degli stati si ebbero al tempo delle guerre di religione e della guerra dei Trent’anni; il fanatismo poté per qualche tempo più della pura ragion di stato; ma questa finì tuttavia col prevalere. La crescente potenza francese che fece a lungo temere una vera egemonia provocò alleanze tendenti a ristabilire l’equilibrio europeo; così più tardi accadde, in senso inverso, col crescere della potenza austriaca. Ragioni di successione provocarono nel secolo XVIII il formarsi di grandi coalizioni tendenti a impedire un’eccessiva concentrazione di forza in mano di una sola dinastia; ecco le tre grandi guerre di successione di Spagna, di Polonia e d’Austria che furono dominate dalle vicende delle alleanze che via via si formavano. In quel groviglio d’interessi tutte le combinazioni si succedettero e si alternarono in modo sorprendente. Mentre la cosiddetta «Grande alleanza» (1701) riuniva quasi tutti gli stati europei contro la Francia, poco dopo troviamo questa ultima alleata con Inghilterra e Olanda (Triplice alleanza, 1718); mentre nel 1725, col trattato di Hannover, Inghilterra e Francia si univano alla Prussia, nella guerra dei Sette anni troviamo alleate l’Inghilterra e la Prussia contro Francia, Austria e Russia, e così via. Tipico è il caso del piccolo ducato di Savoia, poi regno di Sardegna, e del suo abile insinuarsi in tutte le contese europee passando dall’una all’altra coalizione con una spregiudicatezza che era largamente compensata dal serio contributo militare portato da quel bellicoso staterello ai suoi alleati.
Con la fine del sec. XVIII la politica delle alleanze di tipo dinastico cessa; la costituzione degli stati si fonda ormai sopra un complesso di ragioni storiche e spirituali che esorbitano dall’interesse delle monarchie; prevalgono i regimi rappresentativi, le passioni popolari e nazionali, le tendenze ai grandi raggruppamenti di razze entro complessi geografici sempre più vasti; così le guerre diventano più rare ma più ostinate e terribili; le democrazie impegnano l’intera nazione nei conflitti che per l’innanzi venivano sostenuti solo da piccoli eserciti di mestiere. Così anche il problema delle alleanze si sposta e la loro stessa natura deve armonizzarsi con la nuova realtà politica.
L’epopea rivoluzionaria francese provocò presto una coalizione di governi conservatori, che però si impegnarono solo blandamente contro la Francia ritenendo forse non inopportuno che questo paese fosse dilaniato da discordie intestine e che la dinastia capetingia sparisse travolta nel sangue. Più energico invece fu il contegno delle potenze quando l’avvento di Napoleone fece temere che l’egemonia francese, basata su elementi non più ideologici e demagogici, ma militari, si potesse di nuovo affermare. Si ebbe allora una vera alleanza universale delle vecchie monarchie, che dopo le illustri vicende del turbinoso periodo imperiale, sembra trionfare a Lipsia e a Waterloo. Non essendo qui il caso di esaminare le conseguenze di quelle lotte alla luce degli effetti sociali e politici, molti dei quali si rivelarono solo a lunga scadenza, basti dire che ancora una volta si rivelò la forza schiacciante delle alleanze militari quando esse portano all’isolamento di un avversario, anche se potente e sorretto dalle eccezionali qualità individuali di un condottiero o di un sovrano. Sei successive coalizioni, più volte vinte e abbattute dal genio del Bonaparte, finirono tuttavia col logorare talmente le energie della nazione francese, da cagionare la caduta del colosso. Errori politici e militari spiegano solo in parte il tramonto della potenza napoleonica: i suoi avversari ne commisero certo più di lui; ma la sproporzione delle forze era troppo grande. E destino del combattente isolato contro potenti coalizioni militari di «non poter» commettere errori, mentre quelle possono sempre trovare nella molteplicità delle loro risorse un compenso ai danni e alle sconfitte subite, purché le ragioni dell’alleanza siano così forti da superare contrasti di mentalità, di costumi ed anche di interessi minori esistenti fra collegati. La cosiddetta «Santa alleanza» che sorse col congresso di Vienna e venne perfezionata a Parigi e ad Aquisgrana (1818) non ebbe mai vera efficacia appunto perché stretta quando ormai i fini supremi della coalizione antifrancese erano stati raggiunti e superati.
