Sinottica di «Geopolitica»
SOMMARIO: Anno 1922 di “Oriente Moderno” 1921 •→ 1. Le rivendicazioni della Delegazione araba palestinese. – 2. Le relazioni fra Arabi e Sionisti. – 3. Circolo Arabo-Ebraico a Gerusalemme. – 4. L’appello dell’Esecutivo Sionistico ai Sionisti di tutto il mondo. – 5. Stampa arabo-palestinese. – 6. Congiura contro l’Emiro Abdallah. – 7. Morte del capo dei Bahai. – 8. La questione araba e l’Emiro Abdallah in Transgiordania. – 9. Progetto di costituzione palestinese. – 10. Gli affari musulmani in Palestina. – 11. I latifondisti palestinesi e i sionisti. – 12. Associazione palestinese nel Messico. – 13. Gendarmeria britannica in Palestina. – 14. La Delegazione Palestinese e l’immigrazione ebraica. – 15. Il Comitato Palestinese in Egitto. – 16. La situazione nella Transgiordania. – 17. Rappresentante inglese in Transgiordania. – 18. L’Emiro Abdallah a Londra? – 19. Arruolamenti nella Transogiordania. – 20. Incerta situazione della Transgiordania. – 21. Consiglio supremo musulmano della Sceria in Palestina. – 22. Il programma ufficiale della Delegazione Arabo-Palestinese del novembre 1921. – 23. Secondo Congresso Siriano-Palestinese. – 24. La Delegazione Araba Palestinese e la Costituzione. – 25. Risposta di Churchill alla Delegazione Araba-Palestinese. – 26. La Palestina al Parlamento inglese. – 27. Il petrolio della Palestina alla Camera inglese. – 28. Oltre novemila immigrati in un anno. – 29. Contrabbando di armi. – 30. L’Emiro Said al-Gazairi e i Sionisti. –31. Passato e avvenire della Transgiordania. – 32. I limiti meridionali della Transgiordania. – 33. Ferrovie in Transgiordania. – 34. Licenziamento di funzionari in Palestina. – 35. Il Partito dell’Unità Siriana a Churchill per l’unità siro-palestinese. – 36. Conseguenze del contrabbando d’armi. – 37. Dissensi fra Sionisti ed Ebrei ortodossi. – 38. Le spese della colonizzazione Sionista. – 39. L’immigrazione sionista per paesi di origine. – 40. Proteste della Transgiordania contro l’unione alla Palestina. – 41. Intervista con Gen. Storrs sulla Transgiordania. – 42. Disordine nella Transgiordania settentrionale. – 43. La situazione nella Transgiordania. – 44. Il protettorato sui Cattolici in Oriente. – 45. Conferenza per la delegazione Palestinese a Londra. – 46. Accordo anglo-americano per la Palestina. – 47. Pro e contro il progetto del mandato sulla Palestina. – 48. Il progetto del mandato sulla Palestina a Ginevra. – 49. Inchiesta del “Times” in Palestina. – 50. Gli Arabi, gli Ebrei e la guerra del 1918 in Palestina. – 51. Lord Milner e la Palestina. – 52. Banca sionista a Vienna. – 53. Ebrei ortodossi contro i sionisti. – 54. Ebrei americani contro l’«Organizzazione Sionista». – 55. Conferenza sul Sionismo. – 56. Sir H. Samuel a Londra. – 57. Nella gendarmeria palestinese. – 58. Transgiordania e Siria. – 59. Attività amministrativa e culturale nella Transgiordania. – 60. Apologia dell’Emiro Abdallah della Transgiordania. – 61. Intervista con Mr. Crane. – 62. Conferenza anti-sionista di Monsignor Barlassina. – 63. Discorso di Lord Balfour a Ginevra circa il mandato. – 64. Accordo anglo-americano per la Palestina. – 65. Il Pro-Memoria della Santa Sede per la questione del mandato in Palestina. – 66. La Camera dei Lords contro il mandato per la Palestina. – 67. Riorganizzazione amministrativa in Palestina. – 68. Sulla situazione in Transgiordania. – 69. Una Società per la Giurisprudenza ebraica. – 70. Società ebraica per l’esplorazione della Palestina. – 71. Scuola superiore musulmana a Gerusalemme. – 72. Riassunto della situazione in Palestina al 1° luglio 1922. – 73. Il voto della Camera dei Lordi contro il mandato inglese in Palestina. – 74. L'Organizzazione sionista e il voto dei Lordi. – 75. Commenti al discorso Balfour sul mandato. – 76. Il voto della Camera dei Comuni per il mandato in Palestina. – 77. La concessione Rutenberg. – 78. La concessione Rutenberg ai Comuni. – 79. Richieste di concessioni prima di Rutenberg. – 80. Rutenberg raccoglie fondi. – 81. Altri commenti alla concessione Rutenberg. – 82. Le linee della politica inglese in Palestina esposte in un libro bianco. – 83. Sir Herbert Samuel ricevuto dal Papa. – 84. La questione dei Luoghi Santi in Palestina. – 85. Gli Arabi della Palestina e il mandato. – 86. Propaganda alla Mecca. – 87. L’Organizzazione sionista e l’Agudath Israel. – 88. Sottoscrizione fra i Sionisti americani. – 89. Harding e i Sionisti. – 90. Riassunto della situazione in Palestina al 1° agosto 1922. – 91. Proteste siriane contro il mandato. – 92. Discussione sui mandati in Siria e sulla Palestina innanzi alla Lega delle Nazioni, e loro ratifica. – 93. Le riserve italiane e l’opinione francese. – 94. Dopo l’approvazione del mandato. – 95. Il mandato palestinese e le due Camere inglesi. – 96. Prima dell’approvazione del mandato. – 97. Richiamo della Delegazione araba. – 98. La protesta per il mandato in Palestina. – 99. Appoggio arabo ai Sionisti. – 100. L’«Agudas [Agudath] Israel» e il mandato. – 101. L’approvazione del mandato. – 102. Il messaggio di Balfour al popolo Palestinese. – 103. Dopo l’approvazione del mandato. – 104. Gli Arabi di Palestina e la Lega delle Nazioni. – 105. Il Libro Bianco sulla Palestina e Samuel. – 106. Intervista con Rutenberg. – 107. Censimento della Palestina. – 108. Riassunto della situazione in Palestina al 1° settembre 1922. – 109. Dimissioni del colonnello Lawrence. – 110. La futura costituzione della Palestina. – 111. La costituzione palestinese e il Consiglio legislativo. – 112. Il Congresso arabo-palestinese contro il mandato. – 113. Rimpatrio della Delegazione Araba Palestinese da Londra. – 114. Intervista col Presidente della Delegazione Araba Palestinese. – 115. Proteste della Palestina contro il mandato. – 116. La proclamazione del mandato sulla Palestina. – 117. Contro la proposta Balfour circa la Commissione per i Santuari della Terra Santa. – 118. L’Inghilterra, Faisal e la Palestina. – 119. Conferenza sionista a Carlsbad. – 120. Riassunto della situazione in Palestina al 1° ottobre 1922. – 121. Memoriale presentato dalla Delegazione Siriana alla III Assemblea generale della Società delle Nazioni. – 122. Rinvio della questione della sorveglianza e custodia dei Luoghi Santi. – 123. Polemica Churchill-Sydenham sulla Palestina. – 124. Le deliberazioni del V Congresso arabo-palestinese. – 125. Giro di propaganda delle due Delegazioni in Palestina. – 126. Provvedimenti governativi contro il minacciato boicottaggio delle elezioni per l’Assemblea legislativa. – 127. Il V Congresso arabo-palestinese e gli accordi con gli altri Arabi e con tutto l’Oriente. – 128. Il nuovo Comitato esecutivo del Congresso arabo-palestinese. – 129. Contro la nuova costituzione per la Palestina. – 130. Sulla presenza dell’Emiro Abdallah alla proclamazione del Mandato palestinese a Gerusalemme. – 131. Progetti ferroviari fra la Palestina, la Transgiordania e la Mesopotamia. – 132. La posizione giuridica internazionale della Transgiordania. – 133. Riassunto della situazione in Palestina al 1° novembre 1922. – 134. Nuovo Primo Segretario per la Palestina. – 135. I Palestinesi ed il prossimo convegno per la pace con la Turchia. – 136. L’agitazione contro il mandato. – 137. La situazione in Palestina. – 138. La Lega Nazionale Musulmana. – 139. Glia Arabi, le elezioni e il censimento. – 140. Censimento in Palestina. – 141. Gli Ebrei e le statistiche di popolazione. – 142. Scarso numero di naturalizzazioni. - 143. La fine dell’organo dell’Associazione musulmano-cristiana palestinese. – 144. Unione delle due delegazioni siriana e palestinese per la Conferenza di Losanna. – 145. Il mandato palestinese alla Camera dei Lordi. – 146. Per il mandato palestinese alla Turchia. – 147. La Delegazione Palestinese alla Conferenza di Losanna. – 148. Il prestito del villaggio sionista di Tel Aviv. – 149. L’Emiro ‘Abdallah a Londra. – 150. Dichiarazioni dell’Emiro ‘Abdallah alla Reuter. – 151. La Transgiordania indipendente. – 152. Comunicato del Governo della Mecca sul viaggio dell’Emiro ‘Abdallah a Londra. – 153. L’Emiro ‘Abdallah reduce da Londra e diretto al Higiaz. – 154. L’Emiro ‘Abdallah condannato a morte dall’Assemblea di Angora? – 155. Fuga di ‘Awdah Bu Tayid dal carcere. – 156. Rinvii. – 157. Fonti citate. – APPENDICE I: Le fasi del pensiero sionistico esposte da un sionista (Mosé Beilinson). || → 1923. –
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Mentre valgono le considerazioni generali già fatte per le precedenti fonti documentarie, di cui all’elenco, pare qui opportuno rilevare ogni volta la casualità e imparzialità con la quale le diverse fonti si aggiungono le une alle altre, animati da una pretesa di completezza, che sappiamo difficile da raggiungere. È questa la seconda annata della rivista mensile “Oriente Moderno”, che reca come suo sottotitolo «rivista mensile d’informazione e di studi per la diffusione della conoscenza dell’Oriente, sopra tutto musulmano, pubblicata a cura dell’Istituto per l’Oriente». Da essa abbiamo preso avvio e ne seguiremo la traccia fino alle annate disponibili. Ai sensi della legge italiana sul diritto di autore, i testi qui digitalizzati sono riprodotti decorsi 70 anni dalla loro prima pubblicazione come “opera collettiva”. In caso di fondata contestazione verranno senz'altro rimossi a richiesta degli aventi diritto.
Mentre valgono le considerazioni generali già fatte per le precedenti fonti documentarie, di cui all’elenco, pare qui opportuno rilevare ogni volta la casualità e imparzialità con la quale le diverse fonti si aggiungono le une alle altre, animati da una pretesa di completezza, che sappiamo difficile da raggiungere. È questa la seconda annata della rivista mensile “Oriente Moderno”, che reca come suo sottotitolo «rivista mensile d’informazione e di studi per la diffusione della conoscenza dell’Oriente, sopra tutto musulmano, pubblicata a cura dell’Istituto per l’Oriente». Da essa abbiamo preso avvio e ne seguiremo la traccia fino alle annate disponibili. Ai sensi della legge italiana sul diritto di autore, i testi qui digitalizzati sono riprodotti decorsi 70 anni dalla loro prima pubblicazione come “opera collettiva”. In caso di fondata contestazione verranno senz'altro rimossi a richiesta degli aventi diritto.
Anno inizio spoglio: 1921 |
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 8, p. 476-77
15 gennaio 1922
(3) Manca la data nella nostra fonte, nè noi possediamo l’originale. Cfr. pp. 480-481.
(4) Non ne abbiamo l’originale.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 8, p. 478
15 gennaio 1922, p. 478
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 8, p. 478-80
15 gennaio 1922
L’appello dell’Esecutivo Sionistico ai Sionisti di tutto il mondo.- Riportiamo, e in parte riassumiamo, dal settimanale Israel l’appello, che, dopo il Congresso sionistico di Carlsbad (1), il nuovo Esecutivo eletto dal Congresso ha rivolto a tutti i Sionisti del mondo, in occasione della Chanukkah (2) del 5682 [1921):
«Il Sionismo è entrato in una fase nuova. Dopo otto anni di lotta, la volontà sionista del popolo ebraico ha ritrovato la sua espressione storica a Carlsbad nel settembre del 1921. Sotto l'impressione di una catastrofe tale che il popolo ebraico non ne aveva viste di simili da secoli, il XII Congresso sionistico ha fatto il bilancio di tutto il recente passato ebraico. Ha espresso da una parte il suo dolore e la sua indignazione contro gli orribili atti di violenza antiebraica e ha riconosciuto, dall’altra parte, l'importanza dei grandi successi politici del Sionismo e sanzionato i prossimi lavori di ricostruzione della Palestina.
«Il Congresso sionistico ha legalizzato i fatti decisivi sopravvenuti dopo l’XI Congresso nel movimento sionistico e nella vita dell'Organizzazione sionistica. A mezzo del Congresso, il popolo ebraico ha preso atto della Dichiarazione Balfour, ha formulato le rivendicazioni ebraiche sulla Palestina e ha proclamato ancora una volta davanti al mondo intero le aspirazioni dell’ebraismo per l'avvenire. Dopo il Congresso di Carlsbad l’Organizzazione sionistica è ricostituita nella sua forma disciplinata. Tutti gli organi dell’O.S., l’Esecutivo, il Comitato di azione, il Consiglio economico, le Amministrazioni degli Istituti finanziari ecc. sono stati confermati od eletti costituzionalmente e conformemente alla volontà del Congresso.
«Il Congresso non aveva potuto riunirsi nè subito dopo il memorando giorno del 1917 (1). nè dopo la decisione di S. Remo. Numerosi fratelli e compagni d’idea erano rimasti separati gli uni dagli altri, fino al momento in cui, rimossi i gravi ostacoli di natura tecnica, la riunione degli eletti dalle masse sionistiche poté aver luogo. Fra gli storici avvenimenti destinati a lasciare la loro traccia nella storia ebraica dei tempi moderni e il Congresso di Carlsbad, sono passati mesi, anni, durante i quali l’entusiasmo agitò tutto il mondo ebraico e si espresse in innumerevoli, indimenticabili manifestazioni. Quando finalmente la rappresentanza di un milione di Ebrei sionisti si riunì a Carlsbad, il popolo ebraico voleva vedere trasformate in fatti concreti le possibilità scaturite dai grandi successi politici. Il problema dominante che riempì di sè tutti gli spiriti e pesò su tutte le deliberazioni del Congresso di Carlsbad, era quello della colonizzazione della Palestina a mezzo di grandi masse ebraiche”.
L’appello riassume quindi i risultati del Congresso di Carlsbad e considera poi le relazioni con gli Arabi:
Noi non misconosciamo affatto le difficoltà che proprio in questi due ultimi anni sono sorte per il nostro lavoro in Palestina. I nostri nemici sono, purtroppo, riusciti a eccitare una parte della popolazione araba contro i Sionisti, vale a dire contro le rivendicazioni del popolo ebraico sulla Palestina, e queste sobillazioni hanno provocato attacchi violenti contro l’inoffensiva popolazione ebraica. Per quanto noi abbiamo avuto modo di constatare che queste esplosioni sono state provocate artificialmente, tuttavia non ci siamo creati illusioni; abbiamo compreso tutta la difficoltà del problema e la responsabilità morale che noi assumiamo di fronte al mondo, come Ebrei e come Sionisti. Appunto perciò, al Congresso, noi abbiamo di nuovo precisato la nostra posizione nei confronti del popolo arabo. Noi abbiamo dimostrato al mondo e al nostro popolo che il nostro insediamento nel nostro paese non significa in nessun modo un’offensiva contro la popolazione araba, ma semplicemente la conservazione del popolo ebraico, nel più nobile senso della parola, e che anche gl’inizi della colonizzazione ebraica in Palestina, sono stati un inestimabile beneficio per la popolazione araba. Nonostante il sangue versato di fresco, nonostante gli atti di violenza commessi contro di noi dalla popolazione araba di Palestina, noi abbiamo nettamente dichiarato che non vogliamo nè abusare degli Arabi né menomare i loro diritti e che ci sforziamo sinceramente di arrivare ad un’intesa con loro. Ma quest’intesa deve avere come base il riconoscimento del diritto storico degli Ebrei alla Palestina e la loro aspirazione che ne deriva di crearvisi una sede nazionale. Quando le influenze che cercano oggi di creare il dissenso fra noi e gli Arabi non si faranno più sentire, quando la calma tornerà nelle file dei nostri vicini di Palestina, tutti vedranno che il progresso della sua popolazione araba è legato allo sviluppo economico e culturale del paese ad opera degli Ebrei, non solo perchè noi desideriamo questo progresso dal punto di vista morale, ma sopra tutto perchè sarà una conseguenza diretta dello sviluppo economico. Noi ben sappiamo che solo lentamente potremo giungere a convincere gli Arabi che la loro attuale politica, diretta contro di noi, è contraria ai loro interessi. Consideriamo perciò come un nostro dovere di proclamare che niente potrà distoglierci dal perseguire il nostro intento, che noi non potremo fermare neppur per un istante il nostro lavoro palestinese, ma che anzi tutte le energie ebraiche saranno messe in moto per raggiungere la mèta del Sionismo. Agli attacchi ingiusti risponderemo col nostro lavoro e con una nobile difesa. L’avvenire dimostrerà che la ricostruzione della Palestina, per la quale noi lavoriamo, assicurerà il benessere non solo del popolo ebraico, ma anche, alla fine, della popolazione araba».
Dopo alcune parole circa il Keren hajesod (6) e alcune considerazioni retrospettive, il documento passa a specificare i punti del programma che si propone di porre in atto:
«a) Prosecuzione dell’attività politica diretta a raggiungere la fissazione definitiva dei nostri diritti sulla Palestina. Consolidamento, nel senso più ampio, delle posizioni già esistenti in Palestina e specialmente protezione dell’Yischubh, secondo le decisioni già prese. Acquisto di diritti senza restrizioni per una immigrazione e colonizzazione in grande stile.
«b) Riorganizzazione della Organizzazione Sionistica. Risveglio del movimento dove è attualmente assopito. Influire su tutto il popolo ebraico perché aderisca all’Organizzazione Sionistica.
«c) Regolamento della Ricostruzione della Palestina, tanto delle imprese, che dipendono dall’Organizzazione Sionistica, quanto di quelle condotte in collaborazione con altre cerchie ebraiche. Con un lavoro di ricostruzione sistematico e metodico si deve arrivare ad ottenere che tutte le frazioni dell’ebraismo partecipino alla ricostruzione della Palestina e che abbiano piena fiducia nell’Organizzazione Sionistica. Si deve ottenere che il lavoro in Palestina diventi da se stesso un mezzo di propaganda e che i lavori economici compiuti attirino sempre alla creazione di nuove imprese.
«d) Si deve arrivare ad ottenere che ogni azione nella vita ebraica sia influita dallo spirito della concezione generale sionistica. Cosciente che la vita ebraica è una unità organica nella quale le diverse membra si completano e s’influiscono reciprocamente, il Sionismo deve sforzarsi di penetrare lo spirito di tutte le attività nelle quali si estrinseca la vita ebraica. Perchè della grande diversità delle attività che servono alla conservazione dell’ebraismo nel mondo intero, noi vogliamo creare un unico insieme che sia utile così al Popolo come alla Terra d’Israele.
A voi perciò, o Sionisti, compagni d’idea, si rivolge il nostro appello: Organizzate di nuovo tutti i vostri gruppi, fate che tutti i rami del lavoro siano capaci dell’azione più intensa, perché il programma del Sionismo è ampio, esso che al tempo stesso lavora per la conservazione del presente ebraico e prepara l’avvenire del popolo ebraico. Rinnovate il contenuto ideale della vostra organizzazione. Venite in stretti rapporti con la vita ebraica nelle sue diverse manifestazioni e influite su di essa con la vostra idea. Tenetevi in contatto continuo con l’Esecutivo dell’Organizzazione Sionistica da voi stessi eletto a Carlsbad. Di qui come di là deve in egual maniera sorgere la volontà di preparare una collaborazione regolare fra tutti gli Organi del Sionismo, di informare, illuminare e stimolare tutte le parti del nostro movimento, di mobilitare tutte le forze vive del Sionismo al servizio del movimento, affinchè la Palestina sia ricostruita e il movimento sionistico sia riconosciuto da per tutto come un fattore decisivo dalle masse ebraiche e dai dirigenti ebrei.
«Continuate con la stessa, anzi con maggiore energia che fin qui, il vostro lavoro per procurare le risorse finanziarie. Pagate la vostra decima e propagate il sistema della decima. Portate nelle cerchie ricche ed influenti, a qualunque campo esse appartengano, il convincimento che non possono sottrarsi, per nessun pretesto, al grande lavoro per la Palestina e alla responsabilità storica del loro popolo.
«Trovate tutti i fondi che possono servire al nostro scopo, riunite tutte le forze, quelle attive e quelle latenti, riaccendete lo zelo in tutti i cuori ebrei, e mettetevi voi stessi al lavoro, con tutte le vostre forze, per creare la Palestina ebraica.
«Possano tutti gli Ebrei riconoscere che la sorte del popolo ebraico dipende oggi da loro stessi!»
Seguono le firme dei membri dell'Esecutivo con a capo quelle di Weizmann e di Sokolow. (Israel di Firenze, 22-12-1921).
(nt) Sul Qeren Hayyesod, che è tradotto di solito don «Fondo di ricostruzione». cfr. Oriente Moderno, fasc. 6°, p. 531.
(3) Se ne veda il resoconto in Oriente Moderno, fasc. 5°, pp. 292-293, e specialmente fasc. 6°, pagine 350-356.
(4) Cioè: “dedicazione" od “encenia"; è la festa annuale, istituita da Giuda Maccabeo, per ricordare la purificazione del Tempio (164 av, Cr.), dopo la profanazione di Antioco Epifane. Essa cade il 25 del nono mese ebraico e dura otto giorni.
(5) Allude al 2 novembre 1917, quando il ministro inglese Balfour fece la famosa dichiarazione della costituzione di una «sede nazionale» in Palestina per il popolo ebraico.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 8, p. 480-81
15 gennaio 1922
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 8, p. 481
15 gennaio 1922
Congiura contro l’Emiro Abdallah. - Le autorità della Transgiordania hanno arrestato tre individui, che avrebbero confessato di aver ricevuto l’incarico di uccidere l’Emiro ’Abdallah da alcuni capi di Damasco. Sono stati condannati a sette anni di carcere. (Daily Herald, 17-12-1921). V. V.
I giornali di Damasco pubblicano un comunicato ufficiale per smentire la voce, diffusa da alcuni giornalisti, che il Governo di Damasco avrebbe incaricato alcune persone di uccidere l’Emiro Abdallah.
Questa notizia può aver avuto origine da una sentenza del Tribunale militare di guerra (ad-diwan al-barbi al-askari) di Amman. (al-Haqiqah, arabo di Beirut, 31-12-192 1). V. V.
Amman, ad est del Mar Morto, è ora la capitale della Transgiordania; Rabbath Bene ’Ammon della Bibbia, Philadelphia dell'età tolemaica. - È da notare che viceversa i malevoli attribuivano ad emissari di Abdallah l’attentato del 23 giugno 1921 al generale Gouraud (Oriente Moderno, fasc. 2°, p. 77).
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 8, p. 511-12
15 gennaio 1922
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 9, p. 537-38
15 febbraio 1922
Risulta che il Ministero delle Colonie intende costituire in Palestina un’amministrazione analoga a quelle delle cosidette Colonie della Corona (Crown Colonies) che godono di un primo stadio di Governo rappresentativo; l’Alto Commissario o Governatore vi esercita un potere assoluto, ma ha accanto un Consiglio Legislativo, di carattere consultivo, composto in maggiorànza di membri riominati dal Governatore stesso. Tale sistema ha guidato i primi passi di quasi tutti gli attuali Dominions autonomi, ed esiste ancora in alcune colonie inglesi.
Date le speciali condizioni della Palestina, vi saranno speciali salvaguardie per la libertà e l’eguaglianza religiosa e per la conservazione dei tribunali religiosi Musulmani, Cristiani ed Ebraici.
Tale costituzione potrebbe riuscire gradita ai Musulmani ed ai Cristiani, purché accompagnata da un Governo giusto e veramente inglese. Ma - nota il Morning Post [giomale simpatizzante con la Delegazione Palestinese] - l’Immigrazione ebraica, regolata da un’Associazione ebraica internazionale e sospetta di simpatie bolsceviche, e sostenuta dal Governo Britannico, rappresenta un formidabile ostacolo. Se la nuova costituzione non farà che legalizzare la situazione attuale senza rimediarvi, i Palestinesi si troveranno assai peggio di prima. (Morning Post, 6-2-1922). -V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 9, p. 538
15 febbraio 1922
Dal giornale al-Karmel del 14 gennaio risulta che le elezioni ebbero luogo [il 9 gennaio] sotto la direzione del funzionario inglese preposto al Segretariato civile dell’amministrazione palestinese, e che con esse si è esaudito il desiderio dci Musulmani di saper affidati a loro correligionari gli affari prettamente islamici (1). I quattro membri sono: al-hagg Sa'id ash-Shawwa', 'Abdullah ad-Duganì, 'Abd al-Latif Salah ed il mufti (anonimo) di Caiffa.
Elettori furono i membri dell’Assemblea generale. - N.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 9, p. 538-39
15 febbraio 1922
In altro articolo il Karmel protesta contro tale mancanza di sentimento nazionale. Occorre rebbe una legge contro i latifondisti, che possiedono enormi estensioni di terreno e sono incapaci di farli fruttare; giustizia vorrebbe che il Governo li privasse delle terre eccedenti un limite equo, e che impedisse loro di concludere vendite dannose all’interesse nazionale.
Ora si dice che i Beduini al-'Ayyatyn, ad-Damairah, ed altri, hanno incaricato il sayyid Wadi al-Bustani di difendere i loro diritti. Il Karmel si augura che il loro esempio trovi imitatori, e intanto domanda al Governo di render note alla stampa le disposizioni che hanno permesso all’JCA di impadronirsi di quei terreni; intanto la Società Cristiano-Musulmana di Caiffa dovrebbe occuparsi della questione, poichè i terreni predetti si trovano nella zona della Fenicia. (al-Karmel, 14-1-1922).
A. I, Nr. 9, p. 539
15 febbraio 1922
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 9, p. 539
15 febbraio 1922
Gendarmeria britannica in Palestina. – Il Ministero inglese delle Colonie pubblica il seguente comunicato: In applicazione del programma generale di riduzione delle spese imperiali nel Medio Oriente, il Ministro delle Colonie [Churchill] d’accordo col Governo della Palestina, ha deciso di arruolare un piccolo corpo di gendarmeria britannico per la Palestina. Esso consisterà di circa 700 uomini, ufficiali compresi, sarà aggiunto alle attuali forze di polizia e gendarmeria della Palestina, ma verrà reclutato e amministrato separatamente. Sarà istruito e armato come polizia militare, e normalmente impiegato in servizio di polizia; si potrà adoperare, in caso di necessità, come corpo militare.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 9, p. 539-540
15 febbraio 1922
«Considerando che alcuni giornali della Siria hanno biasimato il Comitato per aver inviato la circolare del 2 novembre alla Palestina e non alla Siria, quasi avesse fatto supporre ch’esso consideri la Palestina separata dalla Siria, il Comitato, a chiarimento dell’accaduto, stima opportuno proclamare per la seconda volta lo scopo per il quale esso si è costituito e per il quale lavora, pubblicando il seguente suo Statuto:
«Il nome. - l° Questo comitato si chiama “Comitato Palestinese in Egitto”, ed ha per centro il Cairo.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 9, p. 540
15 febbraio 1922
La situazione nella Transgiordania. – II corrispondente palestinese dell’al-Bashir di Beirut dipinge l’anarchia che continua a regnare nel paese malgrado gli sforzi dell’Emiro ’Abdallah per far cessare i continui conflitti fra le tribù. Ultimamente i vari delegati britannici, sparsi nelle varie località, avevano come loro capo il maggiore Abramson residente ad Amman; essi tutti invocavano l’intervento temporaneo di truppé inglesi per rimetter l’ordine. Stavano per ottenerlo, quando il Ministero inglese delle colonie mandò il colonnello Lawrence (1), grande fautore del “regno arabo ”, con un’apposita commissione incaricata di studiare i problemi locali. La commissione disapprovò la condotta dell’Abramson e dei suoi collaboratori, volle la separazione della Transgiordania dalla Palestina (2), stabilì che fossero richiamati Abramson e gli altri delegati britannici e che la rappresentanza inglese fosse affidata ad una sola persona (il Lawrence), residente con l’Emiro ’Abdallah ad ‘Amman. Il colonnello Lawrence si diede molto da fare; per intimorire il paese lo fece percorrere da tanks; ma dopo due mesi, non vedendo alcun frutto dalle sue fatiche, decise di lasciare la Transgiordania.
Allora il suo posto fu preso dal maggiore Philby. Ma le cose rimangono come prima. Oggi nella zona di el-Kerak gli abitanti si ammazzano fra di loro; le ultime notizie ufficiali davano 9 uccisi ed alcune decine di feriti, di cui alcuni gravemente. Nella zona di ‘Aglun non si riconosce capo nè Governo. Meno peggio è la situazione della el-Belqa'. (alBasbir,
arabo cattolico di Beirut, 26-1-1922). N.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 9, p. 540
15 febbraio 1922
Uno dei molivi della sostituzione è stato il desiderio degli abitanti di non avere fra loro un rappresentante ebreo. Cfr. inoltre qui sopra la notizia sulla «Situazione in Transgiordania».
È da notare che qui, e nei numeri seguenti, il giornale designa la Transgiordania col tilolo di Hukumat ash-sharq al-arabiyyah «Governo arabo dell’Oriente», anziché col nome, fino allora sempre usato da tutti, di Sharqui al-Urdunn «Territorio ad del Giordano». Ciò sembra molto sintomatico per le aspirazioni dell’Emiro Abdallah.
In altro numero il Karmel pubblica alcuni cenni molto laudativi di Mr. Philby. Egli ha attraversato tutta intera l’Arabia insieme a due compagni, e non è inferiore ad alcuno per la conoscenza generale di quei paesi, su cui ha scritto tre volumi.
Ha visitato i due Imam dello Yemen, al-Idris e Yahya, con cui mantiene rapporti cordiali, e ha, dimorato a lungo presso Ibn Saud, che gli è molto affezionato, e con cui spera di concludere un accordo ove se ne presenti l’occasione favorevole. Egli è tenuto in gran conto negli ambienti governativi, e si nutrono le migliori speranze sulla sua attività di vero amico degli Arabi in Transgiordania. (al-Karmel, 7-1-1922). V.V.
Sugl’importanti risultati geografici dei viaggi di H. St. B. Philby in Arabia si veda il suo articolo Southern Najd nel Geographical Journal di Londra vol. LV, n. 3, March 1920, pp. 161-191 (con carta 1:1.250.000). N.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 9, p. 540-41
15 febbraio 1922
A. I, Nr. 9, p. 541
15 febbraio 1922
A. I, Nr. 10, p. 593
15 marzo 1922
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 10, p. 594-96
15 marzo 1922
Art. 2. Il Consiglio sarà composto di un Presidente, che avrà il titolo di Rais el Ulema, e di quattro membri, due dei quali rappresenteranno il liwa (2) di Gerusalemme, e gli altri due rispettivamente i liwa di Nablus e di S. Giovanni d’Acri.
Il Rais al-Ulama sarà il Presidente permanente del Consiglio. I membri saranno eletti per un periodo di quattro anni.
Art. 3. Nessuna persona che percepisca uno stipendio potrà far parte del Consiglio (eccetto un mudarris od un muallim d’una scuola superiore).
Art. 4. Il Rais al-Ulama sarà eletto per mezzo di elezione generale, secondo norme che il Consiglio stabilirà con un regolamento (law) speciale, che determinerà anche le sue funzioui, la sua posizione (status) ed il suo diritto di precedenza (precedence).
Art. 5. Ogni membro del Consiglio sarà eletto dagli elettori di secondo grado (secondary election) eletti dagli abitanti del liwa che egli dovrà rappresentare, secondo la Legge Ottomana sulle elezioni per la Camera dei Deputati (3), sostituendo nel testo di detta legge, « Consiglio municipale» a «Consiglio amministrativo».
Art. 6. Il Rais al-Ulama, nelle attuali circostanze, sarà eletto dalla Commissione generale (general Committe) eletta dagli elettori di secondo grado che furono invitati da S. E. l’Alto Commissario alla riunioue tenuta nella Sede del governo il 24 agosto 1921.
Per questa volta ogni membro del Consiglio sarà eletto da quei membri della Commissione di cui sopra, invitati alla riunione del 24 agosto 1921, che rappresentano il liwa per il quale deve eleggersi un membro. I membri così eletti presenteranno le loro mazbata di elezione al Presidente del Consiglio.
Art. 7. Il Rais al-Ulama ed i membri del Consiglio riceveranno stipendii (4) dal Governo quale compenso dell’opera loro riguardante gli affari dei Tribunali della Sceria (Sharia Courts); ed altri assegni (5), presi dai fondi degli awqaf, per l’opera loro riguardaute altri affari Musulmani.
Art. 8:
1°: Il Consiglio avrà i seguenti incarichi:
a) Amministrare e sorvegliare gli awqaf musulmani, e prendere in esame e approvare il bilancio annuo degli awqaf, trasmettendolo a titolo di informazione (for vision) al Governo dopo averlo approvato;
b) Indicare al Governo per l’approvazione, e dopo approvati, nominare i Qadi dei Tribunali della Sceria, il Presidente e i membri della Corte d’Appello della Sceria e gli Ispettori dei Tribunali della Sceria. Il Governo, qualora rifiuti la propria approvazione, dovrà entro 15 giorni manifestare al Consiglio le ragioni del rifiuto;
c) Nominare i Mufti su tre candidati da eleggersi per mezzo dello Speciale Collegio Elettorale (Special Electoral College) secondo un apposito regolamento che sarà approvato dal Consiglio; con la riserva che le elezioni dei Mufti nel distretto di Beersheba (6). saranno fatte dagli sceicchi delle tribù;
d) Nominare il Direttore ed i Mamour degli awqaf e tutti i funzionari della Sceria;
e) Sorvegliare la Commissione (Committee) Generale degli awqaf e tutte le altre Commissioni, e l’Amministrazione degli awqaf;
f) Licenziare tutti i funzionari degli awqaf e della Sceria e tutti gli impiegati di qualsivoglia istituzione islamica mantenuta sui fondi degli awqaf. Quando qualsiasi funzionario sia licenziato, deve esserne dato avviso motivato al Governo;
g) Compiere un’inchiesta su tutti gli awqaf musulmani e produrre prove e testimonianze per stabilire i diritti a detti awqaf, allo scopo di restituirli a chi di diritto. Il Consiglio dovrà far eseguire le condizioni stabilite dal fondatore riguardo all’impiego delle rendite di tali awqaf.
2°: I Tribunali della Sceria non dovranno prendere alcun provvedimento verso gli awqaf dei generi hikr, igiaratain e istibdal, senza l’approvazione unanime del Consiglio.
3°: Il Consiglio pubblicherà ogni anno una relazione sulle proprie attività insieme al proprio bilancio, in una pubblicazione speciale.
4°: Il Consiglio, se lo crede opportuno, potrà modificare, emendare o completare qualsiasi norma (instruction) relativa all’amministrazione degli awqaf, o pubblicare nuove norme riguardo ad essa. Queste norme saranno comunicate al Governo a titolo d’informazione.
Tuttavia se una legge od un regolamento (regulation) deve essere emendato od ampliato, il Consiglio dovrà sottoporlo al Collegio elettorale, ed occorrerà una maggioranza assoluta affinchè la proposta sia accolta, purché nessun emendamento alle norme qui sopra sia fatto senza che sia stato accolto da una maggioranza di due terzi del Collegio elettorale ed approvato dal Governo.
Art. 9. – La Comunità musulmana (the Moslem Community) ha il diritto di sorvegliare l’attività del Consiglio mediante il Collegio elettorale (Electoral College). Nel caso che qualche atto del Consiglio richiedesse un’inchiesta, un terzo del Collegio elettorale potrà, di propria iniziativa o in seguito a lagnanze, convocare una assemblea dell’intero Collegio, per mezzo del Presidente del Consiglio. Se i due terzi dei membri del Collegio presenti ritengono necessario il licenziamento (dismissal) di uno dei membri del Consiglio, sarà eletto un successore secondo le norme date qui sopra e il suo nome sarà sottoposto al Consiglio, in modo che egli possa entrare in carica. I membri cosi eletti resteranno in ufficio per tutto il tempo che doveva ancora rimanervi il loro predecessore.
Art. 10. - Sarà istituita una Commissione Generale degli awqaf (General Wakf Committee), composta dei seguenti membri: il Mufti di Gerusalemme, che fungerà da presidente (Chairman); il Direttore Generale degli awqaf; tutti i Mamour degli awqaf. Comprenderà anche un membro di ciascuna Commissione locale degli awqaf.
Art. 11. - Questa Commissione preparerà il bilancio annuo degli awqaf e lo sottoporrà al Consiglio.
Art. 12. - La Commissione Generale degli awqaf si riunirà quando ciò sia richiesto dal Consiglio, oltre alle riunioni dedicate alla preparazione del bilancio.
Art. 13. - In quei kaza (qaqa.') (2) e in quelle nahie che possiedono aqaf, saranno costituite, su deliberazione del Consiglio, Commissioni Locali degli awqaf. Esse saranno composte del Mufti dove esista tale carica, o, dove tale carica manchi, dell’Anziano degli Ulama; del Mamur degli awqaf e di due notabili musulmani i quali non percepiscano uno stipendio sui fondi degli awqaf, e che saranno eletti per due anni nel modo seguente: ossia dal Mufti e dai membri musulmani del Consiglio – o Consigli – Municipale, nei markhaz e nelle nahie dipendenti dal distretto (district) o dai sottodistretti ove sia un Governatore od un Vice- Governatore (sub-Governor), e dai membri musulmani del Collegio Elettorale della zona (area) in questione, salvo che nel Distretto di Beersheba, ove i due notabili saranno eletti dagli sceicchi delle Tribù di Beersheba (8).
Art. 14. – Le funzioni delle Commissioni locali saranno quelle specificate dalla Legge speciale Ottomana dell’11 giugno 1320 (9), N. 53973 Generale, N. 32 Speciale.
Le Commissioni sostituiranno anche il Consiglio Amministrativo previsto da quella legge.
Le Commissioni locali avranno inoltre autorità di nominare, licenziare e punire gl’impiegati, i
Mamur esattori e i contabili addetti agli awqaf, salvo l’approvazione del Consiglio.
Art. 15. - I Mutawalli amministreranno gli awqaf Mulhaka secondo le leggi attuali, saranno agli ordini dell’Amministrazione degli awqaf, e presenteranno ogni anno i loro conti alle Commissioni Locali per esame.
Art. 16. - 1° Poiché il Governo ha assunto l’incarico di aiutare la Comunità Musulmana nelle sue materie finanziarie, la percezione delle decime (tithes) degli awqaf sarà lasciata al Governo, che tratterrà le spese di percezione, come per il passato.
2° I mudarrisin della religione musulmana sono di due categorie; a) quelli nominati dall'Amministrazione degli Awqaf, pagati sui fondi degli awqaf, b) mudarrisin pagati dal Governo.
Il Governo della Palestina, seguendo luso de1 Governo Ottomano, seguiterà a pagare ai mudarrisin della seconda categoria, attualmente in ufficio, gli stipendii che ricevevano prima dell’occupazione inglese. Quando gli attuali mudarrisin saranno andati a riposo, il Governo non nominerà loro successori: ogni nuovo mudarris nominato dall’Amministrazione degli awqaf sarà considerato come uno dei funzionari di questa e verrà pagato sui fondi degli awqaf.
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Note:
A. I, Nr. 10, p. 596-603
15 marzo 1922
GARANZIE DATE AGLI ARABI.
In una lettera del 14 luglio 1915 rivolta a Sir Henry Mac Mahon, il Re Husein, che aveva deciso di prendere le armi schierandosi dalla parte degli Alleati, chiedeva, anzitutto, «che l’Inghilterra riconoscesse l’indipendenza dei paesi arabi limitati a nord da Mersina e Adana sino al 37° grado di latitudine, a oriente dalle frontiere della Persia sino al Golfo Persico, a sud dall’Oceano Indiano, escluso Aden, e ad occidente dal Mar Rosso e dal Mar Mediterraneo sino a Mersina», restando cosi compresa entro questi confini la Palestina.
Rispondendo a questa lettera, il 24 ottobre 1915, Sir Henry Mac Mahon scriveva: «Sono autorizzato, a nome del Governo inglese, a dare le seguenti assicurazioni:
«La Gran Bretagna è pronta a riconoscere ed a sostenere l’indipenden za degli Arabi entro i territori compresi nei limiti e nei confini proposti dallo Sceriffo. Quanto ai vilayet di Bagdad e di Basra, gli Arabi riconosceranno che la stabilita posizione della Gran Bretagna ed i suoi interessi richiedono provvedimenti speciali di amministrazione e di sorveglianza per garantire questi territori da aggressioni straniere (1).
« Le forze arabe hanno mantenuto gli impegni dati alla Gran Bretagna, e noi dovremmo mantenere i nostri impegni», disse LIoyd George in una Conferenza tenuta nella Downing Street il 19 settembre 1919, alla quale era presente il Re Faisal. E ancora, nel suo discorso pronunciato alla Camera dei Comuni il 14 giugno 1921, il Segretario per le Colonie, esaminando la situazione del Medio Oriente, disse: « Per ottenere l’aiuto degli Arabi contro i Turchi noi ed i nostri Alleati abbiamo fatto durante la guerra un’altra serie di promesse agli Arabi per la ricostituzione della Nazione araba e, per quanto è possibile, per la ricostituzione dell’influenza e dell’autorità degli Arabi nelle provincie conquistate» (2). Queste garanzie vennero date in considerazione dell’aiuto che gli Arabi avevano dato agli Alleati. Le truppe arabe, sotto l’Emiro Faisal avevano lavorato in intima collaborazione con le truppe britanniche e centinaia di uomini sotto questo principe arabo erano Arabi della Palestina.
Inoltre gli Arabi della Palestina non solo manifestarono la loro amicizia alle truppe britanniche, ma le aiutarono realmente nel loro arduo compito.
LA DICHIARAZIONE DI BALFOUR.
Il 2 novembre 1917 Balfour fece, per parte del Governo inglese, la seguente dichiarazione:
« Il Governo di S. M. considera favorevolmente la costituzionc in Palestina di una sede nazionale per il popolo ebreo, e farà del suo meglio per facilitare il conseguimento di questo scopo; restando bene inteso che non verrà fatto nulla che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi di comunità non israelite esistenti in Palestina, o i diritti e lo statuto politico di cui fruiscono gli Ebrei in qualunque altro paese» (3).
A questa dichiarazione, quando cominciò ad aversene sentore, durante la guerra, per mezzo dei Turchi, non si prestò affatto fede; in seguito, quando risultò esatta, essa fu come un fulmine a ciel sereno per gli Arabi della Palestina, che videro in essa la distruzione della loro esistenza politica ed economica. Inoltre essa era in contraddizione diretta con precedenti dichiarazioni inglesi e con quello che gli Arabi erano portati a credere fosse lo scopo degli Alleati durante la guerra, cioè l’assistenza alle nazioni più deboli sino alla conquista della libertà e dell’autodecisione.
LA DELUSIONE DEGLI ARABI.
Tenendo in mente questi impegni solenni della Gran Bretagna, gli Arabi della Palestina rimasero stupiti e atterriti due anni dopo, leggendo che un’altra promessa era stata fatta dal Governo inglese ai Sionisti nella forma della dichiarazione di Balfour. Essi sentirono di essere stati traditi dalla Potenza nella quale avevano fiduciosamente creduto fino allora.
Sorsero da ogni parte del paese proteste contro queste dichiarazioni, e furono presentate non solo agli amministratori inglesi nella Palestina, ma anche al Governo inglese ed ai Governi alleati, al Papa ed agli Stati Uniti e ultimamente alla Lega delle Nazioni: da quel giorno sino ad oggi gli Arabi non hanno cessato di protestare in ogni occasione.
Poi, il 14 ottobre 1918, Lord Allenby, come comandante in capo degli eserciti alleati, parlando per conto dell’Inghilterra, della Francia e dell’America, promulgò un proclama, nel quale assicurava solennemente la popolazione della Palestina che non sarebbe stata presa nessuna decisione sulla loro condizione politica avvenire senza interrogarla prima sui suoi desiderata.
LA PERDITA DELLA FIDUCIA.
Queste assicurazioni fecero risorgere la fiducia degli Arabi. Ma questa fiducia subì presto un altro grave colpo, quando l’Amministrazione militare della Palestina fu sostituita da un’amministrazione civile e quando fu ivi mandato, in qualità di alto Commissario, un Sionista, un ebreo, nella persona di Sir Herbert Samuel. Gli Arabi perdettero Allora la fiducia nella sincerità delle promesse inglesi e protestarono contro questa nomina. Essi cominciarono a temere che il Governo inglese si fosse servito di loro per raggiungere i suoi propri fini e che, ora che di questi era stato assicurato il conseguimento, essi Arabi fossero per essere abbandonati, come una quantità trascurabile.
COME FAR RISORGERE LA FIDUCIA.
Ora nulla potrebbe far risorgere la loro fede negli Inglesi, all’infuori di un rigoroso, franco ed energico adempimento delle promesse loro fatte. Le assicurazioni che da allora in poi sono state loro fornite dal Segretario per le Colonie o dall’Alto Commissario, sono da essi considerate semplicemente come uno «sciroppo calmante» offerto in considerazione del grave colpo arrecato alle più profonde radici della loro esistenza nazionale. Essi non possono considerarle sotto un altro aspetto, mentre veggono il loro paese venduto ai Sionisti, e l’attuale amministrazione essere sionistica non solo per ciò che riguarda il suo personale importante, ma anche in tutte le sue manifestazioni esteriori.
LA DICHIARAZIONE DI BALFOUR È UNA FORMOLA SIONISTlCA.
E questi timori non furono mitigati, quando essi vennero a sapere, da fonti sioniste, che la dichiarazione di Balfour era stata redatta, nel suo primo schema, da Sionisti, e che l’Alto Commissario, che vien ritenuto come il rappresentante di Sua Maestà, era stato nominato, in realtà, da Sionisti e stava lavorando per i loro fini.
Nel loro rapporto politico n. 1, presentato al recente congresso di Carlsbad, i Sionisti hanno pubblicato con minuti particolari la storia della dichiarazione di Balfour. Si può citare qui un passo, ricavandolo da pag. 12 del rapporto: «Parecchie differenti versioni della formola suggerita (per la dichiarazione) furono redatte da vari membri del Comitato politico (di cui si riferiscono i nomi, che sono, tutti, di eminenti Sionisti… ), il 18 luglio. Lord Rothschild la trasmise a Mr. Balfour». Un po’ più avanti leggiamo: «finalmente… tutti gli ostacoli vennero superati e il 2 novembre 1917 il Segretario per gli Esteri, Mr. Balfour, mandò a Mr. Rothschild la formola approvata». È ovvio che l’Unione Sionista internazionale si serviva del Governo inglese come di uno strumento per raggiungere i propri fini.
L’ALTO COMMISSARIO.
Per ciò che riguarda la nomina dell’Alto Commissario per la Palestina, alcuni Sionisti hanno dichiarato nel loro recente congresso di Karlsbad che era stato «in seguito a loro domanda che Sir Herbert Samuel era andato in Palestina come Alto Commissario, e che era loro dovere sostenerlo».
E ancora, in altro luogo, il dr. Weizmann, leader dell’Organizzazione Sionista mondiale, ha dichiarato di «essere il principale responsabile della nomina di Sir Herbert Samuel in Palestina». Egli disse al Congresso: «In questa Assemblea non vi è nessuno che più di me abbia lavorato e più di me sia soddisfatto per la nomina di Sir Herbert Samuel. Samuel è nostro amico ed ha lavorato lealmente con noi sin dal primo momento. È stato in seguito a nostra richiesta e confortato dal nostro appoggio morale che egli ha accettato quella difficile posizione. Siamo noi che l’abbiamo messo in quella posizione… egli è il nostro Samuel, egli è il prodotto del nostro giudaismo».
Dopo questo, come può attendersi da parte del Governo inglese, da parte del pubblico inglese, da parte di qualunque uomo o di qualunque donna ragionevole che gli Arabi abbiano fiducia nelle garanzie? Come possono credere gli Arabi che l’Alto Commissario per la Palestina sia un ufficiale inglese, mandato colà a lavorare per i loro benessere e per la loro prosperità e non già ad attuare le ambizioni dei Sionisti?
STATO EBRAICO COME L’INGHILTERRA È INGLESE
I timori degli Arabi si accrebbero ancora, quando si venne a sapere, anche questa volta da fonti ufficiali e non ufficiali sionistiche, che lo scopo dei Sionisti non era semplicemente quello di costituire una “sede” in Palestina per gli Ebrei poveri e perseguitati, ma che essi tendevano a creare uno Stato ebraico, «ebraico come l’Inghilterra è inglese» (as Jewish as England is English).
Senza abusare del tempo del lettore, riferendo estratti, ricavati dalle varie dichiarazioni di Sionisti su questo punto, basterà ricordarne qualcuna. La prima fu fatta da Sir Herbert Samuel nella sua recente relazione provvisoria (interim report) sull’amministrazione civile della Palestina. Egli dice: «Essi (Ebrei e Sionisti) domandano che questa sede abbia delle caratteristiche nazionali, nella lingua e nei costumi, negli interessi intellettuali, nelle istituzioni religiose e politiche». Che cosa significano le «istituzioni politiche», se non uno Stato? La seconda si ha nelle parole stesse del dr. Weizmann, come le riferisce il Rapporto politico n. l del Congresso di Carlsbad. Il dr. Weizmann ha detto: «Io dichiaro che per Sede nazionale israelita noi intendevamo la creazione di tali condizioni in Palestina, da renderci possibile portarvi e collocarvi dai 50.000 ai 60.000 Ebrei all’anno. Inoltre, che le condizioni fossero tali da permetterci di sviluppare le nostre istituzioni, le nostre scuole e la lingua ebraica; infine che fossero tali da far sì che la Palestina sia per l’appunto ebrea così come l’America è americana e l’Inghilterra inglese». La terza è ricavata dalla Jewish Chronicle del 15 aprile 1921. Essa dice: «Solo se vi sono buone speranze che gli Ebrei vengano definitivamente ristabiliti in Palestina come nazione, che essi formino ivi, definitivamente... una Repubblica (Commonwealth) ebrea, solo allora possiamo sperare di ottenere l’aiuto di una considerevole massa della nostra popolazione per l’impresa della Palestina». Secondo il dr. Eder, che esercita le funzioni di presidente del Comitato sionista di Gerusalemme, come è riferito nei rapporti della Commissione d’inchiesta per i disordini del maggio 1921, «vi può essere soltanto una sede nazionale in Palestina, cioè una sede ebraica, e non vi può essere uguaglianza nell’associazione (partnership) fra Ebrei ed Arabi, ma deve esservi un predominio Ebraico, appena il numero di questa razza sia sufficientemente cresciuto. E ancora, leggiamo quanto segue, scritto da Mr. Sidebotham : «Si desidera di incoraggiare con ogni mezzo le immigrazioni degli Ebrei e nello stesso tempo di osteggiare (discourage) l’immigrazione di Arabi». Per ultimo, nel Karen-Ha-Yesod viene espressa una delusione per il fatto che «il più vitale di tutti i diritti in casi analoghi, il diritto dell’Organinazzione sionista di esercitare la sua influenza, per mezzo di organi legalmente garantiti, sulla scelta di candidati convenienti per questo posto piti importante di ogni altro» (quello di Alto Commissario per la Palestina) non è compreso nello schema del Mandato.
GLI ARABI SI ORGANIZZANO.
Gli Arabi compresero allora che era di vitale importanza per essi organizzare le loro forze, allo scopo di combattere questa pericolosa politica sionista. Un senso di pericolo minaccioso fuse in un solo e solido corpo tutte le classi della comunità. I Cristiani fecero causa comune coi loro fratelli musulmani. Furono tenute adunanze, organizzate dimostrazioni, presentate proteste. In ogni città e in ogni villaggio più importante vennero costituite Leghe musulmane e cristiane. Venne tenuto a Gerusalemme, nel 1919, un Congresso composto di rappresentanti degli Arabi della Palestina. Ne fu convocato un altro, ma il Governo proibì che si riunisse; un terzo ne fu tenuto a Caiffa nel 1920, ed un quarto a Gerusalemme dal 27 giugno al 3 luglio 1921. In ogni Congresso vennero fatte proteste formali contro la politica sionista del Governo inglese. Nel quarto Congresso venne deciso di mandare una delegazione a Londra per conferire col Governo inglese, nonchè per illuminare il pubblico inglese delle reali condizioni della Palestina. Benchè la loro fiducia fosse stata scossa, gli Arabi continuavano a credere nel pubblico inglese e nel suo senso di giustizia e di lealtà; e sentivano che se le loro voci avessero potuto raggiungere le orecchie del pubblico e se la loro questione gli fosse potuta essere sottoposta, si sarebbero riparati i torti da essi ricevuti.
«LA PAROLA DI UN INGLESE».
Questa tenace fede negli Inglesi è il risultato di anni di esperienza. La «parola di un Inglese» è per gli Arabi simbolo di tutto ciò che è onesto e sincero, ed essi sperano che qualunque cosa possa accadere questa parola significhera sempre rettitudine e giustizia.
LA DELEGAZIONE ARABA ARRIVA A LONDRA,
Venne regolarmente nominata una Delegazione dal Congresso composto di 96 membri, che a loro volta erano stati eletti dalle Leghe musulmane e cristiane di tutto il paese. Le Leghe, composte di uomini che godono la fiducia di tutte le classi della popolazione che esse rappresentano, raccolsero fondi per provvedere alle spese della Delegazione. Si è così potuto vedere che la Delegazione rappresenta fedelmente tutti gli abitanti Arabi del paese, i quali formano il 93 per cento dell’intera popolazione. Le speranze della Nazione sono concentrate in questa Delegazione e nel messaggio tranquillizzante che si sperava potesse mandare al suo popolo da parte del Governo del popolo inglese.
Sfortunatamente, però, sino ad oggi questa parola non è ancor giunta. La Delegazione venne ricevuta dal Segretario per le Colonie e la situazione venne discussa, ma si è oggi allo stesso punto in cui si era alcuni mesi fa.
IL SIGNIFICATO DELLA ESPRESSIONE «SEDE NAZIONALE» NON È CHIARITO.
Quando gli fu chiesto di spiegare che cosa intendesse per «Sede nazionale ebraica», il Governo rimandò la Delegazione al discorso dell’Alto Commissario in data 3 giugno. Quando fu risposto, protestando, che la spiegazione di Sir Herbert Samuel non era comprensibile, si invitò la Delegazione «a vedere il dr. Weizmann ed a mettersi d’accordo con lui». Naturalmente, a ciò fu opposto un rifiuto, poichè la Delegazione era venuta in Inghilterra per trattare col Governo inglese che è responsabile della dichiarazione di Balfour, e non già coi Sionisti, il cui Stato gli Arabi si ri fiutano di riconoscere. Si domandò una interpretazione ufficiale della dichiarazione, in quanto gli Ebrei trovano in essa molto più che non sia mai stato nelle intenzioni del Governo. Ogni volta, tuttavia, si replicò col silenzio oppure con risposte evasive.
Mr. Balfour, sotto il nome del quale ha acquistato notorietà la dichiarazione, poiché allora egli era il portavoce del Gabinetto, eluse garbatamente la richiesta di incontrarsi coi membri della Delegazione a Ginevra. Tutto quello che egli si degnò di rispondere, quando gli fu chiesta un’intervista, fu che «egli aveva avuto l’onore ed il piacere di vedere recentemente il dr. Weizmann a Londra e di parlare con lui della questione della Palestina».
Gli Arabi domandano a tutti gli imparziali che dicano se essi hanno o non il diritto di avere una definizione della dichiarazione.
IL GOVERNO INGLESE È INDECISO.
Questo sfuggire alle domande è inesplicabile e porta ad una di queste conclusioni: o il Governo inglese vuoi significare con la sua «dichiarazione» quello che i Sionisti pretendono che significhi, cioè una Sede nazionale che finisce per costituire una Repubblica (Commonwealth) ebraica, o vuol significare qualcosa di differente. Qualunque sia il suo reale significato, il Governo è restato silenzioso sull’argomento. Concediamo il beneficio del dubbio al Governo e ammettiamo la seconda alternativa come causa del suo silenzio. Se è così, e se il Governo ha proprio serie intenzioni di risolvere i dubbi degli Arabi, perchè non fa ciò, dando la definizione che, come s’è accennato sopra, è stata domandata, e mettendo fine così, a tutti i malintesi e a tutte le inquietudini?
GLI ARABI TOLLERANO GLI EBREI.
Gli abitanti della Palestina sono circa 800.000, di cui sono 60.000 Ebrei. Prima della guerra agli Ebrei nati all’estero non era permesso, per legge, di risiedere nella Palestina, fatta eccezione per quelli che vi erano vissuti per decenni e avevano preso la nazionalità turca. Ad onta di questo divieto, Ebrei si recarono in Paestina e stabilirono quelle che ora sono conosciute come colonie israelite, 46 in tutto. Di queste, alcune sono borghi insignificanti, formati di poche case soltanto; altre hanno raggiunto l’estensione di villaggi abbastanza grandi. Ora, il semplice fatto dell’esistenza di queste colonie in Palestina dimostra con incontrovertibile evidenza la tolleranza degli Arabi verso i loro ospiti ebrei. Gli Ebrei, d’altra parte, vivono in pace e in armonia coi loro vicini arabi. Non vi sono stati mai torbidi in Palestina prima della guerra; non s’è mai mostrato odio agli Ebrei. A questo proposito troviamo nel rapporto della Commissione d’inchiesta il passo seguente: «Ma per le considerazioni su esposte, noi siamo convinti che non vi sarebbe animosità verso gli Ebrei, in quanto tali; che non v’è nel paese un antisemitismo innato, nè di razza, nè religioso».
NESSUNA DOMINAZIONE SIONISTA!
Le cose sarebbero potute procedere così e tutto sarebbe andato bene. Però, appena fu proclamata la dichiarazione di Balfour e appena i Sionisti aspirarono al dominio politico ed economico sugli Arabi, cominciarono i torbidi. Poichè gli Arabi non possono soffrire alcun dominio esercitato da uno straniero. Sotto i Turchi essi avevano, in pratica, un Governo alitonomo, per quel che riguardava le questioni locali, e sotto la Costituzione essi mandavano rappresentanti al Parlamento a Costantinopoli per collaborare al governo di tutto l’Impero. I governatori, i giudici, i funzionari della Palestina erano per la maggior parte, Arabi, e i Turchi consideravano gli Arabi come partecipanti al Governo. L’anima araba, perciò, si ribellò contro il progettato dominio degli Ebrei.
CAUSE DEI DISORDINI IN PALESTINA.
Nel suo discorso, pronunziato alla Camera dei Comuni e su ricordato, Mr. Winston Churchill ammetteva che «l’unica causa dei disordini in Palestina era sorta dal movimento Sionista e dalle nostre promesse e dai nostri impegni a suo riguardo». Riferendoci di nuovo ai Rapporti della Commissione d’inchiesta, leggiamo quanto segue: «Non crediamo che se non vi fosse stata nessuna questione israelita, il Governo non avrebbe incontrato nessuna difficoltà rilevante, per ciò che riguarda i suoi affari interni. Noi pensiamo che qualunque sentimento anti-britannico che possa esser nato nel paese, fra gli Arabi, ha la sua origine nell’associazione che essi fanno del Governo con l’appoggio alla politica del Sionismo». Gli Arabi non sono cosi cattivi come li dipingono i Sionisti. Se essi fossero stati di istinti feroci (a brute), avrebbero attaccato gli Ebrei quando questi erano meno numerosi nel paese, quando erano, come infatti erano, destituiti di potere, quando la loro stessa esistenza fra gli Arabi era illegale, e quando essi Arabi avrebbero avuto i Turchi dalla loro parte. Fu solo quando i loro diritti e, effettivamente, la loro stessa esistenza proprio in casa loro furono minacciati, che gli Arabi si posero sulla difensiva.
GLI EBREI DANNO ORIGINE AI TORBIDI DI GERUSALEMME.
Neanche allora gli arabi iniziarono alcun genere di litigi. I torbidi di Gerusalemme (aprile (920) furono causati da'un Ebreo che gettò un sasso contro lo stendardo sacro della moschea di Hebron, mentre esso veniva portato per le strade, seguito da una fitta folla di Arabi diretti al Haram esh-Sherif, in occasione della festa nazionale anniversaria del Nebi Mousa (1). La relazione di questi torbidi non è stata pubblicata dall’Amministrazione sionista in Palestina. E perchè? Se i risultati degli accertamenti compiuti dalla Commissione d’inchiesta fossero stati sfavorevoli agli Arabi, chi può supporre che l’Amministrazione li avrebbe tenuti segreti? Certamente no. Il Governo è stato invitato ripetutamente a pubblicare questo rapporto, ma non lo ha mai fatto.
ESPLOSIVI TROVATI PRESSO EBREI DURANTE I TUMULTI DI GIAFFA.
Inoltre, i tumulti di Giaffa (maggio 1921) furono il risultato immediato di una vertenza fra i bolscevichi israeliti e il Partito laburista israelita, ed ebbero luogo la mattina, dopo che nella notte era stato distribuito a Giaffa un proclama bolscevico, sedizioso, redatto in arabo, in inglese e in ebraico, nel quale si invitavano gli abitanti a insorgere non soltanto contro tutti i capitalisti, ma anche contro il Governo e l’Esercito inglese. Ciò venne ammesso ufficialmente dall’Amministrazione. Venne dichiarato da un ufficiale dell’esercito inglese che egli aveva scoperto una grande quantità di esplosivi in una casa di Israeliti, mentre era stato riconosciuto in via ufficiale che le Autorità avevano fornito armi agli Israeliti, per difendersi, a Tel Aviv, Giaffa. Anche recentemente gli abitanti della Palestina vennero informati pubblicamente che erano state distribuite armi a tutte le colonie israelite. Gli Arabi, invece, erano stati disarmati, ed ogni Arabo trovato in possesso di armi da fuoco era stato gravemente multato.
Riferendoci nuovamente al rapporto della Commissione d’inchiesta, troviamo in esso il seguente passo: «Siamo convinti che l’accusa mossa continuamente agli Arabi dagli Ebrei che lo scoppio di questi tumulti era stato progettato da essi o dai loro capi, e predisposto per il 1° maggio, è infondata… I notabili (Arabi) dall’una e dall’altra parte, qualunque sia stato il sentimento che li ispirava, sono stati sempre pronti ad aiutare le autorità nel ristabilimento dell’ordine, e crediamo che senza il loro intervento i tumulti sarebbero degenerati in eccessi anche peggiori… Non c’è alcun fatto probante, degno d’esser preso in considerazione, che dimostri che i tumulti fossero stati progettati ed organizzati. Se si fosse verificato questo caso, noi esitiamo a far congetture sulle conseguenze che ne sarebbero risultate. E ancora, parlando dei torbidi di Khedera: «Basterà una breve riflessione per fare intendere quanto ne sarebbero stati differenti i risultati, se essi (torbidi) fossero stati la conseguenza di un piano determinato».
L’UNIVERSITÀ E IL TEMPIO.
Gli Ebrei dicono che alcuni dei loro connazionali sono perseguitati in altri paesi, che alcuni di essi desiderano di passar gli ultimi loro giorni in Palestina e di esser sepolti nella sua terra; che essi debbono far risorgere la lingua ebraica e costruire per se stessi un’Università e forse un Tempio. Essi sostengono inoltre che la loro presenza in Palestina sarebbe dedicata al benessere del paese. Se, come essi affermano, il popolo riconoscerà per esperienza il loro valore, essi avranno la loro parte nella vita e nelle attività generali del paese.
D’altra parte, se la loro presenza è causa di torbidi, o se è accompagnata a minacce di carattere politico ed economico, il Governo nazionale regolerà la sua politica in modo da salvaguardare gli interessi del suo popolo.
COME RISPARMIARE I MILIONI INGLESI.
Resta un punto da considerare, ed esso è di somma importanza per il contribuente inglese. Riferendoci di nuovo al discorso di Mr. Churchill, leggiamo quanto segue: «Se non fosse per quelle promesse [fatte agli Ebrei] e per quel movimento, la guarnigione inglese mantenuta in Palestina potrebbe esser sensibilmente ridotta». Proseguendo, il Segretario per le Colonie dice che « egli non potrebbe conservare alcuna speranza di diminuire l’entità di quelle truppe in un futuro immediato. Al contrario sarebbe possibile che esse dovessero subire un leggero rinforzo. La spesa tota le per questo capitolo in Palestina è stata lo scorso anno di sei milioni e mezzo di sterline e sarà quest’anno di quattro milioni e mezzo di sterline… Il prossimo anno la spesa per la guarnigione militare inglese sarà di due milioni e mezzo». Vi sarà qualcuno che chiederà al Segretario per le Colonie di spiegare perchè il Governo inglese debba spendere questi milioni per la Palestina, mentre centinaia di migliaia di Inglesi, uomini e donne, in Inghilterra sono disoccupati e non possono essere decentemente nutriti e vestiti? Si potrebbe rispondere con le parole stesse del Segretario. Vi si presti bene attenzione, perchè esse danno la chiave del problema. Egli dice: «Se non fosse per quelle promesse (promesse di costituire una sede nazionale per gli Ebrei in Palestina) e per quel movimento (il movimento Sionista), la guarnigione britannica mantenuta in Palestina potrebbe esser sensibilmente ridotta». Si afferri il significato di queste parole. II contribuente inglese paga per provvedere alla costituzione di una sede per gli Ebrei in Palestina, mentre, in parte a causa di questa spesa, egli deve fare a meno di ciò che è necessario alla vita e, forse, essere senza dimora egli stesso.
GLI ARABI NON SONO ANTISEMITI.
II problema della Palestina è stato esposto con la maggior brevità possibile, date queste circostanze. Bisogna capire tuttavia che gli Arabi non sono Antisemiti. Essi, in realtà, tollerano gli Ebrei assai più che non abbian fatto le popolazioni cristiane di Occidente. Quello che gli Arabi non vogliono tollerare e non tollereranno è il Sionista politicante, che è venuto nel loro paese con l’idea di dominarlo e di rendersene padrone.
L’AMMINISTRAZIONE PALESTINESE È SIONISTA .
Non basta alcuna assicurazione che tale non è l’intenzione [inglese], quando gli Arabi vedono che la lingua ebraica, parlata soltanto dall’un per cento della popolazione, viene riconosciuta come lingua ufficiale dello Stato; quando il torrente dell’emigrazione ebraica dilaga nel loro paese, portando con sè una massa di persone straniere sgradite, che costituiscono un carico per la comunità, mentre questi operai immigrati dall’estero li privano del loro pane quotidiano e sono pagati con salari maggiori per una somma di lavoro pari alla metà di quello che possono fare gli Arabi; quando i contratti per i lavori pubblici sono, nella più gran parte dei casi, affidati agli Ebrei, che fanno prezzi di solito più alti che non gli Arabi; quando gli Arabi vedono che l’Alto Commissario è un Sionista Ebreo, che il Segretario per gli Affari legali, l’Ispettore degli Approvvigionamenti, il Direttore del Commercio e delle industrie, il Capo dell’immigrazione sono tutti Ebrei.
Ogni sezione del Governo è stata inondata da Ebrei, la maggioranza dei quali è nuova a tali posti e priva di precedente esperienza. Le leggi e i regolamenti sono stabiliti allo scopo di infrenare la libertà degli Arabi e di impedirne l’espansione. La stampa è imbavagliata. I patriotti Arabi vengono arrestati e imprigionati, sotto il pretesto che essi sono pericolosi per lo Stato. I coltivatori, che per generazioni intiere hanno posseduto terreni, ricavandone il sostentamento, vengono invitati a firmare contratti d’affitto, giacchè il Governo pretende che questi terreni siano passati a lui quale successore dei Turchi.
L’ idea che determina queste azioni è quella di costituire un diritto del Governo su questi terreni, così che col tempo essi possano essere venduti ai Sionisti.
I WAQF MUSULMANI E CRISTIANI.
Il Governo della Palestina desidera di esercitare la sua influenza sull’amministrazione dei waqf musulmani. Ad onta del fatto che la legge islamica vieta solennemente che chiunque che non sia musulmano amministri dei waqf musulmani, e ad onta del fatto, inoltre, che l’opinione del Corpo religioso musulmano convocato dall’Alto Commissario si sia dichiarata nettamente contraria a che il Governo si ingerisca nei suoi waqf, il Governo ancora esita ad affidare a Musulmani la direzione di questi waqf (5). Le proprietà waqf della Chiesa greca ortodossa, nelle quali i Turchi non si sono mai ingeriti, perchè le ritenevano proprietà sacre della Chiesa, che non possono mai esser vendute, vengono ora offerte in vendita da una Commissione nominata dall’Amministrazione, in lotti così grandi, che solo i Sionisti possono acquistarli, mentre se esse venissero divise in lotti più piccoli, troverebbero parecchi acquirenti arabi.
Questo, e molto di più ancora, veggono gli Arabi accadere ogni giorno sotto loro occhi e ne fremono.
Gli Arabi pongono la loro questione innanzi agli Inglesi e domandano loro se è stata fatta giustizia in Palestina. Essi pongono la loro questione innanzi a tutto il mondo civile e chieggono che esso decida se essi non hanno motivo di dolersi.
LE RICHIESTE DEGLI ARABI.
La popolazione araba della Palestina domanda: Primo, che venga creato un Governo nazionale, sia responsabile di fronte ad ud Parlamento eletto da quegli abitanti della Palestina che vivevanoivi prima della guerra, cioè Musulmani, Cristiani ed Ebrei. Secondo, l’abolizione della polizia attuale in Palestina e il regolamento dell’immigrazione, che deve essere sottoposto al controllo di questo Governo nazionale, il quale è il migliore giudice della capacità che ha il paese di tollerare nuovi venuti. Terzo, i Luoghi Santi per tutte le religioni debbono essere lasciati interamente al controllo dei loro custodi attuali, e nè al Parlamento nazionale, nè ad alcuna altra autorità deve permettersi di introdurvi cambiamenti. Quarto, che venga costituita una gendarmeria locale per il servizio di polizia, a spese del Governo della Palestina. Ciò farebbe risparmiare ai contribuenti inglesi le enormi somme che essi ora spendono per questo paese.
UNA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER LA PALESTINA
Mandi il Parlamento una Commissione in Palestina per esaminare il problema e per fare una relazione al riguardo. Gli Arabi sono amici dell’Inghilterra, verso la quale si sono mantenuti sempre leali e in cui hanno sempre confidato.
Perchè dovrebbe ora l’Inghilterra, a causa di questa politica non saggia e non giusta, perdere questa amicizia e disgustare tutto il mondo arabo, sia musulmano che cristiano? Perchè dovrebbero permettere gli uomini politici inglesi che venissero sparsi semi di contese e di torbidi in un paese, che è stato sempre quieto e pacifico? Non si dovrebbe mai permettere che ciò avvenga. Gli Arabi chieggono che ogni vero Inglese usi della sua infuenza e della sua autorità per impedire ciò. Gli Arabi desiderano la pace, ma non la desiderano congiunta con la schiavitù. Essi anelano ad un’èra di progresso e di prosperità, ma solo quando i loro diritti e le loro libertà siano salvaguardati e gli Arabi siano padroni in casa propria.
____
note:
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 10, p. 606
15 marzo 1922
«II primo Congresso tendeva a due scopi principali: l° unire tutti i partiti siriani autononisti, e fondere le loro attività in una forza sola, che operasse in ogni luogo ove l’interesse nazionale ne richiedeva l’opera. 2° Esporre la questione siriana alla Società delle Nazioni e all’opinione pubblica d’Europa e d’America.
«Tali scopi furono raggiunti oltre ogni aspettativa, e il Congresso potè rappresentare la Siria al mondo come una nazione perfettamente vitale, capace di governarsi liberamente; alla questione siriana venne dato il posto che le spettava; il Congresso, presentandola degnamente e interessandovi numerosi uomini politici e delegati (mandubin) di Stati presso la Lega delle Nazioni, ottenne un risultato soddisfacente: far rimandare la decisione circa la questione del Mandato [sulla Siria].
« Il Congresso poi, grazie ai partiti ed alle associazioni che vi presero parte, e alle fervide voci di adesione venute dalla Siria e dalle colonie siriane all’estero, fu veramente il miglior interprete della vera volontà della nazione per l’avvenire del paese.
«Ora, tenuto conto dei desiderii di tutti e dei progressi evidenti fatti dalla causa grazie all’opera del Congresso, la Commissione Esecutiva del Congresso ha deliberato di preparare un secondo Congreso nella città ove la Lega delle Nazioni terrà la sua prossima riunione». La Commissione comunicherà il tempo e il luogo del Congresso, e intanto invita le associazioni e i partiti ad inviare alla sua sede, al Cairo, i nomi dei loro delegati, notizie sulle questioni che intendono presentare al Congresso, e la somma che possono offrire quale contributo alle spese. Il manifesto è firmato dal principe Mishel Lutfallah (al-Muqattam, arabo del Cairo, 12-2-1922). V. V.
(1) Cfr. Oriente Moderno, fac. 5°, p. 291; inoltre, per le polemiche suscitatate, fasc. 6°, pag. 36, e fasc. 7°, pp , 411-414.
A. I, Nr. 8, p. 476-77
15 gennaio 1922
Le rivendicazioni della Delegazione araba palestinese (1). - La Delegazione le espone in una lettera al Times. Comincia col dichiarare che gli Arabi di Palestina non sono nomadi primitivi, ma cittadini pacifici e desiderosi di progresso. Essi non erano nemici degli Ebrei, con cui sempre vissero in pace prima della Dichiarazione Balfour, che, inaugurando una politica ebraica aggressiva, li obbligò a difendersi.
Durante la guerra, per ottenere l’appoggio dello Sceriffo (ora Re) Husein, l’Inghilterra, nell’ottobre del 1915, gli promise per mezzo di Sir Henry Mac Mahon, allora Alto Commissario in Egitto, di riconoscere e sostenere l’indipendenza degli Arabi entro i confini proposti dallo Sceriffo [cioè entro la linea: Mersina, Adana, 37° parallelo, confine persiano fino al Golfo Persico, Oceano Indiano (Aden esclusa), Mar Rosso, Mediterraneo fino a Mersina], confini che comprendono anche la Palestina. Mr. Churchill, Ministro delle Colonie, il giorno 14 giugno 1921, alla Camera dei Comuni, confermò tali promesse di «ricostituzione della nazione araba e, per quanto sarà possibile, restaurazione dell’influenza e dell’autorità arabe nelle provincie conquistate». La Dichiarazione Balfour [del 2 novembre 1917], venuta due anni dopo i predetti impegni del 1915, è con loro in aperta contraddizione: come conciliare la sede nazionale ebraica con la restaurazione dell’influenza e dell’autorità arabe? Che gli Arabi abbiano mantenuto le loro promesse è cosa che fu riconosciuta da Lloyd George nel settembre 1919, quando dichiarò che «le truppe arabe hanno mantenuto gl’impegni presi con l’Inghilterra, e noi manterremo i nostri». Anche nell’ottobre 1918 Allenby [allora governatore di Gerusalemme] dichiarò in un proclama ai Palestinesi che nessuna decisione si sarebbe presa sulla futura costituzione del paese, senza consultare i loro desiderii. La politica della «sede nazionale ebraica» fu invece applicata senza mai consultare gli Arabi; e quando, lo scorso agosto, la Delegazione Palestinese domandò di conferire con Balfour per farsi spiegare il significato di «sede nazionale» egli rispose semplicemente: «Ho avuto di recente l’onore e il piacere di intrattenermi intorno alla Palestina col Dott. Weizmann a Londra», come se Weizmann fosse l’unico interessato!
Ci si obbietta che il Governo inglese deve mantenere le promesse fatte ai Sionisti. Ma quelle fatte, precedentemente, agli Arabi, non sono forse altrettanto valide?
La lettera termina citando dichiarazioni di Weizmann che la Palestina deve diventare un paese ebraico «come e quanto l’Inghilterra è inglese»; invoca dal Governo britannico un’interpretazione della Dichiarazione Balfour che valga a chiarirne il preciso significato; ed espone i desideri degli Arabi, che sono i seguenti: 1° Governo palestinese nazionale, responsabile verso un Parlamento eletto dagli abitanti che vivevano in Palestina prima della guerra. 2° Abolizione dell’attuale politica sionista, e controllo dell’immigrazione da parte del Governo Nazionale. 3° Tutti i Luoghi Santi siano affidati senza restrizioni ai loro attuali custodi, essendo vietato al Parlamento nazionale e ad ogni altra autorità di portarvi cambiamenti. 4° Formazione di una gendarmeria locale per servizi di polizia, a spese del Governo Palestinese.
La lettera è firmata dal presidente della Delegazione, Musa Kazim Pascià al-Huseini, e dal Segretario Shibli Giamal. (Times, 19-12-1921).
La Delegazione ha pubblicato il proprio programma ufficiale in un opuscolo inglese intitolato The Holy Land. The Moslem-Christian Case against Zionist Aggression. Official Statement by the Palestine Arab Delegation. Nov. 1921, ove le idee suesposte vengono maggiormente sviluppate e documentate.
(1) Cfr. Oriente Moderno, fasc. 3°, pp. 159-160; fasc. 4°, pp. 222-224; fasc. 5°, p. 290; fasc. 6°, pp. 364-365. Inoltre si veda qui sotto la la notizia: «Le relazioni fra Arabi e Sionisti».
Durante la guerra, per ottenere l’appoggio dello Sceriffo (ora Re) Husein, l’Inghilterra, nell’ottobre del 1915, gli promise per mezzo di Sir Henry Mac Mahon, allora Alto Commissario in Egitto, di riconoscere e sostenere l’indipendenza degli Arabi entro i confini proposti dallo Sceriffo [cioè entro la linea: Mersina, Adana, 37° parallelo, confine persiano fino al Golfo Persico, Oceano Indiano (Aden esclusa), Mar Rosso, Mediterraneo fino a Mersina], confini che comprendono anche la Palestina. Mr. Churchill, Ministro delle Colonie, il giorno 14 giugno 1921, alla Camera dei Comuni, confermò tali promesse di «ricostituzione della nazione araba e, per quanto sarà possibile, restaurazione dell’influenza e dell’autorità arabe nelle provincie conquistate». La Dichiarazione Balfour [del 2 novembre 1917], venuta due anni dopo i predetti impegni del 1915, è con loro in aperta contraddizione: come conciliare la sede nazionale ebraica con la restaurazione dell’influenza e dell’autorità arabe? Che gli Arabi abbiano mantenuto le loro promesse è cosa che fu riconosciuta da Lloyd George nel settembre 1919, quando dichiarò che «le truppe arabe hanno mantenuto gl’impegni presi con l’Inghilterra, e noi manterremo i nostri». Anche nell’ottobre 1918 Allenby [allora governatore di Gerusalemme] dichiarò in un proclama ai Palestinesi che nessuna decisione si sarebbe presa sulla futura costituzione del paese, senza consultare i loro desiderii. La politica della «sede nazionale ebraica» fu invece applicata senza mai consultare gli Arabi; e quando, lo scorso agosto, la Delegazione Palestinese domandò di conferire con Balfour per farsi spiegare il significato di «sede nazionale» egli rispose semplicemente: «Ho avuto di recente l’onore e il piacere di intrattenermi intorno alla Palestina col Dott. Weizmann a Londra», come se Weizmann fosse l’unico interessato!
Ci si obbietta che il Governo inglese deve mantenere le promesse fatte ai Sionisti. Ma quelle fatte, precedentemente, agli Arabi, non sono forse altrettanto valide?
La lettera termina citando dichiarazioni di Weizmann che la Palestina deve diventare un paese ebraico «come e quanto l’Inghilterra è inglese»; invoca dal Governo britannico un’interpretazione della Dichiarazione Balfour che valga a chiarirne il preciso significato; ed espone i desideri degli Arabi, che sono i seguenti: 1° Governo palestinese nazionale, responsabile verso un Parlamento eletto dagli abitanti che vivevano in Palestina prima della guerra. 2° Abolizione dell’attuale politica sionista, e controllo dell’immigrazione da parte del Governo Nazionale. 3° Tutti i Luoghi Santi siano affidati senza restrizioni ai loro attuali custodi, essendo vietato al Parlamento nazionale e ad ogni altra autorità di portarvi cambiamenti. 4° Formazione di una gendarmeria locale per servizi di polizia, a spese del Governo Palestinese.
La lettera è firmata dal presidente della Delegazione, Musa Kazim Pascià al-Huseini, e dal Segretario Shibli Giamal. (Times, 19-12-1921).
La Delegazione ha pubblicato il proprio programma ufficiale in un opuscolo inglese intitolato The Holy Land. The Moslem-Christian Case against Zionist Aggression. Official Statement by the Palestine Arab Delegation. Nov. 1921, ove le idee suesposte vengono maggiormente sviluppate e documentate.
(1) Cfr. Oriente Moderno, fasc. 3°, pp. 159-160; fasc. 4°, pp. 222-224; fasc. 5°, p. 290; fasc. 6°, pp. 364-365. Inoltre si veda qui sotto la la notizia: «Le relazioni fra Arabi e Sionisti».
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 8, p. 477-78
15 gennaio 1922
(2) Cfr. Oriente Moderno, fasc. 4°, pp. 222-225.A. I, Nr. 8, p. 477-78
15 gennaio 1922
Le relazioni fra Arabi e Sionisti. - Il Doar hayom (1) del 6 dicembre pubblica le seguenti notizie circa la conferenza fra il Dr. Weizmann e la Delegazione araba in Londra (2):
«Quando la Delegazione araba giunse a Londra fu deciso di non fare alcun passo per un'intesa arabo-sionista. Musà Kazim Pascià e i suoi quattro colleghi musulmani e cristiani hanno dichiarato ripetutamente che ad essi era stato affidato dai loro elettori un solo mandato, e cioè la richiesta di abolizione della dichiarazione Balfour. Questa è la ragione per cui i membri della Delegazione rifiutarono di seguire il consiglio di Churchill, il quale chiese loro di incontrarsi con il Dr. Weizmann e di entrare in trattative con lui prima di essere ricevuti ufficialmente dal Segretario di Stato per le Colonie.
«Ed anche quando il Dr. Weizmann prese una determinazione eccezionale, nel desiderio di dimostrare il suo atteggiamento conciliativo, e scrisse una lettera di invito a Musà Kazim Pascià, questi, a nome degli altri membri, gli rispose di non poter accettare l'invito; finchè il Governo non avesse abolito la dichiarazione Balfour. Ciò pose fine alle trattative fra il Dr. Weizmann e la Delegazione araba e il Dr. Weizmann parti per Carlsbad per prendere parte al XII Congresso Sionista.
«Nel frattempo la Delegazione araba dedicò il suo tempo alla propaganda fra i Cristiani in Londra; e con l'aiuto di Lord Sydenham, Lord Lamington, della Morning Post, del Generale Waters Taylor, di Miss Newton e d’altri Inglesi, riuscì a destare l’interesse del pubblico per la questione. Ma ben presto la Delegazione si accorse che nei circoli governativi e nella stampa più influente le porte erano per essa chiuse. Così, per es., il Daily Mail dichiarò a uno degli Arabi che tentava di guadagnarlo alla sua causa, che nel giornale non si sarebbe potuto pubblicare nulla che fosse in opposizione alla dichiarazione Balfour. L’atteggiamento del Times verso il Sionismo è poi ben noto.
«Dopo un soggiorno di due mesi in Europa, la Delegazione cominciò a convincersi che nulla al mondo avrebbe potuto abolire la dichiarazione Balfour, e che la speranza nella possibilità della caduta di Lloyd George e nella formazione di un Governo meno amico dei Sionisti era anche vana. Ad eccezione degli oppositori del Governo, come Lord Sydenham e Lord Lamington e quei funzionari di Palestina che erano stati costretti a dimettersi dalle loro buone cariche in Gerusalemme, tutti dichiararono alla Delegazione che per essa vi era una sola possibilità di successo; e cioè un qualche accordo con i Sionisti, sulla base di reciproche concessioni.
«Questa la ragione per cui la Delegazione si indusse a prendere l’unico partito che le era rimasto, di vedere cioè quali condizioni avrebbero offerto i Sionisti in cambio del riconoscimento da parte degli Arabi della dichiarazione Balfour. Gli Arabi hanno dichiarato però che essi non possono prendere alcuna decisione prima di consultare i loro elettori in Palestina; ed egualmente i Sionisti si sono riservati, prima di ogni deliberazione, di consultare l’Esecutivo [sionista].
«Perciò le trattative sono di carattere unicamente preparatorio. Ambo le parti discuteranno tutti i punti di dissenso, come tutti i punti in cui possono essere concordi; e se esse potranno raggiungere i principali punti di partenza per l'accordo, e cioè il riconoscimento da parte degli Arabi della dichiarazione Balfour, e il riconoscimento da parte dei Sionisti della richiesta araba di una forma di Parlamento, la Delegazione araba tornerà in Palestina per esporre i risultati delle trattative. Il Dr. Weizmann e J. Rothschild li sottometteranno all’Esecutivo, e solamente se ambo le parti saranno autorizzate dai mandanti a entrare in trattative sulla base delle concessioni concordate a Londra, potranno essere iniziate le trattative ufficiali, dalle quali è lecito attendere un’intesa la quale darà a noi pace e amicizia in Palestina e in tutto il vicino Oriente.
«Lo spirito conciliativo che ispira le conferenze dà buon auspicio per il futuro e rende possibile la desiderata soluzione, purchè mestatori di ambo le parti non mettano ostacoli al raggiungimento di essa».
Il giornale as-Saba (3), organo politico della Delegazione araba, scrive:
«La Delegazione araba non ha riconosciuto e non riconoscerà la dichiarazione Balfour, anche se la situazione politica si aggravasse. Perciò, per quale ragione alcuni giornali che prendono le loro notizie da fonti ben conosciute, tentano di dividere il popolo arabo e di metterlo contro la Delegazione che esso ha eletta e mandata in Europa? Perché essi si oppongono a una conferenza e ad uno scambio di idee che potrebbe essere di utilità al paese e migliorare la situazione locale?».
Il giornale arabo Bayt a-Maqdis (di Gerusalemme) del 9 dicembre scrive (4):
«Abbiamo avuto un’intervista con Gemal al-Huseini, segretario dell’Esecutivo della Delegazione araba, circa le trattative fra la Delegazione araba e il Dr. Weizmann, con l’intervento di Churchill. Interrogatolo se non sarebbe stato meglio di non partecipare a tale conferenza, per evitare che noi con questo riconosciamo il diritto dei Sionisti di ingerirsi nella politica della Palestina (diritto da noi sempre negato), egli rispose che la Delegazione non ha potuto, per cortesia, declinare l'invito; essa ha il diritto di prendere parte alla conferenza per studiare l’atteggiamento del nemico, ma nessuna decisione sarà presa senza consultare la nazione». (Zionist Executive Press Bureau di Gerusalemme, 9-12-1921). M. G.
__________
note:
(1) Cioè Debhar hayyom, che in ebraico significa “la notizia del giorno”. È un giornale di Gerusalemme.
«Quando la Delegazione araba giunse a Londra fu deciso di non fare alcun passo per un'intesa arabo-sionista. Musà Kazim Pascià e i suoi quattro colleghi musulmani e cristiani hanno dichiarato ripetutamente che ad essi era stato affidato dai loro elettori un solo mandato, e cioè la richiesta di abolizione della dichiarazione Balfour. Questa è la ragione per cui i membri della Delegazione rifiutarono di seguire il consiglio di Churchill, il quale chiese loro di incontrarsi con il Dr. Weizmann e di entrare in trattative con lui prima di essere ricevuti ufficialmente dal Segretario di Stato per le Colonie.
«Ed anche quando il Dr. Weizmann prese una determinazione eccezionale, nel desiderio di dimostrare il suo atteggiamento conciliativo, e scrisse una lettera di invito a Musà Kazim Pascià, questi, a nome degli altri membri, gli rispose di non poter accettare l'invito; finchè il Governo non avesse abolito la dichiarazione Balfour. Ciò pose fine alle trattative fra il Dr. Weizmann e la Delegazione araba e il Dr. Weizmann parti per Carlsbad per prendere parte al XII Congresso Sionista.
«Nel frattempo la Delegazione araba dedicò il suo tempo alla propaganda fra i Cristiani in Londra; e con l'aiuto di Lord Sydenham, Lord Lamington, della Morning Post, del Generale Waters Taylor, di Miss Newton e d’altri Inglesi, riuscì a destare l’interesse del pubblico per la questione. Ma ben presto la Delegazione si accorse che nei circoli governativi e nella stampa più influente le porte erano per essa chiuse. Così, per es., il Daily Mail dichiarò a uno degli Arabi che tentava di guadagnarlo alla sua causa, che nel giornale non si sarebbe potuto pubblicare nulla che fosse in opposizione alla dichiarazione Balfour. L’atteggiamento del Times verso il Sionismo è poi ben noto.
«Dopo un soggiorno di due mesi in Europa, la Delegazione cominciò a convincersi che nulla al mondo avrebbe potuto abolire la dichiarazione Balfour, e che la speranza nella possibilità della caduta di Lloyd George e nella formazione di un Governo meno amico dei Sionisti era anche vana. Ad eccezione degli oppositori del Governo, come Lord Sydenham e Lord Lamington e quei funzionari di Palestina che erano stati costretti a dimettersi dalle loro buone cariche in Gerusalemme, tutti dichiararono alla Delegazione che per essa vi era una sola possibilità di successo; e cioè un qualche accordo con i Sionisti, sulla base di reciproche concessioni.
«Questa la ragione per cui la Delegazione si indusse a prendere l’unico partito che le era rimasto, di vedere cioè quali condizioni avrebbero offerto i Sionisti in cambio del riconoscimento da parte degli Arabi della dichiarazione Balfour. Gli Arabi hanno dichiarato però che essi non possono prendere alcuna decisione prima di consultare i loro elettori in Palestina; ed egualmente i Sionisti si sono riservati, prima di ogni deliberazione, di consultare l’Esecutivo [sionista].
«Perciò le trattative sono di carattere unicamente preparatorio. Ambo le parti discuteranno tutti i punti di dissenso, come tutti i punti in cui possono essere concordi; e se esse potranno raggiungere i principali punti di partenza per l'accordo, e cioè il riconoscimento da parte degli Arabi della dichiarazione Balfour, e il riconoscimento da parte dei Sionisti della richiesta araba di una forma di Parlamento, la Delegazione araba tornerà in Palestina per esporre i risultati delle trattative. Il Dr. Weizmann e J. Rothschild li sottometteranno all’Esecutivo, e solamente se ambo le parti saranno autorizzate dai mandanti a entrare in trattative sulla base delle concessioni concordate a Londra, potranno essere iniziate le trattative ufficiali, dalle quali è lecito attendere un’intesa la quale darà a noi pace e amicizia in Palestina e in tutto il vicino Oriente.
«Lo spirito conciliativo che ispira le conferenze dà buon auspicio per il futuro e rende possibile la desiderata soluzione, purchè mestatori di ambo le parti non mettano ostacoli al raggiungimento di essa».
Il giornale as-Saba (3), organo politico della Delegazione araba, scrive:
«La Delegazione araba non ha riconosciuto e non riconoscerà la dichiarazione Balfour, anche se la situazione politica si aggravasse. Perciò, per quale ragione alcuni giornali che prendono le loro notizie da fonti ben conosciute, tentano di dividere il popolo arabo e di metterlo contro la Delegazione che esso ha eletta e mandata in Europa? Perché essi si oppongono a una conferenza e ad uno scambio di idee che potrebbe essere di utilità al paese e migliorare la situazione locale?».
Il giornale arabo Bayt a-Maqdis (di Gerusalemme) del 9 dicembre scrive (4):
«Abbiamo avuto un’intervista con Gemal al-Huseini, segretario dell’Esecutivo della Delegazione araba, circa le trattative fra la Delegazione araba e il Dr. Weizmann, con l’intervento di Churchill. Interrogatolo se non sarebbe stato meglio di non partecipare a tale conferenza, per evitare che noi con questo riconosciamo il diritto dei Sionisti di ingerirsi nella politica della Palestina (diritto da noi sempre negato), egli rispose che la Delegazione non ha potuto, per cortesia, declinare l'invito; essa ha il diritto di prendere parte alla conferenza per studiare l’atteggiamento del nemico, ma nessuna decisione sarà presa senza consultare la nazione». (Zionist Executive Press Bureau di Gerusalemme, 9-12-1921). M. G.
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note:
(1) Cioè Debhar hayyom, che in ebraico significa “la notizia del giorno”. È un giornale di Gerusalemme.
(3) Manca la data nella nostra fonte, nè noi possediamo l’originale. Cfr. pp. 480-481.
(4) Non ne abbiamo l’originale.
A. I, Nr. 8, p. 478
15 gennaio 1922, p. 478
Circolo Arabo-Ebraico a Gerusalemme. - Il giornale ebraico Haarez [Ha-ares «La terra»] di Gerusalemme riferisce che alcuni rappresentanti Arabi ed Ebrei si sono recentemente riuniti per discutere della costituzione di un Circolo Arabo-Ebraico, ove Arabi ed Ebrei possano incontrarsi amichevolmente e scambiare idee per promuovere un’intesa fra i due popoli. (Écho Sioniste,6-1-1922).
A. I, Nr. 8, p. 478-80
15 gennaio 1922
L’appello dell’Esecutivo Sionistico ai Sionisti di tutto il mondo.- Riportiamo, e in parte riassumiamo, dal settimanale Israel l’appello, che, dopo il Congresso sionistico di Carlsbad (1), il nuovo Esecutivo eletto dal Congresso ha rivolto a tutti i Sionisti del mondo, in occasione della Chanukkah (2) del 5682 [1921):
Ai Sionisti!
«Il Sionismo è entrato in una fase nuova. Dopo otto anni di lotta, la volontà sionista del popolo ebraico ha ritrovato la sua espressione storica a Carlsbad nel settembre del 1921. Sotto l'impressione di una catastrofe tale che il popolo ebraico non ne aveva viste di simili da secoli, il XII Congresso sionistico ha fatto il bilancio di tutto il recente passato ebraico. Ha espresso da una parte il suo dolore e la sua indignazione contro gli orribili atti di violenza antiebraica e ha riconosciuto, dall’altra parte, l'importanza dei grandi successi politici del Sionismo e sanzionato i prossimi lavori di ricostruzione della Palestina.
«Il Congresso sionistico ha legalizzato i fatti decisivi sopravvenuti dopo l’XI Congresso nel movimento sionistico e nella vita dell'Organizzazione sionistica. A mezzo del Congresso, il popolo ebraico ha preso atto della Dichiarazione Balfour, ha formulato le rivendicazioni ebraiche sulla Palestina e ha proclamato ancora una volta davanti al mondo intero le aspirazioni dell’ebraismo per l'avvenire. Dopo il Congresso di Carlsbad l’Organizzazione sionistica è ricostituita nella sua forma disciplinata. Tutti gli organi dell’O.S., l’Esecutivo, il Comitato di azione, il Consiglio economico, le Amministrazioni degli Istituti finanziari ecc. sono stati confermati od eletti costituzionalmente e conformemente alla volontà del Congresso.
«Il Congresso non aveva potuto riunirsi nè subito dopo il memorando giorno del 1917 (1). nè dopo la decisione di S. Remo. Numerosi fratelli e compagni d’idea erano rimasti separati gli uni dagli altri, fino al momento in cui, rimossi i gravi ostacoli di natura tecnica, la riunione degli eletti dalle masse sionistiche poté aver luogo. Fra gli storici avvenimenti destinati a lasciare la loro traccia nella storia ebraica dei tempi moderni e il Congresso di Carlsbad, sono passati mesi, anni, durante i quali l’entusiasmo agitò tutto il mondo ebraico e si espresse in innumerevoli, indimenticabili manifestazioni. Quando finalmente la rappresentanza di un milione di Ebrei sionisti si riunì a Carlsbad, il popolo ebraico voleva vedere trasformate in fatti concreti le possibilità scaturite dai grandi successi politici. Il problema dominante che riempì di sè tutti gli spiriti e pesò su tutte le deliberazioni del Congresso di Carlsbad, era quello della colonizzazione della Palestina a mezzo di grandi masse ebraiche”.
L’appello riassume quindi i risultati del Congresso di Carlsbad e considera poi le relazioni con gli Arabi:
Noi e gli Arabi.