Il secolo XIX vide parecchie alleanze militari degne di rilievo. Ricorderemo rapidamente l’alleanza franco-britannica per andare in aiuto della Turchia contro la Russia (1854) ; essa diede luogo alla guerra di Crimea, nel secondo periodo della quale anche il regno di Sardegna entrò nell’alleanza formando una caratteristica triplice, nella quale gli scopi nascosti di ciascun governo erano totalmente diversi, ma convergevano esteriormente nella necessità di un successo militare in Oriente, che infatti vi fu. Più che vera alleanza, quella del 1859 fra il Piemonte e Napoleone III fu un esempio curioso d’intervento di una grande potenza a favore di un piccolo stato contro un’altra grande potenza rivale. Vera alleanza fu quella italo-prussiana del1866 contro l’Austria; le sue conseguenze militari furono cospicue; l’esito della guerra che doveva presto portare all’egemonia militare prussiana sull’Europa, dipese in gran parte dalla diversione che l’Italia compié sul confine meridionale dell’impero asburgico, nonostante la poca saggezza e nessuna fortuna, con cui vennero da parte nostra condotte le operazioni.
Le alleanze generali costituiscono una società totalitaria. Possono avere contenuto negativo o positivo, o i due contenuti insieme. Alla prima categoria appartengono le alleanze difensive. Alle alleanze con contenuto positivo appartengono quelle che hanno in obbietto il raggiungimento di dati interessi positivi ed in particolare date sistemazioni territoriali o politiche. Nella realtà storica è stato però sempre difficile distinguere le alleanze generali difensive da quelle offensive, sia per i sottintesi politici fra i contraenti, sia per la forza maggiore di situazioni create dai patti stessi di alleanza.
Tra le alleanze a scopi limitati sono principalmente le alleanze di guerra, ristrette al conseguimento della vittoria e quindi di determinati risultati.
Il punto centrale più delicato nei patti di alleanza è il casus foederis ed il suo accertamento nei casi concreti. Si può dire che il vincolo d'alleanza deve avere il giuoco più estensivo possibile perché così esige il principio della società e la solidarietà fissata dal patto generale di alleanza. Ma d’altra parte il casus foederis deve essere fatto decorrere dall’osservanza rigorosa di tutti gli obblighi contemplati reciprocamente nel patto: l’aver ancato da parte dell’Austria-Ungheria al rispetto di questa totalità di obblighi (compensi territoriali proporzionali) ha infatti giustificato il nostro rifiuto di considerarci obbligati dal casus foederis in occasione della grande guerra.
Altro punto discusso nel passato dai giuristi è la decadenza di un’alleanza oltre i casi legittimi di termine scaduto, di consenso bilaterale, e di denuncia. E si è sostenuta la legittimità della decadenza di un’alleanza nei casi di sopravveniente conflitto del vincolo d’alleanza col «diritto necessario» nei casi di «cambiamento nella situazione delle cose», ecc. Ma evidentemente si tratta in tal caso di concetti elasticissimi che si vogliono introdurre per mascherare le esigenze politiche richiedenti la non osservanza degli obblighi d’alleanza da parte di uno stato.
Le alleanze per esistere giuridicamente hanno bisogno di un patto formale scritto. Però si sono, nel passato, creati istituti di opportunità politicamente equivalenti alle alleanze, ma che non raggiungevano una forma giuridica completa: le intese, come l’Entente cordiale tra Francia, Inghilterra e Russia. L’intesa si differenzia dall’alleanza perché lascia libero lo stato di dare o non dare caso per caso la sua collaborazione. E fu introdotta perché più corrispondente alla mentalità dei Britannici.