Noi non misconosciamo affatto le difficoltà che proprio in questi due ultimi anni sono sorte per il nostro lavoro in Palestina. I nostri nemici sono, purtroppo, riusciti a eccitare una parte della popolazione araba contro i Sionisti, vale a dire contro le rivendicazioni del popolo ebraico sulla Palestina, e queste sobillazioni hanno provocato attacchi violenti contro l’inoffensiva popolazione ebraica. Per quanto noi abbiamo avuto modo di constatare che queste esplosioni sono state provocate artificialmente, tuttavia non ci siamo creati illusioni; abbiamo compreso tutta la difficoltà del problema e la responsabilità morale che noi assumiamo di fronte al mondo, come Ebrei e come Sionisti. Appunto perciò, al Congresso, noi abbiamo di nuovo precisato la nostra posizione nei confronti del popolo arabo. Noi abbiamo dimostrato al mondo e al nostro popolo che il nostro insediamento nel nostro paese non significa in nessun modo un’offensiva contro la popolazione araba, ma semplicemente la conservazione del popolo ebraico, nel più nobile senso della parola, e che anche gl’inizi della colonizzazione ebraica in Palestina, sono stati un inestimabile beneficio per la popolazione araba. Nonostante il sangue versato di fresco, nonostante gli atti di violenza commessi contro di noi dalla popolazione araba di Palestina, noi abbiamo nettamente dichiarato che non vogliamo nè abusare degli Arabi né menomare i loro diritti e che ci sforziamo sinceramente di arrivare ad un’intesa con loro. Ma quest’intesa deve avere come base il riconoscimento del diritto storico degli Ebrei alla Palestina e la loro aspirazione che ne deriva di crearvisi una sede nazionale. Quando le influenze che cercano oggi di creare il dissenso fra noi e gli Arabi non si faranno più sentire, quando la calma tornerà nelle file dei nostri vicini di Palestina, tutti vedranno che il progresso della sua popolazione araba è legato allo sviluppo economico e culturale del paese ad opera degli Ebrei, non solo perchè noi desideriamo questo progresso dal punto di vista morale, ma sopra tutto perchè sarà una conseguenza diretta dello sviluppo economico. Noi ben sappiamo che solo lentamente potremo giungere a convincere gli Arabi che la loro attuale politica, diretta contro di noi, è contraria ai loro interessi. Consideriamo perciò come un nostro dovere di proclamare che niente potrà distoglierci dal perseguire il nostro intento, che noi non potremo fermare neppur per un istante il nostro lavoro palestinese, ma che anzi tutte le energie ebraiche saranno messe in moto per raggiungere la mèta del Sionismo. Agli attacchi ingiusti risponderemo col nostro lavoro e con una nobile difesa. L’avvenire dimostrerà che la ricostruzione della Palestina, per la quale noi lavoriamo, assicurerà il benessere non solo del popolo ebraico, ma anche, alla fine, della popolazione araba».
Dopo alcune parole circa il Keren hajesod (6) e alcune considerazioni retrospettive, il documento passa a specificare i punti del programma che si propone di porre in atto:
«a) Prosecuzione dell’attività politica diretta a raggiungere la fissazione definitiva dei nostri diritti sulla Palestina. Consolidamento, nel senso più ampio, delle posizioni già esistenti in Palestina e specialmente protezione dell’Yischubh, secondo le decisioni già prese. Acquisto di diritti senza restrizioni per una immigrazione e colonizzazione in grande stile.
«b) Riorganizzazione della Organizzazione Sionistica. Risveglio del movimento dove è attualmente assopito. Influire su tutto il popolo ebraico perché aderisca all’Organizzazione Sionistica.
«c) Regolamento della Ricostruzione della Palestina, tanto delle imprese, che dipendono dall’Organizzazione Sionistica, quanto di quelle condotte in collaborazione con altre cerchie ebraiche. Con un lavoro di ricostruzione sistematico e metodico si deve arrivare ad ottenere che tutte le frazioni dell’ebraismo partecipino alla ricostruzione della Palestina e che abbiano piena fiducia nell’Organizzazione Sionistica. Si deve ottenere che il lavoro in Palestina diventi da se stesso un mezzo di propaganda e che i lavori economici compiuti attirino sempre alla creazione di nuove imprese.
«d) Si deve arrivare ad ottenere che ogni azione nella vita ebraica sia influita dallo spirito della concezione generale sionistica. Cosciente che la vita ebraica è una unità organica nella quale le diverse membra si completano e s’influiscono reciprocamente, il Sionismo deve sforzarsi di penetrare lo spirito di tutte le attività nelle quali si estrinseca la vita ebraica. Perchè della grande diversità delle attività che servono alla conservazione dell’ebraismo nel mondo intero, noi vogliamo creare un unico insieme che sia utile così al Popolo come alla Terra d’Israele.
A voi perciò, o Sionisti, compagni d’idea, si rivolge il nostro appello: Organizzate di nuovo tutti i vostri gruppi, fate che tutti i rami del lavoro siano capaci dell’azione più intensa, perché il programma del Sionismo è ampio, esso che al tempo stesso lavora per la conservazione del presente ebraico e prepara l’avvenire del popolo ebraico. Rinnovate il contenuto ideale della vostra organizzazione. Venite in stretti rapporti con la vita ebraica nelle sue diverse manifestazioni e influite su di essa con la vostra idea. Tenetevi in contatto continuo con l’Esecutivo dell’Organizzazione Sionistica da voi stessi eletto a Carlsbad. Di qui come di là deve in egual maniera sorgere la volontà di preparare una collaborazione regolare fra tutti gli Organi del Sionismo, di informare, illuminare e stimolare tutte le parti del nostro movimento, di mobilitare tutte le forze vive del Sionismo al servizio del movimento, affinchè la Palestina sia ricostruita e il movimento sionistico sia riconosciuto da per tutto come un fattore decisivo dalle masse ebraiche e dai dirigenti ebrei.
«Continuate con la stessa, anzi con maggiore energia che fin qui, il vostro lavoro per procurare le risorse finanziarie. Pagate la vostra decima e propagate il sistema della decima. Portate nelle cerchie ricche ed influenti, a qualunque campo esse appartengano, il convincimento che non possono sottrarsi, per nessun pretesto, al grande lavoro per la Palestina e alla responsabilità storica del loro popolo.
«Trovate tutti i fondi che possono servire al nostro scopo, riunite tutte le forze, quelle attive e quelle latenti, riaccendete lo zelo in tutti i cuori ebrei, e mettetevi voi stessi al lavoro, con tutte le vostre forze, per creare la Palestina ebraica.
«Possano tutti gli Ebrei riconoscere che la sorte del popolo ebraico dipende oggi da loro stessi!»
Londra-Gerusalemme, novembre 1921.
L’Esecutivo dell’Organizzazione Sionistica.
Seguono le firme dei membri dell'Esecutivo con a capo quelle di Weizmann e di Sokolow. (Israel di Firenze, 22-12-1921).
M. G.
(nt) Sul Qeren Hayyesod, che è tradotto di solito don «Fondo di ricostruzione». cfr. Oriente Moderno, fasc. 6°, p. 531.
(3) Se ne veda il resoconto in Oriente Moderno, fasc. 5°, pp. 292-293, e specialmente fasc. 6°, pagine 350-356.
(4) Cioè: “dedicazione" od “encenia"; è la festa annuale, istituita da Giuda Maccabeo, per ricordare la purificazione del Tempio (164 av, Cr.), dopo la profanazione di Antioco Epifane. Essa cade il 25 del nono mese ebraico e dura otto giorni.
(5) Allude al 2 novembre 1917, quando il ministro inglese Balfour fece la famosa dichiarazione della costituzione di una «sede nazionale» in Palestina per il popolo ebraico.
A. I, Nr. 8, p. 480-81
15 gennaio 1922
Stampa arabo-palestinese. - La Commissione Esecutiva del Congresso arabo-palestinese ha iniziato a Gerusalemme la pubblicazione del giornale arabo trisettimanale aas-Sabah, organo ufficiale del Congresso. Se ne pubblicherà quanto prima un’edizione inglese che prenderà il nome di Morning Post, come tributo di riconoscenza al quotidiano omonimo di Londra, difensore degli Arabi palestinesi.
In seguito alla pubblicazione dell’as-Sabah, l’al-Karmel, da 14 anni il principale giornale arabo antisionista della Palestina, si occuperà esclusivamente delle questioni economiche del Paese (Palestine, 24-12-1921).
Sull’istituzione permanente chiamata Congresso arabo-palestinese cfr. “Oriente Moderno”, fasc. 3°, p. 159 (e fasc. 2°, pp. 93-94; fasc. 5°, pp. 291-292).
In seguito alla pubblicazione dell’as-Sabah, l’al-Karmel, da 14 anni il principale giornale arabo antisionista della Palestina, si occuperà esclusivamente delle questioni economiche del Paese (Palestine, 24-12-1921).
Sull’istituzione permanente chiamata Congresso arabo-palestinese cfr. “Oriente Moderno”, fasc. 3°, p. 159 (e fasc. 2°, pp. 93-94; fasc. 5°, pp. 291-292).
A. I, Nr. 8, p. 481
15 gennaio 1922
Congiura contro l’Emiro Abdallah. - Le autorità della Transgiordania hanno arrestato tre individui, che avrebbero confessato di aver ricevuto l’incarico di uccidere l’Emiro ’Abdallah da alcuni capi di Damasco. Sono stati condannati a sette anni di carcere. (Daily Herald, 17-12-1921). V. V.
I giornali di Damasco pubblicano un comunicato ufficiale per smentire la voce, diffusa da alcuni giornalisti, che il Governo di Damasco avrebbe incaricato alcune persone di uccidere l’Emiro Abdallah.
Questa notizia può aver avuto origine da una sentenza del Tribunale militare di guerra (ad-diwan al-barbi al-askari) di Amman. (al-Haqiqah, arabo di Beirut, 31-12-192 1). V. V.
Amman, ad est del Mar Morto, è ora la capitale della Transgiordania; Rabbath Bene ’Ammon della Bibbia, Philadelphia dell'età tolemaica. - È da notare che viceversa i malevoli attribuivano ad emissari di Abdallah l’attentato del 23 giugno 1921 al generale Gouraud (Oriente Moderno, fasc. 2°, p. 77).
A. I, Nr. 8, p. 511-12
15 gennaio 1922
Morte del capo dei Bahai. – Il 27 novembre 1921 morì a Caiffa in Palestina Abbas Efendi al-Bahai, detto comunemente, Abd ul-Baha, capo della setta religiosa dei Bahai. Secondo quanto narra il corrispondente, da Caiffa, del giornale cattolico al-Basbir di Beirut (6-12-1921), i funerali ebbero luogo il mattino del 29 novembre con pompa straordinaria; vi intervennero l’Alto Commissario Britannico per la Palestina, il Governatore della città, i Consoli delle varie nazioni, il clero cristiano, i capi delle confraternite religiose musulmane, ecc., i quali accompagnarono il feretro sino al luogo (a metà del monte Carmelo) ov’è la tomba venerata del padre dell’estinto (tomba nota col nome di al-mazar al-bahai), e dove Abd ul-Baha venne sepolto dopo discorsi pronunziati da oratori di tutte le comunità religiose.
Abd ul-Baha era nato nel 1844. Suo padre Baha Ullah (nato il 12 novembre 1817 a Nur, nella provincia persiana del Mazandaran a sud del Mar Caspio, e morto esule forzato ad Akka o San Giovanni d’Acri, in Palestina, il 16 maggio 1892) aveva operato quella riforma del Babismo, che da lui prese il nome di Bahaismo e che ormai usciva dal campo dell’islam e delle altre religioni positive per divenire una specie di religione umanitaria universale, la quale trovò alcuni entusiasti adepti nel mondo occidentale, sopra tutto fra Americani del Nord. Alla morte del padre, Abd ul-Baha divenne capo del movimento Bahaista. La rivoluzione dei Giovani Turchi del 1909 lo liberò dall’obbligo di risiedere a S. Giovanni d’Acri; sicché egli, tre anni dopo, fece lunghi viaggi in Europa e nell’America
del Nord, tenendo discorsi in varie chiese protestanti ed in varie riunioni a Parigi, a Londra, a Edinburgo e negli Stati Uniti, ove anzi il 1° maggio 1912consacrà un vasto terreno a nord del lago Michigan perchè vi fosse eretto un luogo di riunione bahaista. Tornato in Palestina, si stabilì a Caiffa e, grazie al suo aspetto maestoso ed al suo grande ardore spirituale, acquistò notevole influenza.
Secondo lui la rivelazione ricevuta da suo padre (gia discepolo del famoso persiano Mirza Ali Mohammed, detto il Bab) contiene le verità essenziali di tutte le religioni; pertanto egli affermava:
«Questo è un nuovo ciclo dell’umano potere… Questa è l’ora dell’unità dei figli degli uomini, e dello stringersi insieme di tutte le razze e di tutte le classi. Il dono di Dio a questa età illuminata è la conoscenza dell’unicità (oneness) dell’umanità e della fondamentale unicità della religione.
«Dovranno cessare le guerre fra le nazioni, e, per volontà di Dio, verrà la massima pace, ed il mondo apparirà come un mondo nuovo, e tutti gli uomini vivranno come fratelli». Quindi il principio dell’arbitrato e l’istituzione del «Parlamento dell’uomo» erano fra i suoi scopi fondamentali; e come suo padre Baha Ullah consigliava la formazione o la scelta d’una lingua universale, quale mezzo di comunicazione internazionale da insegnarsi a tutti i ragazzi, così Abd ul-Baha raccomandava a tutti i Bahai lo studio dell’Esperanto. I luoghi comuni delle dottrine umanitarie moderne erano da lui esposti con pittoresco linguaggio orientale e come parte di rivelazioni spirituali dirette venute al capo del movimento.
Secondo il Times del 30 novembre scorso Abd ul-Baha poco mancò che fosse assassinato dai Turchi durante lo sgombero della Palestina nel 1918. Le autorità britanniche riconobbero la sua posizione influente, ed il Governo inglese, per suggerimento dello stesso generale Allenby (allora comandante in capo dell’esercito in Palestina), gli conferì l’alto titolo onorifico di Sir. Abd ul-Baha non lascia alcun successore a capo del Bahaismo, il quale sarà diretto da un Consiglio di dodici membri; suo nipote Shoghi Rabbani è ora studente ad Oxford. - N.
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La questione araba e l’Emiro Abdallah della Transgiordania
La questione araba e l’Emiro Abdallah della Transgiordania
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 9, p. 531-33
15 febbraio 1922
La questione araba e 1’Emiro Abdallah della Transgiordania. - Il 30 dicembre un redattore del giornale arabo al-Karmel di Caiffa (organo antisionista della società musulmano-cristiana di Palestina), insieme allo sceicco influente Kamil al-Qassab (antico consigliere dell’Emiro Faisal quando questo governava a Damasco), ha avuto un colloquio con l’Emiro ‘Abdallah, capo della Transgiordania, di passaggio per Caiffa.
Il redattore osserva che non ebbe a fare anticamera nè cerimonie per essere ricevuto· all' appuntamento prestabilito; ma ch’egli ed il suo compagno «entrarono, come entrava la gente presso i «primi quattro Califfi democratici; mentre l’Emiro si alzava, moveva alcuni passi per andar’ loro incontro, e, dopo il saluto arabo e la stretta di mano, ordinava loro di sedere». L’Emiro, esprimendosi in arabo elegante e con eloquio facile, come fosse persona abituata all’oratoria, parlò prima dell’mportanza del giornalismo. Poi i due visitatori gli dissero che le speranze loro erano rivolte a lui;
poiché la nazione [araba] è oggi disgregata come lo era al tempo dell’illustre antenato dell’Emiro, il profeta Maometto, il quale la unificò e le diede quelle basi d’azione per cui essa giunse a quel grado insigne di cultura, di potenza e di gloria che si ebbe nell’età dei Califfi omayyadi ed abbasidi. Oggi il mondo arabo attende che l’Emiro operi in modo analogo per ricondurre la nazione alla sua storia gloriosa.
poiché la nazione [araba] è oggi disgregata come lo era al tempo dell’illustre antenato dell’Emiro, il profeta Maometto, il quale la unificò e le diede quelle basi d’azione per cui essa giunse a quel grado insigne di cultura, di potenza e di gloria che si ebbe nell’età dei Califfi omayyadi ed abbasidi. Oggi il mondo arabo attende che l’Emiro operi in modo analogo per ricondurre la nazione alla sua storia gloriosa.
L’Emiro risposè : «Voi dite giusto; ma all’epoca del Profeta ed a quella dei primi quattro Califfi (i “Califfi operanti rettamente’) la nazione aveva qualità morali più solide (amtan akhlaqan) di quelle che ha ora; nè le Potenze [straniere] avevano a quel tempo il grado di progresso e di preparazione che oggi possiedono. Non dico ciò per indebolire i saldi propositi, ma, al contrario, per spiegare che la situazione odierna richiede qualità e sforzi proporzionati al divario che è fra il passato e l’oggi». Parlò poi a lungo della necessità di curare l’educazione morale (tarbiyat al-akhlaq) e la conoscenza della storia; senza le quali due cose la nazione non potrebbe risorgere.
Dopo uno sguardo alla storia dei Califfi omayyadi ed abbasidi, l’Emiro disse: «Nella passata fioritura araba ebbero larga parte gli Arabi cristiani, senza contare che essi furono fra i maggiori ausiliari del profeta arabo (1). Si aggiunga che essi contribuiscono molto alla fioritura araba contemporanea, e specialmente a quella della lingua che è il fondamento della fioritura sociale. Essi perciò sono Arabi (checchè dicano coloro i quali si ostinano a dire il contrario) e, lo vogliano o non lo vogliano, soci dei loro fratelli musulmani nei vantaggi e nei danni, nella gloria e nell’abbiezione». L’Emiro crede che gli Arabi non potranno avere un’esistenza sociale senza l’unione degli Arabi musulmani con quelli cristiani.
Dopo aver studiato la biografia del Profeta e la storia delle varie dinastie arabe e le condizioni degli Arabi nell’epoca turca ancor prima della guerra, quando gli Sceriffi (2) venivano condotti a Costantinopoli ed incaricati di fare preghiere a favore dei Sultani, l’Emiro fin da quel momento sentì la necessità di far sorgere una rivoluzione e di emancipare gli Arabi. L’animo suo fu tranquillo riguardo allo stato di spirito degli Arabi durante tutto il tempo della guerra, e non credette che essi dopo l’armistizio si dividessero fra loro e volessero la separazione, anzi credeva ch’essi rimarrebero solidali fino al conseguimento della loro indipendenza, e che dopo questa si sarebbero accordati fra loro per dare ad ogni regione i diritti conformi al loro [gradi di] preparazione ed alle loro condizioni di spirito, e l’autonomia interna.
Disse inoltre l’Emiro che la cosa più antipatica per lui sono il titolo di Regno e di Emirato. La nazione [araba] ha ottenuto un re nel Higiaz (3); ciò basta quanto al nome ed al conferimento [di siffatto titolo]. Egli vorrebbe che nella nazione il comando appartenesse ad una [unica] ziamah (“carica di capo”), e che gli affari della nazione fossero affidati ad un zaim («capo, presidente») capace; quando questo fosse stanco, la ziamah verrebbe trasferita ad un altro, finché la nazione raggiungesse il suo scopo principale, comprendesse il senso della [sua] interezza e intendesse il valore dell’unità. Dopo, ogni regione potrebbe cominciar a considerare i suoi bisogni particolari, pur continuando a rispettare gl’interessi generali.
Il giornalista aggiunse di aver saputo che l’Emiro parlà con altre persone dei sospetti messi in giro circa la sua connivenza con la banda che commise un attentato contro il generale Gouraud [il 23 giugno 1921; cfr. Oriente Moderno, fasc. 2°, p. 77 col. II), e dichiarò d’essere superiore a simili azioni, le quali, per giunta, sono perfettamente inutili; giacchè il generale fu inviato in Siria dalla Francia, la quale, s”egli fosse ucciso, ne manderebbe un altro.
Il giornalista dice che quanti ebbero l’onore di avvicinare S. A. l’Emiro rimasero ammirati del suo ingegno, della sua franchezza, della sua vasta cultura; «l’elevatezza di S. A. l’Emiro in questa sua visita alla Palestina ci ha fatto conoscere che egli è quell’uomo della ziamah che la nazione esige nei paesi arabi. Ma egli ha bisogno di collaboratori devoti e saggi, che operino per l’interesse pubblico senza scopi personali. Se la nazione [araba] vuole prosperare, deve raccogliersi intorno all’Emiro ed allontanare da sè ogni ipocrita, ogni maldicente, ogni interessato... Se intorno all’Emiro non saranno uomini di belle qualità morali, di cultura e di sentimenti, l’Emiro, per quanto grande, non potrà compiere opera grande). (al-Karlel, 31-12-1921 ).
note:
(1) Probabilmente allude al fatto che Maometto, prima del suo trasferimento dalla Mecca a Medina nell’estate-autunno del 622, aveva mandato un gruppo di suoi seguaci, perseguitati dai pagani meccani, nell’Abissinia (già allora cristiana), ove essi trovarono ottima accoglienza ed ove rimasero a lungo.
(2) Intende gli Sceriffi del ramo di Qatadah, i quali, dagl’inizi del sec. XIII, hanno la supremazia alla Mecca, ed ai quali appartiene anche l’Emiro ’Abdallah.
(3) Si noti che il Re Husein è padre dell’Emiro Abdallah e del Re Faisal della Mesopotamia.
Dopo uno sguardo alla storia dei Califfi omayyadi ed abbasidi, l’Emiro disse: «Nella passata fioritura araba ebbero larga parte gli Arabi cristiani, senza contare che essi furono fra i maggiori ausiliari del profeta arabo (1). Si aggiunga che essi contribuiscono molto alla fioritura araba contemporanea, e specialmente a quella della lingua che è il fondamento della fioritura sociale. Essi perciò sono Arabi (checchè dicano coloro i quali si ostinano a dire il contrario) e, lo vogliano o non lo vogliano, soci dei loro fratelli musulmani nei vantaggi e nei danni, nella gloria e nell’abbiezione». L’Emiro crede che gli Arabi non potranno avere un’esistenza sociale senza l’unione degli Arabi musulmani con quelli cristiani.
Dopo aver studiato la biografia del Profeta e la storia delle varie dinastie arabe e le condizioni degli Arabi nell’epoca turca ancor prima della guerra, quando gli Sceriffi (2) venivano condotti a Costantinopoli ed incaricati di fare preghiere a favore dei Sultani, l’Emiro fin da quel momento sentì la necessità di far sorgere una rivoluzione e di emancipare gli Arabi. L’animo suo fu tranquillo riguardo allo stato di spirito degli Arabi durante tutto il tempo della guerra, e non credette che essi dopo l’armistizio si dividessero fra loro e volessero la separazione, anzi credeva ch’essi rimarrebero solidali fino al conseguimento della loro indipendenza, e che dopo questa si sarebbero accordati fra loro per dare ad ogni regione i diritti conformi al loro [gradi di] preparazione ed alle loro condizioni di spirito, e l’autonomia interna.
Disse inoltre l’Emiro che la cosa più antipatica per lui sono il titolo di Regno e di Emirato. La nazione [araba] ha ottenuto un re nel Higiaz (3); ciò basta quanto al nome ed al conferimento [di siffatto titolo]. Egli vorrebbe che nella nazione il comando appartenesse ad una [unica] ziamah (“carica di capo”), e che gli affari della nazione fossero affidati ad un zaim («capo, presidente») capace; quando questo fosse stanco, la ziamah verrebbe trasferita ad un altro, finché la nazione raggiungesse il suo scopo principale, comprendesse il senso della [sua] interezza e intendesse il valore dell’unità. Dopo, ogni regione potrebbe cominciar a considerare i suoi bisogni particolari, pur continuando a rispettare gl’interessi generali.
Il giornalista aggiunse di aver saputo che l’Emiro parlà con altre persone dei sospetti messi in giro circa la sua connivenza con la banda che commise un attentato contro il generale Gouraud [il 23 giugno 1921; cfr. Oriente Moderno, fasc. 2°, p. 77 col. II), e dichiarò d’essere superiore a simili azioni, le quali, per giunta, sono perfettamente inutili; giacchè il generale fu inviato in Siria dalla Francia, la quale, s”egli fosse ucciso, ne manderebbe un altro.
Il giornalista dice che quanti ebbero l’onore di avvicinare S. A. l’Emiro rimasero ammirati del suo ingegno, della sua franchezza, della sua vasta cultura; «l’elevatezza di S. A. l’Emiro in questa sua visita alla Palestina ci ha fatto conoscere che egli è quell’uomo della ziamah che la nazione esige nei paesi arabi. Ma egli ha bisogno di collaboratori devoti e saggi, che operino per l’interesse pubblico senza scopi personali. Se la nazione [araba] vuole prosperare, deve raccogliersi intorno all’Emiro ed allontanare da sè ogni ipocrita, ogni maldicente, ogni interessato... Se intorno all’Emiro non saranno uomini di belle qualità morali, di cultura e di sentimenti, l’Emiro, per quanto grande, non potrà compiere opera grande). (al-Karlel, 31-12-1921 ).
N.
________note:
(1) Probabilmente allude al fatto che Maometto, prima del suo trasferimento dalla Mecca a Medina nell’estate-autunno del 622, aveva mandato un gruppo di suoi seguaci, perseguitati dai pagani meccani, nell’Abissinia (già allora cristiana), ove essi trovarono ottima accoglienza ed ove rimasero a lungo.
(2) Intende gli Sceriffi del ramo di Qatadah, i quali, dagl’inizi del sec. XIII, hanno la supremazia alla Mecca, ed ai quali appartiene anche l’Emiro ’Abdallah.
(3) Si noti che il Re Husein è padre dell’Emiro Abdallah e del Re Faisal della Mesopotamia.
A. I, Nr. 9, p. 537-38
15 febbraio 1922
Progetto di costituzione palestinese. – Il ministro delle Colonie ha ricevuto il 4 febbraio la Delegazione Palestinese cui ha comunicato il progetto di una costituzione del governo della Palestina. Non si tratta di un piano definitivo, ma piuttosto di proposte destinate a servire di base alle discussioni. Esse verranno comunicate anche all’Organizzazione Sionista.
Risulta che il Ministero delle Colonie intende costituire in Palestina un’amministrazione analoga a quelle delle cosidette Colonie della Corona (Crown Colonies) che godono di un primo stadio di Governo rappresentativo; l’Alto Commissario o Governatore vi esercita un potere assoluto, ma ha accanto un Consiglio Legislativo, di carattere consultivo, composto in maggiorànza di membri riominati dal Governatore stesso. Tale sistema ha guidato i primi passi di quasi tutti gli attuali Dominions autonomi, ed esiste ancora in alcune colonie inglesi.
Date le speciali condizioni della Palestina, vi saranno speciali salvaguardie per la libertà e l’eguaglianza religiosa e per la conservazione dei tribunali religiosi Musulmani, Cristiani ed Ebraici.
Tale costituzione potrebbe riuscire gradita ai Musulmani ed ai Cristiani, purché accompagnata da un Governo giusto e veramente inglese. Ma - nota il Morning Post [giomale simpatizzante con la Delegazione Palestinese] - l’Immigrazione ebraica, regolata da un’Associazione ebraica internazionale e sospetta di simpatie bolsceviche, e sostenuta dal Governo Britannico, rappresenta un formidabile ostacolo. Se la nuova costituzione non farà che legalizzare la situazione attuale senza rimediarvi, i Palestinesi si troveranno assai peggio di prima. (Morning Post, 6-2-1922). -V. V.
A. I, Nr. 9, p. 538
15 febbraio 1922
Gli affari musulmani in Palestina. - Un telegramma dell’Agenzia Reuler da Gerusalemme, in data 9 gennaio, annunzia che è stato eletto a grande maggioranza di voti a «Capo degli ulama della Palestina» Amìn al-Husaini, muftì di Gerusalemme. Inoltre furono eletti altri quattro personaggi, i quali formeranno la “Commisione dei waqf musulmani”, che, sotto la presidenza del Capo degli ‘ulamaì’, avrà la sorveglianza di tutti i consessi (magalis), tribunali e waqf musulmani.
Dal giornale al-Karmel del 14 gennaio risulta che le elezioni ebbero luogo [il 9 gennaio] sotto la direzione del funzionario inglese preposto al Segretariato civile dell’amministrazione palestinese, e che con esse si è esaudito il desiderio dci Musulmani di saper affidati a loro correligionari gli affari prettamente islamici (1). I quattro membri sono: al-hagg Sa'id ash-Shawwa', 'Abdullah ad-Duganì, 'Abd al-Latif Salah ed il mufti (anonimo) di Caiffa.
Elettori furono i membri dell’Assemblea generale. - N.
A. I, Nr. 9, p. 538-39
15 febbraio 1922
I latifondisti palestinesi e i Sionisti. – In un articolo intitolato - dalla nota favola di Esopo - Il manico della scure, il noto giornale arabo antisionista di Caiffa al-Karmel denuncia quei latifondisti che hanno venduto terreni ai coloni Ebrei. Nagib Sursoq, ex senatore ottomano e che si vanta di rappresentare la maggioranza dei Cristiani di Siria, ha venduto loro 26,000 dunam (1) di terra nella vasta pianura di Merg Ibn ‘Amir. La famiglia Khuri, che fra i suoi membri il presidente della Camera di Commercio di Caiffa ed uno dei capi della Società Cristiana [nazionalista], ha fatto lo stesso. A Damasco la famiglia dei Sadah Umariyyah, discendenti del grande Califfo Omar, cerca di vendere ai Sionisti alcuni terreni presso Giaffa, eretti in waqf della famiglia dal Governo Ottomano in grazia della sua origine illustre. Anche il nipote del celebre Emiro algerino ‘Abd al-Qader, che risiede a Damasco, mira a vendere terreni donati dalla Turchia al suo illustre nonno perché servissero agl’ immigrati algerini; cosa molto strana se si pensa ch’egli si atteggia ad aspirante al trono Siria, con programma nazionale ed antisionista.
È spiegabile che il sionista dott. Weizmann domandi che siano tolte le restrizioni all’immigrazione ebraica: i latifondisti palestinesi mettono a sua disposizione le loro terre; essi sono il manico della scure, che tolto alla foresta, permette che la foresta cada sotto la scure. (al-Karmel, 4-1-1922).
V. V
In altro articolo il Karmel protesta contro tale mancanza di sentimento nazionale. Occorre rebbe una legge contro i latifondisti, che possiedono enormi estensioni di terreno e sono incapaci di farli fruttare; giustizia vorrebbe che il Governo li privasse delle terre eccedenti un limite equo, e che impedisse loro di concludere vendite dannose all’interesse nazionale.
Il Karmel protesta contro la JCA (Jewish Colonizing Association) che ha cominciato a piantare alberi nei dintorni di Cesarea, che considera terreni incolti, rovinando quattro tribù nomadi,'che traevano da quei terreni con la pastorizia i loro unici mezzi di sussistenza. Nello stesso modo i Sionisti si sono impadroniti di 34,000 dunam di terre senza consultare gli abitanti.
Ora si dice che i Beduini al-'Ayyatyn, ad-Damairah, ed altri, hanno incaricato il sayyid Wadi al-Bustani di difendere i loro diritti. Il Karmel si augura che il loro esempio trovi imitatori, e intanto domanda al Governo di render note alla stampa le disposizioni che hanno permesso all’JCA di impadronirsi di quei terreni; intanto la Società Cristiano-Musulmana di Caiffa dovrebbe occuparsi della questione, poichè i terreni predetti si trovano nella zona della Fenicia. (al-Karmel, 14-1-1922).
V. V.
(1) È la misura turca donum, che corrisponde a 900 metri quadrati.
da: Oriente Moderno,A. I, Nr. 9, p. 539
15 febbraio 1922
Associazione Palestinese nel Messico. - La colonia palestinese cristiana di Monterey nel Messico ha costituito una Società Araba Palestinese per servire la causa nazionale, ed ha mandato telegrammi a Lloyd George, al Papa e alla Società delle Nazioni per protestare contro la Dichiarazione Balfour, ed al Presidente della Delegazione Araba Palestinese a Londra per incoraggiarlo nella sua missione (al-Karmel, 14-1-1922).
V. V.
A. I, Nr. 9, p. 539
15 febbraio 1922
Gendarmeria britannica in Palestina. – Il Ministero inglese delle Colonie pubblica il seguente comunicato: In applicazione del programma generale di riduzione delle spese imperiali nel Medio Oriente, il Ministro delle Colonie [Churchill] d’accordo col Governo della Palestina, ha deciso di arruolare un piccolo corpo di gendarmeria britannico per la Palestina. Esso consisterà di circa 700 uomini, ufficiali compresi, sarà aggiunto alle attuali forze di polizia e gendarmeria della Palestina, ma verrà reclutato e amministrato separatamente. Sarà istruito e armato come polizia militare, e normalmente impiegato in servizio di polizia; si potrà adoperare, in caso di necessità, come corpo militare.
Saranno presi accordi speciali per reclutarlo dalle unità preesistenti che saranno disciolte durante l'anno. (Times, 18-1-1922).
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La Delegazione Palestinese e l’immigrazione ebraica
La Delegazione Palestinese e l’immigrazione ebraica
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 9, p. 539
15 febbraio 1922
La Delegazione palestinese e l’immigrazione ebraica. – L’ufficio della Commmissione Esecutiva del Congresso Arabo-Palestinese, a Gerusalemme, comunica al Karmel che il Ministero delle Colonie aveva invitato la Delegazione Palestinese, che si trova ancora a Londra, a conferire con i Sionisti; la Delegazione, data l’interpretazione ufficiale del Governo circa la Dichiarazione Balfour, favorevole alla costituzione, in un avvenire più o meno lontano, di un Governo ebraico in Palestina, rifiutò il colloquio, che avrebbe implicato il riconoscimento dell’Organizzazione Sionista quale ente autorizzato a ingerirsi negli affari della Palestina, e dichiarò al Governo che non ammetteva che agli Ebrei non indigeni fossero riconosciuti gli stessi diritti politici che agli Arabi palestinesi, e che l’immigrazione dev’essere controllata da un Governo nazionale, solo atto a giudicare della capacità del paese a ricevere immigrati. Il Ministro delle Colonie, Mr. Churchill, invitò allora il Capo della Delegazione al Ministero e gli disse che il colloquio con i Sionisti aveva lo ,scopo di discutere le restrizioni da applicarsi all’immigrazione. Il Presidente ripetè il suo rifiuto, invocando l'esclusiva competenza del Governo Nazionale; e Churchill promise di tornare sulla questione, dandole una forma più ampia, dopo le vacanze dell’anno nuovo. (al-Karmel, 14-1-1922). V. V.
A. I, Nr. 9, p. 539-540
15 febbraio 1922
Il Comitato Palestinese in Egitto ha diramato la seguente circolare, in seguito a dicerie sparse dopo il Congresso siro-palestinese tenutosi a Ginevra nello scorso settembre:
«Considerando che alcuni giornali della Siria hanno biasimato il Comitato per aver inviato la circolare del 2 novembre alla Palestina e non alla Siria, quasi avesse fatto supporre ch’esso consideri la Palestina separata dalla Siria, il Comitato, a chiarimento dell’accaduto, stima opportuno proclamare per la seconda volta lo scopo per il quale esso si è costituito e per il quale lavora, pubblicando il seguente suo Statuto:
«Il nome. - l° Questo comitato si chiama “Comitato Palestinese in Egitto”, ed ha per centro il Cairo.
«Lo scopo. - 2° - a) L’attenersi all’indipendenza del paese ed all’unità siriana. - b) La tutela dei diritti politici, nazionali e religiosi dei Palestinesi, e delle tradizioni del paese, senza riconoscere la “patria nazionale ebraica”.
«I mezzi. – a) Lavorare per la fondazione d’un Governo patrio rappresentativo. – b) Aiutare le iniziative del popolo palestinese in Palestina, in accordo con i principii predetti. - c) Valersi di tutti i mezzi legali per attuare le speranze del paese».
«I mezzi. – a) Lavorare per la fondazione d’un Governo patrio rappresentativo. – b) Aiutare le iniziative del popolo palestinese in Palestina, in accordo con i principii predetti. - c) Valersi di tutti i mezzi legali per attuare le speranze del paese».
Il giornale arabo di Caiffa al-Karmel, che pubblica questo comunicato nel numero del 3 dicembre 1921, aggiunge la, seguente postilla: «Non si può dire che questa sia una spiegazione». N.
A. I, Nr. 9, p. 540
15 febbraio 1922
La situazione nella Transgiordania. – II corrispondente palestinese dell’al-Bashir di Beirut dipinge l’anarchia che continua a regnare nel paese malgrado gli sforzi dell’Emiro ’Abdallah per far cessare i continui conflitti fra le tribù. Ultimamente i vari delegati britannici, sparsi nelle varie località, avevano come loro capo il maggiore Abramson residente ad Amman; essi tutti invocavano l’intervento temporaneo di truppé inglesi per rimetter l’ordine. Stavano per ottenerlo, quando il Ministero inglese delle colonie mandò il colonnello Lawrence (1), grande fautore del “regno arabo ”, con un’apposita commissione incaricata di studiare i problemi locali. La commissione disapprovò la condotta dell’Abramson e dei suoi collaboratori, volle la separazione della Transgiordania dalla Palestina (2), stabilì che fossero richiamati Abramson e gli altri delegati britannici e che la rappresentanza inglese fosse affidata ad una sola persona (il Lawrence), residente con l’Emiro ’Abdallah ad ‘Amman. Il colonnello Lawrence si diede molto da fare; per intimorire il paese lo fece percorrere da tanks; ma dopo due mesi, non vedendo alcun frutto dalle sue fatiche, decise di lasciare la Transgiordania.
Allora il suo posto fu preso dal maggiore Philby. Ma le cose rimangono come prima. Oggi nella zona di el-Kerak gli abitanti si ammazzano fra di loro; le ultime notizie ufficiali davano 9 uccisi ed alcune decine di feriti, di cui alcuni gravemente. Nella zona di ‘Aglun non si riconosce capo nè Governo. Meno peggio è la situazione della el-Belqa'. (alBasbir,
arabo cattolico di Beirut, 26-1-1922). N.
A. I, Nr. 9, p. 540
15 febbraio 1922
Rappresentante inglese in Transgiordania. – In data 29 novembre 1921 scrivono da Amman, capitale della Transgiordania, ad al-Karmel che il Governo inglese ha nominato come suo rappresentante Mr. Philby (prima rappresentante inglese presso l’Emiro Ibn Saud nel Negd), in luogo di Mr. Abramson. (al-Karmel, 7-12-1921).
Uno dei molivi della sostituzione è stato il desiderio degli abitanti di non avere fra loro un rappresentante ebreo. Cfr. inoltre qui sopra la notizia sulla «Situazione in Transgiordania».
È da notare che qui, e nei numeri seguenti, il giornale designa la Transgiordania col tilolo di Hukumat ash-sharq al-arabiyyah «Governo arabo dell’Oriente», anziché col nome, fino allora sempre usato da tutti, di Sharqui al-Urdunn «Territorio ad del Giordano». Ciò sembra molto sintomatico per le aspirazioni dell’Emiro Abdallah.
In altro numero il Karmel pubblica alcuni cenni molto laudativi di Mr. Philby. Egli ha attraversato tutta intera l’Arabia insieme a due compagni, e non è inferiore ad alcuno per la conoscenza generale di quei paesi, su cui ha scritto tre volumi.
Ha visitato i due Imam dello Yemen, al-Idris e Yahya, con cui mantiene rapporti cordiali, e ha, dimorato a lungo presso Ibn Saud, che gli è molto affezionato, e con cui spera di concludere un accordo ove se ne presenti l’occasione favorevole. Egli è tenuto in gran conto negli ambienti governativi, e si nutrono le migliori speranze sulla sua attività di vero amico degli Arabi in Transgiordania. (al-Karmel, 7-1-1922). V.V.
Sugl’importanti risultati geografici dei viaggi di H. St. B. Philby in Arabia si veda il suo articolo Southern Najd nel Geographical Journal di Londra vol. LV, n. 3, March 1920, pp. 161-191 (con carta 1:1.250.000). N.
A. I, Nr. 9, p. 540-41
15 febbraio 1922
Abdallah a Londra? – Corre voce che l’Emiro Abdallah sarebbe stato chiamato a Londra dal Governo britannico, e che il fratello Emiro Zeid lo sostituirebbe temporaneamente nella Transgiordania, che si trova in condizioni tranquille. (La Syrie, 21-12-1921).
L’Emiro Abdallah si è recato a S. Giovanni d’Acri; la stampa palestinese parla di un viaggio di piacere, ma in realtà si tratta di un viaggio politico. (La Syrie, 31-12-1921). V. V.
Si vedano qui sopra, pp. 531-532, le dichiarazioni fatte dall' Emiro Caiffa sulla questione araba.
da: Oriente Moderno,L’Emiro Abdallah si è recato a S. Giovanni d’Acri; la stampa palestinese parla di un viaggio di piacere, ma in realtà si tratta di un viaggio politico. (La Syrie, 31-12-1921). V. V.
Si vedano qui sopra, pp. 531-532, le dichiarazioni fatte dall' Emiro Caiffa sulla questione araba.
A. I, Nr. 9, p. 541
15 febbraio 1922
Arruolamenti nella Transgiordania. – La Syrie, che segue con sospetto gli avvenimenti della Transgiordania, segnala una ripresa di arruolamenti volontari nel distretto di Amman, in vista delle prossime manovre. (La Syriw., 25-12-1921) V. V.
da: Oriente Moderno,A. I, Nr. 10, p. 593
15 marzo 1922
Incerta situazione della Transgiordania. - L’incerta situazione giuridica e politica della Transgiordania è stata oggetto di discussione alla Camera dei Lords. Lord Raglan ha lamentato che, senza consultare la popolazione, si sia fatto dono della Transgiordania all’Emiro Abdallah, sussidiandolo con 5000 lire sterline al mese, che gravano, unitamente alle spese per la gendarmeria, sull’Inghilterra. Ed intanto la popolazione ne ha a sufticienza dell’Emiro. Lord Sutherland ha risposto facendo due importanti dichiarazioni:
l° Che l’obbiettivo della politica inglese in Transgiordania è di impedire che essa diventi un centro di perturbamento per la Palestina e la Siria. La sicurezza pubblica è ormai garantita, e si è evitato ogni causa di attrito coi Francesi.
2° L’autorità britannica in Transgiordania deriva dal mandato assegnatole. Avendo gli alleati invitato l’emiro Abdallah a dirigere l’amministrazione del paese, questi accettò ed adempì soddisfacentemente il suo compito. Non è esatto che riceva un sussidio di cinquemila sterline mensili dalla Gran Bretagna
l° Che l’obbiettivo della politica inglese in Transgiordania è di impedire che essa diventi un centro di perturbamento per la Palestina e la Siria. La sicurezza pubblica è ormai garantita, e si è evitato ogni causa di attrito coi Francesi.
2° L’autorità britannica in Transgiordania deriva dal mandato assegnatole. Avendo gli alleati invitato l’emiro Abdallah a dirigere l’amministrazione del paese, questi accettò ed adempì soddisfacentemente il suo compito. Non è esatto che riceva un sussidio di cinquemila sterline mensili dalla Gran Bretagna
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 10, p. 594-96
15 marzo 1922
Consiglio supremo musulmano della Sceria in Palestina. – Un decreto, datato 20 dicembre 192 e pubblicato il q° gennaio 1922 nella Official Gazzette di Gerusalemme (1), provvede alla formazione di enti musulmani regolari per sorvegliare gli Awqaf musulmani, i Tribunali della Sceria, e l’amministrazione degli affari musulmani in generale. Nel fasc. 9°, p. 538, di Oriente Moderno è stata data notizia della nomina dei membri del Consiglio Supremo; qui diamo la traduzione complela del decreto suddetto.
CONSIGLIO SUPREMO MUSULMANO DELLA SCERIA
(Supreme Moslem Sharia Council)
Art. 2. Sarà costituito un ente musulmano (a Moslem Body) per la sorveglianza e l’amministrazione (management) degli awqaf e degli affari musulmani in Palestina; esso prenderà il nome di Consiglio Supremo Musulmano della Sceria, ed avrà la sua sede centrale (headquarters) a Gerusalemme.
Art. 2. Il Consiglio sarà composto di un Presidente, che avrà il titolo di Rais el Ulema, e di quattro membri, due dei quali rappresenteranno il liwa (2) di Gerusalemme, e gli altri due rispettivamente i liwa di Nablus e di S. Giovanni d’Acri.
Il Rais al-Ulama sarà il Presidente permanente del Consiglio. I membri saranno eletti per un periodo di quattro anni.
Art. 3. Nessuna persona che percepisca uno stipendio potrà far parte del Consiglio (eccetto un mudarris od un muallim d’una scuola superiore).
Art. 4. Il Rais al-Ulama sarà eletto per mezzo di elezione generale, secondo norme che il Consiglio stabilirà con un regolamento (law) speciale, che determinerà anche le sue funzioui, la sua posizione (status) ed il suo diritto di precedenza (precedence).
Art. 5. Ogni membro del Consiglio sarà eletto dagli elettori di secondo grado (secondary election) eletti dagli abitanti del liwa che egli dovrà rappresentare, secondo la Legge Ottomana sulle elezioni per la Camera dei Deputati (3), sostituendo nel testo di detta legge, « Consiglio municipale» a «Consiglio amministrativo».
Art. 6. Il Rais al-Ulama, nelle attuali circostanze, sarà eletto dalla Commissione generale (general Committe) eletta dagli elettori di secondo grado che furono invitati da S. E. l’Alto Commissario alla riunioue tenuta nella Sede del governo il 24 agosto 1921.
Per questa volta ogni membro del Consiglio sarà eletto da quei membri della Commissione di cui sopra, invitati alla riunione del 24 agosto 1921, che rappresentano il liwa per il quale deve eleggersi un membro. I membri così eletti presenteranno le loro mazbata di elezione al Presidente del Consiglio.
Art. 7. Il Rais al-Ulama ed i membri del Consiglio riceveranno stipendii (4) dal Governo quale compenso dell’opera loro riguardante gli affari dei Tribunali della Sceria (Sharia Courts); ed altri assegni (5), presi dai fondi degli awqaf, per l’opera loro riguardaute altri affari Musulmani.
Art. 8:
1°: Il Consiglio avrà i seguenti incarichi:
a) Amministrare e sorvegliare gli awqaf musulmani, e prendere in esame e approvare il bilancio annuo degli awqaf, trasmettendolo a titolo di informazione (for vision) al Governo dopo averlo approvato;
b) Indicare al Governo per l’approvazione, e dopo approvati, nominare i Qadi dei Tribunali della Sceria, il Presidente e i membri della Corte d’Appello della Sceria e gli Ispettori dei Tribunali della Sceria. Il Governo, qualora rifiuti la propria approvazione, dovrà entro 15 giorni manifestare al Consiglio le ragioni del rifiuto;
c) Nominare i Mufti su tre candidati da eleggersi per mezzo dello Speciale Collegio Elettorale (Special Electoral College) secondo un apposito regolamento che sarà approvato dal Consiglio; con la riserva che le elezioni dei Mufti nel distretto di Beersheba (6). saranno fatte dagli sceicchi delle tribù;
d) Nominare il Direttore ed i Mamour degli awqaf e tutti i funzionari della Sceria;
e) Sorvegliare la Commissione (Committee) Generale degli awqaf e tutte le altre Commissioni, e l’Amministrazione degli awqaf;
f) Licenziare tutti i funzionari degli awqaf e della Sceria e tutti gli impiegati di qualsivoglia istituzione islamica mantenuta sui fondi degli awqaf. Quando qualsiasi funzionario sia licenziato, deve esserne dato avviso motivato al Governo;
g) Compiere un’inchiesta su tutti gli awqaf musulmani e produrre prove e testimonianze per stabilire i diritti a detti awqaf, allo scopo di restituirli a chi di diritto. Il Consiglio dovrà far eseguire le condizioni stabilite dal fondatore riguardo all’impiego delle rendite di tali awqaf.
2°: I Tribunali della Sceria non dovranno prendere alcun provvedimento verso gli awqaf dei generi hikr, igiaratain e istibdal, senza l’approvazione unanime del Consiglio.
3°: Il Consiglio pubblicherà ogni anno una relazione sulle proprie attività insieme al proprio bilancio, in una pubblicazione speciale.
4°: Il Consiglio, se lo crede opportuno, potrà modificare, emendare o completare qualsiasi norma (instruction) relativa all’amministrazione degli awqaf, o pubblicare nuove norme riguardo ad essa. Queste norme saranno comunicate al Governo a titolo d’informazione.
Tuttavia se una legge od un regolamento (regulation) deve essere emendato od ampliato, il Consiglio dovrà sottoporlo al Collegio elettorale, ed occorrerà una maggioranza assoluta affinchè la proposta sia accolta, purché nessun emendamento alle norme qui sopra sia fatto senza che sia stato accolto da una maggioranza di due terzi del Collegio elettorale ed approvato dal Governo.
Art. 9. – La Comunità musulmana (the Moslem Community) ha il diritto di sorvegliare l’attività del Consiglio mediante il Collegio elettorale (Electoral College). Nel caso che qualche atto del Consiglio richiedesse un’inchiesta, un terzo del Collegio elettorale potrà, di propria iniziativa o in seguito a lagnanze, convocare una assemblea dell’intero Collegio, per mezzo del Presidente del Consiglio. Se i due terzi dei membri del Collegio presenti ritengono necessario il licenziamento (dismissal) di uno dei membri del Consiglio, sarà eletto un successore secondo le norme date qui sopra e il suo nome sarà sottoposto al Consiglio, in modo che egli possa entrare in carica. I membri cosi eletti resteranno in ufficio per tutto il tempo che doveva ancora rimanervi il loro predecessore.
COMMISSIONI DEGLI AWQAF
(Wakf Committees)
Art. 10. - Sarà istituita una Commissione Generale degli awqaf (General Wakf Committee), composta dei seguenti membri: il Mufti di Gerusalemme, che fungerà da presidente (Chairman); il Direttore Generale degli awqaf; tutti i Mamour degli awqaf. Comprenderà anche un membro di ciascuna Commissione locale degli awqaf.
Art. 11. - Questa Commissione preparerà il bilancio annuo degli awqaf e lo sottoporrà al Consiglio.
Art. 12. - La Commissione Generale degli awqaf si riunirà quando ciò sia richiesto dal Consiglio, oltre alle riunioni dedicate alla preparazione del bilancio.