1.1 Le alleanze nel diritto societario moderno. – Il diritto societario moderno, costituito dal patto della Società delle nazioni, vuol creare una solidarietà ed una collaborazione generale degli stati per la pace e contro la guerra. Questo concetto centrale di collaborazione contro la guerra esclude i concetti di alleanza giuridica e di blocco politico contro terzi; può ammettere soltanto alleanze nell’ordine societario. Quindi nel patto della Società delle nazioni non è considerata la protezione giuridica per il rispetto delle obbligazioni derivanti da patti di alleanza. Anzi con l’art. 18 è fatto obbligo di registrare tutti i trattati presso la Società delle nazioni e di pubblicarli, il che esclude i trattati segreti, forma che hanno invece assunta quasi sempre i trattati di alleanza, appunto per coprire il loro lato offensivo e aggressivo. E l’art. 20 dice: «I membri della Società riconoscono che il presente patto abroga tutte le obbligazioni o intese inter se incompatibili coi suoi termini e si impegnano solennemente a non stringerne simili nell’avvenire. Se prima del suo. ingresso nella Società un membro ha assunto obbligazioni incompatibili coi termini del patto, deve prendere misure immediate per disimpegnarsi da queste obblgazioni».
Però, poiché la società degli stati è sempre la stessa né può pensare di eliminare la guerra come mezzo supremo di soluzione dei contrasti di esistenza e sviluppo fra gli stati, oggi gli stati anche in periodo societario hanno dovuto trovare degli equivalenti alle antiche alleanze. L’equivalenza politica è la stessa; soltanto il formulario giuridico ed il condizionamento d’esecuzione del patto è incardinato sul patto societario in forme che costituiscono non tanto una volontà di adeguamento e di parallelismo quanto una mascheratura societaria dell’alleanza politico-militare vecchio stile. È merito dell’azione politica fascista avere per prima smascherato la vera natura di tali forme moderne di alleanza.
A questa classe appartengono infatti i numerosi patti di collaborazione e di intesa; i patti di mutua garanzia ed assistenza, tutti formulati e condizionati apparentemente sul patto societario, ma in fondo destinati ad avere le funzioni politiche delle antiche alleanze contro terzi. Così è dei patti che formavano la Piccola Intesa e l’Intesa Balcanica, così dei trattati di alleanza del 1921 fra Iugoslavia, Cecoslovacchia e Romania, così del trattato di alleanza franco-cecoslovacco del 25 gennaio 1924, del trattato di mutua garanzia franco-cecoslovacco del 16 ottobre 1925, dei trattati d’amicizia tra Francia e Romania del 10 giugno 1926 e tra Francia e Iugoslavia dell’11 novembre 1927.
La teoria fascista afferma che i più recenti trattati di mutua assistenza hanno equivalenza di alleanza di guerra. Così è per il trattato di mutua assistenza franco-russo firmato nel 1935 e per il trattato russo-cecoslovacco, per quanto sia prevista in questi trattati l’adesione di terzi stati. Tutti questi trattati includono l’obbligo immediato dell’assistenza militare in caso di aggressione (v. AGGRESSIONE) per quanto combinino questo obbligo con procedure societarie collaterali, mentre invece queste dovrebbero essere esclusive e pregiudiziali. Gli stessi patti regionali di sicurezza ricalcati sul patto societario si trasformerebbero per l’assenza di uno o più stati in patti di alleanza contro lo stato che non avesse voluto parteciparvi. Tutti questi pattti moderni di collaborazione, di intesa, di assistenza, sia pure costruiti su formule societarie, escludono dunque la possibiltà di una vera collaborazione di pace perché in realtà essi formano dei blocchi militari di opposizione ad altri stati.
Tra i tipi moderni di alleanze va messa l'alleanza successoria al mandato. Gli stati mandatarî concedono la cessazione del loro mandato A e riconoscono la piena piena indipendenza dello stato sotto mandato e la sua ammissione alla Lega delle nazioni sotto condizione sia di servitù militari (diritto di guarnigione, diritto di passaggio, obbligo di approvvigionamento delle truppe del mandatario in caso di guerra) sia di alleanza politica e militare.
Il trattato anglo-irakiano del 30 giugno 1930 stabilisce infatti l’alleanza fra i due stati, e contempla i reciproci obblighi di assistenza militare in caso di guerra, per quanto ridotti al minimo quelli dell’Irak. Il trattato anglo-egiziano rappresenta lo stesso tipo di alleanza. Così il trattato franco-siriano.