Art. 13. - In quei kaza (qaqa.') (2) e in quelle nahie che possiedono aqaf, saranno costituite, su deliberazione del Consiglio, Commissioni Locali degli awqaf. Esse saranno composte del Mufti dove esista tale carica, o, dove tale carica manchi, dell’Anziano degli Ulama; del Mamur degli awqaf e di due notabili musulmani i quali non percepiscano uno stipendio sui fondi degli awqaf, e che saranno eletti per due anni nel modo seguente: ossia dal Mufti e dai membri musulmani del Consiglio – o Consigli – Municipale, nei markhaz e nelle nahie dipendenti dal distretto (district) o dai sottodistretti ove sia un Governatore od un Vice- Governatore (sub-Governor), e dai membri musulmani del Collegio Elettorale della zona (area) in questione, salvo che nel Distretto di Beersheba, ove i due notabili saranno eletti dagli sceicchi delle Tribù di Beersheba (8).
Art. 14. – Le funzioni delle Commissioni locali saranno quelle specificate dalla Legge speciale Ottomana dell’11 giugno 1320 (9), N. 53973 Generale, N. 32 Speciale.
Le Commissioni sostituiranno anche il Consiglio Amministrativo previsto da quella legge.
Le Commissioni locali avranno inoltre autorità di nominare, licenziare e punire gl’impiegati, i
Mamur esattori e i contabili addetti agli awqaf, salvo l’approvazione del Consiglio.
Art. 15. - I Mutawalli amministreranno gli awqaf Mulhaka secondo le leggi attuali, saranno agli ordini dell’Amministrazione degli awqaf, e presenteranno ogni anno i loro conti alle Commissioni Locali per esame.
Art. 16. - 1° Poiché il Governo ha assunto l’incarico di aiutare la Comunità Musulmana nelle sue materie finanziarie, la percezione delle decime (tithes) degli awqaf sarà lasciata al Governo, che tratterrà le spese di percezione, come per il passato.
2° I mudarrisin della religione musulmana sono di due categorie; a) quelli nominati dall'Amministrazione degli Awqaf, pagati sui fondi degli awqaf, b) mudarrisin pagati dal Governo.
Il Governo della Palestina, seguendo luso de1 Governo Ottomano, seguiterà a pagare ai mudarrisin della seconda categoria, attualmente in ufficio, gli stipendii che ricevevano prima dell’occupazione inglese. Quando gli attuali mudarrisin saranno andati a riposo, il Governo non nominerà loro successori: ogni nuovo mudarris nominato dall’Amministrazione degli awqaf sarà considerato come uno dei funzionari di questa e verrà pagato sui fondi degli awqaf.
______
Note:
(1) Donde è riprodotto nel Palestine di Londra, dell’11 febbraio 1922.
(2) Divisione amministrativa turca detta anche sangiaccato o mulasarrifato; è la prima suddivisione
dei villayet.
(3) La legge elettorale ottomana si può leggere tradotta, in FR. VON KRAELlTZ-GREIFENHORST, Die Verfassungsgesetze des Osmanischen Reiches übersettzt, Wien 1919, p. 65-92.
(4) Salaries.
(5) Allowances.
(6) O Bersabea della Bibbia; in arabo Bir es-Saba, nella Palestina meridionale, fra il Mediterraneo e la parte sud del Mar Morto; sito importante strategicamente, presso il confine della regione sinaitica.
(7) Il kazà è la prima suddivisione del liwa, ed ha per capo il caimacam. A sua volta si suddivide in nahie.
(8) Cfr. qui sopra, p. 595. n. l.
(9) Cioè del 24 giugno 1904.
(2) Divisione amministrativa turca detta anche sangiaccato o mulasarrifato; è la prima suddivisione
dei villayet.
(3) La legge elettorale ottomana si può leggere tradotta, in FR. VON KRAELlTZ-GREIFENHORST, Die Verfassungsgesetze des Osmanischen Reiches übersettzt, Wien 1919, p. 65-92.
(4) Salaries.
(5) Allowances.
(6) O Bersabea della Bibbia; in arabo Bir es-Saba, nella Palestina meridionale, fra il Mediterraneo e la parte sud del Mar Morto; sito importante strategicamente, presso il confine della regione sinaitica.
(7) Il kazà è la prima suddivisione del liwa, ed ha per capo il caimacam. A sua volta si suddivide in nahie.
(8) Cfr. qui sopra, p. 595. n. l.
(9) Cioè del 24 giugno 1904.
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Il programma ufficiale della Delegazione
Arabo-Palestinese del novembre 1921
da: Oriente Moderno,Il programma ufficiale della Delegazione
Arabo-Palestinese del novembre 1921
A. I, Nr. 10, p. 596-603
15 marzo 1922
Come già è stato annunzialo in Oriente Moderno, fasc. 8°, pp. 476-477, la Delegazione Arabo-palestinese (Palestine Arab Delegation) ha pubblicato nello scorso novembre il proprio programma in un opuscolo intitolato The Holy Land: the Moslem-Christian Case against Zionist Aggression. Official Statement by the Palestine Arab Delegation. «( LaTerra Santa: la posizione musulmano-cristiana contro l’aggressione sionisla»), London, nov. 1921, in-16°, 11 pp. L’importanza del documento ci spinge a darne la traduzione completa.
GARANZIE DATE AGLI ARABI.
In una lettera del 14 luglio 1915 rivolta a Sir Henry Mac Mahon, il Re Husein, che aveva deciso di prendere le armi schierandosi dalla parte degli Alleati, chiedeva, anzitutto, «che l’Inghilterra riconoscesse l’indipendenza dei paesi arabi limitati a nord da Mersina e Adana sino al 37° grado di latitudine, a oriente dalle frontiere della Persia sino al Golfo Persico, a sud dall’Oceano Indiano, escluso Aden, e ad occidente dal Mar Rosso e dal Mar Mediterraneo sino a Mersina», restando cosi compresa entro questi confini la Palestina.
Rispondendo a questa lettera, il 24 ottobre 1915, Sir Henry Mac Mahon scriveva: «Sono autorizzato, a nome del Governo inglese, a dare le seguenti assicurazioni:
«La Gran Bretagna è pronta a riconoscere ed a sostenere l’indipenden za degli Arabi entro i territori compresi nei limiti e nei confini proposti dallo Sceriffo. Quanto ai vilayet di Bagdad e di Basra, gli Arabi riconosceranno che la stabilita posizione della Gran Bretagna ed i suoi interessi richiedono provvedimenti speciali di amministrazione e di sorveglianza per garantire questi territori da aggressioni straniere (1).
« Le forze arabe hanno mantenuto gli impegni dati alla Gran Bretagna, e noi dovremmo mantenere i nostri impegni», disse LIoyd George in una Conferenza tenuta nella Downing Street il 19 settembre 1919, alla quale era presente il Re Faisal. E ancora, nel suo discorso pronunciato alla Camera dei Comuni il 14 giugno 1921, il Segretario per le Colonie, esaminando la situazione del Medio Oriente, disse: « Per ottenere l’aiuto degli Arabi contro i Turchi noi ed i nostri Alleati abbiamo fatto durante la guerra un’altra serie di promesse agli Arabi per la ricostituzione della Nazione araba e, per quanto è possibile, per la ricostituzione dell’influenza e dell’autorità degli Arabi nelle provincie conquistate» (2). Queste garanzie vennero date in considerazione dell’aiuto che gli Arabi avevano dato agli Alleati. Le truppe arabe, sotto l’Emiro Faisal avevano lavorato in intima collaborazione con le truppe britanniche e centinaia di uomini sotto questo principe arabo erano Arabi della Palestina.
Inoltre gli Arabi della Palestina non solo manifestarono la loro amicizia alle truppe britanniche, ma le aiutarono realmente nel loro arduo compito.
LA DICHIARAZIONE DI BALFOUR.
Il 2 novembre 1917 Balfour fece, per parte del Governo inglese, la seguente dichiarazione:
« Il Governo di S. M. considera favorevolmente la costituzionc in Palestina di una sede nazionale per il popolo ebreo, e farà del suo meglio per facilitare il conseguimento di questo scopo; restando bene inteso che non verrà fatto nulla che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi di comunità non israelite esistenti in Palestina, o i diritti e lo statuto politico di cui fruiscono gli Ebrei in qualunque altro paese» (3).
A questa dichiarazione, quando cominciò ad aversene sentore, durante la guerra, per mezzo dei Turchi, non si prestò affatto fede; in seguito, quando risultò esatta, essa fu come un fulmine a ciel sereno per gli Arabi della Palestina, che videro in essa la distruzione della loro esistenza politica ed economica. Inoltre essa era in contraddizione diretta con precedenti dichiarazioni inglesi e con quello che gli Arabi erano portati a credere fosse lo scopo degli Alleati durante la guerra, cioè l’assistenza alle nazioni più deboli sino alla conquista della libertà e dell’autodecisione.
LA DELUSIONE DEGLI ARABI.
Tenendo in mente questi impegni solenni della Gran Bretagna, gli Arabi della Palestina rimasero stupiti e atterriti due anni dopo, leggendo che un’altra promessa era stata fatta dal Governo inglese ai Sionisti nella forma della dichiarazione di Balfour. Essi sentirono di essere stati traditi dalla Potenza nella quale avevano fiduciosamente creduto fino allora.
Sorsero da ogni parte del paese proteste contro queste dichiarazioni, e furono presentate non solo agli amministratori inglesi nella Palestina, ma anche al Governo inglese ed ai Governi alleati, al Papa ed agli Stati Uniti e ultimamente alla Lega delle Nazioni: da quel giorno sino ad oggi gli Arabi non hanno cessato di protestare in ogni occasione.
Poi, il 14 ottobre 1918, Lord Allenby, come comandante in capo degli eserciti alleati, parlando per conto dell’Inghilterra, della Francia e dell’America, promulgò un proclama, nel quale assicurava solennemente la popolazione della Palestina che non sarebbe stata presa nessuna decisione sulla loro condizione politica avvenire senza interrogarla prima sui suoi desiderata.
LA PERDITA DELLA FIDUCIA.
Queste assicurazioni fecero risorgere la fiducia degli Arabi. Ma questa fiducia subì presto un altro grave colpo, quando l’Amministrazione militare della Palestina fu sostituita da un’amministrazione civile e quando fu ivi mandato, in qualità di alto Commissario, un Sionista, un ebreo, nella persona di Sir Herbert Samuel. Gli Arabi perdettero Allora la fiducia nella sincerità delle promesse inglesi e protestarono contro questa nomina. Essi cominciarono a temere che il Governo inglese si fosse servito di loro per raggiungere i suoi propri fini e che, ora che di questi era stato assicurato il conseguimento, essi Arabi fossero per essere abbandonati, come una quantità trascurabile.
COME FAR RISORGERE LA FIDUCIA.
Ora nulla potrebbe far risorgere la loro fede negli Inglesi, all’infuori di un rigoroso, franco ed energico adempimento delle promesse loro fatte. Le assicurazioni che da allora in poi sono state loro fornite dal Segretario per le Colonie o dall’Alto Commissario, sono da essi considerate semplicemente come uno «sciroppo calmante» offerto in considerazione del grave colpo arrecato alle più profonde radici della loro esistenza nazionale. Essi non possono considerarle sotto un altro aspetto, mentre veggono il loro paese venduto ai Sionisti, e l’attuale amministrazione essere sionistica non solo per ciò che riguarda il suo personale importante, ma anche in tutte le sue manifestazioni esteriori.
LA DICHIARAZIONE DI BALFOUR È UNA FORMOLA SIONISTlCA.
E questi timori non furono mitigati, quando essi vennero a sapere, da fonti sioniste, che la dichiarazione di Balfour era stata redatta, nel suo primo schema, da Sionisti, e che l’Alto Commissario, che vien ritenuto come il rappresentante di Sua Maestà, era stato nominato, in realtà, da Sionisti e stava lavorando per i loro fini.
Nel loro rapporto politico n. 1, presentato al recente congresso di Carlsbad, i Sionisti hanno pubblicato con minuti particolari la storia della dichiarazione di Balfour. Si può citare qui un passo, ricavandolo da pag. 12 del rapporto: «Parecchie differenti versioni della formola suggerita (per la dichiarazione) furono redatte da vari membri del Comitato politico (di cui si riferiscono i nomi, che sono, tutti, di eminenti Sionisti… ), il 18 luglio. Lord Rothschild la trasmise a Mr. Balfour». Un po’ più avanti leggiamo: «finalmente… tutti gli ostacoli vennero superati e il 2 novembre 1917 il Segretario per gli Esteri, Mr. Balfour, mandò a Mr. Rothschild la formola approvata». È ovvio che l’Unione Sionista internazionale si serviva del Governo inglese come di uno strumento per raggiungere i propri fini.
L’ALTO COMMISSARIO.
Per ciò che riguarda la nomina dell’Alto Commissario per la Palestina, alcuni Sionisti hanno dichiarato nel loro recente congresso di Karlsbad che era stato «in seguito a loro domanda che Sir Herbert Samuel era andato in Palestina come Alto Commissario, e che era loro dovere sostenerlo».
E ancora, in altro luogo, il dr. Weizmann, leader dell’Organizzazione Sionista mondiale, ha dichiarato di «essere il principale responsabile della nomina di Sir Herbert Samuel in Palestina». Egli disse al Congresso: «In questa Assemblea non vi è nessuno che più di me abbia lavorato e più di me sia soddisfatto per la nomina di Sir Herbert Samuel. Samuel è nostro amico ed ha lavorato lealmente con noi sin dal primo momento. È stato in seguito a nostra richiesta e confortato dal nostro appoggio morale che egli ha accettato quella difficile posizione. Siamo noi che l’abbiamo messo in quella posizione… egli è il nostro Samuel, egli è il prodotto del nostro giudaismo».
Dopo questo, come può attendersi da parte del Governo inglese, da parte del pubblico inglese, da parte di qualunque uomo o di qualunque donna ragionevole che gli Arabi abbiano fiducia nelle garanzie? Come possono credere gli Arabi che l’Alto Commissario per la Palestina sia un ufficiale inglese, mandato colà a lavorare per i loro benessere e per la loro prosperità e non già ad attuare le ambizioni dei Sionisti?
STATO EBRAICO COME L’INGHILTERRA È INGLESE
I timori degli Arabi si accrebbero ancora, quando si venne a sapere, anche questa volta da fonti ufficiali e non ufficiali sionistiche, che lo scopo dei Sionisti non era semplicemente quello di costituire una “sede” in Palestina per gli Ebrei poveri e perseguitati, ma che essi tendevano a creare uno Stato ebraico, «ebraico come l’Inghilterra è inglese» (as Jewish as England is English).
Senza abusare del tempo del lettore, riferendo estratti, ricavati dalle varie dichiarazioni di Sionisti su questo punto, basterà ricordarne qualcuna. La prima fu fatta da Sir Herbert Samuel nella sua recente relazione provvisoria (interim report) sull’amministrazione civile della Palestina. Egli dice: «Essi (Ebrei e Sionisti) domandano che questa sede abbia delle caratteristiche nazionali, nella lingua e nei costumi, negli interessi intellettuali, nelle istituzioni religiose e politiche». Che cosa significano le «istituzioni politiche», se non uno Stato? La seconda si ha nelle parole stesse del dr. Weizmann, come le riferisce il Rapporto politico n. l del Congresso di Carlsbad. Il dr. Weizmann ha detto: «Io dichiaro che per Sede nazionale israelita noi intendevamo la creazione di tali condizioni in Palestina, da renderci possibile portarvi e collocarvi dai 50.000 ai 60.000 Ebrei all’anno. Inoltre, che le condizioni fossero tali da permetterci di sviluppare le nostre istituzioni, le nostre scuole e la lingua ebraica; infine che fossero tali da far sì che la Palestina sia per l’appunto ebrea così come l’America è americana e l’Inghilterra inglese». La terza è ricavata dalla Jewish Chronicle del 15 aprile 1921. Essa dice: «Solo se vi sono buone speranze che gli Ebrei vengano definitivamente ristabiliti in Palestina come nazione, che essi formino ivi, definitivamente... una Repubblica (Commonwealth) ebrea, solo allora possiamo sperare di ottenere l’aiuto di una considerevole massa della nostra popolazione per l’impresa della Palestina». Secondo il dr. Eder, che esercita le funzioni di presidente del Comitato sionista di Gerusalemme, come è riferito nei rapporti della Commissione d’inchiesta per i disordini del maggio 1921, «vi può essere soltanto una sede nazionale in Palestina, cioè una sede ebraica, e non vi può essere uguaglianza nell’associazione (partnership) fra Ebrei ed Arabi, ma deve esservi un predominio Ebraico, appena il numero di questa razza sia sufficientemente cresciuto. E ancora, leggiamo quanto segue, scritto da Mr. Sidebotham : «Si desidera di incoraggiare con ogni mezzo le immigrazioni degli Ebrei e nello stesso tempo di osteggiare (discourage) l’immigrazione di Arabi». Per ultimo, nel Karen-Ha-Yesod viene espressa una delusione per il fatto che «il più vitale di tutti i diritti in casi analoghi, il diritto dell’Organinazzione sionista di esercitare la sua influenza, per mezzo di organi legalmente garantiti, sulla scelta di candidati convenienti per questo posto piti importante di ogni altro» (quello di Alto Commissario per la Palestina) non è compreso nello schema del Mandato.
GLI ARABI SI ORGANIZZANO.
Gli Arabi compresero allora che era di vitale importanza per essi organizzare le loro forze, allo scopo di combattere questa pericolosa politica sionista. Un senso di pericolo minaccioso fuse in un solo e solido corpo tutte le classi della comunità. I Cristiani fecero causa comune coi loro fratelli musulmani. Furono tenute adunanze, organizzate dimostrazioni, presentate proteste. In ogni città e in ogni villaggio più importante vennero costituite Leghe musulmane e cristiane. Venne tenuto a Gerusalemme, nel 1919, un Congresso composto di rappresentanti degli Arabi della Palestina. Ne fu convocato un altro, ma il Governo proibì che si riunisse; un terzo ne fu tenuto a Caiffa nel 1920, ed un quarto a Gerusalemme dal 27 giugno al 3 luglio 1921. In ogni Congresso vennero fatte proteste formali contro la politica sionista del Governo inglese. Nel quarto Congresso venne deciso di mandare una delegazione a Londra per conferire col Governo inglese, nonchè per illuminare il pubblico inglese delle reali condizioni della Palestina. Benchè la loro fiducia fosse stata scossa, gli Arabi continuavano a credere nel pubblico inglese e nel suo senso di giustizia e di lealtà; e sentivano che se le loro voci avessero potuto raggiungere le orecchie del pubblico e se la loro questione gli fosse potuta essere sottoposta, si sarebbero riparati i torti da essi ricevuti.
«LA PAROLA DI UN INGLESE».
Questa tenace fede negli Inglesi è il risultato di anni di esperienza. La «parola di un Inglese» è per gli Arabi simbolo di tutto ciò che è onesto e sincero, ed essi sperano che qualunque cosa possa accadere questa parola significhera sempre rettitudine e giustizia.
LA DELEGAZIONE ARABA ARRIVA A LONDRA,
Venne regolarmente nominata una Delegazione dal Congresso composto di 96 membri, che a loro volta erano stati eletti dalle Leghe musulmane e cristiane di tutto il paese. Le Leghe, composte di uomini che godono la fiducia di tutte le classi della popolazione che esse rappresentano, raccolsero fondi per provvedere alle spese della Delegazione. Si è così potuto vedere che la Delegazione rappresenta fedelmente tutti gli abitanti Arabi del paese, i quali formano il 93 per cento dell’intera popolazione. Le speranze della Nazione sono concentrate in questa Delegazione e nel messaggio tranquillizzante che si sperava potesse mandare al suo popolo da parte del Governo del popolo inglese.
Sfortunatamente, però, sino ad oggi questa parola non è ancor giunta. La Delegazione venne ricevuta dal Segretario per le Colonie e la situazione venne discussa, ma si è oggi allo stesso punto in cui si era alcuni mesi fa.
IL SIGNIFICATO DELLA ESPRESSIONE «SEDE NAZIONALE» NON È CHIARITO.
Quando gli fu chiesto di spiegare che cosa intendesse per «Sede nazionale ebraica», il Governo rimandò la Delegazione al discorso dell’Alto Commissario in data 3 giugno. Quando fu risposto, protestando, che la spiegazione di Sir Herbert Samuel non era comprensibile, si invitò la Delegazione «a vedere il dr. Weizmann ed a mettersi d’accordo con lui». Naturalmente, a ciò fu opposto un rifiuto, poichè la Delegazione era venuta in Inghilterra per trattare col Governo inglese che è responsabile della dichiarazione di Balfour, e non già coi Sionisti, il cui Stato gli Arabi si ri fiutano di riconoscere. Si domandò una interpretazione ufficiale della dichiarazione, in quanto gli Ebrei trovano in essa molto più che non sia mai stato nelle intenzioni del Governo. Ogni volta, tuttavia, si replicò col silenzio oppure con risposte evasive.
Mr. Balfour, sotto il nome del quale ha acquistato notorietà la dichiarazione, poiché allora egli era il portavoce del Gabinetto, eluse garbatamente la richiesta di incontrarsi coi membri della Delegazione a Ginevra. Tutto quello che egli si degnò di rispondere, quando gli fu chiesta un’intervista, fu che «egli aveva avuto l’onore ed il piacere di vedere recentemente il dr. Weizmann a Londra e di parlare con lui della questione della Palestina».
Gli Arabi domandano a tutti gli imparziali che dicano se essi hanno o non il diritto di avere una definizione della dichiarazione.
IL GOVERNO INGLESE È INDECISO.
Questo sfuggire alle domande è inesplicabile e porta ad una di queste conclusioni: o il Governo inglese vuoi significare con la sua «dichiarazione» quello che i Sionisti pretendono che significhi, cioè una Sede nazionale che finisce per costituire una Repubblica (Commonwealth) ebraica, o vuol significare qualcosa di differente. Qualunque sia il suo reale significato, il Governo è restato silenzioso sull’argomento. Concediamo il beneficio del dubbio al Governo e ammettiamo la seconda alternativa come causa del suo silenzio. Se è così, e se il Governo ha proprio serie intenzioni di risolvere i dubbi degli Arabi, perchè non fa ciò, dando la definizione che, come s’è accennato sopra, è stata domandata, e mettendo fine così, a tutti i malintesi e a tutte le inquietudini?
GLI ARABI TOLLERANO GLI EBREI.
Gli abitanti della Palestina sono circa 800.000, di cui sono 60.000 Ebrei. Prima della guerra agli Ebrei nati all’estero non era permesso, per legge, di risiedere nella Palestina, fatta eccezione per quelli che vi erano vissuti per decenni e avevano preso la nazionalità turca. Ad onta di questo divieto, Ebrei si recarono in Paestina e stabilirono quelle che ora sono conosciute come colonie israelite, 46 in tutto. Di queste, alcune sono borghi insignificanti, formati di poche case soltanto; altre hanno raggiunto l’estensione di villaggi abbastanza grandi. Ora, il semplice fatto dell’esistenza di queste colonie in Palestina dimostra con incontrovertibile evidenza la tolleranza degli Arabi verso i loro ospiti ebrei. Gli Ebrei, d’altra parte, vivono in pace e in armonia coi loro vicini arabi. Non vi sono stati mai torbidi in Palestina prima della guerra; non s’è mai mostrato odio agli Ebrei. A questo proposito troviamo nel rapporto della Commissione d’inchiesta il passo seguente: «Ma per le considerazioni su esposte, noi siamo convinti che non vi sarebbe animosità verso gli Ebrei, in quanto tali; che non v’è nel paese un antisemitismo innato, nè di razza, nè religioso».
NESSUNA DOMINAZIONE SIONISTA!
Le cose sarebbero potute procedere così e tutto sarebbe andato bene. Però, appena fu proclamata la dichiarazione di Balfour e appena i Sionisti aspirarono al dominio politico ed economico sugli Arabi, cominciarono i torbidi. Poichè gli Arabi non possono soffrire alcun dominio esercitato da uno straniero. Sotto i Turchi essi avevano, in pratica, un Governo alitonomo, per quel che riguardava le questioni locali, e sotto la Costituzione essi mandavano rappresentanti al Parlamento a Costantinopoli per collaborare al governo di tutto l’Impero. I governatori, i giudici, i funzionari della Palestina erano per la maggior parte, Arabi, e i Turchi consideravano gli Arabi come partecipanti al Governo. L’anima araba, perciò, si ribellò contro il progettato dominio degli Ebrei.
CAUSE DEI DISORDINI IN PALESTINA.
Nel suo discorso, pronunziato alla Camera dei Comuni e su ricordato, Mr. Winston Churchill ammetteva che «l’unica causa dei disordini in Palestina era sorta dal movimento Sionista e dalle nostre promesse e dai nostri impegni a suo riguardo». Riferendoci di nuovo ai Rapporti della Commissione d’inchiesta, leggiamo quanto segue: «Non crediamo che se non vi fosse stata nessuna questione israelita, il Governo non avrebbe incontrato nessuna difficoltà rilevante, per ciò che riguarda i suoi affari interni. Noi pensiamo che qualunque sentimento anti-britannico che possa esser nato nel paese, fra gli Arabi, ha la sua origine nell’associazione che essi fanno del Governo con l’appoggio alla politica del Sionismo». Gli Arabi non sono cosi cattivi come li dipingono i Sionisti. Se essi fossero stati di istinti feroci (a brute), avrebbero attaccato gli Ebrei quando questi erano meno numerosi nel paese, quando erano, come infatti erano, destituiti di potere, quando la loro stessa esistenza fra gli Arabi era illegale, e quando essi Arabi avrebbero avuto i Turchi dalla loro parte. Fu solo quando i loro diritti e, effettivamente, la loro stessa esistenza proprio in casa loro furono minacciati, che gli Arabi si posero sulla difensiva.
GLI EBREI DANNO ORIGINE AI TORBIDI DI GERUSALEMME.
Neanche allora gli arabi iniziarono alcun genere di litigi. I torbidi di Gerusalemme (aprile (920) furono causati da'un Ebreo che gettò un sasso contro lo stendardo sacro della moschea di Hebron, mentre esso veniva portato per le strade, seguito da una fitta folla di Arabi diretti al Haram esh-Sherif, in occasione della festa nazionale anniversaria del Nebi Mousa (1). La relazione di questi torbidi non è stata pubblicata dall’Amministrazione sionista in Palestina. E perchè? Se i risultati degli accertamenti compiuti dalla Commissione d’inchiesta fossero stati sfavorevoli agli Arabi, chi può supporre che l’Amministrazione li avrebbe tenuti segreti? Certamente no. Il Governo è stato invitato ripetutamente a pubblicare questo rapporto, ma non lo ha mai fatto.
ESPLOSIVI TROVATI PRESSO EBREI DURANTE I TUMULTI DI GIAFFA.
Inoltre, i tumulti di Giaffa (maggio 1921) furono il risultato immediato di una vertenza fra i bolscevichi israeliti e il Partito laburista israelita, ed ebbero luogo la mattina, dopo che nella notte era stato distribuito a Giaffa un proclama bolscevico, sedizioso, redatto in arabo, in inglese e in ebraico, nel quale si invitavano gli abitanti a insorgere non soltanto contro tutti i capitalisti, ma anche contro il Governo e l’Esercito inglese. Ciò venne ammesso ufficialmente dall’Amministrazione. Venne dichiarato da un ufficiale dell’esercito inglese che egli aveva scoperto una grande quantità di esplosivi in una casa di Israeliti, mentre era stato riconosciuto in via ufficiale che le Autorità avevano fornito armi agli Israeliti, per difendersi, a Tel Aviv, Giaffa. Anche recentemente gli abitanti della Palestina vennero informati pubblicamente che erano state distribuite armi a tutte le colonie israelite. Gli Arabi, invece, erano stati disarmati, ed ogni Arabo trovato in possesso di armi da fuoco era stato gravemente multato.
Riferendoci nuovamente al rapporto della Commissione d’inchiesta, troviamo in esso il seguente passo: «Siamo convinti che l’accusa mossa continuamente agli Arabi dagli Ebrei che lo scoppio di questi tumulti era stato progettato da essi o dai loro capi, e predisposto per il 1° maggio, è infondata… I notabili (Arabi) dall’una e dall’altra parte, qualunque sia stato il sentimento che li ispirava, sono stati sempre pronti ad aiutare le autorità nel ristabilimento dell’ordine, e crediamo che senza il loro intervento i tumulti sarebbero degenerati in eccessi anche peggiori… Non c’è alcun fatto probante, degno d’esser preso in considerazione, che dimostri che i tumulti fossero stati progettati ed organizzati. Se si fosse verificato questo caso, noi esitiamo a far congetture sulle conseguenze che ne sarebbero risultate. E ancora, parlando dei torbidi di Khedera: «Basterà una breve riflessione per fare intendere quanto ne sarebbero stati differenti i risultati, se essi (torbidi) fossero stati la conseguenza di un piano determinato».
L’UNIVERSITÀ E IL TEMPIO.
Gli Ebrei dicono che alcuni dei loro connazionali sono perseguitati in altri paesi, che alcuni di essi desiderano di passar gli ultimi loro giorni in Palestina e di esser sepolti nella sua terra; che essi debbono far risorgere la lingua ebraica e costruire per se stessi un’Università e forse un Tempio. Essi sostengono inoltre che la loro presenza in Palestina sarebbe dedicata al benessere del paese. Se, come essi affermano, il popolo riconoscerà per esperienza il loro valore, essi avranno la loro parte nella vita e nelle attività generali del paese.
D’altra parte, se la loro presenza è causa di torbidi, o se è accompagnata a minacce di carattere politico ed economico, il Governo nazionale regolerà la sua politica in modo da salvaguardare gli interessi del suo popolo.
COME RISPARMIARE I MILIONI INGLESI.
Resta un punto da considerare, ed esso è di somma importanza per il contribuente inglese. Riferendoci di nuovo al discorso di Mr. Churchill, leggiamo quanto segue: «Se non fosse per quelle promesse [fatte agli Ebrei] e per quel movimento, la guarnigione inglese mantenuta in Palestina potrebbe esser sensibilmente ridotta». Proseguendo, il Segretario per le Colonie dice che « egli non potrebbe conservare alcuna speranza di diminuire l’entità di quelle truppe in un futuro immediato. Al contrario sarebbe possibile che esse dovessero subire un leggero rinforzo. La spesa tota le per questo capitolo in Palestina è stata lo scorso anno di sei milioni e mezzo di sterline e sarà quest’anno di quattro milioni e mezzo di sterline… Il prossimo anno la spesa per la guarnigione militare inglese sarà di due milioni e mezzo». Vi sarà qualcuno che chiederà al Segretario per le Colonie di spiegare perchè il Governo inglese debba spendere questi milioni per la Palestina, mentre centinaia di migliaia di Inglesi, uomini e donne, in Inghilterra sono disoccupati e non possono essere decentemente nutriti e vestiti? Si potrebbe rispondere con le parole stesse del Segretario. Vi si presti bene attenzione, perchè esse danno la chiave del problema. Egli dice: «Se non fosse per quelle promesse (promesse di costituire una sede nazionale per gli Ebrei in Palestina) e per quel movimento (il movimento Sionista), la guarnigione britannica mantenuta in Palestina potrebbe esser sensibilmente ridotta». Si afferri il significato di queste parole. II contribuente inglese paga per provvedere alla costituzione di una sede per gli Ebrei in Palestina, mentre, in parte a causa di questa spesa, egli deve fare a meno di ciò che è necessario alla vita e, forse, essere senza dimora egli stesso.
GLI ARABI NON SONO ANTISEMITI.
II problema della Palestina è stato esposto con la maggior brevità possibile, date queste circostanze. Bisogna capire tuttavia che gli Arabi non sono Antisemiti. Essi, in realtà, tollerano gli Ebrei assai più che non abbian fatto le popolazioni cristiane di Occidente. Quello che gli Arabi non vogliono tollerare e non tollereranno è il Sionista politicante, che è venuto nel loro paese con l’idea di dominarlo e di rendersene padrone.
L’AMMINISTRAZIONE PALESTINESE È SIONISTA .
Non basta alcuna assicurazione che tale non è l’intenzione [inglese], quando gli Arabi vedono che la lingua ebraica, parlata soltanto dall’un per cento della popolazione, viene riconosciuta come lingua ufficiale dello Stato; quando il torrente dell’emigrazione ebraica dilaga nel loro paese, portando con sè una massa di persone straniere sgradite, che costituiscono un carico per la comunità, mentre questi operai immigrati dall’estero li privano del loro pane quotidiano e sono pagati con salari maggiori per una somma di lavoro pari alla metà di quello che possono fare gli Arabi; quando i contratti per i lavori pubblici sono, nella più gran parte dei casi, affidati agli Ebrei, che fanno prezzi di solito più alti che non gli Arabi; quando gli Arabi vedono che l’Alto Commissario è un Sionista Ebreo, che il Segretario per gli Affari legali, l’Ispettore degli Approvvigionamenti, il Direttore del Commercio e delle industrie, il Capo dell’immigrazione sono tutti Ebrei.
Ogni sezione del Governo è stata inondata da Ebrei, la maggioranza dei quali è nuova a tali posti e priva di precedente esperienza. Le leggi e i regolamenti sono stabiliti allo scopo di infrenare la libertà degli Arabi e di impedirne l’espansione. La stampa è imbavagliata. I patriotti Arabi vengono arrestati e imprigionati, sotto il pretesto che essi sono pericolosi per lo Stato. I coltivatori, che per generazioni intiere hanno posseduto terreni, ricavandone il sostentamento, vengono invitati a firmare contratti d’affitto, giacchè il Governo pretende che questi terreni siano passati a lui quale successore dei Turchi.
L’ idea che determina queste azioni è quella di costituire un diritto del Governo su questi terreni, così che col tempo essi possano essere venduti ai Sionisti.
I WAQF MUSULMANI E CRISTIANI.
Il Governo della Palestina desidera di esercitare la sua influenza sull’amministrazione dei waqf musulmani. Ad onta del fatto che la legge islamica vieta solennemente che chiunque che non sia musulmano amministri dei waqf musulmani, e ad onta del fatto, inoltre, che l’opinione del Corpo religioso musulmano convocato dall’Alto Commissario si sia dichiarata nettamente contraria a che il Governo si ingerisca nei suoi waqf, il Governo ancora esita ad affidare a Musulmani la direzione di questi waqf (5). Le proprietà waqf della Chiesa greca ortodossa, nelle quali i Turchi non si sono mai ingeriti, perchè le ritenevano proprietà sacre della Chiesa, che non possono mai esser vendute, vengono ora offerte in vendita da una Commissione nominata dall’Amministrazione, in lotti così grandi, che solo i Sionisti possono acquistarli, mentre se esse venissero divise in lotti più piccoli, troverebbero parecchi acquirenti arabi.
Questo, e molto di più ancora, veggono gli Arabi accadere ogni giorno sotto loro occhi e ne fremono.
Gli Arabi pongono la loro questione innanzi agli Inglesi e domandano loro se è stata fatta giustizia in Palestina. Essi pongono la loro questione innanzi a tutto il mondo civile e chieggono che esso decida se essi non hanno motivo di dolersi.
LE RICHIESTE DEGLI ARABI.
La popolazione araba della Palestina domanda: Primo, che venga creato un Governo nazionale, sia responsabile di fronte ad ud Parlamento eletto da quegli abitanti della Palestina che vivevano
UNA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER LA PALESTINA
Mandi il Parlamento una Commissione in Palestina per esaminare il problema e per fare una relazione al riguardo. Gli Arabi sono amici dell’Inghilterra, verso la quale si sono mantenuti sempre leali e in cui hanno sempre confidato.
Perchè dovrebbe ora l’Inghilterra, a causa di questa politica non saggia e non giusta, perdere questa amicizia e disgustare tutto il mondo arabo, sia musulmano che cristiano? Perchè dovrebbero permettere gli uomini politici inglesi che venissero sparsi semi di contese e di torbidi in un paese, che è stato sempre quieto e pacifico? Non si dovrebbe mai permettere che ciò avvenga. Gli Arabi chieggono che ogni vero Inglese usi della sua infuenza e della sua autorità per impedire ciò. Gli Arabi desiderano la pace, ma non la desiderano congiunta con la schiavitù. Essi anelano ad un’èra di progresso e di prosperità, ma solo quando i loro diritti e le loro libertà siano salvaguardati e gli Arabi siano padroni in casa propria.
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note:
(1) « Greit Britain is prepared to recognise and support the
indipendence of the Arabs within the territories included in the limits
and boundaries proposed by the Sherif. Regarding the vilayets of Baghdad
and Basra, the Arabs will recognise that the established position and
interests of Great Britain necessitate special measures of
administration anti control in order to secure these territories from
foreign aggression».
(2) «In order to gain the support of the Arabs against the Turks we, in common with our Allies, made during the war another series of promises to the Arabs of the reconstitution of the Arab nation and, as far as possible, of the restauration of Arab influence and authority in the conquered provinces».
(3) « His Majesty’s Government view with favour the establishment in Palestian of a National Home for the Jewish people, and will use their best endeavours to facilitate the achievement of this object: it being clearly understood that nothing shall be done which may prejudice the civil and the religious rights of existing non-Jewish communities in Palestine, or the rights and political status enjoyed by Jews in any other country».
(4) Nabi Musa è il «profeta Mosè».
(5) Questo stato di cose è cessato col decreto del 20 dicembre 1921, che noi riportiamo tradotto qui sopra, p. 594-96.
(5) Questo stato di cose è cessato col decreto del 20 dicembre 1921, che noi riportiamo tradotto qui sopra, p. 594-96.
A. I, Nr. 10, p. 606
15 marzo 1922
Secondo Congresso Siriano-Palestinese. – Si è riunita al Cairo la Commissione Esecutiva del Congresso Siriano-Palestinese tenutosi lo scorso settembre a Ginevra (1), ed ha diramato alla stampa il seguente comunicato, diretto a tutti i partiti e associazioni della Siria e della Palestina aspiranti all’indipendenza.
«II primo Congresso tendeva a due scopi principali: l° unire tutti i partiti siriani autononisti, e fondere le loro attività in una forza sola, che operasse in ogni luogo ove l’interesse nazionale ne richiedeva l’opera. 2° Esporre la questione siriana alla Società delle Nazioni e all’opinione pubblica d’Europa e d’America.
«Tali scopi furono raggiunti oltre ogni aspettativa, e il Congresso potè rappresentare la Siria al mondo come una nazione perfettamente vitale, capace di governarsi liberamente; alla questione siriana venne dato il posto che le spettava; il Congresso, presentandola degnamente e interessandovi numerosi uomini politici e delegati (mandubin) di Stati presso la Lega delle Nazioni, ottenne un risultato soddisfacente: far rimandare la decisione circa la questione del Mandato [sulla Siria].
« Il Congresso poi, grazie ai partiti ed alle associazioni che vi presero parte, e alle fervide voci di adesione venute dalla Siria e dalle colonie siriane all’estero, fu veramente il miglior interprete della vera volontà della nazione per l’avvenire del paese.
«Ora, tenuto conto dei desiderii di tutti e dei progressi evidenti fatti dalla causa grazie all’opera del Congresso, la Commissione Esecutiva del Congresso ha deliberato di preparare un secondo Congreso nella città ove la Lega delle Nazioni terrà la sua prossima riunione». La Commissione comunicherà il tempo e il luogo del Congresso, e intanto invita le associazioni e i partiti ad inviare alla sua sede, al Cairo, i nomi dei loro delegati, notizie sulle questioni che intendono presentare al Congresso, e la somma che possono offrire quale contributo alle spese. Il manifesto è firmato dal principe Mishel Lutfallah (al-Muqattam, arabo del Cairo, 12-2-1922). V. V.
(1) Cfr. Oriente Moderno, fac. 5°, p. 291; inoltre, per le polemiche suscitatate, fasc. 6°, pag. 36, e fasc. 7°, pp , 411-414.
A. I, Nr. 10, p. 606-07
15 marzo 1922
La Delegazione Araba Palestinese e la Costituzione. - La Delegazione Araba Palestinese a Londra ha mandato al Governo Britannico il seguente comunicato sul progetto di costituzione per la Palestina.
La Delegazione fa notare che alcuni provvedimenti della nuova Costituzione non soddisfano le aspirazioni e i bisogni nazionali degli Arabi palestinesi, e sono basati sull’idea di una Sede Nazionale Ebraica, che, dal punto di vista arabo, è inconciliabile con i diritti di più del 90 per cento della popolazione totale.
Fa notare altresì che il progetto non è conforme allo spirito e alla lettera dell’art. 22 dello Statuto della Lega delle Nazioni, che riconosce l’indipendenza del popolo palestinese e stabilisce definitivamente che le comunità dell’Impero Turco comprese nel Gruppo A (fra cui la Palestina) hanno già raggiunto uno sviluppo che autorizza a riconoscerle provvisoriamente quali nazioni indipendenti, salvo i consigli e l’assistenza di un Mandatario nelle questioni amministrative, fino al tempo in cui potranno bastare a se stesse.
La Delegazione comprende perfettamente che l’attuale progetto non rappresenta l’ultima parola del Governo Britannico, ma ch’esso è presentato con lo scopo di servir di base alle discussioni. (Times, 2-2-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 10, p. 607-08
15 marzo 1922
Riconosco che la Delegazione rappresenta gran parte degli abitanti musulmani e cristiani della Palestina e desideravo discutere le mie proposte, senza formalità, con i rappresentanti riconosciuti di una parte importante della comunità; ma non sono autorizzato a condurre negoziati ufficiali con alcun
ente che si dica il rappresentante di tutto il popolo palestinese o di una parte di esso, poichè non è stato ancora costituito alcun organo ufficiale che lo rappresenti. Appunto con lo scopo di fornire al popolo palestinese una via costituzionale per esprimere le sue opinioni e i suoi desiderii, è stato formulato l’attuale progetto di costituzione. D’altra parte non posso discutere sull’avvenire della Palestina che in base alla dichiarazione Balfour, essendo naturalmente inammissibile che il Governo ripudi gl’impegni presi verso il popolo ebraico.
L’art. 22 dello statuto della Lega delle Nazioni, che dite incompatibile col progetto, è stato interpretato dalle principali potenze alleate nel trattato di Sèvres, ove è detto esplicitamente che la Siria e la Mesopotamia sono provvisoriamente riconosciute quali Stati indipendenti, mentre nulla di simile si dice della Palestina perchè, come risulta dal trattato, tocca alla potenza mandataria eseguire la dichiarazione fatta dal Governo britannico il 2 novembre 1917 e accolta dagli altri alleati, in favore della costituzione in Palestina di una sede nazionale del popolo ebraico. Il Governo di S. M., legato da un impegno precedente lo statuto della Lega delle Nazioni, non può permettere che sorga una situazione costituzionale capace di impedire l’adempimento di un impegno solenne preso da lui e dai
suoi alleati.
In tali circostanze la costituzione in Palestina di un Governo nazionale indipendente, come lo domanda la Delegazione, non è possibile. Il Governo di S. M. è peraltro disposto a concedere al popolo palestinese la massima indipendenza conciliabile con l’adempimento dei suoi impegni: la popolazione non ebraica ha il diritto di reclamare dal mandatario non solo la promessa, ma anche le adeguate salvaguardie che la costituzione della sede nazionale ebraica non sarà condotta in modo da pregiudicare i loro diritti; mentre il mandato riconosce l’organizzazione Sionista quale ente pubblico chiamato a sorvegliare l’Amministrazione palestinese e a collaborare con essa nelle questioni economiche, sociali, ecc. riguardanti la costituzione della sede nazionale. Sono pronto, se lo credete necessario, ad inserire nel progetto di costituzione un articolo affermante che nessun provvedimento verrà preso in Palestina, con o senza il consiglio dell’organizzazione Sionista, all’infuori delle vie costituzionali prescritte dalla Costituzione nella sua forma definitiva.
Quanto all’immigrazione, ritengo che tutte le questioni relative alla politica dell’immigrazione non debbano essere di competenza del Consiglio legislativo, ma siano risolte dall’Alto Commissario in Consiglio, dopo averle sottoposte al Governo di S. M. L’immigrazione ha importanza così vitale per tutti gli elementi della popolazione, che vi sono serie ragioni per trattarla in modo speciale, formando qualche organo regolare che rappresenti gl’interessi dell’attuale popolazione palestinese, senza infiltrazioni di elementi ufficiali.
Uno dei sistemi che mi si presentano sarebbe di formare un Consiglio dell’immigrazione, rappresentante i Palestinesi di tutte le classi, con il compito di presentare all’Alto Commissario il punto di vista degli abitanti su tutte le questioni d’immigrazione, mentre quello dell’O. S. gli verrebbe fornito dai rappresentanti di questa in Palestina. Nel caso di disaccordi inconciliabili, la decisione spetterebbe al Governo di S. M. Presento questi suggerimenti nella speranza di giungere ad una soluzione ragionevole della principale difficoltà.
Quanto alle critiche specifiche della Delegazione, faccio notare che l’intera popolazione palestinese sarebbe rappresentata nel Consiglio legislativo per mezzo di un suffragio molto largo, e che la maggioranza dei membri ufficiali e nominati sul resto del Consiglio diviene effettiva solo in virtù del voto dell’Alto Commissario. Sono tuttavia disposto ad esaminare l’opportunità di modificare l’articolo relativo ai membri nominati del Consiglio legislativo; se essi fossero eliminati, i rappresentanti elettivi del paese potrebbero sempre, ove fossero d’accordo, avere la maggioranza contro il Governo.
Non è esatto che Sir H. Samuel sia membro dell’O. S. In ogni caso l’affermazione che l’Alto Commissario ha una politica propria, diversa da quella del Governo di S. M. o che, se cosi fosse, il Governo gli permetterebbe di applicarla, è inammissibile e sarebbe estraneo a tutte le tradizioni dell’Amministrazione britannica. L’Alto Commissario poi non ha poteri illimitati di veto contro qualsiasi provvedimento approvato dal Consiglio legislativo, e se rifiutasse di comunicare alla Lega delle Nazioni, qualsiasi memoriale ad essa indirizzato da qualsiasi parte della comunità, avrebbe l’obbligo di presentare per iscritto le ragioni del rifiuto, concedendo cosi ai firmatari il rimedio della pubhlicità. (Times, 2-3-1922). V. V.
Risposta di Churchill alla Delegazione Araba-Palestinese. - Il Ministero inglese delle colonie comunica la risposta di Mr. Churchill, ministro delle colonie, alla nota della Delegazione Araba-Paleslinese.
Riconosco che la Delegazione rappresenta gran parte degli abitanti musulmani e cristiani della Palestina e desideravo discutere le mie proposte, senza formalità, con i rappresentanti riconosciuti di una parte importante della comunità; ma non sono autorizzato a condurre negoziati ufficiali con alcun
ente che si dica il rappresentante di tutto il popolo palestinese o di una parte di esso, poichè non è stato ancora costituito alcun organo ufficiale che lo rappresenti. Appunto con lo scopo di fornire al popolo palestinese una via costituzionale per esprimere le sue opinioni e i suoi desiderii, è stato formulato l’attuale progetto di costituzione. D’altra parte non posso discutere sull’avvenire della Palestina che in base alla dichiarazione Balfour, essendo naturalmente inammissibile che il Governo ripudi gl’impegni presi verso il popolo ebraico.
L’art. 22 dello statuto della Lega delle Nazioni, che dite incompatibile col progetto, è stato interpretato dalle principali potenze alleate nel trattato di Sèvres, ove è detto esplicitamente che la Siria e la Mesopotamia sono provvisoriamente riconosciute quali Stati indipendenti, mentre nulla di simile si dice della Palestina perchè, come risulta dal trattato, tocca alla potenza mandataria eseguire la dichiarazione fatta dal Governo britannico il 2 novembre 1917 e accolta dagli altri alleati, in favore della costituzione in Palestina di una sede nazionale del popolo ebraico. Il Governo di S. M., legato da un impegno precedente lo statuto della Lega delle Nazioni, non può permettere che sorga una situazione costituzionale capace di impedire l’adempimento di un impegno solenne preso da lui e dai
suoi alleati.
In tali circostanze la costituzione in Palestina di un Governo nazionale indipendente, come lo domanda la Delegazione, non è possibile. Il Governo di S. M. è peraltro disposto a concedere al popolo palestinese la massima indipendenza conciliabile con l’adempimento dei suoi impegni: la popolazione non ebraica ha il diritto di reclamare dal mandatario non solo la promessa, ma anche le adeguate salvaguardie che la costituzione della sede nazionale ebraica non sarà condotta in modo da pregiudicare i loro diritti; mentre il mandato riconosce l’organizzazione Sionista quale ente pubblico chiamato a sorvegliare l’Amministrazione palestinese e a collaborare con essa nelle questioni economiche, sociali, ecc. riguardanti la costituzione della sede nazionale. Sono pronto, se lo credete necessario, ad inserire nel progetto di costituzione un articolo affermante che nessun provvedimento verrà preso in Palestina, con o senza il consiglio dell’organizzazione Sionista, all’infuori delle vie costituzionali prescritte dalla Costituzione nella sua forma definitiva.