1.2 Valutazione politica fascista delle alleanze. – La concezione fascista nei riguardi delle alleanze internazionali è tipicamente realistica, come è realistico tutto il carattere della politica estera fascista. Se in un primo tempo l’Italia fascista si è rifiutata di aderire ad alleanze aventi carattere più offensivo che difensivo, in un secondo tempo, quando ha visto che l’ambiente politico internazionale era maturo per una tipica alleanza «evolutiva», tale cioè da creare un vero e proprio processo di chiarificazione e di miglioramento dell’ambiente internazionale (in quanto le potenze occidentali con il sistema delle cosiddette garanzie creavano barriere ostili e tendevano a formare una vera coalizione militare contro l’Italia e la Germania), ben volentieri ha aderito al concetto nuovo d’alleanza quale si era venuta forgiando in seguito alla collaborazione italo-tedesca. Il «patto d’acciaio» (v.), firmato a Berlino il 22 maggio 1939 tra l’Italia e la Germania, in cui i due governi dell’Asse hanno voluto fissare, anche dal punto di vista formale, i loro rapporti, presuppone questo mutato concetto di «alleanza» e realizza la costituzione di una nuova entità politica con cui l’Europa e il mondo realizzeranno il vero ordine che non può essere disgiunto dalla giustizia.
G. Amadori
1.3 L’allenza militare. – La funzione delle alleanze militari nella storia è importantissima, perché esse rendono possibili imprese collettive e perciò di vasta portata politica che altrimenti sarebbero vietate; allarga il teatro di azione dei singoli stati e ne accresce le possibilità strategiche; equilibria spesso le forze, anche in tempo di pace, in modo da rendere più difficile la sopraffazione di uno stato forte a danno di uno più debole. L’alleanza militare corrisponde perciò all’istinto di unione che è naturalmente sentito da popoli o da governi i quali abbiano, in un dato periodo storico, interessi almeno parzialmente coincidenti. In tal caso è logico che anche la loro preparazione militare sia diretta verso una meta unica e preveda una collaborazione delle rispettive forze armate in un senso determinato.
Teoricamente le alleanze militari dovrebbero essere «complementari», cioè tali da assicurare a ciascuno dei contraenti aiuti e appoggi in quel campo dove esso è meno forte; per esempio uno stato strettamente continentale dovrebbe cercare l’alleanza di uno stato potente sul mare e viceversa; un paese ricco di uomini ma povero di denari o di materie prime dovrebbe allearsi con chi possiede queste prerogative mentre è demograficamente debole; e così via. Ma nella pratica le ragioni politiche contingenti sopraffanno ogni altra considerazione; le coalizioni si formano così secondo leggi empiriche, tendendo a risolvere volta per volta i problemi più urgenti. Per questo motivo, oltre che per altri di natura più propriamente tecnica e politica, le alleanze non dànno spesso, alla prova dei fatti, quei risultati militari sicuri e rapidi che se ne potevano aspettare. Esse sono tuttavia insopprimibili nella storia dei popoli e i loro effetti si incidono profondamente nel destino degli stati.
Alleanze militari esisterono anche in tempi antichissimi; è noto che uno dei più interessanti documenti della storia egiziana elenca i nomi dei popoli mediterranei che, almeno mille anni prima dell’Era volgare, si unirono in coalizione navale e terrestre per assalire l’Egitto stesso. Le vicende delle grandi monarchie asiatiche del periodo preellenico sono caratterizzate da poderose coalizioni dirette volta per volta contro quel popolo che aveva acquistato una posizione dominante e tirannica; per esempio quella dei Medi e Persiani contro gli Assiri, che portò dopo ben note vicende all’egemonia persiana. La Grecia ebbe alleanze permanenti che univano anche con vincoli religiosi i piccoli stati ellenici a scopo di difesa contro i barbari; l’efficienza militare di tali coalizioni di tipo nazionale e religioso fu spesso grandissima e sproporzionata alla modesta consistenza demografica di quei popoli. Più netta la distinzione, fra le leghe militari che in un secondo tempo si formarono da una parte intorno ad Atene, dall’altra intorno a Sparta.
Roma fece sempre un’abile politica di alleanze; ed ebbe alleati fedelissimi attraverso i secoli anche perché applicò per la prima il principio di tener fede «sempre ed a qualunque costo» agli impegni presi con gli alleati: questa notoria lealtà fu un elemento decisivo nella storia delle guerre di espansione della repubblica. Si sa che al tempo delle guerre contro Taranto e Pirro, Roma fu alleata di Cartagine; più tardi invece contro quest’ultima ebbe alleati fedeli sia nelle popolazioni italiche sia tra le genti africane sottratte al giogo o alla minaccia punica. Non si potrebbe in alcun modo spiegare la costante fortuna militare di Roma senza tener conto di quell’abilissima politica di alleanze militari che il Senato con mirabile perspicacia seppe intessere e mantenere efficiente anche nei momenti più difficili. Queste alleanze naturalmente non erano da pari a pari; anche con gli stessi socii italici Roma affermò sempre la propria posizione di dominio morale e militare, fino a che essi non ebbero ottenuta, con la guerra sociale, pieno diritto di cittadinanza.
Il Medioevo, producendo in tutta Europa la frantumazione delle grandi unità politiche in un vero pulviscolo di stati, staterelli, signorie feudali e comuni autonomi, moltiplicò naturalmente le alleanze ma ne diminuì la portata. Celebri nella storia italiana le «leghe» di governi comunali, e fra tutte quella Lega lombarda che si rivelò più potente dell’imperatore e lo indusse a scendere a patti. Nelle lotte fra guelfi e ghibellini l’alleanza fra comuni dello stesso colore era di rigore; tali combinazioni erano però assai mutevoli e soggette all’andamento delle lotte interne comunali che portavano alla prevalenza di questa o quella fazione. Lo stesso papato come potenza politica fece un’attiva e continua politica di alleanze.
Il Rinascimento sviluppò questa tendenza alle combinazioni politiche che erano soprattutto di equilibrio; ma questo fu poi sconvolto dal comparire delle grandi monarchie, formatesi del resto anch’esse o con alleanze dinastiche o per forza di successioni e concentrazioni ereditarie.
Il genio politico degli Italiani abusò del sistema delle alleanze che si prestava a interessanti combinazioni intellettualistiche e al giuoco diplomatico, e per esse trascurò la seria preparazione militare; inoltre si commise, anche dai nostri più abili statisti, l’errore di includere nelle alleanze potentati stranieri; ne derivò notoriamente la lunga servitù italiana. Un esempio tipico di questo sistema si ebbe nella grande alleanza formatasi contro Venezia per istigazione del papa Giulio II e che prese il nome di lega di Cambrai; essa sanzionò il diritto dei Francesi d’intervenire nelle cose d’Italia e degli Spagnoli di contrastare quest’ingerenza; la penisola doveva divenire ben presto il campo di battaglia delle due grandi potenze miranti all’egemonia.
Alleanze apparentemente illogiche se si guarda agli interessi degli stati si ebbero al tempo delle guerre di religione e della guerra dei Trent’anni; il fanatismo poté per qualche tempo più della pura ragion di stato; ma questa finì tuttavia col prevalere. La crescente potenza francese che fece a lungo temere una vera egemonia provocò alleanze tendenti a ristabilire l’equilibrio europeo; così più tardi accadde, in senso inverso, col crescere della potenza austriaca. Ragioni di successione provocarono nel secolo XVIII il formarsi di grandi coalizioni tendenti a impedire un’eccessiva concentrazione di forza in mano di una sola dinastia; ecco le tre grandi guerre di successione di Spagna, di Polonia e d’Austria che furono dominate dalle vicende delle alleanze che via via si formavano. In quel groviglio d’interessi tutte le combinazioni si succedettero e si alternarono in modo sorprendente. Mentre la cosiddetta «Grande alleanza» (1701) riuniva quasi tutti gli stati europei contro la Francia, poco dopo troviamo questa ultima alleata con Inghilterra e Olanda (Triplice alleanza, 1718); mentre nel 1725, col trattato di Hannover, Inghilterra e Francia si univano alla Prussia, nella guerra dei Sette anni troviamo alleate l’Inghilterra e la Prussia contro Francia, Austria e Russia, e così via. Tipico è il caso del piccolo ducato di Savoia, poi regno di Sardegna, e del suo abile insinuarsi in tutte le contese europee passando dall’una all’altra coalizione con una spregiudicatezza che era largamente compensata dal serio contributo militare portato da quel bellicoso staterello ai suoi alleati.