Quanto all’immigrazione, ritengo che tutte le questioni relative alla politica dell’immigrazione non debbano essere di competenza del Consiglio legislativo, ma siano risolte dall’Alto Commissario in Consiglio, dopo averle sottoposte al Governo di S. M. L’immigrazione ha importanza così vitale per tutti gli elementi della popolazione, che vi sono serie ragioni per trattarla in modo speciale, formando qualche organo regolare che rappresenti gl’interessi dell’attuale popolazione palestinese, senza infiltrazioni di elementi ufficiali.
Uno dei sistemi che mi si presentano sarebbe di formare un Consiglio dell’immigrazione, rappresentante i Palestinesi di tutte le classi, con il compito di presentare all’Alto Commissario il punto di vista degli abitanti su tutte le questioni d’immigrazione, mentre quello dell’O. S. gli verrebbe fornito dai rappresentanti di questa in Palestina. Nel caso di disaccordi inconciliabili, la decisione spetterebbe al Governo di S. M. Presento questi suggerimenti nella speranza di giungere ad una soluzione ragionevole della principale difficoltà.
Quanto alle critiche specifiche della Delegazione, faccio notare che l’intera popolazione palestinese sarebbe rappresentata nel Consiglio legislativo per mezzo di un suffragio molto largo, e che la maggioranza dei membri ufficiali e nominati sul resto del Consiglio diviene effettiva solo in virtù del voto dell’Alto Commissario. Sono tuttavia disposto ad esaminare l’opportunità di modificare l’articolo relativo ai membri nominati del Consiglio legislativo; se essi fossero eliminati, i rappresentanti elettivi del paese potrebbero sempre, ove fossero d’accordo, avere la maggioranza contro il Governo.
Non è esatto che Sir H. Samuel sia membro dell’O. S. In ogni caso l’affermazione che l’Alto Commissario ha una politica propria, diversa da quella del Governo di S. M. o che, se cosi fosse, il Governo gli permetterebbe di applicarla, è inammissibile e sarebbe estraneo a tutte le tradizioni dell’Amministrazione britannica. L’Alto Commissario poi non ha poteri illimitati di veto contro qualsiasi provvedimento approvato dal Consiglio legislativo, e se rifiutasse di comunicare alla Lega delle Nazioni, qualsiasi memoriale ad essa indirizzato da qualsiasi parte della comunità, avrebbe l’obbligo di presentare per iscritto le ragioni del rifiuto, concedendo cosi ai firmatari il rimedio della pubhlicità. (Times, 2-3-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 10, p. 608
15 marzo 1922
La Palestina al Parlamento inglese. - Nella seduta del 14 febbraio alla Camera Alta il Duca di Sutherland, in nome del Ministro delle Colonie, risponde a varie domande di Lord Sydenham sulla Palestina, spiegando che questa non si trova nelle ordinarie condizioni dei “territori nemici occupati” poichè non si pensò mai a restituirla alla Turchia. Inoltre al Governo Britannico ne è stata affidata l’amministrazione dal Consiglio Supremo, con l’obbligo di adempiere la Dichiarazione Balfour costituendovi una sede nazionale ebraica. Il Governo di S. M. non può quindi ammettere di non poter agire in maniera che non sia rigorosamente conforme alla sez. III della Convenzione dell’Aja. Gli obblighi imposti al Governo dalle condizicni secondo le quali gli fu affidata la Palestina, gli impongono una politica di selezione degli immigrati ebrei conforme alle capacità di assorbimento economico del paese. L’aver introdotto l’Ebraico quale terza lingua ufficiale non è un’infrazione degli attuali diritti e privilegi dei Palestinesi, ma facilita l’opera dell'Amministrazione, offrendo un mezzo comune di esprimersi agli Ebrei di varie nazionalità residenti in Palestina. Quanto all’intervento governativo nella vendita di proprietà ecclesiastiche [quelle del patriarcato ortodosso] a un sindacato, esso valse ad ottenere migliori condizioni al Patriarcato.
L’introduzione della valuta egiziana in Palestina ha molto facilitato gli scambii fra Egitto e Palestina,
migliorando enormemente le condizioni economiche di questa.
Nella seduta del 15 febbraio ai Comuni, Churchill in risposta a un ’interpellanza: «se il Governo si sia impegnato ad aiutare i Sionisti a ristabilire uno stato ebraico in Palestina», risponoe: «Gli impegni del Governo si trovano nella lettera diretta a Lord Rothschild dal Presidente del Consiglio nel novembre 1917. Ho già spiegato alla Camera come essa venga interpretata dal Governo». (Daily Telegraph, 15 e 18 febbraio 1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 10, p. 608
15 marzo 1922
Il petrolio della Palestina alla Camera inglese. - In risposta a un’altra interpellanza, afferma che «nessuna autorizzazione a compiere trivellature in Palestina per cercarvi petrolio è stata concessa a società o gruppi, dall’occupazioné inglese in poi. Alcune società, inglesi e straniere, affermano di aver ottenuto tali concessioni dal Governo Ottomano prima della guerra. Quando sarà ratificato il trattato di pace con la Turchia, tali concessioni saranno regolate secondo la sez. 6 del Trattato. È stato dato ad alcune società il permesso di esaminare le zone sulle quali affermano di aver acquistato concessioni, affinchè possano decidere se debbono o no reclamare i loro diritti. È stato chiaramente spiegato che tali permessi non equivalgono ad un riconoscimento di validità delle concessioni, e che non sarà permesso alcuno sfruttamento fino a che non sia regolata la costituzione politica della Palestina. Non sono avvenute scoperte di petrolio tali da venir segnalate nel rapporto provvisorio dell’Alto Commissario. (Times,16-2-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 10, p. 608
15 marzo 1922
Oltre novemila immigrati in un anno. – Il Ministero inglese delle colonie comunica che gl’immigrati entrati in Palestina nel 1921 furono 9.149.
L’immigrazione è ancora limitata alle seguenti categorie: viaggiatori che non intendono di trattenersi in Palestina più di tre mesi; benestanti che vogliono prendervi stabile dimora; professionisti che si propongono di esercitarvi; mogli, figli, ed altri parenti interamerite a carico di residenti; persone che hanno la certezza di impiegarsi presso datori di lavoro o imprese specificate; religiosi, compresi g li ebrei, venuti in Palestina negli ultimi anni per ragioni di devozione, e che dimostrino di avervi i mezzi di sussistenza ; residenti di ritorno. (Times, 2-3-1922). (V.V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 10, p. 609
15 marzo 1922
Contrabbando di anni. - Cairo, 17 febbraio. Secondo un giornale di Giaffa giunto oggi, è stato scoperto un altro tentativo di introdurre armi in Palestina. Un fucile Martini, trentasette rivoltelle e 1300 cartucce furono trovate nascoste nei bagagli di una ragazza ebrea immigrante. (Morning Post, 18-2-1922). V. V.
Già mi mesi scorsi la scoperta di tentativi ebrei d'introdurre armi in Palestina per le colonie giudaiche là esistenti aveva sollevato fiere proteste da parte degli Arabi e dei Cristiani palestinesi. Il nuovo tentativo susciterà non minore scalpore.
Già mi mesi scorsi la scoperta di tentativi ebrei d'introdurre armi in Palestina per le colonie giudaiche là esistenti aveva sollevato fiere proteste da parte degli Arabi e dei Cristiani palestinesi. Il nuovo tentativo susciterà non minore scalpore.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 10, p. 609
15 marzo 1922
L’Emiro Said al-Gazairi e i Sionisti - L’Emiro Said al-Gazairi, che tratta con i Sionisti la vendita delle sue terre presso Safed, [cfr. Oriente Moderno, fascicolo 9°, p. 538], in seguito alle proteste della colonia palestinese di Damasco ha dichiarato alla Suriyyah al-Gadidah che i terreni in questione, che non sono esclusivamente suoi ma appartengono alla famiglia Abd el-Qader, sono da 15 anni gravati da un’ipoteca di 22.000 L. T. in favore di capitalisti Ebrei. Ora la famiglia, incapace di pagare il debito, e dovendo dare esecuzione ad un testamento di Ali Pascià, si trova nella necessità di vendere i terreni in questione. (al-ArZ, arabo di Beirut, 11-2-1922). N.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 10, p. 609-10
15 marzo 1922
Passato e avvenire della Transgiordania. - Stimiamo utile riprodurre il punto di vista sionistico atale riguardo.
Quando gli Alleati occuparono la Palestina (fine del 1917), il Giordano segnò il confine del territorio posto sotto la diretta amministrazione inglese, mentre l’intera Transgiordania di pendeva dal Governo
Sceriffiano di Damasco.
In principio questa regione, quantunque amministrata da un Governatore Generale Arabo, rimase militarmente occupata dagli Inglesi, che vi esercitavano un certo controllo; ma verso la fine del 1919 agli Inglesi subentrarono i Francesi, che reclamarono l’inclusione del territorio a N. della linea Sykes-Picot nella loro zona d’influenza. Gran parte della Transgiordania era a S. di quella linea; ma rimase nondimeno sotto l’autorità nominale del Governo di Damasco. Il seguito è noto: attrito crescente fra Arabi e Francesi, proclamazione dell’indipendenza siriana da parte del Congresso di Damasco nella primavera del 1920, ed infine caduta di Faisal.
Scomparsa l’amministrazione di Damasco, la parte di Transgiordania posta a sud del fiume al-Yarmuk rimase senza alcun governo, neppure nominale.
Quasi contemporaneamente in Palestina al regime militare veniva sostituita un’amministrazione civile. Il Commissario Samuel tentò di risolvere la situazione dividendo la Transgiordania in varii distretti e dotandoli di una certa autonomia, mediante consigli locali con qualche consigliere inglese. Questo esperimento falli: i consigli mancavano di autorità, il paese si avviava rapidamente verso l’anarchia.
Frattanto l’Emiro Abdallah marciava dal Higiaz con lo scopo dichiarato di cacciare i Francesi da Damasco. La speranza di bottino gli aveva guadagnato numerosi seguaci, che aumentavano in modo preoccupante. Ad Abdallah il Congresso Siriano aveva promesso il trono di Mesopotamia, che, dopo la caduta di Damasco, dovette esser riservato a Faisal. Deluso, Abdallah pensò di rovesciare la situazione riconquistando Damasco. Partito da Maan, avanzava lentamente, ma ai primi di marzo del 1921 egli compariva ad Amman. Per una fortunata combinazione, doveva a quel tempo riunirsi la Conferenza del Cairo convocata da Churchill. Quivi la questione della Transgiordania venne esaminata, e risolta affidando l’amministrazione del paese all’Emiro, sotto la direzione generale dell’Alto Commissario palestinese e con l’aiuto di alcuni consiglieri inglesi. Tale ordinamento doveva durare per un periodo di prova di 6 mesi, in attesa di provvedimenti definitivi.
I 6 mesi sono scaduti nel settembre 1921, ma non si è giunti ad alcun ordinamento stabile, quale, a giudicare dalle notizie che si hanno sulla situazione in Trasgiordania, sarebbe urgente ottenere. Il Governo dell’Emiro non ha avuto un successo completo: tutt’altro. Il nome sceriffiano ha poca o nessuna autorità ad Amman, es-Salt ed el-Kerak, e l’Emiro non è una personalità tale da esercitare un vero prestigio: buono, ma debole, si è lasciato circuire da un gruppo di Siriani intriganti, che considerano la Transgiordania semplicemente come una tappa verso Damasco, meta delle loro ambizioni. In un simile ambiente l’Emiro poco ha potuto fare in pro della Transgiordania; i suoi consiglieri inglesi, che godono di autorità limitata e non possono contare su solidi appoggi in atto, incontrano continui ostacoli e lavorano senza speranza di successo. L’ordine pubblico, la pace e il buon governo sono insomma più lontani che mai: il Parlamento inglese ha votato 180.000 Lst. come contributo alle spese d’amministrazione della Transgiordania, e non sembra che siano state spese con profitto. A sud dell’Amon e a nord dello Yabbok la tranquillità pubblica si può dire che non esista quasi neppure di nome. Il commercio è pressochè fermo, i torti non vengono riparati, poco o nulla si fa per l’istruzione e per l’igiene; gli abitanti sedentarii si trovano nella condizione paradossale di reclamare con insistenza che vengano loro imposte delle tasse, purchè accompagnate dai vantaggi più
elementari di un Governo ordinato.
elementari di un Governo ordinato.
La Transgiordania merita una sorte migliore; ha clima temperato, suolo fertile, piogge ed acque perenni superiori a quelle della Palestina occidentale, grazie alla sua maggiore altezza. Possiede tutte le condizioni economiche e naturali atte ad assicurarle uno sviluppo dell’agricoltura e della pastorizia quale aveva ai tempi biblici. Una sistemazione della Transgiordania è urgente, non solo nel suo interesse, ma anche in quello della Palestina occidentale, che dovrebbe trovare oltre il Giordano il suo mercato naturale. Anche dal punto di vista militare l’anarchia della Transgiordania impone alla Palestina gravi oneri – il Giordano non è una frontiera naturale, e sarà sempre difficilissimo a difendere, finchè la frontiera palestinese non sia portata sull’altra sponda, fino all’altipiano ad E. del fiume. Il pericolo è che la Transgiordania acquisti un’indipendenza che, malgrado il Mandato, riduca il Giordano ad una frontiera permanente. Ora non è forse possibile, date le diverse condizioni politiche e sociali, unire Palestina Occidentale e Transgiordania, anzi è giusto che quest’ultima abbia un Governo corrispondente ai suoi speciali bisogni, anche conservando l’Emiro Abdallah, se la popolazione lo desidera.
Ma bisognerebbe che egli si liberasse da alcuni pericolosi elementi Siriani, mettesse da parte il sogno di Damasco, e si dedicasse seriamente al benessere del paese sotto la guida degli esperti consiglieri britannici. Importa di non ritardare più oltre una soluzione definitiva, affinchè la Transgiordania, scivolando insensibilmente verso la secessione e l’anarchia, non produca irreparabili disastri alla Palestina tutta. (Palestine, di Londra, 4-2-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 10, p. 610
15 marzo 1922
I limiti meridionali della Transgiordania. – Il Governo inglese aveva rinunziato al territorio meridionale della zona della Transgiordania a favore del Governo del Higiaz; cosicchè quest’ultimo aveva stabilito a Maan, capoluogo di quel territorio, un Governo militare ed amministrativo dipendente direttamente dal Higiaz. Ora viene riferito che il Governo del Higiaz ha stabilito di sgombrare quel territorio ed ha ritirato i suoi funzionari, in seguito al colloquio del colonnello Lawrence e di Haddad Pascia con il Re del Higiaz, a Gedda. L’Emiro Adil Arislan [della nota famiglia drusa Arislan] si è recato ai primi di questo mese [gennaio?] a Maan, vi ha costituito un Governo alla dipendenza di quello della Transgiordania, ed è ritornato [a Damasco], dopo aver felicemente compiuto il suo ufficio. (Alif-Ba di Damasco, riprodotto in al-Arz, arabo di Beirut, 5-2-1922). N.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 10, p. 610
15 marzo 1922
Ferrovie in Transgiordania. – Secondo una notizia ufficiale del Governo palestinese, nel luglio 1921 avvenne un accordo fra l’Amministrazione delle Ferrovie Palestinesi e quella della Ferrovia del Higiaz, che concedeva alla prima l’uso del tratto Semakh-Dera, rendendo possibile l’inaugurazione di un servizio diretto Caiffa-Maan, che mette la Transgiordania in comunicazione col Mediterraneo.
Ora ogni settimana un treno fa servizio regolare fra Caiffa e Amman, trasportando merci e passeggeri; esso ha già migliorato notevolmente lo sviluppo commerciale della Transgiordania, anche per l’abolizione, da parte dell’Emiro Abdallah, di alcuni divieti di esportazione. In seguito alle richieste di molti notabili della Transgiordania, che desideravano aumentare le coltivazioni purchè la ferrovia fosse prolungata verso le loro proprietà, la linea ha raggiunto el-Hasa e poi Maan, e sarà eventualmente portata anche più a sud, se i profitti delle ferrovie lo permetteranno. (Palestine Weekly, di Gerusalemme, 10-2-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 11, p. 656
15 aprile 1922
Licenziamenti di funzionari inglesi in Palestina. – Cairo, 13 marzo. l giornali palestinesi pubblicano i nomi di vari importanti funzionari inglesi appartenenti all’amministrazione della Palestina, che debbono essere licenziati per motivi di economia, fra cui parecchi governatori di distretti; e notano che tutti, meno uno, simpatizzano con gli Arabi, mentre fra loro non vi è un solo Ebreo. (Morning Post, 18-3-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 11, p. 656-57
15 aprile 1922
Il Partito dell’Unità Siriana a Churchill per l’unità siro-palestinese. – La Commissione del Partito dell’Unità Siriana ha inviato a Mr. Churchill (Ministro delle Colonie) il seguente telegramma:
«La Commissione Centrale del Partito dell’Unità Siriana ha preso conoscenza della risposta dell’E. V. alle obbiezioni della Delegazione Palestinese al progetto inglese di costituzione della Palestina comunicato dalla Reuter [v. Oriente Moderno, fasc. 10°, p. 607], e mi ba incaricato di richiamare la vostra attenzione sul fatto che la Palestina è parte complementare della Siria, di cui costituisce la posizione meridionale, ed è collegata a lei da solidi legami linguistici, etnici, geografici e tradizionali, che non ammettono una separazione. La Commissione protesta dunque contro le dichiarazioni suddette, contrarie evidentemente ai principî stabiliti, e insiste nel reclamare che siano rispettati l’unità nazionale del paese e il suo diritto alla libertà e alla indipendenza.
«Il Presidente della Commissione centrale del Partito dell’Unità Siriana: Mishel Lutfallah». (al-Maqattam, arabo del Cairo, 29-3-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 11, p. 657
15 aprile 1922
Conseguenze del contrabbando di armi. – Il contrabbando di armi, di cui abbiamo già dato notizia (Oriente Moderno, fasc. 10°, p. 609), seguita ad appassionare l’opinione pubblica palestinese. Il 17 febbraio è stato assolto certo Rosenberg, arrestato nel dicembre come destinatario, per conto di altri, di una spedizion'e di alveari provenienti da Trieste, e contenenti invece armi e munizioni. La stampa nazionalista ha vivacemente commentato l’assoluzione. Già dai primi di febbraio rappresentanze di tutti i distretti si erano recate dal Segretario Civile a protestare contro il permesso di tenere armi concesso alle colonie ebraiche (v. Oriente Moderno, fasc. 3°, p. 160), e gli avevano consegnato un lungo memoriale indirizzato all’Alto Commissario, in cui ricordano i passati conflitti fra Arabi ed Ebrei, ed affermano che il Governo, permettendo a questi ultimi di armarsi, riconosce la propria impotenza a difenderli, e d’altra parte incoraggia la loro ambizione, al punto che essi si procurano armi di contrabbando, con la connivenza delle autorità.
Del resto le due colonie ebraiche più isolate, nel caza di Ghazzah, non sono mai state attaccate, e a Nablus 200 Ebrei samaritani vivono tranquilli in mezzo a 25.000 Arabi; i conflitti si hanno solo nelle grandi città dove gli Ebrei predominano, come Gerusalemme, o in quelle come Giaffa ove essi sono in aumento; colpa dell’immigrazione troppo abbondante.
Il memoriale termina con tre richieste: 1ª Sospensione dell’immigrazione fino a che non sia deciso
l’avvenire del paese [con l’approvazione, da parte della Lega delle Nazioni, di una costituzione definitiva]. 2ª Confisca delle anni che il Governo ha concesse agli Ebrei. 3ª Formazione di un ente rappresentativo investito di pieni poteri, che raccolga in seguito a perquisizioni tutte le armi appartenenti agli abitanti senza distinzione e le bruci.
(al-Sabah, arabo di Gerusalemme, 3-3-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 11, p. 657
15 aprile 1922
Dissensi fra Sionisti ed Ebrei ortodossi. – Secondo notizie di fonte araba da Gerusalemme essi vanno aumentando. In seguito a rimostranze contro il movimento sionista, presentate a Lord Northcliffe dai rabbini ortodossi, alcuni giovani sionisti avrebbero attaccato i rabbini nelle Sinagoghe, provocando l’intervento della polizia che pose i rabbini sotto la protezione dell’Amministrazione.
Il l ° marzo ebbe luogo a Gerusalemme una conferenza fra Ebrei ortodossi e Sionisti per cercare un accordo. Si cominciò col discutere la questione del suffragio femminile: il rabbino sionista Cohen voleva che le donne fossero elettrici ma non eleggibili, mentre gli Ashkenazim (1) protestavano che il suffragio femminile in qualsiasi forma è contrario ai principi fondamentali della fede ebraica. La conferenza non riuscì a concludere nulla. (Times 16-3-1922). V. V.
In risposta alle notizie che precedono, l’ufficio centrale dell’Organizzazione Sionista comunica all’Agenzia Reuter quanto segue: Lungi dall’esservi crescenti divergenze fra Sionisti ed Ebrei ortodossi (o locali), circa 250.000 di questi ultimi, che formano la Federazione Mizrachi, sono parte integrale e importante dell’O. S. Uno dei loro capi, il dottor Hertz, capo rabbino, ha recentemente presentato a Lord Northcliffe una protesta contro false notizie sui rapporti fra Ortodossi e Sionisti.
Non solo, ma la Agudath Israel (2), che non è affiliata all’O. S., dicbiara di non essere affatto contraria all’idea sionista; l’unica divergenza è che l’Agudath d’Israel, associazione relativamente recente che non ba preso parte alla restaurazione dell’ebraismo palestinese, reclama una rappresentanza nell’Agenzia Ebraica, con cui il Governo palestinese dovrà conferire su tutte le questioni relative alla sede nazionale ebraica (3). Secondo il progetto di mandato, l’O.S. sarà riconosciuta quale Agenzia Ebraica. (Times, 17-3-1922). V. V.
________
note:
(l) Cioè Ebrei d’origine tedesca e polacca.
(2) In ebraico: «Lega d’Israele».
(3) Su questa «Agenzia ebraica» si vedano gli art. 4 e 6 del progetto di Mandato per la Palestina, in Oriente Moderno, fasc. 6°, pp. 337-338.
(2) In ebraico: «Lega d’Israele».
(3) Su questa «Agenzia ebraica» si vedano gli art. 4 e 6 del progetto di Mandato per la Palestina, in Oriente Moderno, fasc. 6°, pp. 337-338.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 11, p. 657-58
15 aprile 1922
Le spese della colonizzazione Sionista. – Nella seduta del 2 l marzo ai Comuni, Mr. Churchill, ministro delle colonie, in risposta a un’interpellanza, dichiara che: «Nè il Governo di S. M., nè quello palestinese hanno concesso alcun sussidio allo scopo di stabilire coloni ebri in Palestina. Le spese di questa colonizzazione sono state sostenute da Ebrei». (Times, 22-3-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 11, p. 658
15 aprile 1922
L’immigrazione Sionista per paesi origine. – In risposta ad un’interpellanza sul numero di Ebrei inglesi, americani e francesi emigrati in Palestina negli ultimi 12 mesi, e se la grande maggioranza degli emigrati provenga dai ghetti dell’Europa occidentale e sia satura di idee bolsceviche, Mr. Churchill risponde che dal settembre 1920 al settembre 1921 gli Ebrei immigrati in Palestina erano cosi distribuiti per nazionalità:
per cento | |
Polacchi | 33 |
Russi | 15 |
Romeni | 5 |
Ucraini, ecc. | 11 |
Asia Centrale | 10 |
Inglesi | 31/2 |
Stati Uniti | 2 |
Altre nazioni | 201/2 |
Quelli provenienti dall’Europa orientale non sono imbevuti di dottrine bolsceviche, estranee al Sionismo. Del resto i capi del bolscevismo si sono più volte dichiarati anti-Sionisti. (Morning Post, 15-3-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 11, p. 658
15 aprile 1922
Protesta della Transgiordania contro l’unione alla Palestina. - I capi della Transgiordania hanno inviato alla Società delle Nazioni la seguente protesta, dopo aver preso conoscenza di ciò che concerne il loro paese nella nuova Costituzione Palestinese:
«Gli abitanti della Transgiordania protestano contro la parte della Costituzione Palestinese relativa alla loro regione, e non concedono ad alcun potere, qualunque esso sia, il diritto di emanare clausole e norme di legge sulla loro zona che è indipendente e staccata dalla Palestina, e non rientra in alcun mandato». (as-Sabah, , arabo di Gerusalemme, 23-3-1922), V. V.
Questa protesta sembra essere la stessa di cui parla più diffusamente la notizia seguente:
Il presidente della municipalità di Amman capitale della Transgiordania] ha inviato l’8 marzo il seguente telegramma, in nome delle persone che vi sono ricordate, ai consoli delle Potenze in Gerusalemme, al Segretario della Società delle Nazioni, e ai presidenti della Camera, del Senato e del Consiglio dei ministri di tutti i paesi:
«Davanti all’ufficio municipale di Amman si sono riuniti un gran numero di persone appartenenti ai partiti arabi colà accorsi e di indigeni liberi della zona araba, per celebrare la festa della indipendenza arabo-siriana, proclamata a Damasco in questo stesso giorno nel 1920 (1); ed hanno deciso, di elevare una protesta contro la spoliazione della loro indipendenza e contro la decisione contraria alla loro unità. La nazione (al-ummah) non cesserà di rivendicare il proprio buon diritto naturale e legale, fino a che non lo avrà ottenuto. In questa occasione essa domanda che la sua richiesta sia attuata, per salvaguardare la pace generale dell’Oriente, la quale non potrà essere assicurata se non esaudendo le richieste degli Arabi)l. (al-Muqallam, arabo del Cairo, 18-3-1922). N.
«Gli abitanti della Transgiordania protestano contro la parte della Costituzione Palestinese relativa alla loro regione, e non concedono ad alcun potere, qualunque esso sia, il diritto di emanare clausole e norme di legge sulla loro zona che è indipendente e staccata dalla Palestina, e non rientra in alcun mandato». (as-Sabah, , arabo di Gerusalemme, 23-3-1922), V. V.
Questa protesta sembra essere la stessa di cui parla più diffusamente la notizia seguente:
Il presidente della municipalità di Amman capitale della Transgiordania] ha inviato l’8 marzo il seguente telegramma, in nome delle persone che vi sono ricordate, ai consoli delle Potenze in Gerusalemme, al Segretario della Società delle Nazioni, e ai presidenti della Camera, del Senato e del Consiglio dei ministri di tutti i paesi:
«Davanti all’ufficio municipale di Amman si sono riuniti un gran numero di persone appartenenti ai partiti arabi colà accorsi e di indigeni liberi della zona araba, per celebrare la festa della indipendenza arabo-siriana, proclamata a Damasco in questo stesso giorno nel 1920 (1); ed hanno deciso, di elevare una protesta contro la spoliazione della loro indipendenza e contro la decisione contraria alla loro unità. La nazione (al-ummah) non cesserà di rivendicare il proprio buon diritto naturale e legale, fino a che non lo avrà ottenuto. In questa occasione essa domanda che la sua richiesta sia attuata, per salvaguardare la pace generale dell’Oriente, la quale non potrà essere assicurata se non esaudendo le richieste degli Arabi)l. (al-Muqallam, arabo del Cairo, 18-3-1922). N.
(1) Si tratta della proclamazione dell’Emiro Faisal a Re della Siria l’8 marzo 1920: cfr. Oriente Moderno, fasc. 4°, p. 201.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 11, p. 659
15 aprile 1922
Intervista col Gen. Storrs sulla Transgiordania. - II corrispondente dell’Alif Ba di Damasco ha intervistato il Gen. Storrs, e gli ha domandato quali siano i legami fra Palestina e Transgiordania; il Generale ha dichiarato che su tale questione politica non può rispondere. Non ha notizia di una spedizione militare inglese contro el Giauf (1) che sa rebbe stata decisa recentemente. Non esclude che il Governo inglese abbia deliberato di mandare una sua Commissione a compiere una inchiesta sulla questione palestinese. Richiesto della sua opinione sul Governo della Transgiordania, ha detto che l’Emiro Abdallah è riuscito, col suo senno e con il suo sapere, a costituire in breve tempo un Governo rispettabile, in un paese montuoso e sterile; è notevole cbe in Transgiordania, già teatro di disordini e di anarchia, regni ora la tranquillità e la sicurezza, tanto che vi accorrono da ogni pàrte i funzionari civili, come dimostra l’arrivo di Rida Pascià er-Ribaki che è stato a messo a capo del Governo. (as-Sabah, 23-3-1922). V. V.
(1) In Arabia. Cfr. Oriente Moderno, fasc. 10°, p. 630, col. I e II.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 11, p. 659
15 aprile 1922
L’Emiro Abdallah sarebbe stato raggiunto ad es-Salt da Riga Pascià er-Rikabi, ex-presidente del consiglio di Faisal, che dopo esser stato in Egitto, dove Allenby gli concesse una decorazione inglese, aveva dimorato a Gerusalemme. (La Syrie, 19-3-1922).
Il Ministero di er-Rikabi Pascià a Damasco cadde nell’aprile del 1921. V. V.
Es-Salt è a 32° lat. N.
Disordine nella Transgiordania settentrionale. – La Syrie di Beirut ha da Derat che nel territorio di Aglun le tribù della regione el-Kurah si sono ribellate ed esercitano il brigantaggio, senza che le autorità locali possano ristabilire l’ordine. La popolazione intanto rifiuta di pagare le imposte.
L’Emiro Abdallah sarebbe stato raggiunto ad es-Salt da Riga Pascià er-Rikabi, ex-presidente del consiglio di Faisal, che dopo esser stato in Egitto, dove Allenby gli concesse una decorazione inglese, aveva dimorato a Gerusalemme. (La Syrie, 19-3-1922).
Il Ministero di er-Rikabi Pascià a Damasco cadde nell’aprile del 1921. V. V.
Aglun è la provincia ad est del Giordano, compresa tra i fiumi el-Yarmuk (che sbocca nel Giordano poco a sud del lago di Tiberiade o Genezareth) ed ez-Zerqa (l’antico Jabbok).
Es-Salt è a 32° lat. N.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 11, p. 659-60
15 aprile 1922
Rashed el-Khuzai, vice-caimacam di Gerash, è capo di bande di ladroni che infestano il territorio di Aglun, si appropria apertamente gli averi dei Cristiani abitanti nelle sue vicinanze, e fa razzie contro le tribù degli Arabi Abbad (nel territorio el-Belqa). Ed il Governo tollera tutto ciò.
Nel territorio d’al-Kerak, ch’è la provincia meridionale della Transgiordania, gli abitanti si sgozzano
fra di loro, ed il Governo sta a guardare impotente, e nemmeno interviene quando è invocato dalle parti lese.
Le tribù dei Beni Hasan hanno chiesto all’Emiro di pagare l’imposta sul bestiame ovino soltanto in ragione di due piastre per ogni pecora o capra; e l’Emiro acconsentì. Le tribù degli Abbad hanno invece accettato di pagare quattro piastre per ogni ovino. Viceversa il Governo aveva stabilito piastre sei e mezzo per animale; ed in questa proporzione effettivamente riscuoteva l’imposta dalle popolazioni sedentarie, con grave offesa del principio dell’eguaglianza di tutti di fronte alla legge.
Dal punto di vista economico il paese va verso la rovina ed il suo Governo verso la fine. La Transgiordania è un paese agricolo, che, all’infuori degli anni d’abbondanza, difficilmente può saziare i suoi abitanti. Dalla Siria e dalla Palestina esso importa tutto ciò che occorre per vestirsi e per la vita civile, ed una gran parte delle cose da mangiare; se non fosse l’alto prezzo del bestiame, della lana e del latte, che in quel paese abbondano, la Transgiordania diverrebbe priva di abitanti. Come può l’Emiro formare, in queste condizioni, un Governo indipendente? Come può provvedere ai bisogni finanziari della Casa dell’Emiro, degli uffici ministeriali e delle cariche pubbliche che vanno sempre crescendo? Le cose andavano meglio sotto i Turchi, quando tutta la regione era governata da un semplice caimacam. Ora il numero dei funzionari del Governo raggiunge quasi la metà di quello degli abitanti delle città e dei villaggi. Non parliamo dei Beduini, costituenti la maggioranza della popolazione, e dai quali il Governo può riscuotere le imposte solo con la forza.
Ad Amman, la capitale, essendo insufficienti le abitazioni da adibire ad uso dei ministeri, le botteghe sono state adoperate a queito scopo. Sicchè capita di vedere il Beduino venire alla porta d’un ministero, là dove era la bottega nella quale era solito comperare la pece ed il catrame per [curare] i suoi cammelli [scabbiosi], e chiedere: «avete pece?»; e l’usciere (hagib) rispondere: «O uomo (zálamah), questo è il ministero delle finanze!»
Il corrispondente conclude invitando l’Emiro a governare il paese con giustizia e mitezza, a liberarsi da tanti ministeri e pubblici uffici, a scegliersi un uomo energico per la direzione di tutti gli affari, ed a farsi assistere da un Consiglio gratuito di capi del paese. Allora quest’ultimo avrà finalmente pace. (al-Bashir, 23-3-1922). - N.
La situazione nella Transgiordania. – Il corrispondente palestinese dell’al-Bashir di Beirut (organo dei Gesuiti e rispecchiante il punto di vista francese) scrive in data 1° marzo, rinnovando l’accusa all’Emiro Abdallah d’essere troppo debole e remissivo cogli Arabi, d’essere sempre disposto a perdonare le ribellioni e le disobbedienze, e cosi di perpetuare il disordine in una regione popolata in gran parte da Beduini che abitano sotto le tende e menano vita nomade. La popolazione sedentaria non è tute1ata in nessun modo. Mithqal, capo della tribù dei Beni Sakhr, s’impadronì di terre appartenenti ad Abd Giabir, uno dei personaggi cristiani più ragguardevoli di es-Salt; alle proteste del danneggiato l’Emiro non sa rispondere se non esortandolo alla pazienza, ed al tempo stesso accoglie con onore Mithqal.
Rashed el-Khuzai, vice-caimacam di Gerash, è capo di bande di ladroni che infestano il territorio di Aglun, si appropria apertamente gli averi dei Cristiani abitanti nelle sue vicinanze, e fa razzie contro le tribù degli Arabi Abbad (nel territorio el-Belqa). Ed il Governo tollera tutto ciò.
Nel territorio d’al-Kerak, ch’è la provincia meridionale della Transgiordania, gli abitanti si sgozzano
fra di loro, ed il Governo sta a guardare impotente, e nemmeno interviene quando è invocato dalle parti lese.
Le tribù dei Beni Hasan hanno chiesto all’Emiro di pagare l’imposta sul bestiame ovino soltanto in ragione di due piastre per ogni pecora o capra; e l’Emiro acconsentì. Le tribù degli Abbad hanno invece accettato di pagare quattro piastre per ogni ovino. Viceversa il Governo aveva stabilito piastre sei e mezzo per animale; ed in questa proporzione effettivamente riscuoteva l’imposta dalle popolazioni sedentarie, con grave offesa del principio dell’eguaglianza di tutti di fronte alla legge.
Dal punto di vista economico il paese va verso la rovina ed il suo Governo verso la fine. La Transgiordania è un paese agricolo, che, all’infuori degli anni d’abbondanza, difficilmente può saziare i suoi abitanti. Dalla Siria e dalla Palestina esso importa tutto ciò che occorre per vestirsi e per la vita civile, ed una gran parte delle cose da mangiare; se non fosse l’alto prezzo del bestiame, della lana e del latte, che in quel paese abbondano, la Transgiordania diverrebbe priva di abitanti. Come può l’Emiro formare, in queste condizioni, un Governo indipendente? Come può provvedere ai bisogni finanziari della Casa dell’Emiro, degli uffici ministeriali e delle cariche pubbliche che vanno sempre crescendo? Le cose andavano meglio sotto i Turchi, quando tutta la regione era governata da un semplice caimacam. Ora il numero dei funzionari del Governo raggiunge quasi la metà di quello degli abitanti delle città e dei villaggi. Non parliamo dei Beduini, costituenti la maggioranza della popolazione, e dai quali il Governo può riscuotere le imposte solo con la forza.
Ad Amman, la capitale, essendo insufficienti le abitazioni da adibire ad uso dei ministeri, le botteghe sono state adoperate a queito scopo. Sicchè capita di vedere il Beduino venire alla porta d’un ministero, là dove era la bottega nella quale era solito comperare la pece ed il catrame per [curare] i suoi cammelli [scabbiosi], e chiedere: «avete pece?»; e l’usciere (hagib) rispondere: «O uomo (zálamah), questo è il ministero delle finanze!»
Il corrispondente conclude invitando l’Emiro a governare il paese con giustizia e mitezza, a liberarsi da tanti ministeri e pubblici uffici, a scegliersi un uomo energico per la direzione di tutti gli affari, ed a farsi assistere da un Consiglio gratuito di capi del paese. Allora quest’ultimo avrà finalmente pace. (al-Bashir, 23-3-1922). - N.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 716-17
15 maggio 1922
«A proposito delle recenti discussioni sulla questione del protettorato francese in Levante, siamo in grado di assicurare che tale questione è stata nuovamente trattata nel convegno per l’Oriente, del marzo scorso, a Parigi, discutendosi delle Commissioni da creare per lo studio dei problemi derivanti dall’abolizione delle capitolazioni. Poincaré fece rilevare che sussisteva il protettorato francese nel Levante, riconfermando il punto di vista francese per cui doveva ritenersi abolito il protettorato solamente per la Palestina. In tale occasione Schanzer fece rilevare che il problema non sussisteva più, perché a San Remo il signor Millerand aveva attestato l’abolizione del protettorato francese in tutto il Levante e non solamente nella Palestina. Tale decisione fu energicamente riaffermata da Lord Curzon, il quale dichiarò che era presente alla seduta di San Remo in cui tale decisione fu adottata ed assicurò che in essa era stato chiaramente ed esplicitamente dichiarato che l’abolizione concerneva tutto il Levante. Il signor Poincarè prese conto di tali dichiarazioni.
« Queste dichiarazioni sono da ricordare in questo momento soltanto per dimostrare che a San Remo
la questione è stata internazionalmente e completamente definita. Non resta pertanto che la questione
degli onori liturgici spettanti ai rappresentanti francesi in Levante, pei quali la Santa Sede dovrà impartire disposizioni alle autorità cattoliche: tanto più che sta di fatto che sia i privati sia le comunità
religiose si rivolgono oramai ai propri rappresentanti nazionali per la tutela dei loro interessi in Levante».
Il giornale romano II Messaggero del 16 aprile cosi commentava questa notizia:
«Nel comunicato si afferma una cosa che ci sembra particolarmente importante: che le preminenze d’onore tributate dalla Santa Sede ai rappresentanti francesi nel Levante - in ottemperanza al Regolamento di Propaganda Fide del 1742 - continuano. Il che è tutto si può dire quanto restava, anche prima della conferenza di San Remo, del Protettorato francese. Sono le preminenze d’onore che costituiscono un particolare prestigio francese nel Levante a scapito delle altre potenze, in paesi dove la forma è tutto.
« Ora poiché le preminenze d’onore ai rappresentanti francesi nel Levante derivavano dal Protettorato, non si comprende perché debbano sussistere una volta che il Protettorato più non esiste. Se ciò dipende dal Vaticano, è però anche vero che più dipende dalla Francia, in quanto la Santa Sede ha ritardato appunto finora, per le pressioni francesi, a impartire ordini affiché il Regolamento del 1747 [sic] si consideri abrogato».
Nel numero del 18 marzo lo stesso Messaggero si rallegra che nei circoli autorizzati si escluda ogni
carattere di ufficiosità all’informazione dell’Agenzia Italiana; tuttavia osserva:
« Ma nei predetti circoli si smentisce altresì che la questione del Protettorato, adombrata soltanto nel recente convegno di Parigi, sia stata risoluta; e che le riserve, già sollevate da Ila Francia e riaffermate
dal signor Poincaré in quel convegno, siano state ritirate.
«Non c’è bisogno di rilevare la gravità di un tale fatto. Non ignoravamo che la Francia si rifiutava di riconoscere validità agli impegni di San Remo circa il Protettorato. Ma la conferma che nessun passo avanti si sia fatto nella questione che molto interessa l’Italia, non può non preoccuparci seriamente.
« II caso del Protettorato ammonisce di qual pericolo sia affidare importanti risoluzioni di convegni internazionali, anzichè a protocolli debitamente sottoscritti da tutte le parti interessate, a semplici verbali, i quali s’affidano soltanto - com’è il caso del verbale quinto di San Remo - alla buona fede delle parti stesse che l’hanno approvato». N.
Il protettorato sui Cattolici in Oriente. – L’Agenzia Italiana pubblicò il 15 aprile il seguente comunicato di carattere ufficioso:
«A proposito delle recenti discussioni sulla questione del protettorato francese in Levante, siamo in grado di assicurare che tale questione è stata nuovamente trattata nel convegno per l’Oriente, del marzo scorso, a Parigi, discutendosi delle Commissioni da creare per lo studio dei problemi derivanti dall’abolizione delle capitolazioni. Poincaré fece rilevare che sussisteva il protettorato francese nel Levante, riconfermando il punto di vista francese per cui doveva ritenersi abolito il protettorato solamente per la Palestina. In tale occasione Schanzer fece rilevare che il problema non sussisteva più, perché a San Remo il signor Millerand aveva attestato l’abolizione del protettorato francese in tutto il Levante e non solamente nella Palestina. Tale decisione fu energicamente riaffermata da Lord Curzon, il quale dichiarò che era presente alla seduta di San Remo in cui tale decisione fu adottata ed assicurò che in essa era stato chiaramente ed esplicitamente dichiarato che l’abolizione concerneva tutto il Levante. Il signor Poincarè prese conto di tali dichiarazioni.
« Queste dichiarazioni sono da ricordare in questo momento soltanto per dimostrare che a San Remo
la questione è stata internazionalmente e completamente definita. Non resta pertanto che la questione
degli onori liturgici spettanti ai rappresentanti francesi in Levante, pei quali la Santa Sede dovrà impartire disposizioni alle autorità cattoliche: tanto più che sta di fatto che sia i privati sia le comunità
religiose si rivolgono oramai ai propri rappresentanti nazionali per la tutela dei loro interessi in Levante».
Il giornale romano II Messaggero del 16 aprile cosi commentava questa notizia:
«Nel comunicato si afferma una cosa che ci sembra particolarmente importante: che le preminenze d’onore tributate dalla Santa Sede ai rappresentanti francesi nel Levante - in ottemperanza al Regolamento di Propaganda Fide del 1742 - continuano. Il che è tutto si può dire quanto restava, anche prima della conferenza di San Remo, del Protettorato francese. Sono le preminenze d’onore che costituiscono un particolare prestigio francese nel Levante a scapito delle altre potenze, in paesi dove la forma è tutto.
« Ora poiché le preminenze d’onore ai rappresentanti francesi nel Levante derivavano dal Protettorato, non si comprende perché debbano sussistere una volta che il Protettorato più non esiste. Se ciò dipende dal Vaticano, è però anche vero che più dipende dalla Francia, in quanto la Santa Sede ha ritardato appunto finora, per le pressioni francesi, a impartire ordini affiché il Regolamento del 1747 [sic] si consideri abrogato».
Nel numero del 18 marzo lo stesso Messaggero si rallegra che nei circoli autorizzati si escluda ogni
carattere di ufficiosità all’informazione dell’Agenzia Italiana; tuttavia osserva:
« Ma nei predetti circoli si smentisce altresì che la questione del Protettorato, adombrata soltanto nel recente convegno di Parigi, sia stata risoluta; e che le riserve, già sollevate da Ila Francia e riaffermate
dal signor Poincaré in quel convegno, siano state ritirate.
«Non c’è bisogno di rilevare la gravità di un tale fatto. Non ignoravamo che la Francia si rifiutava di riconoscere validità agli impegni di San Remo circa il Protettorato. Ma la conferma che nessun passo avanti si sia fatto nella questione che molto interessa l’Italia, non può non preoccuparci seriamente.
« II caso del Protettorato ammonisce di qual pericolo sia affidare importanti risoluzioni di convegni internazionali, anzichè a protocolli debitamente sottoscritti da tutte le parti interessate, a semplici verbali, i quali s’affidano soltanto - com’è il caso del verbale quinto di San Remo - alla buona fede delle parti stesse che l’hanno approvato». N.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 732
15 maggio 1922
«Questa Conferenza di membri delle due Camere, convocata con l’appoggio del pubblico inglese in generale, ritiene che la giustizia verso la causa degli Arabi Palestinesi esiga: l° Un’autonomia (self-government) nazionale dei Palestinesi entro il mandato britannico. 2° L’abolizione della Commissione Sionista in Palestina. 3° L’approvazione, da parte del Parlamento, del mandato, quando sarà definitivamente fissato dalla Lega delle azioni.
«La Conferenza invita i membri di ambo le Camere simpatizzanti con la causa araba, ad avvicinare il Presidente del Consiglio e il Ministro delle Colonie, per richiamare l’attenzione del Governo sul proprio punto di vista».
.
Conferenza per la Delegazione Palestinese a Londra. - Una conferenza composta di membri delle due Camere e di altre personalità, si è riunita il 10 maggio in una sala della Camera dei Comuni per discutere sugli argomenti presentati dalla Delegazione Palestinese, ed anche sui mezzi per mantenere gli impegni presi dall’Inghilterra verso gli Arabi e sull’attività da svolgere in questo senso. Presiedeva Lord Islington.
Conferenza per la Delegazione Palestinese a Londra. - Una conferenza composta di membri delle due Camere e di altre personalità, si è riunita il 10 maggio in una sala della Camera dei Comuni per discutere sugli argomenti presentati dalla Delegazione Palestinese, ed anche sui mezzi per mantenere gli impegni presi dall’Inghilterra verso gli Arabi e sull’attività da svolgere in questo senso. Presiedeva Lord Islington.
È stato approvato, con soli due voti contrari, il seguente ordine del giorno:
«Questa Conferenza di membri delle due Camere, convocata con l’appoggio del pubblico inglese in generale, ritiene che la giustizia verso la causa degli Arabi Palestinesi esiga: l° Un’autonomia (self-government) nazionale dei Palestinesi entro il mandato britannico. 2° L’abolizione della Commissione Sionista in Palestina. 3° L’approvazione, da parte del Parlamento, del mandato, quando sarà definitivamente fissato dalla Lega delle azioni.
«La Conferenza invita i membri di ambo le Camere simpatizzanti con la causa araba, ad avvicinare il Presidente del Consiglio e il Ministro delle Colonie, per richiamare l’attenzione del Governo sul proprio punto di vista».
Sir Herbert Samuel offrì un pranzo, al Reform Club, alla Delegazione palestinese la sera del 10. Fra gli invitati era anche Lord Milner. (Morning Post, 9-5-1922. Manchster Guardian, 11- 5-1922).
V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 732
15 maggio 1922
I rapporti anglo-americani relativi al mandato formeranno oggetto di un trattato fra i due paesi, da formularsi appena approvato il mandato; esso conterrà il riconoscimento dei diritti americani da parte dell’Inghilterra, e il riconoscimento del mandato da parte dell’America.
Sarà questo il primo trattato concluso in base all’accordo anglo-americano recentemente raggiunto, con cui il Governo britannico riconosce agli Stati Uniti tutti i diritti di cui questi godrebbero se appartenessero alla Lega delle Nazioni. Trattati analoghi saranno conclusi per tutti gli altri mandati inglesi.
L’accordo suddetto ha eliminato tutte le questioni pendenti fra Inghilterra e Stati Uniti, fra cui non
esiste più alcuna controversia; da ambo le parti i negoziati furono condotti nel modo più cordiale e
conciliante. (Times, 11-5-1922). V. V.
Accordo anglo-americano per la Palestina. – Da qualche tempo una corrispondenza sul mandato palestinese era in corso fra il Governo britannico e quello degli Stati Uniti, che desiderava di conservare i propri diritti in Palestina e di vederli esplicitamente riconosciuti nel mandato. Questo riconoscimento non era possibile; ed è prevalso il punto di vista che nella tutela dei diritti stranieri, affermata nel mandato, sono impliciti i diritti americani. In base a quest’intesa, salvo qualche particolare su cui il Governo britannico aspetta una risposta da quello americano, il mandato britannico per la Palestina è stato approvato dal Governo degli Stati Uniti. Appena giunta la risposta americana attesa, il mandato verrà presentato al Consiglio della Lega delle Nazioni, che si apre l’11 maggio a Ginevra, ed ove l’Inghilterra è rappresentata da Lord Balfour.
I rapporti anglo-americani relativi al mandato formeranno oggetto di un trattato fra i due paesi, da formularsi appena approvato il mandato; esso conterrà il riconoscimento dei diritti americani da parte dell’Inghilterra, e il riconoscimento del mandato da parte dell’America.
Sarà questo il primo trattato concluso in base all’accordo anglo-americano recentemente raggiunto, con cui il Governo britannico riconosce agli Stati Uniti tutti i diritti di cui questi godrebbero se appartenessero alla Lega delle Nazioni. Trattati analoghi saranno conclusi per tutti gli altri mandati inglesi.