Con la fine del sec. XVIII la politica delle alleanze di tipo dinastico cessa; la costituzione degli stati si fonda ormai sopra un complesso di ragioni storiche e spirituali che esorbitano dall’interesse delle monarchie; prevalgono i regimi rappresentativi, le passioni popolari e nazionali, le tendenze ai grandi raggruppamenti di razze entro complessi geografici sempre più vasti; così le guerre diventano più rare ma più ostinate e terribili; le democrazie impegnano l’intera nazione nei conflitti che per l’innanzi venivano sostenuti solo da piccoli eserciti di mestiere. Così anche il problema delle alleanze si sposta e la loro stessa natura deve armonizzarsi con la nuova realtà politica.
L’epopea rivoluzionaria francese provocò presto una coalizione di governi conservatori, che però si impegnarono solo blandamente contro la Francia ritenendo forse non inopportuno che questo paese fosse dilaniato da discordie intestine e che la dinastia capetingia sparisse travolta nel sangue. Più energico invece fu il contegno delle potenze quando l’avvento di Napoleone fece temere che l’egemonia francese, basata su elementi non più ideologici e demagogici, ma militari, si potesse di nuovo affermare. Si ebbe allora una vera alleanza universale delle vecchie monarchie, che dopo le illustri vicende del turbinoso periodo imperiale, sembra trionfare a Lipsia e a Waterloo. Non essendo qui il caso di esaminare le conseguenze di quelle lotte alla luce degli effetti sociali e politici, molti dei quali si rivelarono solo a lunga scadenza, basti dire che ancora una volta si rivelò la forza schiacciante delle alleanze militari quando esse portano all’isolamento di un avversario, anche se potente e sorretto dalle eccezionali qualità individuali di un condottiero o di un sovrano. Sei successive coalizioni, più volte vinte e abbattute dal genio del Bonaparte, finirono tuttavia col logorare talmente le energie della nazione francese, da cagionare la caduta del colosso. Errori politici e militari spiegano solo in parte il tramonto della potenza napoleonica: i suoi avversari ne commisero certo più di lui; ma la sproporzione delle forze era troppo grande. E destino del combattente isolato contro potenti coalizioni militari di «non poter» commettere errori, mentre quelle possono sempre trovare nella molteplicità delle loro risorse un compenso ai danni e alle sconfitte subite, purché le ragioni dell’alleanza siano così forti da superare contrasti di mentalità, di costumi ed anche di interessi minori esistenti fra collegati. La cosiddetta «Santa alleanza» che sorse col congresso di Vienna e venne perfezionata a Parigi e ad Aquisgrana (1818) non ebbe mai vera efficacia appunto perché stretta quando ormai i fini supremi della coalizione antifrancese erano stati raggiunti e superati.
Il secolo XIX vide parecchie alleanze militari degne di rilievo. Ricorderemo rapidamente l’alleanza franco-britannica per andare in aiuto della Turchia contro la Russia (1854) ; essa diede luogo alla guerra di Crimea, nel secondo periodo della quale anche il regno di Sardegna entrò nell’alleanza formando una caratteristica triplice, nella quale gli scopi nascosti di ciascun governo erano totalmente diversi, ma convergevano esteriormente nella necessità di un successo militare in Oriente, che infatti vi fu. Più che vera alleanza, quella del 1859 fra il Piemonte e Napoleone III fu un esempio curioso d’intervento di una grande potenza a favore di un piccolo stato contro un’altra grande potenza rivale. Vera alleanza fu quella italo-prussiana del1866 contro l’Austria; le sue conseguenze militari furono cospicue; l’esito della guerra che doveva presto portare all’egemonia militare prussiana sull’Europa, dipese in gran parte dalla diversione che l’Italia compié sul confine meridionale dell’impero asburgico, nonostante la poca saggezza e nessuna fortuna, con cui vennero da parte nostra condotte le operazioni.
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