L’accordo suddetto ha eliminato tutte le questioni pendenti fra Inghilterra e Stati Uniti, fra cui non
esiste più alcuna controversia; da ambo le parti i negoziati furono condotti nel modo più cordiale e
conciliante. (Times, 11-5-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 732-33
15 maggio 1922
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 733
15 maggio 1922
«La Delegazione arabo-palestinese apprende con viva sorpresa che il Consiglio della Lega delle Nazioni ha preso in esame il mandato sulla Palestina per ratificarlo. Noi desideriamo con la presente affermare che siamo recisamente contrarii a che siano fatti passi ulteriori per il mandato mentre ancora siamo in trattative col Governo britannico sull’avvenire della Palestina, e desideriamo informarvi ancora una volta che gli Arabi-Palestinesi non accetteranno mai il mandato nella sua forma attuale.
« L’opinione che la sua ratifica pacificherà la Palestina è un errore; l’unico mezzo di pacificazione è un’intesa col popolo palestinese, basata sulla giusta valutazione dei loro desiderata. Noi perciò vi raccomandiamo caldamente di sospendere l’esame del mandato fino a che non avremo approfondito esaurientemente la questione insieme».
(Morning Post, 16-5-1922). - V. V.
A sua volta la Commissione Esecutiva della Federazione Sionista inglese ha approvato un ordine del giorno che esorta il Consiglio della Lega delle Nazioni a ratificare il mandato britannico senza indugio, affinchè la Palestina si trovi nelle condizioni politiche, amministrative ed economiche atte alla creazione della sede nazionale ebraica, quali sono previste dalla Dichiarazione Balfour ed esposte nel progetto di mandato ora in mano al Consiglio della Lega.
Nella seconda metà di maggio monsignor Barlassina, patriarca latino di Gerusalemme, si è recato a Londra per discutere con il Governo inglese alcuni punti del progetto di malldato, in modo che gli storici e grandi interessi cattolici siano salvaguardati.
Pro e contro il progetto del mandato sulla Palestina. - Musa Kazim el-Huseini, presidente della Delegazione arabo-palestinese che si trova a Londra, ha diretto al Presidente del Consiglio inglese la seguente lettera di protesta:
«La Delegazione arabo-palestinese apprende con viva sorpresa che il Consiglio della Lega delle Nazioni ha preso in esame il mandato sulla Palestina per ratificarlo. Noi desideriamo con la presente affermare che siamo recisamente contrarii a che siano fatti passi ulteriori per il mandato mentre ancora siamo in trattative col Governo britannico sull’avvenire della Palestina, e desideriamo informarvi ancora una volta che gli Arabi-Palestinesi non accetteranno mai il mandato nella sua forma attuale.
« L’opinione che la sua ratifica pacificherà la Palestina è un errore; l’unico mezzo di pacificazione è un’intesa col popolo palestinese, basata sulla giusta valutazione dei loro desiderata. Noi perciò vi raccomandiamo caldamente di sospendere l’esame del mandato fino a che non avremo approfondito esaurientemente la questione insieme».
(Morning Post, 16-5-1922). - V. V.
A sua volta la Commissione Esecutiva della Federazione Sionista inglese ha approvato un ordine del giorno che esorta il Consiglio della Lega delle Nazioni a ratificare il mandato britannico senza indugio, affinchè la Palestina si trovi nelle condizioni politiche, amministrative ed economiche atte alla creazione della sede nazionale ebraica, quali sono previste dalla Dichiarazione Balfour ed esposte nel progetto di mandato ora in mano al Consiglio della Lega.
(Times, 16-5-1922). V. V.
Nella seconda metà di maggio monsignor Barlassina, patriarca latino di Gerusalemme, si è recato a Londra per discutere con il Governo inglese alcuni punti del progetto di malldato, in modo che gli storici e grandi interessi cattolici siano salvaguardati.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 733-41
15 maggio 1922
La dichiarazione Balfour.
11 2 novembre 1917, Sir A. Balfour, Ministro degli Esteri, comunicava a Lord Rothschild, dopo lunghe trattative (a cui non fu estraneo Wilson) fra i capi sionisti e il Gabinetto britannico, la nota dichiarazione, che malgrado la sua forma volutamente vaga, suscitò l’entusiasmo di moltissimi Ebrei, ed i sospeui degli Arabi, fiduciosi nella promessa dell’Inghilterra al Re Husein (1915) di «riconoscere
e sostenere l’indipendenza degli Arabi entro i confini da lui proposti». Il nazionalismo arabo, sebbene più forte in Siria che in Palestina, avea seguaci anche in questa regione; sicchè sorsero organizzazioni
destinate a combattere la politica sionista inglese, che esplicarono più apertamente la loro attività dopo l’armistizio con la Turcbia. Intanto era giunta in Palestina, nella primavera del 1918, con l’approvazione del Governo britannico, una Commissione Sionista «per fungere da ente consultivo delle autorità britanniche in Palestina su tutte le questioni concernenti gli Ebrei o che possano aver relazione con la fondazione della sede nazionale per il popolo ebraico, secondo la Dichiarazione del Governo di S. M.».
La Commissione Sionista.
Questa Commissione, quantunque dovesse rappresentare l’Organizzazione Sionista dell’Intesa, non comprendeva nè Russi, nè Americani. l suoi rapporti col Governo militare della Palestina non furono sempre facili.
Il Dott. Weizmann, capo della Commissione Sionista, si era sforzato di calmare i timori degli Arabi e di stabilire con essi rapporti cordiali, ma non fu sostenuto sempre dagli altri membri della Commissione. Questa, nel giugno 1919, era ampliata e riorganizzata con la partecipazione dei Poalè Zion (organizzazione operaia socialista ebraica), dei Mizrahi o Ebrei ortodossi, sostenitori del Sionismo, e degli Ebrei palestinesi, elementi che rinforzarono l’ala intransigente e militante, aumentando così la tensione con gli Arabi, che seppero anche sfruttare alcune frasi imprudenti di scrittori sionisti a loro riguardo, come p. es. Zangwill e Sidebotham.
Nell’aprile 1920, per cause rimaste oscure, scoppiò a Gerusalemme un conflitto fra Arabi ed Ebrei, in
cui rimasero uccise sei persone per ciascuna delle due parti. II Corpo di difesa ebraica (corpo di volontari ebrei, organizzato per difendersi da eventuali attacchi degli Arabi), della cui esistenza l’autorità militare non era stato informata, prese parte al conflitto e ne aumentò la gravita; l’Amministrazione militare commise poi parecchi errori, e furono arrestate varie persone innocenti. Fu anche arrestato il tenente Jabotinsky, capo del Corpo di difesa ebraica; egli fu condannato a due anni di carcere da un tribunale militare che alcuni dicono non offrisse tutte le garanzie di serietà, e di cui non furono mai pubblicati gli atti. La condanna fu poi cassata dal Consiglio Superiore dell’Esercito.
L’Amministrazione civile.
Preoccupato da questa situazione, il Governo britannico istituì, il l ° luglio 1920, un’Amministrazione Civile sotto l’Alto Commissario Sir H. Samuel, sionista moderato, assistito, dall’ottobre in poi, da un Consiglio Consultivo di 10 membri nominati da lui e 10 funzionari. La nuova Amministrazione è riuscita in molti casi a migliorare le condizioni generali del paese, ma non a migliorare i rapporti con gli Arabi. In seguito alla mancata ratifica del Trattato di Sèvres ed al ritardo dell’approvazione del mandato sulla Palestina, gli Arabi si sono sentiti incoraggiati a continuare l’agitazione, non solo nella speranza di volgere l’opinione pubblica inglese contro la politica sionista del Governo, ma anche di ottenere che la Lega delle Nazioni modifichi il mandato. Inoltre l’immigrazione ebraica - 18.000 individui dal luglio 1920 - ha dato agli Arabi argomenti a pro della loro tesi antisionista; perchè, come riconosce l’Alto Commissario nel suo Rapporto sul periodo che va dal l° luglio 1920 al 30 giugno 1921, in seguito all’insuccesso del progetto del Governo palestinese di lanciare un prestito, e alle difficoltà finanziarie dell’Organizzazione Sionista, «mentre si sono avute molte pressioni affinchè gli emigranti Ebrei fossero ammessi in Palestina, le possibilità di impiegarli sono aumentate relativamente poco».
I fatti del maggio 1921.
Nel 1920 si formò un piccolo gruppo comunista, che nell’inverno raccolse aderenti fra i molti immigrati rimasti disoccupati; esso svolse allora una propaganda bolscevica, in opposizione agli altri Ebrei, e tentando di convertire i lavoratori arabi al comunismo. Non erano più di 300; ma la loro propaganda impressionò vivamente gli Arabi. Malgrado le raccomandazioni del Governatore di Giaffa e dell’Associazione Cristiano-Musulmana, il Governo non volle reprimere questo movimento che considerava insignificante. Nell’aprile 1921 il Ministro delle Colonie Churchill visitò la Palestina; in questa occasione avvennero a Caiffa tumulti anti-ebraici; ma a Gerusalemme il Ministro riaffermò la Dichiarazione Balfour, rimproverando una Delegazione palestinese che ne domandava la revoca. [Si veda il suo discorso in Oriente Moderno, fasc. 1°, p. 30].
Il l° maggio gli Ebrei bolscevichi organizzarono senza autorizzazione una dimostrazione che venne a coincidere con un corteo autorizzato di operai ebrei. Gli Arabi, irritati contro i Sionisti in generale, e in particolare contro i Bolscevichi non sionisti, li attaccarono ambedue e ne seguirono sanguinosi conflitti; malgrado la proclamazione dello stato di assedio i disordini durarono parecchi giorni. Questi fatti ebbero gravi ripercussioni nelle campagne, dove forti bande, in parte armate, attaccarono e saccheggiarono varie colonie ebraiche (dal 4 a 16 maggio) provocando l’intervento delle truppe inglesi, con aereoplani militari e cavalleria indiana; vi furono in tutto 88 morti e 238 feriti. Vennero formati speciali tribunali civili e militari per giudicare i colpevoli, che ricevettero condanne piuttosto miti; la Commissione Haycraft, incaricata di un’inchiesta sulle cause dei conflitti, affermò nel suo rapporto che la Commissione sionista «aveva esercitato sulla popolazione araba un’azione piuttosto irritante che conciliante, contribuendo così ai disordini». La Commissione seguitò nondimeno a funzionare, ma l’immigrazione venne sospesa per qualche mese, e poi permessa con alcune lievi restrizioni.
Il 3 giugno, genetliaco del Re d’Inghilterra, l’Alto Commissario pronunciò un discorso conciliante per rassicurare gli Arabi [v. Oriente Moderno, fasc. 2°, p. 90 segg.]. Le sue dichiarazioni però, se non furono senza effetto temporaneo, non calmarono l’agitazione araba. Nel luglio partì per l’Inghilterra la Delegazione palestinese (di cui l’Oriente Moderno si è ripetutamente occupato). Nel settembre, al Congresso Sionista di Carlsbad [v. Oriente Moderno, fasc. 5°, p. 293, e fasc. 6°, p. 350 segg.] i capi sionisti facevano dichiarazioni che aumentarono le difficoltà dell’Alto Commissario. Nel novembre 1921 vi fu a Gerusalemme un piccolo conflitto; e ultimamente la scoperta di due casi di contrabbando di armi da parte di Ebrei, e la notizia che si è di nuovo fondato un Corpo di difesa ebraica hanno molto irritato gli Arabi. Intanto la ratifica del mandato ritarda, e l’opposizione araba cresce. L’opposizione, dicono alcuni Sionisti, è artificiosa e insignificante. Ma è veramente cosi?
Gli indigeni e gl’immigrati.
Vi sono ora in Palestina piu di 80.000 Ebrei, quasi altrettanti Cristiani (in maggioranza ortodossi) e circa 650.000 Arabi (di cui cinque sesti Musulmani sunniti); questi ultimi quasi tutti agricoltori. I nomadi, fuori del distretto di Bersabea, sono pochi. I Drusi che si trovano in alcuni villaggi del Nord, e i pochi Bahaisti non hanno alcuna importanza politica. I Palestinesi, specie i Musulmani, sono, in confronto, p. es., degli Egiziani, molto arretrati e ignoranti, ma hanno ingegno naturale, e hanno spiccate attitudini al commercio che mancano agli Egiziani e ai Turchi. Gli abitanti delle città, più progrediti, sono anche più eccitabili dei contadini, e come loro violentissimi, creduli e suscettibili per tutto quanto riguarda i loro pregiudizi etnici e religiosi, come dimostrano i gravi dissidii che vi sono sempre stati p. es. fra gli Arabi cattolici e ortodossi. Questa infiammabilità della popolazione araba rappresenta un grave pericolo: finchè non sia raggiunta un’intesa coi Sionisti, la minima provocazione, vera o immaginaria, può far perdere la ragione a tutti gli Arabi delle città.
Cause dell’antisionismo.
I Sionisti sostenevano che il movimento antisionista era in gran parte fittizio, dovuto ad agenti stranieri, alla classe degli effendi (latifondisti e borghesia, che rimpiangono il regime turco il quale lasciava loro sfruttare i contadini), a quanti soffrono dell’aumento delle mercedi dovute all’influsso di mano d’opera ebraica, a pochi fanatici e finalmente ai malcontenti del mandato inglese.
Ora che molti effendi rimpiangano i Turchi è vero, come è vero che agenti stranieri hanno lavorato e lavorano in Palestina. È meglio non parlare dell’azione del console francese di Giaffa durante i disordini. Però gli attuali consoli francesi di Giaffa e di Caiffa sono in ottime relazioni con gli Inglesi: ed ora non si può accusare il Governo francese di Siria d’incoraggiare la propaganda anti-inglese o antisionista. Nondimeno agenti cattolici francesi si danno da fare e spendono danaro fra Cristiani Latini e Melchiti o Greci uniti nella Palestina settentrionale, e Siriani, tanto musulmani che cristiani, provenienti dal Libano e da Damasco, e svolgono la loro attività entro l’Associazione Cristiano-Musulmana Palestinese.
Alcuni dei Cristiani sperano che la Palestina possa un giorno passare alla Francia; alcuni dei Musulmani la sognano unita alla Siria in un Impero pan-arabo. È certo poi che Mustafà Kemal e i suoi alleati bolscevichi contribuirono ai fatti di Giaffa, servendosi rispettivamente di agenti arabi e di comunisti ebrei.
Ma i Turchi hanno in Palestina pochissima influenza; molti capi dell’Associazione Musulmano-Cristiana sono turcofobi di antica data, e le masse ricordano le angherie inflitte loro dai Turchi durante la guerra.
La propaganda cattolica poi tocca appena una parte del1a popolazione. Ora l’antisionismo è troppo sentito e diffuso per potersi spiegare con le sole ragioni suddette. Si può affermare che l’ostilità degli Arabi contro il Governo britannico è quasi interamente dovuta al fatto che gli Arabi credono che la politica inglese sia una cosa sola col Sionismo politico, e, come essi dicono, predatore. Se due anni fa l’Inghilterra si fosse sforzata di far capire agli Arabi che la sede nazionale ebraica non implicava un predominio politico degli Ebrei sugl’indigeni, questi ultimi non avrebbero provato l’impressione che si voleva imporre loro, senza consultarli, un inquilino sgradito, nel1a speranza che questi li avrebbe un giorno sfrattati.
Che alcuni notabili arabi antisionisti abbiano cercato privatamente di vendere terreni agli Ebrei, e che l’opposizione d’interessi fra Arabi latifondisti e fellah possa produrre lotte di classe capaci d’indebolire il movimento arabo, non sono argomenti seri. Per ora tanto i fellah che gli operai arabi sentono pochissimo la solidarietà di classe e sono assolutamente incapaci di muoversi a favore dei Sionisti.
Anche nell’influenza pacificatrice della ratifica del mandato britannico da parte della Lega vi è poco da sperare. Certo gli estremisti da ambo le parti si troveranno davanti ad un fatto compiuto, e poco più potranno pescare nel torbido.
Il prestigio del1’Amministrazione, priva finora di un vero riconoscimento internazionale, ne sarà rafforzato; la situazione economica migliorerà perchè l’Amministrazione potrà aprire prestiti destinati a finanziare opere pubbliche. Ma se il mandato non ottiene un accordo fra i moderati da ambo le parti,
salvando tanto il principio della sede nazionale ebraica che i diritti politici arabi, le agitazioni antisioniste e il malcontento degli Ebrei continueranno a costituire una grave difficoltà per l’Amministrazione.
Il punto di vista Arabo.
Gli Arabi non hanno trovato finora alcun capo notevole, paragonabiie anche lontanamente a Zaghlul; e ciò spiega i loro numerosi errori di tattica. L’Arabo è più abile dell’Ebreo nella politica locale, in cui quest’ultimo si è mostrato incapace, ma possiede ancor meno degli Ebrei la facoltà di comprendere il punto di vista dell’avversario, ed è sospettoso del1e autorità fino all’assurdo.
Irritante per chi ha partecipato alla guerra in Palestina è la pretesa degli Arabi palestinesi di aver reso importanti servigi militari agli Alleati.
Quelli del Higiaz e della Transgiordania, che i Palestinesi del resto temono come gente rude, si condussero bene (1), ma i Palestinesi non fecero se non arrendersi in gran numero agl’Inglesi, che ne mantennero migliaia come prigionieri di guerra, pochissimi dei quali domandarono di arruolarsi nell’esercito sceriffiano. Effetti dello snervante regime turco.
La stampa araba palestinese è debole, nessun giornale ha una diffusione paragonabile a quella dell’ebraico Doar Hayom (2); i giornalisti arabi, con poche eccezioni, declamano più che discutere. Tuttavia malgrado le sue debolezze ed esagerazioni, non si può negare che la stampa araba disponga di buoni argomenti.
Le cause del malcontento sono tre: 1. Gli Arabi interpretano la Dichiarazione Balfour come una prova che il Governo Britannico intenda aiutare i Sionisti a trasformare la Palestina in uno Stato prevalentemente ebraico. 2. Credono che la Commissione Esecutiva Sionista in Palestina sia divenuta un Governo entro il Governo ed influisca sull’Amministrazione a danno della maggioranza araba. 3. Ritengono che questa Commissione, con l’aiuto dell’Organizzazione Sionista mondiale, organizzi ed incoraggi l’immigrazione di Ebrei in Palestina in numero superiore alle capacità economiche del paese, con lo scopo di mettere l’elemento ebraico in Palestina in grado di aspirare, prima o poi, alla supremazia politica.
L’immigrazione ebraica.
Il terzo argomento è il più importante, e deve essere esaminato per primo. L’affluire dei coloni ebrei è la ragione principale dell’Antisionismo. I contadini e gli operai arabi che nulla sanno dell’Organizzazione Sionista e della Dichiarazione Balfour, vedono giungere i halusim [pionieri], giovani vigorosi d’ambo i sessi, per lo più Rumeni, Galiziani, Ucraini e Polacchi, emigrati per dedicarsi all’agricoltura; di cui molti però, uomini e donne, fanno lavori manuali in concorrenza con la mano d’opera indigena. Ebrei levantini incontrerebbero minori ostilità, perchè più vicini agli Arabi. Ma questi «Giudeo-Slavi» ne differiscono profondamente per aspetto ed abitudini, e ciò aggrava le antipatie. Le accuse di delinquenza e d’immoralità che gli Arabi fanno a questi halusim non hanno fondamento. Essi non hanno prostituzione; solamente alcuni di idee più avanzate convivono in libero matrimonio. È vero che ve ne sono alcuni rozzi e arroganti; spesso però essi non sono stati istruiti sulla condotta da tenere per non urtare le suscettibilità degl’indigeni. In ogni modo non è giusto criticarli troppo severamente per questo, o accusarli di bolscevismo.
Pochissimi bolscevichi (forse 100) sono rimasti in Palestina, e dopo i fatti del maggio scorso è deplorevole che il Governo non li abbia espulsi tutti; tuttavia non si può negare che molti dei nuovi arrivati siano sotto l’influenza di idee avanzate, manchino di disciplina, e siano troppo portati a trapiantare il loro socialismo cittadino nella Palestina rustica e conservatrice. Quanto al contrabbando di armi, di cui si parlerà oltre, bisogna dire intanto che solo da poco tempo si perquisiscono i bagagli degli emigranti, e che le agenzie di emigrazione sioniste non hanno sufficientemente istruito gli individui, ed hanno talvolta lasciato partire persone politicamente pericolose, come un certo Bidermann, espulso da Giaffa come comunista pericoloso dopo i conflitti, e quivi ricomparso e arrestato recentemente: si era unito a un gruppo di emigranti a Costantinopoli, ed era passato senza ostacoli.
La situatione economica.
La maggiore obbiezione contro l’attuale afflusso di 800 emigrati al mese è però di carattere economico.
In Palestina vi è bisogno grande di mano d’opera specializzata: e non vi è difficoltà per l’introduzione di piccoli capitalisti. Ma gli emigranti, di regola, sono nuovi al lavoro manuale; essi comprendono molti studenti di ambo i sessi e persone colte, venute in Palestina per lavorare sul luogo a pro dell’ideale sionista. Non essendovi terreni sufficienti essi sono stati impiegati in lavori stradali e ferroviari, o come lavoratori dei campi nelle colonie ebraiche; ovvero anche sono impiegati in genere da Ebrei in servigi di tutti i generi (commessi ecc.) entrando così in competizione con gli Arabi, che si lagnano della preferenza degli Ebrei per i lavoratori correligionari, anche quando questi pretendono mercedi più alte delle loro. Nei lavori pubblici poi è vero che gli Ebrei, organizzati in cooperative, firmano contratti più lunghi degli Arabi, quasi sempre contadini che vanno a giornata nella stagione morta, e hanno raggiunto la stessa efficienza degli Arabi (efficienza come è noto non molto alta); ma inesperti com’erano in principio, molti dei loro primi lavori risultarono scadenti. Essi hanno richiesto maggiore mercede degli indigeni; e, pagati dal Governo quanto questi, hanno ricevuto il resto dall’Organizzazione Sionista. Inoltre hanno avuto prèstiti senza interessi, che permettono alle cooperative di pagare loro salari finché non li impiega il Governo.
Nelle vecchie colonie ebraiche, piuttosto impoverite per varie ragioni, i nuovi a rrivati non hanno fatto buona prova; i datori di lavoro ebrei sono accusati di essere avari, ma essi oppongono con ragione che i tempi sono difficili, che, per i vini, hanno perduto i mercati austriaci e russi, che la concorrenza italiana, favorita dal cambio, ha tolto loro i mercati per le mandorle; e che i lavoranti Ebrei domandano il 40 per cento in più dei fellah, pretendono alloggio, assistenza medica ecc. ; e che spesso insistono per una giornata di otto ore. A Khedera, Colonia ebraica presso Cesarea, lavoravano fino allo scorso maggio da 400 a 500 Arabi. In seguito agli attacchi e saccheggi da parte di bande armate avvenuti il 6 maggio, i coloni licenziarono gli Arabi, alcuni dei quali vi avevano partecipato, e li sostituirono con halusim. Oggi, avendo trovato l’impiego di questi troppo costoso e difficile, hanno ripreso gli Arabi. Non si può negare che sotto i Turchi le mercedi erano troppo basse e i lavoratori non abbastanza protetti; ma certo la presenza di mano d’opera ebraica che, con l’appoggio della Commissione sionista e delle proprie organizzazioni operaie ottiene salari sproporzionati alle condizioni economiche della Palestina, ostacolerà lo sviluppo di industrie e renderà meno redditizia l’agricoltura, già danneggiata dalla guerra, dal cambio e dai divieti d’esportazione dei cercali dell’anno scorso. I salari della mano d’opera araba crescono, e i proprietari arabi, indebitati e poveri di capitali, lo attribuiscono giustamente all’immigrazione ebraica. Anche i sussidi che l’Organizzazione Sionista paga per colmare la differenza fra i salari richiesti dagli immigrati e quelli fissati dalla Direzione dei LL. PP., possono essere politicamente comprensibili per i Sionisti - e per questo sospetti all’opposizione araba - ma sono economicamente inopportuni. Vi è poi l’inopportunità di impiegare un numero relativamente grande di persone colte in lavori manuali a cui non erano preparate. Sui 18.000 emigrati giunti nel 1920 e 1921, solo 500 sono diventati coloni, e più di 1.500 sono disoccupati; nè quelli provenienti dall’Europa orientale possono tornare ai paesi d’origine, ove infierisce la carestia. Sicchè, malgrado la pazienza che dimostrano, è da temere che creino difficoltà. Gli Arabi li accusano addirittura di meditare la formazione di un esercito rivoluzionario sionista appena saranno in numero sufficiente! Certo è che l’Organizzazione Sionista nel desiderio di aumentare rapidamente il numero degli Ebrei in Palestina, ne ha fatti venire più che la terra e i lavori pubblici possano assorbirne, trascurandone fino a poco fa la preparazione politica e sociale, contribuendo a rialzare le mercedi e il costo della vita in un paese povero, eccitando i sospetti degli Arabi anche contro il Governo, che solo da poco esercita il suo controllo, sempre molto ristretto, sull’immigrazione.
La Commissione Sionista.
La Commissione Sionista, di cui si è qui sopra parlato (vedi p. 733) e la cui istituzione era ben spiegabile, data la dichiarazione Balfour, ebbe però poteri troppi ampi per un Ente, che, se è l’espressione di una parte importante dell’opinione ebraica in tutto il mondo, non rappresenta che un decimo, al massimo, della popolazione della Palestina. Quando essa giunse in Palestina nella primavera del 1918, destò in alcuni circoli preoccupazioni appunto per questi poteri troppo ampi, cosa tanto piiù grave in quanto l’Organizzazione Sionista era già considerata con sospetto dagli Arabi.
La Commissione inoltre ebbe subito privilegi speciali, come quelli di potersi servire dei telefoni e dei telegrafi militari; le persone da essa raccomandate godettero di maggiori facilitazioni che non gli Arabi per i trasporti sia di persone che di merci sulle ferrovie militari. Questi privilegi eccitarono naturalmente la gelosia degli Arabi, i quali opponevano che, ammesso il principio di un Ente che rappresentasse una minoranza, a maggior ragione se ne doveva istituire uno analogo per la maggioranza. Questi privilegi furono causa altresì di attriti con le Autorità militari; e inconvenienti furono altresì prodotti dall’atteggiamento preso da alcuni Sionisti a favore di militari ebrei del 38° e 39° Regg. Fucilieri (Battaglione ebraico) e in contrasto con le esigenze della disciplina.
Nell’ottobre 1919, in seguito a una deliberazione della Conferenza sionista di Londra del febbraio 1919, la prima dopo lo scoppio della guerra, la Commissione fu riorganizzata ed allargata; e sei noti Sionisti furono inviati in Palestina rer raggiungere la Commissione (che alcuni mesi fa ha cambiato in nome in Esecutivo Sionista) (3), di cui tre sono ancora nell’Ente, e cioè il D.r Eder, il D.r Ruppin e il D.r Ussishkin.
Quest’ultimo, un Ebreo russo di Odessa (che fu del partito dei Zioni Zion, che combattè fieramente il progetto Hertzl (1903) per lo stabilimento di una sede ebraica nell’Africa Orientale inglese), è la personalità più in vista fra i Sionisti russi, e forse l’unico «politico» entro la Commissione. Ma egli ha i difetti di molti Sionisti estremi: e cioè limitata visione dei fatti. Lo scrittore dell’articolo, che lo ha conosciuto a Costintinopoli nel 1919, fu colpito dal suo ristretto, ma intenso idealismo, e dalla sua ignoranza delle vere condizioni della Palestina, come egli dimostrò per es. deplorando il mancato appoggio dell’lnghilterra alle pretese sioniste per l’Hauran e la Transgiordania, o credendo che il porto di el-Aqaba sarebbe stato un buon acquisto per la Palestina sionista. Giunto in Palestina alla fine del 1919, impose la sua volontà ai suoi colleghi; altri membri della Commissione commisero indubbiamente degli errori, ma Ussishkin, sostenuto dai suoi devoti seguaci russi, evitando ogni contatto non ufficiale con i circoli ufficiali, parlando solo ebraico e russo, contribuì più che ogni altro ad allarmare gli Arabi e ad alienare le simpatie dei funzionari britannici e dei Sionisti moderati.
Nella sua deposizione innanzi alla Commissione di inchiesta, il D.r Eder lmmise che la Commissione
Sionista fino all’aprile 1920, avea sovvenzionato parecchie categorie di funzionari governativi, per es. impiegati ebrei che ricevevano stipendi bassi, e agenti di polizia ebraici. Ciò a causa dell’alto costo della vita, e del tenore di vita degli Ebrei più costoso di quello degli Arabi. Anche nel 1921 la Commissione Sionista sussidiava telefonisti e ferrovieri apprendisti. Tutto questo era permesso dal Governo, al quale il procedimento era fatto apparire come un prestito da essere restituito quando gli impiegati ricevessero maggiori salari, sebbene il D.r Eder ammettesse che la Commissione non avrebbe proceduto contro di loro se non avessero pagato. Gli impiegati arabi cbe non godevano di questi vantaggi se ne lamentavano, e funzionari non solo arabi, ma anche inglesi inclinano a credere che il persistente e noioso inconveniente della propalazione di notizie trasmesse per telefono sia dovuto al fatto che i telefonisti ebrei sono stati o sono in obbligazione verso la Commissione Sionista.
Il D.r Eder affermò anche che la Commissione Sionista si era ingerita in questioni riguardanti licenziamento di funzionari, e disse alla Commissione di inchiesta che per quanto riguarda l’Alto Commisario egli riteneva che l’Organizzazione Sionista dovrebbe avere il diritto di formulare obbiezioni alla scelta del Governo inglese, o di presentare una lista di suoi candidati.
Così le dichiarazioni di Weizmann al Congresso di Carlsbad in favore di Sir Herbert Samuel (4) furono inopportune, e questi ne avrebbe fatto volentieri a meno, considerata l’opposizione araba.
Nè la serie di dichiarazioni inopportune e prive di ogni tatto finisce qui: il D.r Eder fece anche comprendere innanzi alla Commissione di inchiesta che in Palestina vi deve essere predominanza ebraica, appena gli Ebrei siano abbastanza forti numericamente, e che solo gli Ebrei debbano avere il diritto di portare armi. Quest’ultirna opinione è anche sostenuta in una lettera indirizzata al Times il 14 maggio 1921 da Jabotinsky, il quale, nonostante i contrasti avuti nel 1920 con l’Autorità militare inglese, è ora membro dell’Esecutivo in Europa.
Il Corpo di difesa ebraico.
Vi è oggi in Palestina un corpo di difesa ebraico non autorizzato, detto Hagannàh, organizzato a quanto pare da membri della Ahalut ha Abodah che è il partito del laavoro o «nazionale-socialista» ebraico in Palestina, uno dei principali alleati locali della Commissione. Essa è sorta in seguito al fatto che il Governo militare non disarmò, quando lo poteva, gli Arabi della regione di Nablus e di Hebron, che possiedono ancora molti fucili turchi, e che in tutti i conflilli scoppiati negli ultimi anni le aggressioni sono sempre partite dagli Arabi.
Molti Ebrei hanno recentemente importato armi di contrabbando, ed è deplorevole che la Commissione non l’abbia impedito e non si sia opposta alla formazione di un corpo difensivo clandestino. In conclusione, la Commissione Sionista ha commesso molti errori.
Gli Ebrei moderati e gli Ebrei palestinesi.
I Sionisti moderati, numerosi in Palestina, cominciano a far sentire le loro lagnanze contro la Commissione, che accusano di aver spaventato gli Arabi, urtato gli Inglesi, e «russificato» in modo pericoloso la Palestina, incoraggiando un’emigrazione eccessiva dall’Europa orientale, mentre non si sono serviti degli Ebrei palestinesi che avrebbero potuto render servigi con gli Arabi, e si sono mostrati intolleranti coi Sefardim e gli Ortodossi - tutte osservazioni difficili a ribattere.
I moderati hanno perduto due dei loro capi migliori; Aaronson, palestinese colto ed energico, perito in un accidente aviatorio, e l’italiano Levi-Bianchini, comandante di una nave italiana, uomo di grande cultura, abilità e fascino personale, ucciso per errore dai Beduini nel 1920. Da allora in poi, guidati da M.r Ben Avi, direttore del Doar Hayom (5) (Palestine Daily Mail) hanno lottato assiduamente e guadagnato terreno: recentemente il Consiglio Nazionale Ebraico (6) ha deciso che due Ebrei palestinesi entreranno nella Commissione Sionista, e il Dottor Ussishkin li ha accettati. Ciò lascia sperare che i moderati potranno migliorare i rapporti con gli Arabi, ma è prematuro confidare in una pacificazione prossima; la Commissione Sionista esercita ancora, come dice la Commissione d’Inchiesta già citata, «un’azione piuttosto irritante che conciliante» sugli Arabi, e nella sua forma attuale non ha più alcuna vera utilità per la causa sionista.
L’Amministrazione britannica.
L’Amministrazione britannica in Palestina è severamente criticata tanto dai Sionisti che dagli Arabi. L’interpretazione data alla Dichiarazione Balfour dal Governo inglese e riaffermata nel citato discorso Samuel dello scorso giugno, differisce completamente da quella dei Sionisti politici che vogliono «una Palestina tanto ebraica quanto l’Inghilterra è inglese e l’America americana (parole di Weizmann alla Conferenza della Pace 1919); e ciò è molto grave, dati gli ampi poteri concessi dall’Inghilterra alla Commissione Sionista. E poichè l’Alto Commissario non ha accettato l’interpretazione sionista, la Commissione parla di «Amministrazione araba». Gli Arabi alla loro volta sono altrettanto malcontenti e sospettosi; essi per es. trovano tiranniche le ammende collettive imposte ai villaggi, la maggioranza della cui popolazione sia colpevole di aggressioni e saccheggi, benchè l’uso turco e il diritto musulmano le ammettano; e la Delegazione araba accusa il Governo di ingerirsi abusivamente nell' Amministrazione degli Awqaf, proprio quando esso aveva nominato una Commissione degli Awqaf dipendente solo dall’autonomo Consiglio Supremo della Sceria (si vedano i decreti in Oriente Moderno, fasc. 10°, pag. 594 ss.).
È inutile dire che i funzionari inglesi di fede ebraica non riescono mai a contentare gli Arabi; forse ve ne sono troppi, ma non hanno mai commesso favoritismi verso i correligionari. In via generale si può dire che l’Amministrazione ha fatto buona prova, specialmente per quanto riguarda i contadini arabi, che protegge dall’usura (quasi interamente araba) e aiuta a diventar piccoli proprietari. L’Amministrazione delle ferrovie ha organizzato ottimi servizi ed è attiva; sono state costruite strade eccellenti; il Dipartimento di Sanità Pubblica combatte con successo la malaria e l’oftatlmia; la fondazione di Tribunali Fondiari (Land Settlement Courts) sarà di grande aiuto ai contadini per rimediare al disordine in cui l’amministrazione turca lasciò i titoli di proprietà. Le scuole primarie si sviluppano secondo un ottimo sistema [v. Oriente Moderno, fasc. 6°, p. 376]; per aumentare quelle secondarie e superiori converrà aspettare che la ratifica del mandato permetta al Governo di contrarre prestiti.
Queste benemerenze, naturalmente, non risparmiano all’Amministrazione e al Commissario critiche
severe da ambo le parti.
Il numero di funzionari del Servizio Civile Superiore (Senior Civil Service) (7) palestinese era nel 1921 di 179 funzionari, fra cui 14 Ebrei, e 181 Palestinesi, di cui 82 Cristiani e 36 Ebrei. Nel Servizio
Civile Inferiore (Junior Civil Service) (8) gli Ebrei son forse troppi negli uffici dell’Immigrazione, delle Poste e Telegrafi e specialmente dei Lavori Pubblici (44 su 61), ma in tutti i servizi i Cristiani palestinesi, che sono l’11 per cento al più della popolazione, rappresentano il 49 per cento dei funzionari. Poco rappresentati sono i Musulmani, e questo è inevitabile per ora, data la loro scarsa cultura. È difficile non sospettare che parecchi Cristiani palestinesi si dimostrino anti-sionisti per deviare l’attenzione dei Musulmani dalla loro preponderanza nei Servizi Civili…
Previsioni.
Non la Dichiarazione Balfour, ma la sua interpretazione crea le maggiori difficoltà in Palestina. Si deve ancora ripetere che l’interpretazione del Governo inglese differisce del tutto da quella dell’Organizzazione Sionista. Il progetto di mandato per la Palestina riconosce, nell’art. 4, l’Organizzazione Sionista fino a quando sarà, a parere della Potenza mandataria, adatta quale ente pubblico per «consigliare l’Amministrazione e collaborare con essa nelle questioni riguardanti la fondazione della sede nazionale e gl’interessi degli Ebrei palestinesi». Ora l’O. S. non ha inteso la novità e la difficoltà dell’esperimento politico che l’Inghilterra tentava in Palestina, e con i suoi errori ha provocato un vero movimento nazionale arabo, che non è né anti-inglese né turcofilo.
A migliorare la situazione gioverebbe ratificare il mandato, abolire la Commissione Sionista e sostituirle un’agenzia ebraica che non facesse politica e meglio rappresentasse l’intero ebraismo. L’ O. S. rappresenta il più forte partito ebraico; ma vi sono nel mondo israelitico altre forze di cui il Governo inglese dovrebbe tener conto. Lasciando da parte i conservatori religiosi estremi e gli Ebrei marxisti dell’Europa orientale, vi sono nell’Europa occidentale e in America molti Ebrei che i Sionisti ufficiali accusano di antisionismo e chiamano assimilati. Questi, spesso dotati del senso pratico e dell’acume politico che manca ai primi, insieme con Sionisti americani, che non lavorano in armonia con l’O. S., ma sono attivi e pieni di ottime idee, potrebbero far molto per la Palestina. L’O. S. deve allargare le sue basi, i Sionisti di ogni colore debbono facilitare il compito della Potenza mandataria, senza la quale sarebbero impotenti, rinunciare al predominio ebraico e, ispirandosi all’esempio degli Ebrei palestinesi, dimostrare agli Arabi che vogliono collaborare con loro allo sviluppo del paese.
L’lnghilterra può onorevolmente lavorare per attuare in Palestina la speranza del grande filosofo ebreo vivente Ahad Haam (9) (Aster Ginsberg), ossia un centro spirituale e culturale ebraico, ma non può e non deve imporvi una dominazione politica sionista sulla maggioranza araba. Gli Arabi d’altra parte debbono riconoscere che solo con la cooperazione con i Sionisti moderati possono sperare di vedere la Palestina fiorire economicamente e culturalmente; poichè solamente il capitale ebraico affluirà nel paese, che, per quanto possa divenire prospero, non sarà mai un Egitto.
E tanto i loro timori, quanto le speranze dei Sionisti estremi, sono esagerati. Gli Arabi palestinesi si moltiplicano rapidamente (media di 14 per 1000 annuali) e non minacciano affatto di scomparire, mentre il costo della immigrazione e della colonizzazione ebraica è tale, che per stabilire in Palestina 50.000 famiglie o 200.000 persone (dato che il paese potesse ricever le) occorrerebbero 60 milioni di sterline; e gli Ebrei sarebbero ancora meno della metà degli Arabi. II pericolo è dunque esagerato.
Intanto il Governo britannico, che prima o poi sgombrerà militarmente l’Egitto ripiegando sulla zona del Canale, abbisogna di un retroterra per queste truppe che custodiscono uno dei punti più vitali delle comunicazioni imperiali. Questa base deve essere un paese prospero e tranquillo, e l’Inghilterra può assicurarsi questa condizione soltanto sostenendo un Sionismo moderato, e non cedendo al Sionismo politco. La via da seguire è chiara.
(P. Graves, nel Times del 3-8 e 10-11 aprile 1921). V. V. e M. G.
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note:
(1) Tuttavia si veda a questo proposito il severo giudizio sui contingenti militari d’Arabia, in H. LAMMENS, La Syrie, Beyrouth 1921[-1922], vol. II, pp. 232-233, in base a non dubbia testimonianza dell’inglese Bury.
(2) Cfr. Oriente Moderno, fasc. 8°, p. 477, n. 1.
(3) Per la organizzazione dell’Esecutivo e i suoi membri attuali vedi maggiori particolari in Oriente Moderno, fasc. 6°, p. 351.
(4) Cfr. Oriente Moderno, fasc. 5°, p. 295, e fasc. 9°, pp. 354-355.
(5) Cfr. Oriente Moderno, fasc. 8°, p. 477, nota 1.
(6) «National Council» o Vaad Leumi degli scritti ufficiali.
(7) E cioè del ruolo di concetto.
(8) Del ruolo d’ordine.
(9) In ebraico vale “uno del popolo”.
Inchiesta del “Times” in Palestina. - Nel febbraio scorso Lord Northclisse, proprietario del Times, ritornando dall’India passò qualche giorno in Palestina, e, colpito dalle condizioni di questa, consigliò
in un articolo cbe vi fosse inviata una commissione imparziale d’inchiesta. Al suo ritorno propose al Times di mandarvi, quale inviato speciale, Mr. Philipp Graves, conoscitore della Palestina fin dal tempo di guerra. Egli ora espone, in otto articoli che riassumiamo, le sue osservazioni.
in un articolo cbe vi fosse inviata una commissione imparziale d’inchiesta. Al suo ritorno propose al Times di mandarvi, quale inviato speciale, Mr. Philipp Graves, conoscitore della Palestina fin dal tempo di guerra. Egli ora espone, in otto articoli che riassumiamo, le sue osservazioni.
La dichiarazione Balfour.
11 2 novembre 1917, Sir A. Balfour, Ministro degli Esteri, comunicava a Lord Rothschild, dopo lunghe trattative (a cui non fu estraneo Wilson) fra i capi sionisti e il Gabinetto britannico, la nota dichiarazione, che malgrado la sua forma volutamente vaga, suscitò l’entusiasmo di moltissimi Ebrei, ed i sospeui degli Arabi, fiduciosi nella promessa dell’Inghilterra al Re Husein (1915) di «riconoscere
e sostenere l’indipendenza degli Arabi entro i confini da lui proposti». Il nazionalismo arabo, sebbene più forte in Siria che in Palestina, avea seguaci anche in questa regione; sicchè sorsero organizzazioni
destinate a combattere la politica sionista inglese, che esplicarono più apertamente la loro attività dopo l’armistizio con la Turcbia. Intanto era giunta in Palestina, nella primavera del 1918, con l’approvazione del Governo britannico, una Commissione Sionista «per fungere da ente consultivo delle autorità britanniche in Palestina su tutte le questioni concernenti gli Ebrei o che possano aver relazione con la fondazione della sede nazionale per il popolo ebraico, secondo la Dichiarazione del Governo di S. M.».
La Commissione Sionista.
Questa Commissione, quantunque dovesse rappresentare l’Organizzazione Sionista dell’Intesa, non comprendeva nè Russi, nè Americani. l suoi rapporti col Governo militare della Palestina non furono sempre facili.
Le autorità militari, stanche della lunga campagna, prive di istruzioni precise da Londra, preoccupate delle condizioni in Siria, Mesopotamia ed Egitto, non presero nettamente posizione per i Sionisti; anzi alcuni ufficiali dimostravano addirittura eccessive simpatie per gli Arabi e per il panarabismo. Gli Arabi intanto, prendendo coraggio, intrigavano con gli elementi estremisti di Damsco per l’unione della Palestina alla Siria di Faisal, e, sperando nell’appoggio delle autorità militari, rifiutavano ogni intesa con i sionisti, la cui irritazione contro i militari cresceva, fino ad accusarli di antisemitismo, ed a lagnarsi della libertà concessa all’Associazione Musulmano-Cristiana di organizzare comizi e dimostrazioni; libertà che essi dicevano poteva essere interpretata come un incoraggiamento a provocare conflitti da un popolo che sotto i Turchi era stato abituato a creare il «fatto» con dimostrazioni, perchè essi avessero poi il pretesto per massacri di minoranze ecc.
Il Dott. Weizmann, capo della Commissione Sionista, si era sforzato di calmare i timori degli Arabi e di stabilire con essi rapporti cordiali, ma non fu sostenuto sempre dagli altri membri della Commissione. Questa, nel giugno 1919, era ampliata e riorganizzata con la partecipazione dei Poalè Zion (organizzazione operaia socialista ebraica), dei Mizrahi o Ebrei ortodossi, sostenitori del Sionismo, e degli Ebrei palestinesi, elementi che rinforzarono l’ala intransigente e militante, aumentando così la tensione con gli Arabi, che seppero anche sfruttare alcune frasi imprudenti di scrittori sionisti a loro riguardo, come p. es. Zangwill e Sidebotham.
I primi conflitti.
Nell’aprile 1920, per cause rimaste oscure, scoppiò a Gerusalemme un conflitto fra Arabi ed Ebrei, in
cui rimasero uccise sei persone per ciascuna delle due parti. II Corpo di difesa ebraica (corpo di volontari ebrei, organizzato per difendersi da eventuali attacchi degli Arabi), della cui esistenza l’autorità militare non era stato informata, prese parte al conflitto e ne aumentò la gravita; l’Amministrazione militare commise poi parecchi errori, e furono arrestate varie persone innocenti. Fu anche arrestato il tenente Jabotinsky, capo del Corpo di difesa ebraica; egli fu condannato a due anni di carcere da un tribunale militare che alcuni dicono non offrisse tutte le garanzie di serietà, e di cui non furono mai pubblicati gli atti. La condanna fu poi cassata dal Consiglio Superiore dell’Esercito.
L’Amministrazione civile.
Preoccupato da questa situazione, il Governo britannico istituì, il l ° luglio 1920, un’Amministrazione Civile sotto l’Alto Commissario Sir H. Samuel, sionista moderato, assistito, dall’ottobre in poi, da un Consiglio Consultivo di 10 membri nominati da lui e 10 funzionari. La nuova Amministrazione è riuscita in molti casi a migliorare le condizioni generali del paese, ma non a migliorare i rapporti con gli Arabi. In seguito alla mancata ratifica del Trattato di Sèvres ed al ritardo dell’approvazione del mandato sulla Palestina, gli Arabi si sono sentiti incoraggiati a continuare l’agitazione, non solo nella speranza di volgere l’opinione pubblica inglese contro la politica sionista del Governo, ma anche di ottenere che la Lega delle Nazioni modifichi il mandato. Inoltre l’immigrazione ebraica - 18.000 individui dal luglio 1920 - ha dato agli Arabi argomenti a pro della loro tesi antisionista; perchè, come riconosce l’Alto Commissario nel suo Rapporto sul periodo che va dal l° luglio 1920 al 30 giugno 1921, in seguito all’insuccesso del progetto del Governo palestinese di lanciare un prestito, e alle difficoltà finanziarie dell’Organizzazione Sionista, «mentre si sono avute molte pressioni affinchè gli emigranti Ebrei fossero ammessi in Palestina, le possibilità di impiegarli sono aumentate relativamente poco».
I fatti del maggio 1921.
Nel 1920 si formò un piccolo gruppo comunista, che nell’inverno raccolse aderenti fra i molti immigrati rimasti disoccupati; esso svolse allora una propaganda bolscevica, in opposizione agli altri Ebrei, e tentando di convertire i lavoratori arabi al comunismo. Non erano più di 300; ma la loro propaganda impressionò vivamente gli Arabi. Malgrado le raccomandazioni del Governatore di Giaffa e dell’Associazione Cristiano-Musulmana, il Governo non volle reprimere questo movimento che considerava insignificante. Nell’aprile 1921 il Ministro delle Colonie Churchill visitò la Palestina; in questa occasione avvennero a Caiffa tumulti anti-ebraici; ma a Gerusalemme il Ministro riaffermò la Dichiarazione Balfour, rimproverando una Delegazione palestinese che ne domandava la revoca. [Si veda il suo discorso in Oriente Moderno, fasc. 1°, p. 30].
Il l° maggio gli Ebrei bolscevichi organizzarono senza autorizzazione una dimostrazione che venne a coincidere con un corteo autorizzato di operai ebrei. Gli Arabi, irritati contro i Sionisti in generale, e in particolare contro i Bolscevichi non sionisti, li attaccarono ambedue e ne seguirono sanguinosi conflitti; malgrado la proclamazione dello stato di assedio i disordini durarono parecchi giorni. Questi fatti ebbero gravi ripercussioni nelle campagne, dove forti bande, in parte armate, attaccarono e saccheggiarono varie colonie ebraiche (dal 4 a 16 maggio) provocando l’intervento delle truppe inglesi, con aereoplani militari e cavalleria indiana; vi furono in tutto 88 morti e 238 feriti. Vennero formati speciali tribunali civili e militari per giudicare i colpevoli, che ricevettero condanne piuttosto miti; la Commissione Haycraft, incaricata di un’inchiesta sulle cause dei conflitti, affermò nel suo rapporto che la Commissione sionista «aveva esercitato sulla popolazione araba un’azione piuttosto irritante che conciliante, contribuendo così ai disordini». La Commissione seguitò nondimeno a funzionare, ma l’immigrazione venne sospesa per qualche mese, e poi permessa con alcune lievi restrizioni.
Il 3 giugno, genetliaco del Re d’Inghilterra, l’Alto Commissario pronunciò un discorso conciliante per rassicurare gli Arabi [v. Oriente Moderno, fasc. 2°, p. 90 segg.]. Le sue dichiarazioni però, se non furono senza effetto temporaneo, non calmarono l’agitazione araba. Nel luglio partì per l’Inghilterra la Delegazione palestinese (di cui l’Oriente Moderno si è ripetutamente occupato). Nel settembre, al Congresso Sionista di Carlsbad [v. Oriente Moderno, fasc. 5°, p. 293, e fasc. 6°, p. 350 segg.] i capi sionisti facevano dichiarazioni che aumentarono le difficoltà dell’Alto Commissario. Nel novembre 1921 vi fu a Gerusalemme un piccolo conflitto; e ultimamente la scoperta di due casi di contrabbando di armi da parte di Ebrei, e la notizia che si è di nuovo fondato un Corpo di difesa ebraica hanno molto irritato gli Arabi. Intanto la ratifica del mandato ritarda, e l’opposizione araba cresce. L’opposizione, dicono alcuni Sionisti, è artificiosa e insignificante. Ma è veramente cosi?
Gli indigeni e gl’immigrati.
Vi sono ora in Palestina piu di 80.000 Ebrei, quasi altrettanti Cristiani (in maggioranza ortodossi) e circa 650.000 Arabi (di cui cinque sesti Musulmani sunniti); questi ultimi quasi tutti agricoltori. I nomadi, fuori del distretto di Bersabea, sono pochi. I Drusi che si trovano in alcuni villaggi del Nord, e i pochi Bahaisti non hanno alcuna importanza politica. I Palestinesi, specie i Musulmani, sono, in confronto, p. es., degli Egiziani, molto arretrati e ignoranti, ma hanno ingegno naturale, e hanno spiccate attitudini al commercio che mancano agli Egiziani e ai Turchi. Gli abitanti delle città, più progrediti, sono anche più eccitabili dei contadini, e come loro violentissimi, creduli e suscettibili per tutto quanto riguarda i loro pregiudizi etnici e religiosi, come dimostrano i gravi dissidii che vi sono sempre stati p. es. fra gli Arabi cattolici e ortodossi. Questa infiammabilità della popolazione araba rappresenta un grave pericolo: finchè non sia raggiunta un’intesa coi Sionisti, la minima provocazione, vera o immaginaria, può far perdere la ragione a tutti gli Arabi delle città.
Cause dell’antisionismo.
I Sionisti sostenevano che il movimento antisionista era in gran parte fittizio, dovuto ad agenti stranieri, alla classe degli effendi (latifondisti e borghesia, che rimpiangono il regime turco il quale lasciava loro sfruttare i contadini), a quanti soffrono dell’aumento delle mercedi dovute all’influsso di mano d’opera ebraica, a pochi fanatici e finalmente ai malcontenti del mandato inglese.
Ora che molti effendi rimpiangano i Turchi è vero, come è vero che agenti stranieri hanno lavorato e lavorano in Palestina. È meglio non parlare dell’azione del console francese di Giaffa durante i disordini. Però gli attuali consoli francesi di Giaffa e di Caiffa sono in ottime relazioni con gli Inglesi: ed ora non si può accusare il Governo francese di Siria d’incoraggiare la propaganda anti-inglese o antisionista. Nondimeno agenti cattolici francesi si danno da fare e spendono danaro fra Cristiani Latini e Melchiti o Greci uniti nella Palestina settentrionale, e Siriani, tanto musulmani che cristiani, provenienti dal Libano e da Damasco, e svolgono la loro attività entro l’Associazione Cristiano-Musulmana Palestinese.
Alcuni dei Cristiani sperano che la Palestina possa un giorno passare alla Francia; alcuni dei Musulmani la sognano unita alla Siria in un Impero pan-arabo. È certo poi che Mustafà Kemal e i suoi alleati bolscevichi contribuirono ai fatti di Giaffa, servendosi rispettivamente di agenti arabi e di comunisti ebrei.
Ma i Turchi hanno in Palestina pochissima influenza; molti capi dell’Associazione Musulmano-Cristiana sono turcofobi di antica data, e le masse ricordano le angherie inflitte loro dai Turchi durante la guerra.
La propaganda cattolica poi tocca appena una parte del1a popolazione. Ora l’antisionismo è troppo sentito e diffuso per potersi spiegare con le sole ragioni suddette. Si può affermare che l’ostilità degli Arabi contro il Governo britannico è quasi interamente dovuta al fatto che gli Arabi credono che la politica inglese sia una cosa sola col Sionismo politico, e, come essi dicono, predatore. Se due anni fa l’Inghilterra si fosse sforzata di far capire agli Arabi che la sede nazionale ebraica non implicava un predominio politico degli Ebrei sugl’indigeni, questi ultimi non avrebbero provato l’impressione che si voleva imporre loro, senza consultarli, un inquilino sgradito, nel1a speranza che questi li avrebbe un giorno sfrattati.
Che alcuni notabili arabi antisionisti abbiano cercato privatamente di vendere terreni agli Ebrei, e che l’opposizione d’interessi fra Arabi latifondisti e fellah possa produrre lotte di classe capaci d’indebolire il movimento arabo, non sono argomenti seri. Per ora tanto i fellah che gli operai arabi sentono pochissimo la solidarietà di classe e sono assolutamente incapaci di muoversi a favore dei Sionisti.
Anche nell’influenza pacificatrice della ratifica del mandato britannico da parte della Lega vi è poco da sperare. Certo gli estremisti da ambo le parti si troveranno davanti ad un fatto compiuto, e poco più potranno pescare nel torbido.
Il prestigio del1’Amministrazione, priva finora di un vero riconoscimento internazionale, ne sarà rafforzato; la situazione economica migliorerà perchè l’Amministrazione potrà aprire prestiti destinati a finanziare opere pubbliche. Ma se il mandato non ottiene un accordo fra i moderati da ambo le parti,
salvando tanto il principio della sede nazionale ebraica che i diritti politici arabi, le agitazioni antisioniste e il malcontento degli Ebrei continueranno a costituire una grave difficoltà per l’Amministrazione.
Il punto di vista Arabo.
Gli Arabi non hanno trovato finora alcun capo notevole, paragonabiie anche lontanamente a Zaghlul; e ciò spiega i loro numerosi errori di tattica. L’Arabo è più abile dell’Ebreo nella politica locale, in cui quest’ultimo si è mostrato incapace, ma possiede ancor meno degli Ebrei la facoltà di comprendere il punto di vista dell’avversario, ed è sospettoso del1e autorità fino all’assurdo.
Irritante per chi ha partecipato alla guerra in Palestina è la pretesa degli Arabi palestinesi di aver reso importanti servigi militari agli Alleati.
Quelli del Higiaz e della Transgiordania, che i Palestinesi del resto temono come gente rude, si condussero bene (1), ma i Palestinesi non fecero se non arrendersi in gran numero agl’Inglesi, che ne mantennero migliaia come prigionieri di guerra, pochissimi dei quali domandarono di arruolarsi nell’esercito sceriffiano. Effetti dello snervante regime turco.
La stampa araba palestinese è debole, nessun giornale ha una diffusione paragonabile a quella dell’ebraico Doar Hayom (2); i giornalisti arabi, con poche eccezioni, declamano più che discutere. Tuttavia malgrado le sue debolezze ed esagerazioni, non si può negare che la stampa araba disponga di buoni argomenti.
Le cause del malcontento sono tre: 1. Gli Arabi interpretano la Dichiarazione Balfour come una prova che il Governo Britannico intenda aiutare i Sionisti a trasformare la Palestina in uno Stato prevalentemente ebraico. 2. Credono che la Commissione Esecutiva Sionista in Palestina sia divenuta un Governo entro il Governo ed influisca sull’Amministrazione a danno della maggioranza araba. 3. Ritengono che questa Commissione, con l’aiuto dell’Organizzazione Sionista mondiale, organizzi ed incoraggi l’immigrazione di Ebrei in Palestina in numero superiore alle capacità economiche del paese, con lo scopo di mettere l’elemento ebraico in Palestina in grado di aspirare, prima o poi, alla supremazia politica.
L’immigrazione ebraica.
Il terzo argomento è il più importante, e deve essere esaminato per primo. L’affluire dei coloni ebrei è la ragione principale dell’Antisionismo. I contadini e gli operai arabi che nulla sanno dell’Organizzazione Sionista e della Dichiarazione Balfour, vedono giungere i halusim [pionieri], giovani vigorosi d’ambo i sessi, per lo più Rumeni, Galiziani, Ucraini e Polacchi, emigrati per dedicarsi all’agricoltura; di cui molti però, uomini e donne, fanno lavori manuali in concorrenza con la mano d’opera indigena. Ebrei levantini incontrerebbero minori ostilità, perchè più vicini agli Arabi. Ma questi «Giudeo-Slavi» ne differiscono profondamente per aspetto ed abitudini, e ciò aggrava le antipatie. Le accuse di delinquenza e d’immoralità che gli Arabi fanno a questi halusim non hanno fondamento. Essi non hanno prostituzione; solamente alcuni di idee più avanzate convivono in libero matrimonio. È vero che ve ne sono alcuni rozzi e arroganti; spesso però essi non sono stati istruiti sulla condotta da tenere per non urtare le suscettibilità degl’indigeni. In ogni modo non è giusto criticarli troppo severamente per questo, o accusarli di bolscevismo.
Pochissimi bolscevichi (forse 100) sono rimasti in Palestina, e dopo i fatti del maggio scorso è deplorevole che il Governo non li abbia espulsi tutti; tuttavia non si può negare che molti dei nuovi arrivati siano sotto l’influenza di idee avanzate, manchino di disciplina, e siano troppo portati a trapiantare il loro socialismo cittadino nella Palestina rustica e conservatrice. Quanto al contrabbando di armi, di cui si parlerà oltre, bisogna dire intanto che solo da poco tempo si perquisiscono i bagagli degli emigranti, e che le agenzie di emigrazione sioniste non hanno sufficientemente istruito gli individui, ed hanno talvolta lasciato partire persone politicamente pericolose, come un certo Bidermann, espulso da Giaffa come comunista pericoloso dopo i conflitti, e quivi ricomparso e arrestato recentemente: si era unito a un gruppo di emigranti a Costantinopoli, ed era passato senza ostacoli.
La situatione economica.
La maggiore obbiezione contro l’attuale afflusso di 800 emigrati al mese è però di carattere economico.
In Palestina vi è bisogno grande di mano d’opera specializzata: e non vi è difficoltà per l’introduzione di piccoli capitalisti. Ma gli emigranti, di regola, sono nuovi al lavoro manuale; essi comprendono molti studenti di ambo i sessi e persone colte, venute in Palestina per lavorare sul luogo a pro dell’ideale sionista. Non essendovi terreni sufficienti essi sono stati impiegati in lavori stradali e ferroviari, o come lavoratori dei campi nelle colonie ebraiche; ovvero anche sono impiegati in genere da Ebrei in servigi di tutti i generi (commessi ecc.) entrando così in competizione con gli Arabi, che si lagnano della preferenza degli Ebrei per i lavoratori correligionari, anche quando questi pretendono mercedi più alte delle loro. Nei lavori pubblici poi è vero che gli Ebrei, organizzati in cooperative, firmano contratti più lunghi degli Arabi, quasi sempre contadini che vanno a giornata nella stagione morta, e hanno raggiunto la stessa efficienza degli Arabi (efficienza come è noto non molto alta); ma inesperti com’erano in principio, molti dei loro primi lavori risultarono scadenti. Essi hanno richiesto maggiore mercede degli indigeni; e, pagati dal Governo quanto questi, hanno ricevuto il resto dall’Organizzazione Sionista. Inoltre hanno avuto prèstiti senza interessi, che permettono alle cooperative di pagare loro salari finché non li impiega il Governo.
Nelle vecchie colonie ebraiche, piuttosto impoverite per varie ragioni, i nuovi a rrivati non hanno fatto buona prova; i datori di lavoro ebrei sono accusati di essere avari, ma essi oppongono con ragione che i tempi sono difficili, che, per i vini, hanno perduto i mercati austriaci e russi, che la concorrenza italiana, favorita dal cambio, ha tolto loro i mercati per le mandorle; e che i lavoranti Ebrei domandano il 40 per cento in più dei fellah, pretendono alloggio, assistenza medica ecc. ; e che spesso insistono per una giornata di otto ore. A Khedera, Colonia ebraica presso Cesarea, lavoravano fino allo scorso maggio da 400 a 500 Arabi. In seguito agli attacchi e saccheggi da parte di bande armate avvenuti il 6 maggio, i coloni licenziarono gli Arabi, alcuni dei quali vi avevano partecipato, e li sostituirono con halusim. Oggi, avendo trovato l’impiego di questi troppo costoso e difficile, hanno ripreso gli Arabi. Non si può negare che sotto i Turchi le mercedi erano troppo basse e i lavoratori non abbastanza protetti; ma certo la presenza di mano d’opera ebraica che, con l’appoggio della Commissione sionista e delle proprie organizzazioni operaie ottiene salari sproporzionati alle condizioni economiche della Palestina, ostacolerà lo sviluppo di industrie e renderà meno redditizia l’agricoltura, già danneggiata dalla guerra, dal cambio e dai divieti d’esportazione dei cercali dell’anno scorso. I salari della mano d’opera araba crescono, e i proprietari arabi, indebitati e poveri di capitali, lo attribuiscono giustamente all’immigrazione ebraica. Anche i sussidi che l’Organizzazione Sionista paga per colmare la differenza fra i salari richiesti dagli immigrati e quelli fissati dalla Direzione dei LL. PP., possono essere politicamente comprensibili per i Sionisti - e per questo sospetti all’opposizione araba - ma sono economicamente inopportuni. Vi è poi l’inopportunità di impiegare un numero relativamente grande di persone colte in lavori manuali a cui non erano preparate. Sui 18.000 emigrati giunti nel 1920 e 1921, solo 500 sono diventati coloni, e più di 1.500 sono disoccupati; nè quelli provenienti dall’Europa orientale possono tornare ai paesi d’origine, ove infierisce la carestia. Sicchè, malgrado la pazienza che dimostrano, è da temere che creino difficoltà. Gli Arabi li accusano addirittura di meditare la formazione di un esercito rivoluzionario sionista appena saranno in numero sufficiente! Certo è che l’Organizzazione Sionista nel desiderio di aumentare rapidamente il numero degli Ebrei in Palestina, ne ha fatti venire più che la terra e i lavori pubblici possano assorbirne, trascurandone fino a poco fa la preparazione politica e sociale, contribuendo a rialzare le mercedi e il costo della vita in un paese povero, eccitando i sospetti degli Arabi anche contro il Governo, che solo da poco esercita il suo controllo, sempre molto ristretto, sull’immigrazione.
La Commissione Sionista.
La Commissione Sionista, di cui si è qui sopra parlato (vedi p. 733) e la cui istituzione era ben spiegabile, data la dichiarazione Balfour, ebbe però poteri troppi ampi per un Ente, che, se è l’espressione di una parte importante dell’opinione ebraica in tutto il mondo, non rappresenta che un decimo, al massimo, della popolazione della Palestina. Quando essa giunse in Palestina nella primavera del 1918, destò in alcuni circoli preoccupazioni appunto per questi poteri troppo ampi, cosa tanto piiù grave in quanto l’Organizzazione Sionista era già considerata con sospetto dagli Arabi.
La Commissione inoltre ebbe subito privilegi speciali, come quelli di potersi servire dei telefoni e dei telegrafi militari; le persone da essa raccomandate godettero di maggiori facilitazioni che non gli Arabi per i trasporti sia di persone che di merci sulle ferrovie militari. Questi privilegi eccitarono naturalmente la gelosia degli Arabi, i quali opponevano che, ammesso il principio di un Ente che rappresentasse una minoranza, a maggior ragione se ne doveva istituire uno analogo per la maggioranza. Questi privilegi furono causa altresì di attriti con le Autorità militari; e inconvenienti furono altresì prodotti dall’atteggiamento preso da alcuni Sionisti a favore di militari ebrei del 38° e 39° Regg. Fucilieri (Battaglione ebraico) e in contrasto con le esigenze della disciplina.
Nell’ottobre 1919, in seguito a una deliberazione della Conferenza sionista di Londra del febbraio 1919, la prima dopo lo scoppio della guerra, la Commissione fu riorganizzata ed allargata; e sei noti Sionisti furono inviati in Palestina rer raggiungere la Commissione (che alcuni mesi fa ha cambiato in nome in Esecutivo Sionista) (3), di cui tre sono ancora nell’Ente, e cioè il D.r Eder, il D.r Ruppin e il D.r Ussishkin.
Quest’ultimo, un Ebreo russo di Odessa (che fu del partito dei Zioni Zion, che combattè fieramente il progetto Hertzl (1903) per lo stabilimento di una sede ebraica nell’Africa Orientale inglese), è la personalità più in vista fra i Sionisti russi, e forse l’unico «politico» entro la Commissione. Ma egli ha i difetti di molti Sionisti estremi: e cioè limitata visione dei fatti. Lo scrittore dell’articolo, che lo ha conosciuto a Costintinopoli nel 1919, fu colpito dal suo ristretto, ma intenso idealismo, e dalla sua ignoranza delle vere condizioni della Palestina, come egli dimostrò per es. deplorando il mancato appoggio dell’lnghilterra alle pretese sioniste per l’Hauran e la Transgiordania, o credendo che il porto di el-Aqaba sarebbe stato un buon acquisto per la Palestina sionista. Giunto in Palestina alla fine del 1919, impose la sua volontà ai suoi colleghi; altri membri della Commissione commisero indubbiamente degli errori, ma Ussishkin, sostenuto dai suoi devoti seguaci russi, evitando ogni contatto non ufficiale con i circoli ufficiali, parlando solo ebraico e russo, contribuì più che ogni altro ad allarmare gli Arabi e ad alienare le simpatie dei funzionari britannici e dei Sionisti moderati.
Nella sua deposizione innanzi alla Commissione di inchiesta, il D.r Eder lmmise che la Commissione
Sionista fino all’aprile 1920, avea sovvenzionato parecchie categorie di funzionari governativi, per es. impiegati ebrei che ricevevano stipendi bassi, e agenti di polizia ebraici. Ciò a causa dell’alto costo della vita, e del tenore di vita degli Ebrei più costoso di quello degli Arabi. Anche nel 1921 la Commissione Sionista sussidiava telefonisti e ferrovieri apprendisti. Tutto questo era permesso dal Governo, al quale il procedimento era fatto apparire come un prestito da essere restituito quando gli impiegati ricevessero maggiori salari, sebbene il D.r Eder ammettesse che la Commissione non avrebbe proceduto contro di loro se non avessero pagato. Gli impiegati arabi cbe non godevano di questi vantaggi se ne lamentavano, e funzionari non solo arabi, ma anche inglesi inclinano a credere che il persistente e noioso inconveniente della propalazione di notizie trasmesse per telefono sia dovuto al fatto che i telefonisti ebrei sono stati o sono in obbligazione verso la Commissione Sionista.
Il D.r Eder affermò anche che la Commissione Sionista si era ingerita in questioni riguardanti licenziamento di funzionari, e disse alla Commissione di inchiesta che per quanto riguarda l’Alto Commisario egli riteneva che l’Organizzazione Sionista dovrebbe avere il diritto di formulare obbiezioni alla scelta del Governo inglese, o di presentare una lista di suoi candidati.
Così le dichiarazioni di Weizmann al Congresso di Carlsbad in favore di Sir Herbert Samuel (4) furono inopportune, e questi ne avrebbe fatto volentieri a meno, considerata l’opposizione araba.
Nè la serie di dichiarazioni inopportune e prive di ogni tatto finisce qui: il D.r Eder fece anche comprendere innanzi alla Commissione di inchiesta che in Palestina vi deve essere predominanza ebraica, appena gli Ebrei siano abbastanza forti numericamente, e che solo gli Ebrei debbano avere il diritto di portare armi. Quest’ultirna opinione è anche sostenuta in una lettera indirizzata al Times il 14 maggio 1921 da Jabotinsky, il quale, nonostante i contrasti avuti nel 1920 con l’Autorità militare inglese, è ora membro dell’Esecutivo in Europa.
Il Corpo di difesa ebraico.
Vi è oggi in Palestina un corpo di difesa ebraico non autorizzato, detto Hagannàh, organizzato a quanto pare da membri della Ahalut ha Abodah che è il partito del laavoro o «nazionale-socialista» ebraico in Palestina, uno dei principali alleati locali della Commissione. Essa è sorta in seguito al fatto che il Governo militare non disarmò, quando lo poteva, gli Arabi della regione di Nablus e di Hebron, che possiedono ancora molti fucili turchi, e che in tutti i conflilli scoppiati negli ultimi anni le aggressioni sono sempre partite dagli Arabi.
Molti Ebrei hanno recentemente importato armi di contrabbando, ed è deplorevole che la Commissione non l’abbia impedito e non si sia opposta alla formazione di un corpo difensivo clandestino. In conclusione, la Commissione Sionista ha commesso molti errori.
Gli Ebrei moderati e gli Ebrei palestinesi.
I Sionisti moderati, numerosi in Palestina, cominciano a far sentire le loro lagnanze contro la Commissione, che accusano di aver spaventato gli Arabi, urtato gli Inglesi, e «russificato» in modo pericoloso la Palestina, incoraggiando un’emigrazione eccessiva dall’Europa orientale, mentre non si sono serviti degli Ebrei palestinesi che avrebbero potuto render servigi con gli Arabi, e si sono mostrati intolleranti coi Sefardim e gli Ortodossi - tutte osservazioni difficili a ribattere.
I moderati hanno perduto due dei loro capi migliori; Aaronson, palestinese colto ed energico, perito in un accidente aviatorio, e l’italiano Levi-Bianchini, comandante di una nave italiana, uomo di grande cultura, abilità e fascino personale, ucciso per errore dai Beduini nel 1920. Da allora in poi, guidati da M.r Ben Avi, direttore del Doar Hayom (5) (Palestine Daily Mail) hanno lottato assiduamente e guadagnato terreno: recentemente il Consiglio Nazionale Ebraico (6) ha deciso che due Ebrei palestinesi entreranno nella Commissione Sionista, e il Dottor Ussishkin li ha accettati. Ciò lascia sperare che i moderati potranno migliorare i rapporti con gli Arabi, ma è prematuro confidare in una pacificazione prossima; la Commissione Sionista esercita ancora, come dice la Commissione d’Inchiesta già citata, «un’azione piuttosto irritante che conciliante» sugli Arabi, e nella sua forma attuale non ha più alcuna vera utilità per la causa sionista.
L’Amministrazione britannica.
L’Amministrazione britannica in Palestina è severamente criticata tanto dai Sionisti che dagli Arabi. L’interpretazione data alla Dichiarazione Balfour dal Governo inglese e riaffermata nel citato discorso Samuel dello scorso giugno, differisce completamente da quella dei Sionisti politici che vogliono «una Palestina tanto ebraica quanto l’Inghilterra è inglese e l’America americana (parole di Weizmann alla Conferenza della Pace 1919); e ciò è molto grave, dati gli ampi poteri concessi dall’Inghilterra alla Commissione Sionista. E poichè l’Alto Commissario non ha accettato l’interpretazione sionista, la Commissione parla di «Amministrazione araba». Gli Arabi alla loro volta sono altrettanto malcontenti e sospettosi; essi per es. trovano tiranniche le ammende collettive imposte ai villaggi, la maggioranza della cui popolazione sia colpevole di aggressioni e saccheggi, benchè l’uso turco e il diritto musulmano le ammettano; e la Delegazione araba accusa il Governo di ingerirsi abusivamente nell' Amministrazione degli Awqaf, proprio quando esso aveva nominato una Commissione degli Awqaf dipendente solo dall’autonomo Consiglio Supremo della Sceria (si vedano i decreti in Oriente Moderno, fasc. 10°, pag. 594 ss.).
È inutile dire che i funzionari inglesi di fede ebraica non riescono mai a contentare gli Arabi; forse ve ne sono troppi, ma non hanno mai commesso favoritismi verso i correligionari. In via generale si può dire che l’Amministrazione ha fatto buona prova, specialmente per quanto riguarda i contadini arabi, che protegge dall’usura (quasi interamente araba) e aiuta a diventar piccoli proprietari. L’Amministrazione delle ferrovie ha organizzato ottimi servizi ed è attiva; sono state costruite strade eccellenti; il Dipartimento di Sanità Pubblica combatte con successo la malaria e l’oftatlmia; la fondazione di Tribunali Fondiari (Land Settlement Courts) sarà di grande aiuto ai contadini per rimediare al disordine in cui l’amministrazione turca lasciò i titoli di proprietà. Le scuole primarie si sviluppano secondo un ottimo sistema [v. Oriente Moderno, fasc. 6°, p. 376]; per aumentare quelle secondarie e superiori converrà aspettare che la ratifica del mandato permetta al Governo di contrarre prestiti.
Queste benemerenze, naturalmente, non risparmiano all’Amministrazione e al Commissario critiche
severe da ambo le parti.
Il numero di funzionari del Servizio Civile Superiore (Senior Civil Service) (7) palestinese era nel 1921 di 179 funzionari, fra cui 14 Ebrei, e 181 Palestinesi, di cui 82 Cristiani e 36 Ebrei. Nel Servizio
Civile Inferiore (Junior Civil Service) (8) gli Ebrei son forse troppi negli uffici dell’Immigrazione, delle Poste e Telegrafi e specialmente dei Lavori Pubblici (44 su 61), ma in tutti i servizi i Cristiani palestinesi, che sono l’11 per cento al più della popolazione, rappresentano il 49 per cento dei funzionari. Poco rappresentati sono i Musulmani, e questo è inevitabile per ora, data la loro scarsa cultura. È difficile non sospettare che parecchi Cristiani palestinesi si dimostrino anti-sionisti per deviare l’attenzione dei Musulmani dalla loro preponderanza nei Servizi Civili…
Previsioni.
Non la Dichiarazione Balfour, ma la sua interpretazione crea le maggiori difficoltà in Palestina. Si deve ancora ripetere che l’interpretazione del Governo inglese differisce del tutto da quella dell’Organizzazione Sionista. Il progetto di mandato per la Palestina riconosce, nell’art. 4, l’Organizzazione Sionista fino a quando sarà, a parere della Potenza mandataria, adatta quale ente pubblico per «consigliare l’Amministrazione e collaborare con essa nelle questioni riguardanti la fondazione della sede nazionale e gl’interessi degli Ebrei palestinesi». Ora l’O. S. non ha inteso la novità e la difficoltà dell’esperimento politico che l’Inghilterra tentava in Palestina, e con i suoi errori ha provocato un vero movimento nazionale arabo, che non è né anti-inglese né turcofilo.
A migliorare la situazione gioverebbe ratificare il mandato, abolire la Commissione Sionista e sostituirle un’agenzia ebraica che non facesse politica e meglio rappresentasse l’intero ebraismo. L’ O. S. rappresenta il più forte partito ebraico; ma vi sono nel mondo israelitico altre forze di cui il Governo inglese dovrebbe tener conto. Lasciando da parte i conservatori religiosi estremi e gli Ebrei marxisti dell’Europa orientale, vi sono nell’Europa occidentale e in America molti Ebrei che i Sionisti ufficiali accusano di antisionismo e chiamano assimilati. Questi, spesso dotati del senso pratico e dell’acume politico che manca ai primi, insieme con Sionisti americani, che non lavorano in armonia con l’O. S., ma sono attivi e pieni di ottime idee, potrebbero far molto per la Palestina. L’O. S. deve allargare le sue basi, i Sionisti di ogni colore debbono facilitare il compito della Potenza mandataria, senza la quale sarebbero impotenti, rinunciare al predominio ebraico e, ispirandosi all’esempio degli Ebrei palestinesi, dimostrare agli Arabi che vogliono collaborare con loro allo sviluppo del paese.
L’lnghilterra può onorevolmente lavorare per attuare in Palestina la speranza del grande filosofo ebreo vivente Ahad Haam (9) (Aster Ginsberg), ossia un centro spirituale e culturale ebraico, ma non può e non deve imporvi una dominazione politica sionista sulla maggioranza araba. Gli Arabi d’altra parte debbono riconoscere che solo con la cooperazione con i Sionisti moderati possono sperare di vedere la Palestina fiorire economicamente e culturalmente; poichè solamente il capitale ebraico affluirà nel paese, che, per quanto possa divenire prospero, non sarà mai un Egitto.
E tanto i loro timori, quanto le speranze dei Sionisti estremi, sono esagerati. Gli Arabi palestinesi si moltiplicano rapidamente (media di 14 per 1000 annuali) e non minacciano affatto di scomparire, mentre il costo della immigrazione e della colonizzazione ebraica è tale, che per stabilire in Palestina 50.000 famiglie o 200.000 persone (dato che il paese potesse ricever le) occorrerebbero 60 milioni di sterline; e gli Ebrei sarebbero ancora meno della metà degli Arabi. II pericolo è dunque esagerato.
Intanto il Governo britannico, che prima o poi sgombrerà militarmente l’Egitto ripiegando sulla zona del Canale, abbisogna di un retroterra per queste truppe che custodiscono uno dei punti più vitali delle comunicazioni imperiali. Questa base deve essere un paese prospero e tranquillo, e l’Inghilterra può assicurarsi questa condizione soltanto sostenendo un Sionismo moderato, e non cedendo al Sionismo politco. La via da seguire è chiara.
(P. Graves, nel Times del 3-8 e 10-11 aprile 1921). V. V. e M. G.
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note:
(1) Tuttavia si veda a questo proposito il severo giudizio sui contingenti militari d’Arabia, in H. LAMMENS, La Syrie, Beyrouth 1921[-1922], vol. II, pp. 232-233, in base a non dubbia testimonianza dell’inglese Bury.
(2) Cfr. Oriente Moderno, fasc. 8°, p. 477, n. 1.
(3) Per la organizzazione dell’Esecutivo e i suoi membri attuali vedi maggiori particolari in Oriente Moderno, fasc. 6°, p. 351.
(4) Cfr. Oriente Moderno, fasc. 5°, p. 295, e fasc. 9°, pp. 354-355.
(5) Cfr. Oriente Moderno, fasc. 8°, p. 477, nota 1.
(6) «National Council» o Vaad Leumi degli scritti ufficiali.
(7) E cioè del ruolo di concetto.
(8) Del ruolo d’ordine.
(9) In ebraico vale “uno del popolo”.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 741-42
15 maggio 1922
Ma sono invece veri e reali i servigi che gli Israeliti hanno reso alla causa degli Alleati. Sin dal 1915 il Corpo sionista, montato su muli, forte di 700 uomini, venne formato da arruolamenti volontari di emigrati ebrei dalla Palestina e prestò servizio a Gallipoli, dall’epoca dello sbarco quasi sino a quello dello sgombro: una lettera di Sir Jan Hamilton, pubblicata nel giornale The Day di Nuova York, parla con alti elogi di quest’opera del Corpo sionista (Zion Mule Corps).
Non basta. Non molto tempo dopo la liberazione della Giudea, sorsero insistenti domande per la costituzione di un corpo israelita. Gli arruolamenti furono aperti il 10 giugno 1918. ln meno di un mese 807 reclute erano state iscritte dalle zone di Giaffa e Gerusalemme. Altre unità israelite reclutate in Inghilterra e negli Stati Uniti presero parte all’avanzata finale. Il 17 settembre 1918 il War Office riferiva che il nemico si ritinva «inseguito da truppe Australiane, della Nuova Zelanda, dell’lndia occidentale e israelite», e cosi via.
I servigi prestati dagli Israeliti nella Palestina sono veri e innegabili. V’erano parecchi Israeliti nel corpo di spedizione in Egitto, che prestavano servizio non già in unità israelite, ma come ordinari soldati inglesi. Senza volere esagerare questi servigi e senza pretendere in alcun modo che sulla base di essi debbasi concedere la sede nazionale palestinese agli Ebrei, è lecito affermarne l’importanza, poichè essi sono una realtà, mentre il contributo degli Arabi della Palestina è semplicemente inventato. (Palestine, sionista di Londra, 15-4-1922). U. F.
Gli Arabi, gli Ebrei e la guerra del 1918 in Palestina. - Col titolo «Gli Arabi e la guerra», la rivista sionista Palestine di Londra commenta l’inchiesta del Times riassunta qui sopra. Pur dichiarandosi non in tutto concorde col Graves, la rivista Palestine rende omaggio alla perspicuità ed alla moderazione dell’articolista inglese. La rivista nota con soddisfazione, anzitutto, che il Graves ha il merito di aver per lo meno distrutto una leggenda che la Delegazione araba palestinese ed i suoi amici hanno cercato con tenaci sforzi di diffondere. È stato affermato con audacia stupefacente, dice la rivista inglese, che gli Arabi della Palestina hanno colto la prima occasione per correre alle armi in aiuto degli Alleati e che hanno reso a questi importanti servizi. Coloro che conoscono i fatti si sono accorti che si cerca va di sorprendere la buona fede di un pubblico credulo. Il Graves sfata autorevolmente questa leggenda (1). «Assai seccanti, dice il Graves, sono, per chi abbia militato con le forze britanniche ed arabe nella campagna della Palestina, le pretese che gli Arabi palestinesi sollevano, affermando d’aver reso importanti servigi militari agli Alleati durante la guerra mondiale. Gli abitanti della Transgiordania e dd Higiaz che, per il loro continuo discorrere di Unione araba, gli Arabi della Palestina vedono di cattivo occhio e temono come uomini rozzi e duri, hanno compiuto la loro parte assai bene, ma i Palestinesi si sono limitati a disertare in gran massa presso gli Inglesi, che li hanno nutriti e vestiti e che hanno pagato il mantenimento di parecchie migliaia di questi prigionieri di guerra, assai pochi dei quali poterono essere indotti a ottenere la libertà, prestando servizio nell’esercito sceriffiano».
Non si vuole certamente affermare che gli Arabi della Palestina avessero qualche obbligo di combattere per gli Alleati o dovessero esser biasimati per la loro apatia. Sudditi ottomani, essi dovevano, in fin dei conti, combattere contro gli Inglesi, e non con essi. Ciò non vuoi dire che essi abbiano minor diritto a veder protetti e salvaguardati i loro interessi dai loro conquistatori. Ciò che essi non hanno diritto di fare è di posare a cooperatori e collaboratori nella guerra.
Ma sono invece veri e reali i servigi che gli Israeliti hanno reso alla causa degli Alleati. Sin dal 1915 il Corpo sionista, montato su muli, forte di 700 uomini, venne formato da arruolamenti volontari di emigrati ebrei dalla Palestina e prestò servizio a Gallipoli, dall’epoca dello sbarco quasi sino a quello dello sgombro: una lettera di Sir Jan Hamilton, pubblicata nel giornale The Day di Nuova York, parla con alti elogi di quest’opera del Corpo sionista (Zion Mule Corps).
Nella Palestina stessa Lord Allenby, come egli stesso s’è compiaciuto di riconoscere, ebbe non scarso aiuto dagli Ebrei. Nel servizio informazioni, che contribuì così largamente alla vittoria di Lord Allenby, gli Ebrei della Palestina hanno rappresentato una parte cospicua. Guidati da un gruppo di Coloni della Colonia israelita di Sicron Jacob e ispirati dalla convinzione che gli interessi inglesi e quelli israeliti collimavano, un certo numero di giovani Ebrei, uomini e donne, si diedero, a rischio delle loro vite, a recare informazioni dalle retrolinee turche sino al quartier generale inglese in Egitto. Finita la guerra, l’opera prestata da questo gruppo venne riconosciuta e compensata.
Non basta. Non molto tempo dopo la liberazione della Giudea, sorsero insistenti domande per la costituzione di un corpo israelita. Gli arruolamenti furono aperti il 10 giugno 1918. ln meno di un mese 807 reclute erano state iscritte dalle zone di Giaffa e Gerusalemme. Altre unità israelite reclutate in Inghilterra e negli Stati Uniti presero parte all’avanzata finale. Il 17 settembre 1918 il War Office riferiva che il nemico si ritinva «inseguito da truppe Australiane, della Nuova Zelanda, dell’lndia occidentale e israelite», e cosi via.
I servigi prestati dagli Israeliti nella Palestina sono veri e innegabili. V’erano parecchi Israeliti nel corpo di spedizione in Egitto, che prestavano servizio non già in unità israelite, ma come ordinari soldati inglesi. Senza volere esagerare questi servigi e senza pretendere in alcun modo che sulla base di essi debbasi concedere la sede nazionale palestinese agli Ebrei, è lecito affermarne l’importanza, poichè essi sono una realtà, mentre il contributo degli Arabi della Palestina è semplicemente inventato. (Palestine, sionista di Londra, 15-4-1922). U. F.
(1) Cfr. qui sopra, p. 736 nota 1 [= qui nt. 1 del cap. 49, che si ripete integralmente: Tuttavia si veda a questo proposito il severo giudizio sui contingenti militari d’Arabia, in H. LAMMENS, La Syrie, Beyrouth 1921[-1922], vol. II, pp. 232-233, in base a non dubbia testimonianza dell’inglese Bury.]
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 742
15 maggio 1922
Il Times commenta questa intervista in un editoriale molto duro per il «Sionismo politico», a cui il Governo non dovrebbe più concedere il proprio appoggio. V. V.
Lord Milner e la Palestina. - Il Visconte Milner, reduce dalla Palestina, ha detto a Parigi al corrispondente del Times di averne riportato un’ottima impressione. La Palestina non è un paese povero, e potrebbe rapidamente rinascere. Negli ultimi due anni è stato già fatto molto; ora basterebbe un prestito, anche modesto, a rigenerare le sue finanze. In questo momento la popolazione è sospettosa e malcontenta in seguito alle affermazioni esagerate dei Sionisti estremi, che hanno spaventato gli Arabi. Ma la politica moderatrice del Governo finirà per calmarli. I funzionari inglesi sono dappertutto amati dalla popolazione, che vede con dolore partirne molti, in seguito alle riduzioni
decise per ragioni di economia. Milner crede che tali riduzioni siano premature e danneggino il servizio, che è ottimo. Conclude confermando le sue lodi all’Amministrazione di Samuel, che è stimato anche dagli avversari per la sua opera imparziale e devota verso tutte le classi della popolazione. (Times, 26-4-1922).
decise per ragioni di economia. Milner crede che tali riduzioni siano premature e danneggino il servizio, che è ottimo. Conclude confermando le sue lodi all’Amministrazione di Samuel, che è stimato anche dagli avversari per la sua opera imparziale e devota verso tutte le classi della popolazione. (Times, 26-4-1922).
Il Times commenta questa intervista in un editoriale molto duro per il «Sionismo politico», a cui il Governo non dovrebbe più concedere il proprio appoggio. V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 716-17
15 maggio 1922
Banca Sionista a Vienna. - Vienna 28 aprile. Il Ministro delle finanze ha concesso al dott. Schalit, Vice-Presidente della Commissione Commerciale Sionista, il permesso di fondare una banca sionista chiamata Orient Bank, con un capitale di 25.000.000 corone. Essa dovrà accentrare in sè le operazioni economiche dei Sionisti, secondo la proposta fatta al Congresso di Carlsbad, e si occuperà specialmente di promuovere i rapporti commerciali con la Palestina e l’emigrazione degli Ebrei in Palestina. (Morning Post, 29-4-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 742
15 maggio 1922
Ebrei ortodossi contro i Sionisti. - Il Waad Hair (1), o Consiglio degli Ashkenazim di Gerusalemme, ha domandato alla Lega delle. azioni di emendare il mandato britannico sulla Palestina, in modo che i membri dell’Agudath Israel ortodossa siano rappresentati nella costituenda Agenzia Ebraica in Palestina. Essi affermano che gli Ebrei ortodossi e rigidamente osservanti non possono in coscienza riconoscere l’autorità della Commissione esecutiva sionista quale unica rappresentante dell’ebraismo, e reclamano il riconoscimento della libertà delle varie comunità israelitiche palestinesi, che hanno esistenza indipendente e rabbini propri, di dirigere i propri affari interni e di avere rapporti diretti con le autorità in quelli esterni. (Times, 11-4-1922). V. V.
(1) Waad ha.ir «Consiglio della città».
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 742-43
15 maggio 1922
Borowski critica severamente «la cattiva direzione e la mancanza di senso politico dell’attuale Commissione Sionista in Palestina», e afferma che «il telegramma che i Rabbini Capi di Gerusalemme avrebbero inviato al Times sarà più dannoso al prestigio del loro ufficio di quanto credano i loro consiglieri». Egli e i suoi associati hanno fiducia nella politica di Sir H. Samuel, ma ritengono che «il problema palestinese non possa esser risolto dall’ “Organizzazione Sionista”; questa verità è stata riconosciuta da molto tempo; più presto si deciderà di agire in conseguenza, meglio sarà per noi tutti».
Borowski propone una conferenza fra i delegati dell’«Organizzazione Sionista» (che « dovrebbe disfarsi dei suoi funzionari, che sono altrettante remore»), il gruppo (americano) che mette capo al giudice Brandeis, il Consiglio economico (inglese), e l’Agudas Israel. «Una Commissione così composta non sarebbe nè sionista nè agudista, ma semplicemente ebraica». L’«Organizzazione Sionista» quale è costituita oggi non ha mai rappresentato il popolo ebraico nella sua totalità, e neppure tutti i Sionisti. Organizzazioni e personalità importanti le si sono apertamente ribellate (per es. il dottor Marmorek, Max Nordau, Sir Yakobus Kann, i Binyan Haarez tedeschi), o se ne sono completamente distaccati, come il gruppo americano Brandeis-Mach. (Jewish Standard del 31-3-1922, nel Times, 25-4-1922). V. V.
Ebrei americani contro l’«Organizzazione Sionista». - Il dotto Elieser Borowski di Cleveland (Ohio) scrive al Jewish Standard una lunga lettera che rappresenta il punto di vista ebraico contrario al Sionismo politico. Egli dice di appartenere all’Agudas (1) Israel, «un’associazione ortodossa indipendente con scopi precisi e apertamente contrari a quelli del Kultur-Zionismus»; essa «considera tutti i problemi dell’Ebraismo sub specie aeternitatis della religione ebraica».
Borowski critica severamente «la cattiva direzione e la mancanza di senso politico dell’attuale Commissione Sionista in Palestina», e afferma che «il telegramma che i Rabbini Capi di Gerusalemme avrebbero inviato al Times sarà più dannoso al prestigio del loro ufficio di quanto credano i loro consiglieri». Egli e i suoi associati hanno fiducia nella politica di Sir H. Samuel, ma ritengono che «il problema palestinese non possa esser risolto dall’ “Organizzazione Sionista”; questa verità è stata riconosciuta da molto tempo; più presto si deciderà di agire in conseguenza, meglio sarà per noi tutti».
Borowski propone una conferenza fra i delegati dell’«Organizzazione Sionista» (che « dovrebbe disfarsi dei suoi funzionari, che sono altrettante remore»), il gruppo (americano) che mette capo al giudice Brandeis, il Consiglio economico (inglese), e l’Agudas Israel. «Una Commissione così composta non sarebbe nè sionista nè agudista, ma semplicemente ebraica». L’«Organizzazione Sionista» quale è costituita oggi non ha mai rappresentato il popolo ebraico nella sua totalità, e neppure tutti i Sionisti. Organizzazioni e personalità importanti le si sono apertamente ribellate (per es. il dottor Marmorek, Max Nordau, Sir Yakobus Kann, i Binyan Haarez tedeschi), o se ne sono completamente distaccati, come il gruppo americano Brandeis-Mach. (Jewish Standard del 31-3-1922, nel Times, 25-4-1922). V. V.
(1) Pronunzia dialettale per Agudath.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 743
15 maggio 1922
Conferenza sul Sionismo. - Il dottor C. S. Myers, ebreo inglese, direttore dell’Istituto Nazionale di Psicologia Industriale, ha tenuto, il 23 aprile, una conferenza su: «La psicologia del Sionismo», nella sinagoga di Brandesbury a Londra. Egli classifica gli Ebrei contemporanei in: l° Ebrei che si identificano completamente con lo Stato cui appartengono, fino al sacrificio della loro religione; 2° Ebrei che cercano di riconciliare nazionalità e religione; 3° Gli Ebrei del ghetto in ambienti moderni. Egli propone la soluzione di una forma di Giudaismo più universale, nè etnico nè nazionale, che torni alla religione degli Ebrei fondatori del Cristianesimo, ed esprima il genio etico della razza ebraica. « Probabilmente - concluse - nessuna controversia, dalla dispersione in poi, ha diviso così gravemente gli Ebrei come il Sionismo».
Seguirono discussioni vivaci fra gli astanti, molti dei quali erano Sionisti politici. (Times, 25-4-1922).
V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 743
15 maggio 1922
Alcuni giornali notano che si trova contemporaneamente a Londra il generale Storrs, Governatore di Gerusalemme, che passa per avversario della politica di Samuel.
Sir H. Samuel a Londra. - Sir H. Samuel, Alto Commissario inglese per la Palestina, è giunto a Londra il 1° maggio. Egli vi passerà qualche tempo e conferirà col ministro delle colonie, con i capi dell’«Organizzazione Sionista» e probabilmente con la Delegazione Palestinese intorno al progetto di costituzione per la Palestina. (Times, 2-5- 1922).
Alcuni giornali notano che si trova contemporaneamente a Londra il generale Storrs, Governatore di Gerusalemme, che passa per avversario della politica di Samuel.
V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 743
15 maggio 1922
Nella gendarmeria Palestinese. - Il 30 aprile è giunta a Caiffa la sezione britannica della nuova gendarmeria Palestinese, comandata dal colonnello Mc Neill e da lui organizzata ed equipaggiata in cinque settimane, con uomini presi dal corpo di polizia Irlandese (Royal Irish Constabulary) ora disciolto. (Morning Post, 6-5-1922).
V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 743
15 maggio 1922
«La questione siriana è oggi la più importante per gli Arabi, e noi speriamo che l’Europa ci sosterrà». Il generale si mostrò poi indignato del fatto che i Francesi considerano come loro nemici tutti gli abitanti della Transgiordania, compreso l’Emiro. Egli disse che le tribù della Transgiordania sono agitate, e trattenute appena dall’Emiro. «Tutta la Siria - disse - aspetta che le sue forze crescano, per eseguire un attacco concentrato contro i Francesi». (Morning Post, 12-5-1922). V. V.
Cfr. anche sopra, p. 730.
Transgiordania e Siria. - Il corrispondente della Morning Post ha intervistato al Cairo il Gen. Hamid Pascià al-Wadi e il Tenente Colonnello Said Bey al-Kallak (?) aiutante di campo dell’Emiro Abdallah. Essi erano partiti dalla Transgiordania per recarsi in Mesopotamia, e avevano una lettera del rappresentante inglese ad Amman, Mr. Philby, per il Console inglese a Damasco. Giunti ad Aleppo, le autorità francesi non vollero lasciarli proseguire, malgrado i buoni uffici del Console inglese, ed essi dovettero tornare al Cairo, per Damasco e Caiffa. Ora aspettano un vapore per andare in Mesopotamia da Suez. Interrogato sullo scopo preciso della sua missione, il generale si mostrò dapprima riluttante a entrare in particolari, ma poi entusiasmandosi disse: «Spero di trovare appoggi per i Siriani nella loro lotta per l’indipendenza non soltanto nella Mesopotamia, ma anche in tutti i paesi arabi.
«La questione siriana è oggi la più importante per gli Arabi, e noi speriamo che l’Europa ci sosterrà». Il generale si mostrò poi indignato del fatto che i Francesi considerano come loro nemici tutti gli abitanti della Transgiordania, compreso l’Emiro. Egli disse che le tribù della Transgiordania sono agitate, e trattenute appena dall’Emiro. «Tutta la Siria - disse - aspetta che le sue forze crescano, per eseguire un attacco concentrato contro i Francesi». (Morning Post, 12-5-1922). V. V.
Cfr. anche sopra, p. 730.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 743-44
15 maggio 1922
È stato istituito un Consiglio superiore per la pubblica istruzione, che dovrà sorvegliare le scuole, promuovere gli studi ed inoltre occuparsi della storia e della geografia della Transgiordania, ricchissima di resti archeologici. Il primo membro di questo Consiglio è l’archimandrita Mishel Assaf, capo della comunità cattolica di es-Salt e noto per alcuni scritti intorno alla storia ed all’archeologia di quelle regioni; egli pensa di istituire ad ‘Amman un museo archeologico. (al-Bashir, 22-4-1922).
Libertà di commercio. - II Governo comunica che è libera l’esportazione dei prodotti del paese, cereali, burro chiarificato, carbone di legna, senza alcuna restrizione.
Direttore dell’agricoltura è stato nominato assayyid Rasim Sultan, che ha studiato negli Istituti superiori di agricoltura in Occidente.
Scuola agricola. - Il Governo ha deciso di aprire una scuola di agricoltura nella regione fertile e bene irrigata a mezza strada fra es.Salt e Amman, nelle vicinanze del villaggio di Suwaylih, noto per il suo
ottimo clima. La direzione della scuola è stata affidata ad Akram Bey er-Rikabi, tornato poco fa da Cambridge, dove ha conseguito il diploma speciale in agricoltura.
Nuove linee telegrafiche. - È stata ristabilita la linea telegrafica Amman-Gerash, e presto funzionerà quella fra Amman, el-Qutranah e el-Kerak. (as-Sabah, 15-4-1922). V. V.
Attività amministrativa e culturale nella Transgiordania. - II corrispondente palestinese del beirutino al-Bashir scrive in data 10 aprile che l’arrivo di Rida Pascià er-Rikabi ha prodotto una grande attività amministrativa. In ciò egli è aiutato da Muzhir Bey Raslan, consigliere civile e da Ahmed Hilmi Bey, consigliere finanziario.
È stato istituito un Consiglio superiore per la pubblica istruzione, che dovrà sorvegliare le scuole, promuovere gli studi ed inoltre occuparsi della storia e della geografia della Transgiordania, ricchissima di resti archeologici. Il primo membro di questo Consiglio è l’archimandrita Mishel Assaf, capo della comunità cattolica di es-Salt e noto per alcuni scritti intorno alla storia ed all’archeologia di quelle regioni; egli pensa di istituire ad ‘Amman un museo archeologico. (al-Bashir, 22-4-1922).
N.
Libertà di commercio. - II Governo comunica che è libera l’esportazione dei prodotti del paese, cereali, burro chiarificato, carbone di legna, senza alcuna restrizione.
Direttore dell’agricoltura è stato nominato assayyid Rasim Sultan, che ha studiato negli Istituti superiori di agricoltura in Occidente.
Scuola agricola. - Il Governo ha deciso di aprire una scuola di agricoltura nella regione fertile e bene irrigata a mezza strada fra es.Salt e Amman, nelle vicinanze del villaggio di Suwaylih, noto per il suo
ottimo clima. La direzione della scuola è stata affidata ad Akram Bey er-Rikabi, tornato poco fa da Cambridge, dove ha conseguito il diploma speciale in agricoltura.
Nuove linee telegrafiche. - È stata ristabilita la linea telegrafica Amman-Gerash, e presto funzionerà quella fra Amman, el-Qutranah e el-Kerak. (as-Sabah, 15-4-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. I, Nr. 12, p. 744
15 maggio 1922
Apologia dell’Emiro Abdallah della Transgiordania. - Il Sabah cita l’intervista del giornale (arabo di Damasco) con il Gen. Storrs, governatore di Gerusalemme, che loda molto l’Emiro ‘Abdallah, e ricorda [v. Oriente Moderno, fasc. 11°, p. 659] che anche Churchill dichiarò in Parlamento come l’Emiro abbia giustificato le speranze riposte in lui. Perfino il Ceno Gouraud, parlando con un notabile libanese, gli espresse la propria ammirazione per l’emiro e la sua opera pacificatrice. Tante lodi, e da fon ti cosi diverse, danno un’idea del grande valore di ”Abdallah, che è riuscito, con mille uomini, a pacificare un paese dove gli eserciti inglese e francese, tanto più forti, non avevano ottenuto nulla. Ciò non è dovuto al timore, poichè la popolazione della Transgiordania possiede dieci volte più armi dei soldati dell’Emiro, ma alle qualità persona li di questo e al desiderio degli indigeni di avere un governo nazionale. «Il Governo della Transgiordania - conclude l’articolo - è oggi quello a cui si volgono gli sguardi dei Siriani e dei Palestinesi e da cui dipendon grandi speranze. Noi siamo certi che l’Emiro le giustificherà, e darà agli Arabi della Siria un Governo tale da rappresentare una risposta decisiva agli occidentali, che con l’oppressione e l’indebolimento vorrebbero impedir loro di governarsi da sè». (as-Sabah, 28-3-1922).
V. V.
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 1, p. 27-28
15 giugno 1922
Movimento degli ultimi tre anni. - Negli ultimi tre anni si è avuto un movimento costante, che dura ancora, contro l’Occidente. Oggi gl’indigeni sono irreconciliabili verso qualsiasi mandato; vogliono la completa indipendenza e sono sostenuti da quasi tutto il mondo musulmano. Essi sentono che non debbono più avvenire riduzioni del territorio musulmano. Non che questo territorio debba necessariamente diventare turco; i Turchi sono rassegnati alla limitazione della loro zona fino al Tauro, lasciando agli Arabi la regione meridionale; ma tutti desiderano che alla Turchia dell’anteguerra sia restituita la sua integrità di Stato musulmano. La Turchia ha riconquistato l’antica supremazia morale, ed oggi in tutte le moschee di Siria e di Palestina si prega per il Sultano.
L’America in Siria e in Palestina. - L’America è implicata nella questione più di quanto si crede; negli ultimi 50 o 60 anni i suoi missionari e maestri hanno compiuto in Siria e in Palestina un’opera di cui essa è giustamente orgogliosa. In seguito al movimento anti-occidentale le nostre missioni sono gravemente minacciate, l’ostilità contro di esse cresce di giorno in giorno e le nostre grandi imprese educative si trovano in pericolo. L’America non può restare indifferente a questa situazione. La Palestina e la Siria non sono come i Balcani, dove gli errori commessi hanno conseguenze puramente locali; gli avvenimenti di Siria e di Palestina si ripercuotono in tutto il mondo, e un errore commesso in Palestina resta irreparabile, come quello di Ponzio Pilato, di cui durano ancora le tristi conseguenze.
I fatti di Damasco. - Nella mia ultima visita a Damasco avvennero grandi dimostrazioni per la libertà della Siria, e mi fu detto che i Siriani sono assai malcontenti delle loro attuali condizioni. Le dimostrazioni, veramente imponenti, non furono accompagnate da atti violenti. Dimostrazioni analoghe avvenivano ogni giorno per le vie del Cairo; e finché non vi furono violenze, le autorità non intervennero. A Damasco invece si sparò sulla folla; vi furono parecchi morti, e alcuni capi ricevettero gravi condanne, come il dottor Shahbandar (1), che ebbe quindici anni di carcere. Interrogato sulla origine della notizia che egli stesso fosse stato condannato dai Francesi a venti anni, Crain rispose che questa voce è probabilmente dovuta alla condanna di Shahbandar, colpevole soltanto di essersi trovato parecchie volte con lui a Damasco. Quanto a lui, non gli è stata comunicata
ufficialmente alcuna condanna. Shahbandar è un distinto laureato dell’Università di Beirut, è fra i primi della sua professione a Damasco, e stimatissimo in tutto il mondo arabo.
Il sionismo. - La situazione sionista, che già tre anni fa si presentava insostenibile, è peggiorata. La Commissione sionista, che ha tanta influenza sulla politica palestinese, sembra più potente del Governo. Tutto il mondo ufficiale palestinese è sottoposto al suo controllo, e obbedisce alle sue istruzioni con un entusiasmo che non mette nell’eseguire la politica del Governo mandatario.
(Times, 3-6-1922). V. V.
Intervista con Mr. Crane. - Mr. C. R. Craill, ex-ministro americano a Pekino, reduce dal viaggio in Siria e Palestina, in seguito al quale scoppiarono i moti rivolutionari di Damasco, è passato per Londra diretto in America, ed ha fatto ad un redattore del Times dichiarazioni che hanno interesse, anche perché nella parte relativa alla Palestina rappresenta il punto di vista degli ambienti diplomatici americani, che hanno ottenuto l’accordo fra l’Inghilterra e Stati Uniti a garanzia degli interessi di questi ultimi in Palestina.
La Commissione interalleata del 1919. - Sono stato molte volte
in Siria e in Palestina, dal 1878 in poi. Nel 1919 appartenevo alla
sezione americana della Commissione Interalleata per i mandati e per la
Turchia. Essa partì da Bersabea il 6 giugno e si spinse fino ad Aleppo,
impiegando in tale viaggio due mesi e visitando 39 città e più di 300
villaggi; ricevemmo più di 2000 delegazioni e 3000 petizioni. Non credo
che l’Oriente abbia mai aperto il suo cuore all’Occidente come fece con
la nostra Commissione, e noi sentimmo fortemente la nostra
responsabilità e il dovere di riferire con fotografica esattezza il messaggio all’Occidente che risultava dalla situazione. Molte cose erano chiare. Tutti i Musulmani desideravano ardentemente di riconciliarsi col mondo occidentale; le loro richieste erano perfettamente ragionevoli, e sostenute in massima parte dagli altri indigeni, Cristiani, maroniti, drusi ed ebrei. L’ostilità per il Sionismo era generale, anche fra i Vecchi Ebrei, e l’unità era energicamente reclamata.
Movimento degli ultimi tre anni. - Negli ultimi tre anni si è avuto un movimento costante, che dura ancora, contro l’Occidente. Oggi gl’indigeni sono irreconciliabili verso qualsiasi mandato; vogliono la completa indipendenza e sono sostenuti da quasi tutto il mondo musulmano. Essi sentono che non debbono più avvenire riduzioni del territorio musulmano. Non che questo territorio debba necessariamente diventare turco; i Turchi sono rassegnati alla limitazione della loro zona fino al Tauro, lasciando agli Arabi la regione meridionale; ma tutti desiderano che alla Turchia dell’anteguerra sia restituita la sua integrità di Stato musulmano. La Turchia ha riconquistato l’antica supremazia morale, ed oggi in tutte le moschee di Siria e di Palestina si prega per il Sultano.
L’America in Siria e in Palestina. - L’America è implicata nella questione più di quanto si crede; negli ultimi 50 o 60 anni i suoi missionari e maestri hanno compiuto in Siria e in Palestina un’opera di cui essa è giustamente orgogliosa. In seguito al movimento anti-occidentale le nostre missioni sono gravemente minacciate, l’ostilità contro di esse cresce di giorno in giorno e le nostre grandi imprese educative si trovano in pericolo. L’America non può restare indifferente a questa situazione. La Palestina e la Siria non sono come i Balcani, dove gli errori commessi hanno conseguenze puramente locali; gli avvenimenti di Siria e di Palestina si ripercuotono in tutto il mondo, e un errore commesso in Palestina resta irreparabile, come quello di Ponzio Pilato, di cui durano ancora le tristi conseguenze.
I fatti di Damasco. - Nella mia ultima visita a Damasco avvennero grandi dimostrazioni per la libertà della Siria, e mi fu detto che i Siriani sono assai malcontenti delle loro attuali condizioni. Le dimostrazioni, veramente imponenti, non furono accompagnate da atti violenti. Dimostrazioni analoghe avvenivano ogni giorno per le vie del Cairo; e finché non vi furono violenze, le autorità non intervennero. A Damasco invece si sparò sulla folla; vi furono parecchi morti, e alcuni capi ricevettero gravi condanne, come il dottor Shahbandar (1), che ebbe quindici anni di carcere. Interrogato sulla origine della notizia che egli stesso fosse stato condannato dai Francesi a venti anni, Crain rispose che questa voce è probabilmente dovuta alla condanna di Shahbandar, colpevole soltanto di essersi trovato parecchie volte con lui a Damasco. Quanto a lui, non gli è stata comunicata
ufficialmente alcuna condanna. Shahbandar è un distinto laureato dell’Università di Beirut, è fra i primi della sua professione a Damasco, e stimatissimo in tutto il mondo arabo.
Il sionismo. - La situazione sionista, che già tre anni fa si presentava insostenibile, è peggiorata. La Commissione sionista, che ha tanta influenza sulla politica palestinese, sembra più potente del Governo. Tutto il mondo ufficiale palestinese è sottoposto al suo controllo, e obbedisce alle sue istruzioni con un entusiasmo che non mette nell’eseguire la politica del Governo mandatario.
(Times, 3-6-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 1, p. 29-30
15 giugno 1922
Conferenza anti-sionista di Monsignor Barlassina. - Riportiamo dall’Osservatore Romano, organo del Vaticano, il sunto della conferenza tenuta l’11 maggio a Roma da Mons. Luigi Barlassina, Patriarca latino di Gerusalemme:
« Il Sionismo entrato nella fase veramente attiva, dopo la nota dichiarazione di Balfour, ha realmente per iscopo di eliminare gradualmente dalla Palestina gli attuali abitatori per impadronirsi completamente del paese e fondarvi il regno sionista. Ciò è vero malgrado interessate affermazioni in contrario e numerosi pubblici documenti sionisti citati dall’oratore lo dichiarano senza ambagi, affermando la necessità di adoperare qualsiasi mezzo, anche violento, per riuscire a costituire un focolare nazionale, ed invocando per ciò l’aiuto del Governo, il quale dovrebbe tollerare la presenza degli Arabi soltanto fino alla completa installazione dell’elemento sionista. Per gli Arabi, secondo l’organo ufficioso del Governo, esistono vaste superfici fuori della Palestina!...
« Il Sionismo ha portati in Palestina gravissimi danni modificandone completamente l’aspetto. Non
più vita patriarcale, ma irreligiosità; immoralità d’ogni sorta, odio e dissipazione, poiché gli immigrati sionisti, a differenza degli israeliti di Palestina, non sono affatto religiosi, ma curano solo l’interesse economico e politico.
«Una delle piaghe più tristi portate dal Sionismo è l’immoralità pubblica. Le case di tolleranza, vietate sotto il regime turco, vennero permesse sotto il regime inglese, con quanto danno della popolazione delle città non è d’uopo esaminare. Vi sono 500 donne di malavita nella sola Gerusalemme, nella Città Santa! Si aggiunga che talune delle nuove colonie vivono secondo i dettami del comunismo integrale, con costumi ed abitudini su cui è bene sorvolare.
«Il Sionismo ebbe buon giuoco sùbito dopo cessato il conflitto mondiale, giacchè a base di dollari e di sterline potè sfruttare ai propri fini politici le miserabili condizioni in cui giaceva la Palestina, per causa delle spogliazioni e delle devastazioni belliche. Attualmente è aiutato nel suo procedere dal governo locale sotto la guida di Herbert Samuel, sionista e Alto Commissario, il quale affida al solo Comitato sionista la rappresentanza di tutti o quasi gli interessi palestinesi, e ha a disposizione gran copia di denaro proveniente dai centri sionisti degli Stati Uniti d’America.
«I sistemi intollerabili degli attuali reggitori hanno suscitato l’avversione, l’odio degli indigeni arabi sopratutto, l’indignazione dei Cattolici. L’ingresso dell’Alto Commissario in Gerusalemme venne protetto da mitragliatrici ed aeroplani; in altre località i funzionari furono accolti da cittadini portanti cartelli neri con la scritta in bianco abbasso, ovvero montati su cammelli tinti in nero, come segno di lutto per la Palestina, raffigurata da una donna velata di nero, seduta sul dorso di un camello. Altri episodi assai significativi sono stati citati dal conferenziere.
«Nonostante dichiarazioni in contrario, il Sionismo ha la sensazione della profonda avversione dei Palestinesi, e però combatte ad oltranza ogni più legittima affermazione di diritti, anche dei più comuni. La lotta continua, fredda, implacabile viene condotta non solo contro Musulmani e Cristiani, ma anche contro gli stessi Ebrei palestinesi o Ebrei ritualisti attaccati alla loro religione, i quali vengono terrorizzati e vessati in ogni modo anche con tasse, tra cui persino quella del 40 per cento sul
pane azzimo!
«Gli sforzi sionisti sono diretti in gran parte all’acquisto delle terre, che è ora continuo ed imponente.
«Arabi, musulmani e scismatici, pur ostili politicamente, si lasciano individualmente, di fronte ai lauti guadagni, spossessare delle loro terre, permettendo cosi sempre più l’allargamento della cessione del terreno ai Sionisti. Molte volte vi sono costretti dalla impossibilità di poter esitare i loro prodotti, giacché a tanto giungono i Sionisti da proibire perfino l’esportazione in tempo utile dei prodotti.
«Per la loro infiltrazione in tutti gli uffici locali hanno i Sionisti ormai un vero monopolio degli interessi del paese. Reclamare, in caso di sopraffazioni, è vano, quando non è pericoloso: la via dell’esilio è sempre aperta per coloro che vorrebbero agitarsi o anche soltanto difendersi.
«L’ostilità araba, culminata in giornate sanguinose che hanno fatto riflettere talvolta i Sionisti più temperati e che hanno costretto Lord Cecil a proclamare dinanzi alla Camera di Commercio il 13 giugno 1921, la causa delle agitazioni derivare dal movimento sionista e dalle assicurazioni date a questo movimento dal Governo Centrale, viene repressa colla forza, per quanto prudentemente, onde evitare contraccolpi, che per solidarietà potrebbero sorgere in altre regioni dominate dall’Inghilterra. Gli scismatici vengono accarezzati, offrendo essi assai minore resistenza degli Arabi e dei Cattolici alle mene sionistiche. l Cattolici sono presi particolarmente di mira e contro i loro interessi si pratica un’opposizione sistematica. Le leggi cattoliche devono subire i più debilitanti ostruzionismi da parte dei funzionari, e anche i tribunali sembra agiscano di partito preso contro quanto è cattolico.
«I Protestanti fanno una favolosa propaganda con grandi mezzi finanziari e non sono osteggiati, dimostrando essi una certa tendenza favorevole al Sionismo.
«Occorre che i diritti dei Cattolici, quelli religiosi e quelli riguardanti lo stato personale, siano sostenuti, tanto più in quell’Oriente dove la potenza è sinonimo di bene e dove la debolezza viene giudicata come impotenza. È necessario che della questione palestinese si parli e si discuta fra Cattolici, che venga data larga diffusione a quanto succede in Palestina, malgrado le forze oscure che vorrebbero evitare ciò. È indispensabile aiutare collegi e le scuole cattoliche perché prosperino e perché se ne possano impiantare dappertutto, portando i dettami di Cristo. È necessario dare il senso preciso a quelle popolazioni, che i Cattolici di tutto il mondo guardano ed operano con efficacia per salvaguardare i loro diritti nella terra bagnata dal Sangue di Cristo . (L’Osservatore Romano, 13-5- 1922).
La conferenza ba dato luogo ad un’aspra replica di M. Beilinson, comparsa sul noto settimanale fiorentino Israel, il 18 maggio. N.
« Il Sionismo entrato nella fase veramente attiva, dopo la nota dichiarazione di Balfour, ha realmente per iscopo di eliminare gradualmente dalla Palestina gli attuali abitatori per impadronirsi completamente del paese e fondarvi il regno sionista. Ciò è vero malgrado interessate affermazioni in contrario e numerosi pubblici documenti sionisti citati dall’oratore lo dichiarano senza ambagi, affermando la necessità di adoperare qualsiasi mezzo, anche violento, per riuscire a costituire un focolare nazionale, ed invocando per ciò l’aiuto del Governo, il quale dovrebbe tollerare la presenza degli Arabi soltanto fino alla completa installazione dell’elemento sionista. Per gli Arabi, secondo l’organo ufficioso del Governo, esistono vaste superfici fuori della Palestina!...
« Il Sionismo ha portati in Palestina gravissimi danni modificandone completamente l’aspetto. Non
più vita patriarcale, ma irreligiosità; immoralità d’ogni sorta, odio e dissipazione, poiché gli immigrati sionisti, a differenza degli israeliti di Palestina, non sono affatto religiosi, ma curano solo l’interesse economico e politico.
«Una delle piaghe più tristi portate dal Sionismo è l’immoralità pubblica. Le case di tolleranza, vietate sotto il regime turco, vennero permesse sotto il regime inglese, con quanto danno della popolazione delle città non è d’uopo esaminare. Vi sono 500 donne di malavita nella sola Gerusalemme, nella Città Santa! Si aggiunga che talune delle nuove colonie vivono secondo i dettami del comunismo integrale, con costumi ed abitudini su cui è bene sorvolare.
«Il Sionismo ebbe buon giuoco sùbito dopo cessato il conflitto mondiale, giacchè a base di dollari e di sterline potè sfruttare ai propri fini politici le miserabili condizioni in cui giaceva la Palestina, per causa delle spogliazioni e delle devastazioni belliche. Attualmente è aiutato nel suo procedere dal governo locale sotto la guida di Herbert Samuel, sionista e Alto Commissario, il quale affida al solo Comitato sionista la rappresentanza di tutti o quasi gli interessi palestinesi, e ha a disposizione gran copia di denaro proveniente dai centri sionisti degli Stati Uniti d’America.
«I sistemi intollerabili degli attuali reggitori hanno suscitato l’avversione, l’odio degli indigeni arabi sopratutto, l’indignazione dei Cattolici. L’ingresso dell’Alto Commissario in Gerusalemme venne protetto da mitragliatrici ed aeroplani; in altre località i funzionari furono accolti da cittadini portanti cartelli neri con la scritta in bianco abbasso, ovvero montati su cammelli tinti in nero, come segno di lutto per la Palestina, raffigurata da una donna velata di nero, seduta sul dorso di un camello. Altri episodi assai significativi sono stati citati dal conferenziere.
«Nonostante dichiarazioni in contrario, il Sionismo ha la sensazione della profonda avversione dei Palestinesi, e però combatte ad oltranza ogni più legittima affermazione di diritti, anche dei più comuni. La lotta continua, fredda, implacabile viene condotta non solo contro Musulmani e Cristiani, ma anche contro gli stessi Ebrei palestinesi o Ebrei ritualisti attaccati alla loro religione, i quali vengono terrorizzati e vessati in ogni modo anche con tasse, tra cui persino quella del 40 per cento sul
pane azzimo!
«Gli sforzi sionisti sono diretti in gran parte all’acquisto delle terre, che è ora continuo ed imponente.
«Arabi, musulmani e scismatici, pur ostili politicamente, si lasciano individualmente, di fronte ai lauti guadagni, spossessare delle loro terre, permettendo cosi sempre più l’allargamento della cessione del terreno ai Sionisti. Molte volte vi sono costretti dalla impossibilità di poter esitare i loro prodotti, giacché a tanto giungono i Sionisti da proibire perfino l’esportazione in tempo utile dei prodotti.
«Per la loro infiltrazione in tutti gli uffici locali hanno i Sionisti ormai un vero monopolio degli interessi del paese. Reclamare, in caso di sopraffazioni, è vano, quando non è pericoloso: la via dell’esilio è sempre aperta per coloro che vorrebbero agitarsi o anche soltanto difendersi.
«L’ostilità araba, culminata in giornate sanguinose che hanno fatto riflettere talvolta i Sionisti più temperati e che hanno costretto Lord Cecil a proclamare dinanzi alla Camera di Commercio il 13 giugno 1921, la causa delle agitazioni derivare dal movimento sionista e dalle assicurazioni date a questo movimento dal Governo Centrale, viene repressa colla forza, per quanto prudentemente, onde evitare contraccolpi, che per solidarietà potrebbero sorgere in altre regioni dominate dall’Inghilterra. Gli scismatici vengono accarezzati, offrendo essi assai minore resistenza degli Arabi e dei Cattolici alle mene sionistiche. l Cattolici sono presi particolarmente di mira e contro i loro interessi si pratica un’opposizione sistematica. Le leggi cattoliche devono subire i più debilitanti ostruzionismi da parte dei funzionari, e anche i tribunali sembra agiscano di partito preso contro quanto è cattolico.
«I Protestanti fanno una favolosa propaganda con grandi mezzi finanziari e non sono osteggiati, dimostrando essi una certa tendenza favorevole al Sionismo.
«Occorre che i diritti dei Cattolici, quelli religiosi e quelli riguardanti lo stato personale, siano sostenuti, tanto più in quell’Oriente dove la potenza è sinonimo di bene e dove la debolezza viene giudicata come impotenza. È necessario che della questione palestinese si parli e si discuta fra Cattolici, che venga data larga diffusione a quanto succede in Palestina, malgrado le forze oscure che vorrebbero evitare ciò. È indispensabile aiutare collegi e le scuole cattoliche perché prosperino e perché se ne possano impiantare dappertutto, portando i dettami di Cristo. È necessario dare il senso preciso a quelle popolazioni, che i Cattolici di tutto il mondo guardano ed operano con efficacia per salvaguardare i loro diritti nella terra bagnata dal Sangue di Cristo . (L’Osservatore Romano, 13-5- 1922).
La conferenza ba dato luogo ad un’aspra replica di M. Beilinson, comparsa sul noto settimanale fiorentino Israel, il 18 maggio. N.
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 1, p. 30-31
15 giugno 1922
« Non vi e stato nessun cambiamento - egli ha detto - nelle direttive politiche generali delle Potenze firmatarie del Trattato di Sèvres, ma vi è un altro punto da chiarire. Tutti prevedevano che gli Stati Uniti avrebbero ratificato il Trattato di Versailles, e assunto la loro parte delle responsabilità e dei compiti imposti dagli alleati. Gli Stati Uniti non ratificarono il Trattato, ma ritennero tuttavia che ciò non diminuisse in alcun modo i loro diritti e i doveri di Potenza associata nei territori posti dalla vittoria comune nelle mani degli Alleati e Associati alla fine della guerra. L’America quindi volle pronunciarsi sulla questione dei mandati come se avesse fatto parte delle Lega e occupato alla tavola del Consiglio il posto a lei riservato, che speriamo di vederla un giorno occupare.
« Un accordo completo è stato raggiunto fra Stati Uniti e Inghilterra, e il Seuato americano ha approvato all’unanimità la politica degli alleati in Palestina (1). Ma il rappresentante britannico non ha avuto il tempo di informarne i suoi colleghi del Consiglio, e perciò la questione non si trova all’ordine del giorno della seduta d’oggi.
« Non sempre l’opinione pubblica si fa un’idea esatta dei poteri della Lega in materia di mandati. Il compito della Lega è unicamente quello di accertarsi anzitutto che le clausole corrispondano alle decisioni delle Potenze alleate e di sorvegliare poi che esse siano applicate, secondo le intenzioni dei mandati stessi. I timori espressi che vi sarebbero state ripercussioni nel mondo religioso non sono giustificati. Nessuna Potenza si è dimostrata più equa dell’Inghilterra verso i rappresentanti delle varie fedi. In tali condizioni ogni apprensione sul trasferimento della custodia dei Luoghi Santi da una Potenza musulmana ad una cristiana, sono assolutamente infondati ».
Balfour chiese al Consiglio di decidere che la questione del mandato palestinese fosse esaminata nella sessione prossima, e cioè dopo sei settimane al più tardi.
Bourgeois, a nome del Governo francese, accettò la proposta, dichiarando di ritenere con Balfour che non vi era stato e non doveva esservi alcun cambiamento nella politica degli Stati alleati e associati, che hanno mantenuto, dal Trattato di pace in poi, un’unità di fronte incrollabile, malgrado qualche passeggero incidente; nessun problema di politica generale capace di dividere gli alleati può sorgere sull'attuale questione. Difficoltà amministrative esistono dappertutto. La Francia lo vede in Siria. Tutti desiderano egualmente di risolvere la grave questione dei mandati nel modo più equo e liberale, e quanto più presto sia possibile. Tutti desiderano conoscere le risposte americane sui mandati accettati dalle altre Potenze, di cui ha parlato Balfour.
Lord Balfour propose poi che la questione dei mandati fosse discussa in una seduta da tenersi prima del 15 luglio. (Reuter, Daily Telegraph, 18-5-1922). V. V.
Discorso di Lord Balfour a Ginevra circa il mandato. - Il 17 maggio a Ginevra nella riunione del Consiglio della Lega delle Nazioni Lord Balfour ha tenuto un discorso sulla questione dei mandati nel Medio Oriente e specialmente in Palestina:
« Non vi e stato nessun cambiamento - egli ha detto - nelle direttive politiche generali delle Potenze firmatarie del Trattato di Sèvres, ma vi è un altro punto da chiarire. Tutti prevedevano che gli Stati Uniti avrebbero ratificato il Trattato di Versailles, e assunto la loro parte delle responsabilità e dei compiti imposti dagli alleati. Gli Stati Uniti non ratificarono il Trattato, ma ritennero tuttavia che ciò non diminuisse in alcun modo i loro diritti e i doveri di Potenza associata nei territori posti dalla vittoria comune nelle mani degli Alleati e Associati alla fine della guerra. L’America quindi volle pronunciarsi sulla questione dei mandati come se avesse fatto parte delle Lega e occupato alla tavola del Consiglio il posto a lei riservato, che speriamo di vederla un giorno occupare.
« Un accordo completo è stato raggiunto fra Stati Uniti e Inghilterra, e il Seuato americano ha approvato all’unanimità la politica degli alleati in Palestina (1). Ma il rappresentante britannico non ha avuto il tempo di informarne i suoi colleghi del Consiglio, e perciò la questione non si trova all’ordine del giorno della seduta d’oggi.
« Non sempre l’opinione pubblica si fa un’idea esatta dei poteri della Lega in materia di mandati. Il compito della Lega è unicamente quello di accertarsi anzitutto che le clausole corrispondano alle decisioni delle Potenze alleate e di sorvegliare poi che esse siano applicate, secondo le intenzioni dei mandati stessi. I timori espressi che vi sarebbero state ripercussioni nel mondo religioso non sono giustificati. Nessuna Potenza si è dimostrata più equa dell’Inghilterra verso i rappresentanti delle varie fedi. In tali condizioni ogni apprensione sul trasferimento della custodia dei Luoghi Santi da una Potenza musulmana ad una cristiana, sono assolutamente infondati ».
Balfour chiese al Consiglio di decidere che la questione del mandato palestinese fosse esaminata nella sessione prossima, e cioè dopo sei settimane al più tardi.
Bourgeois, a nome del Governo francese, accettò la proposta, dichiarando di ritenere con Balfour che non vi era stato e non doveva esservi alcun cambiamento nella politica degli Stati alleati e associati, che hanno mantenuto, dal Trattato di pace in poi, un’unità di fronte incrollabile, malgrado qualche passeggero incidente; nessun problema di politica generale capace di dividere gli alleati può sorgere sull'attuale questione. Difficoltà amministrative esistono dappertutto. La Francia lo vede in Siria. Tutti desiderano egualmente di risolvere la grave questione dei mandati nel modo più equo e liberale, e quanto più presto sia possibile. Tutti desiderano conoscere le risposte americane sui mandati accettati dalle altre Potenze, di cui ha parlato Balfour.
Lord Balfour propose poi che la questione dei mandati fosse discussa in una seduta da tenersi prima del 15 luglio. (Reuter, Daily Telegraph, 18-5-1922). V. V.
Note:
(1) Vedi sotto la notizia circa l’accordo angloamericano per la Palestina.
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 1, p. 31
15 giugno 1922
Eccone il testo:
1° Sarà negoziato fra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna un trattato contenente l’assenso, a convenienti condizioni, degli Stati Uniti ai termini del progetto di mandato [inglese sulla Palestina]. Tale trattato citerà il mandato per intero e conterrà adeguati impegni da parte del Governo britannico, per la opportuna protezione dei diritti e degli interessi degli Stati Uniti. Il trattato conterrà il provvedimento di carattere generale che gli Stati Uniti e i suoi nazionali (nationals) abbiano e godano i benefici di tutti gli impegni assunti da S. M. Britannica e definiti nel mandato, quantunque gli Stati Uniti non facciano parte della Lega delle Nazioni;
2° Nella Costituzione palestinese saranno opportunamente comprese assicurazioni riguardanti la costituzione di competenti tribunali; essa conterrà poi un provvedimento in virtù del quale i nazionali degli Stati Uniti avranno il diritto di venir giudicati da un tribunale in cui i giudici inglesi siano in maggioranza, salvo le cause di poco conto (trivial cases), nelle quali l’applicazione del provvedimento presenterebbe inconvenienti amministrativi; in questi casi i nazionali degli Stati Uniti avranno il diritto speciale di appellarsi ad un tribunale in cui i giudici inglesi siano in maggioranza;
3° Nel caso che venga a finire il regime del mandato, i diritti capitolari degli Stati Uniti in Palestina saranno immediatamente e completamente ripristinati (revived), e qualsiasi sistemazione venga allora data agli interessi degli stranieri in materia giudiziaria, essa non dovrà ledere i diritti e gli interessi degli Stati Uniti e non avrà valore senza il loro consenso;
6° Il mandatario sarà responsabile della tutela dei diritti civili e religiosi di tutti gli abitanti della Palestina; del mantenimento della libertà di coscienza e del libero esercizio di tutte le forme di culto, salva la tutela dell’ordine pubblico e della moralità; della protezione degli ennti religiosi e di beneficenza di qualsiasi fede; e della conservazione degli attuali diritti e del libero accesso per i Luoghi Santi. Il Governo britannico garantirà ai missionari degli Stati Uniti il diritto di acquistare e possedere beni, di costruire edifici a scopo religioso, e di aprire scuole, purchè queste siano conformi alle leggi locali;
7° Prima di portare qualsiasi mutamento nel testo del mandato, si dovrà ottenere il consenso degli Stati Uniti;
8° Il Governo britanuico fornirà a quello degli Stati Uniti un duplicato del rapporto annuo presentato alla Lega delle Nazioni sull’amministrazione del territorio sottoposto a mandato;
9° Tutti i provvedimenti del trattato a tutela dei diritti e degli interessi degli Stati Uniti saranno applicabili ai territori posti fra il Giordano e il confine orientale della Palestina, quale verrà definitivamente segnato. (Times, 15-5- 1922). V.V.
Accordo anglo-americano per la Palestina. - Washinglon, 14 maggio. Lo State Department autorizza la pubblicazione dell’accordo raggiunto fra il Governo degli Stati Uniti e quello britannnico riguardo al mandato sulla Palestina.
Eccone il testo:
1° Sarà negoziato fra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna un trattato contenente l’assenso, a convenienti condizioni, degli Stati Uniti ai termini del progetto di mandato [inglese sulla Palestina]. Tale trattato citerà il mandato per intero e conterrà adeguati impegni da parte del Governo britannico, per la opportuna protezione dei diritti e degli interessi degli Stati Uniti. Il trattato conterrà il provvedimento di carattere generale che gli Stati Uniti e i suoi nazionali (nationals) abbiano e godano i benefici di tutti gli impegni assunti da S. M. Britannica e definiti nel mandato, quantunque gli Stati Uniti non facciano parte della Lega delle Nazioni;
2° Nella Costituzione palestinese saranno opportunamente comprese assicurazioni riguardanti la costituzione di competenti tribunali; essa conterrà poi un provvedimento in virtù del quale i nazionali degli Stati Uniti avranno il diritto di venir giudicati da un tribunale in cui i giudici inglesi siano in maggioranza, salvo le cause di poco conto (trivial cases), nelle quali l’applicazione del provvedimento presenterebbe inconvenienti amministrativi; in questi casi i nazionali degli Stati Uniti avranno il diritto speciale di appellarsi ad un tribunale in cui i giudici inglesi siano in maggioranza;
3° Nel caso che venga a finire il regime del mandato, i diritti capitolari degli Stati Uniti in Palestina saranno immediatamente e completamente ripristinati (revived), e qualsiasi sistemazione venga allora data agli interessi degli stranieri in materia giudiziaria, essa non dovrà ledere i diritti e gli interessi degli Stati Uniti e non avrà valore senza il loro consenso;
4° Il trattato proposto conterrà un impegno riguardante la parità di trattamento degli Stati Uniti, i suoi nazionali e le sue società, che garantisca loro la stessa immunità da trattamento sfavorevole (discrimination) concessa dal mandato agli Stati appartenenti alla Lega delle Nazioni e ai loro nazionali.
5° Il Governo britannico darà adeguate assicurazioni sull’eguaglianza in materia di commercio (equality of commercial opportunity). Inoltre i diritti legali già esistenti di cittadini (citizens) o società americane in Palestina dovranno essere pienamente rispettati e salvaguardati, e il trattato conterrà un opportuno provvedimento in questo senso;
5° Il Governo britannico darà adeguate assicurazioni sull’eguaglianza in materia di commercio (equality of commercial opportunity). Inoltre i diritti legali già esistenti di cittadini (citizens) o società americane in Palestina dovranno essere pienamente rispettati e salvaguardati, e il trattato conterrà un opportuno provvedimento in questo senso;
6° Il mandatario sarà responsabile della tutela dei diritti civili e religiosi di tutti gli abitanti della Palestina; del mantenimento della libertà di coscienza e del libero esercizio di tutte le forme di culto, salva la tutela dell’ordine pubblico e della moralità; della protezione degli ennti religiosi e di beneficenza di qualsiasi fede; e della conservazione degli attuali diritti e del libero accesso per i Luoghi Santi. Il Governo britannico garantirà ai missionari degli Stati Uniti il diritto di acquistare e possedere beni, di costruire edifici a scopo religioso, e di aprire scuole, purchè queste siano conformi alle leggi locali;
7° Prima di portare qualsiasi mutamento nel testo del mandato, si dovrà ottenere il consenso degli Stati Uniti;
8° Il Governo britanuico fornirà a quello degli Stati Uniti un duplicato del rapporto annuo presentato alla Lega delle Nazioni sull’amministrazione del territorio sottoposto a mandato;
9° Tutti i provvedimenti del trattato a tutela dei diritti e degli interessi degli Stati Uniti saranno applicabili ai territori posti fra il Giordano e il confine orientale della Palestina, quale verrà definitivamente segnato. (Times, 15-5- 1922). V.V.
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Il Pro-Memoria della Santa Sede per la questione del mandato in Palestina
Il Pro-Memoria della Santa Sede per la questione del mandato in Palestina
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 1, p. 31-33
15 giugno 1922
Il Pro-Memoria della Santa Sede per la questione del mandato in Palestina. - Togliamo dal Corriere d’ltalia la seguente notizia: La Santa Sede ha inviato, in data 4 giugno, al Consiglio della Società delle Nazioni un Pro-Memoria, redatto in lingua francese e del cui testo ecco l’esatta traduzione:
« La Santa Sede, però, si sente in dovere di esigere la modificazione di alcuni articoli del progetto di Balfour, e ciò nell’interesse stesso della nobile nazione inglese, la quale deve desiderare che il mandato ricevuto sulla Palestina venga esercitato pacificamente e senza turbamento del sentimento religioso. Secondo tali articoli:
a) si riconosce come istituzione di diritto pubblico una Commissione giudaica che non è poi altro che la potentissima organizzazione sionistica (art. 4);
b) tale Commissione ebraica è posta a lato dell’Amministrazione palestinese e le è attribuita una larghissima competenza anche in tutte le questioni relative “au développement du pays”;
c) degli Ebrei è favorita l’immigrazione (articolo 7) ; si ha cura di provvedere loro "un établissement compact”, dando anche terre dello Stato o incolte (art. 6); ad essi sono di preferenza affidate le costruzioni di opere pubbliche (art. 11).
« Quanto al secondo punto, va considerato con particolare attenzione l’art. 14 del progetto Balfour, il quale, in conformità dell’art. 95 del Trattato di Sèvres, istituisce “une Commission spéciale pour étudier et régler toutes les questions et réclamations rélatives aux différentes confessions religieuses”.
« In conseguenza di ciò, la Santa Sede si è già permessa di suggerire all’Ecc.mo Consiglio della Società delle Nazioni che la Commissione in parola potrebbe venire costituita dagli stessi Consoli in Terra Santa delle Potenze che fanno parte del Consiglio medesimo, lasciando a quelle Potenze che non hanno un Console in Terra Santa il diritto di nominare altra persona a far parte della Commissione.
« Dal Vaticano, 4 giugno 1922 ».
(Corriere d’Italia di Roma, 30-6-1922). M. G.
Il Pro-Memoria della Santa Sede per la questione del mandato in Palestina. - Togliamo dal Corriere d’ltalia la seguente notizia: La Santa Sede ha inviato, in data 4 giugno, al Consiglio della Società delle Nazioni un Pro-Memoria, redatto in lingua francese e del cui testo ecco l’esatta traduzione:
« In ordine al progetto per il Mandato inglese sulla Palestina, che Lord Balfour presentò al Segretariato Generale della Società delle Nazioni fin dal dicembre 1920 e che dovrà discutersi non oltre il 15 luglio p. v. in seno al Consiglio della Società delle Nazioni, si osserva quanto segue:
« La Santa Sede è ben lungi dall’opporsi alla decisione già presa dalla medesima Società delle Nazioni di affidare, cioè, il mandato sulla Palestina all’Inghilterra, del cui spirito di imparzialità essa si è spesse volte lodata.
« La Santa Sede, però, si sente in dovere di esigere la modificazione di alcuni articoli del progetto di Balfour, e ciò nell’interesse stesso della nobile nazione inglese, la quale deve desiderare che il mandato ricevuto sulla Palestina venga esercitato pacificamente e senza turbamento del sentimento religioso. Secondo tali articoli:
« l° gli Ebrei avrebbero in Palestina una posizione privilegiata e preponderante sui Cattolici e in genere sulle altre nazionalità e confessioni religiose;
« 2° i diritti delle confessioni cristiane - e specialmente della cattolica - non verrebbero sufficientemente tutelati.
« Ora, circa il primo punto, per quanto il progetto Balfour, nelle considerazioni preliminari, di fronte alla costituzione di un “National home” per gli Ebrei, garantisca che “rien ne pourra étre fait qui puisse porter préjudice aux droits civils et religieux des communautés non juives existantes en Palestine”, tuttavia, nella redazione di alcuni articoli, sembra voler stabilire una assoluta preponderanza economica, amministrativa e politica dell’elemento ebraico, a scapito delle altre nazionalità e confessioni religiose. Infatti, secondo il progetto Balfour:
a) si riconosce come istituzione di diritto pubblico una Commissione giudaica che non è poi altro che la potentissima organizzazione sionistica (art. 4);
b) tale Commissione ebraica è posta a lato dell’Amministrazione palestinese e le è attribuita una larghissima competenza anche in tutte le questioni relative “au développement du pays”;
c) degli Ebrei è favorita l’immigrazione (articolo 7) ; si ha cura di provvedere loro "un établissement compact”, dando anche terre dello Stato o incolte (art. 6); ad essi sono di preferenza affidate le costruzioni di opere pubbliche (art. 11).
« In conseguenza di ciò, il Progetto, fomentando, in vari articoli, l’assoluta preponderanza ebraica su tutte le altre popolazioni e confessioni religiose della Palestina, oltre ad apparire non poco lesivo dei diritti acquisiti dalle altre nazionalità e confessioni, non sembra neppure in tutto conforme all’art. 22 del Trattato di Versailles, il quale stabilisce la natura e lo scopo di ogni mandato. Infatti, secondo l’articolo suddetto, il mandato è una tutela che una Potenza assume di popoli, i quali non sono “encore capables de se diriger eux-mémes dans les conditions particulièrement difficiles du monde moderne”, ed ha per fine “une mission sacrée de civilisation” cioè “le bien-étre et le développement de ces peuples”. A tutto ciò verrebbe manifestamente a contraddire un mandato che fosse strumento di subordinazione dei Cattolici e delle popolazioni indigene e di confessioni religiose a vantaggio di altra nazionalità o confessione.
« Quanto al secondo punto, va considerato con particolare attenzione l’art. 14 del progetto Balfour, il quale, in conformità dell’art. 95 del Trattato di Sèvres, istituisce “une Commission spéciale pour étudier et régler toutes les questions et réclamations rélatives aux différentes confessions religieuses”.
«La Santa Sede intende dichiarare fin d’ora che non potrebbe mai ammettere che una tal Commissione si credesse in diritto di mettere in discussione le proprietà dei Santuari, i quali, nella loro quasi totalità, da parecchi secoli, anche sotto la dominazione turca, rimasero sempre in pacifico possesso dei Cattolici.
« Inoltre la Santa Sede si permette di far osservare che la Commissione, come è prevista nell’art.14 del progetto Balfour, non potrebbe giungere ad alcun risultato concreto. Infatti, dovendo in tale Commissione essere rappresentate tutte le confessioni interessate, è purtroppo da prevedere che, in seno alla medesima, si susciterà una lotta accanita, la quale avrà per risultato infallibile la coalizione di tutti i membri contro quelli della confessione che ha il possesso del Santuario eventualmente in questione, impedendo così ogni sereno giudizio.
« In conseguenza di ciò, la Santa Sede si è già permessa di suggerire all’Ecc.mo Consiglio della Società delle Nazioni che la Commissione in parola potrebbe venire costituita dagli stessi Consoli in Terra Santa delle Potenze che fanno parte del Consiglio medesimo, lasciando a quelle Potenze che non hanno un Console in Terra Santa il diritto di nominare altra persona a far parte della Commissione.
«È ben vero che, ai termini dell’art. 95 del Trattato di Sèvres, questa Commissione dovrebbe essere nominata dall’Inghilterra; ma la Santa Sede nutre fiducia che all’illuminato giudizio dell’Ecc.mo Consiglio della Società delle Nazioni, cui è riservato l’esame del progetto Balfour, apparirà necessario adottare il provvedimento ora suggerito od altro simile, perché il giudizio della Commissione suddetta abbia più sicura garanzia di serenità e di imparzialità e sia così più facilmente accolto dalle parti interessate.
« La Santa Sede, infine, non si oppone a che facciano parte della Commissione anche i rappresentanti delle varie confessioni religiose, purché però abbiano voto solamente consultivo.
« La Santa Sede, infine, non si oppone a che facciano parte della Commissione anche i rappresentanti delle varie confessioni religiose, purché però abbiano voto solamente consultivo.
« Dal Vaticano, 4 giugno 1922 ».
(Corriere d’Italia di Roma, 30-6-1922). M. G.
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 1, p. 33
15 giugno 1922
Lord Balfour, di cui sono note le favorevoli dichiarazioni fatte ai Sionisti durante la guerra e che hanno impegnato il Governo inglese, ha risposto a nome del Governo a Lord Islington. Ha ricordato le dichiarazioni del novembre 1918, dicendo che erano conformi alla politica adottata da tutti gli Alleati prima dell’armistizio, che erano state accettate dagli Stati Uniti e avevano avuto per conseguenza il consenso generale.
Malgrado l’intervento di Balfour, la Camera ha accettato la mozione di Lord Islington. (La Tribuna
di Roma, 25- 6-1922). M. G.
La Camera dei Lords contro il mandato per la Palestina. - La Camera dei Lords nella seduta del 22 giugno ha approvato con 60 voti contro 29 una mozione di Lord Islington, la quale dice che il mandato conferito alla Gran Bretagna sulla Palestina è inaccettabile nella sua forma attuale. Esso viola la promessa solenne fatta dalla Gran Bretagna alle popolazioni di Palestina con le dichiarazioni dell’ottobre 1915 e del novembre 1918 e si trova tuttora in formale contraddizione coi desiderata e coi sentimenti della grande maggioranza del popolo di Palestina. Di conseguenza la sua accettazione da parte del Consiglio della Società delle Nazioni dovrebbe essere aggiornata fino a tanto che non saranno state recate al mandato quelle modificazioni, che lo rendano conforme agli impegni solenni assunti dal Governo britannico.
Lord Balfour, di cui sono note le favorevoli dichiarazioni fatte ai Sionisti durante la guerra e che hanno impegnato il Governo inglese, ha risposto a nome del Governo a Lord Islington. Ha ricordato le dichiarazioni del novembre 1918, dicendo che erano conformi alla politica adottata da tutti gli Alleati prima dell’armistizio, che erano state accettate dagli Stati Uniti e avevano avuto per conseguenza il consenso generale.
Malgrado l’intervento di Balfour, la Camera ha accettato la mozione di Lord Islington. (La Tribuna
di Roma, 25- 6-1922). M. G.
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 1, p. 33
15 giugno 1922
Riorganizzazione amministrativa in Palestina. - I Governatorati della Palestina - scrive il corrispondente della Morning Post a Gerusalemme - erano finora i seguenti: Galilea (capoluogo Nazaret); Fenicia (capoluogo Giaffa); Samaria (Nablus); Filistea (Giaffa); Giudea (Gerusalemme); vi sono poi due distretti di 2ª classe, Bersabea e Gaza. Ora si pensa di ridurre i Governatorati a quattro, fra cui sarà uno nuovo con sede a Hebron, affidato a Mr. Abramson ex-rappresentante britannico in Transgiordania, richiamato perché la sua origine ebraica lo rendeva inviso agli Arabi. La nuova suddivisione amministrativa sarà la seguente: Galilea (Caiffa); Samaria e Tul Karam (Nablus); Gerusalemme e Giaffa (Gerusalemme); Hebron e Gaza (Hebron).
Questa sistemazione, che elimina anche alcuni apprezzati funzionari, non corrisponde alle esigenze politiche ed economiche del paese. Sarebbe più opportuno ridurre i Governatorati a tre: l° La pianura, con i distretti di Caiffa e Giaffa, che forma una unità commerciale e agricola; 2° Galilea e Nablus, unità religiosa; 3° Gerusalemme e Hebron, unità politica; con le rispettive sedi a Giaffa, Nazaret e Hebron. I Governatori dovrebbero essere scelti fra gl’Inglesi più esperti. Inutile licenziare, col pretesto di economie, funzionari di valore che non si sono dimostrati abbastanza arrendevoli verso i Sionisti, mentre non si tenta neppure di ridurre il costo enorme dell’Amministrazione Centrale. (Morning Post, 22-5-1922). V. V.
Riorganizzazione amministrativa in Palestina. - I Governatorati della Palestina - scrive il corrispondente della Morning Post a Gerusalemme - erano finora i seguenti: Galilea (capoluogo Nazaret); Fenicia (capoluogo Giaffa); Samaria (Nablus); Filistea (Giaffa); Giudea (Gerusalemme); vi sono poi due distretti di 2ª classe, Bersabea e Gaza. Ora si pensa di ridurre i Governatorati a quattro, fra cui sarà uno nuovo con sede a Hebron, affidato a Mr. Abramson ex-rappresentante britannico in Transgiordania, richiamato perché la sua origine ebraica lo rendeva inviso agli Arabi. La nuova suddivisione amministrativa sarà la seguente: Galilea (Caiffa); Samaria e Tul Karam (Nablus); Gerusalemme e Giaffa (Gerusalemme); Hebron e Gaza (Hebron).
Questa sistemazione, che elimina anche alcuni apprezzati funzionari, non corrisponde alle esigenze politiche ed economiche del paese. Sarebbe più opportuno ridurre i Governatorati a tre: l° La pianura, con i distretti di Caiffa e Giaffa, che forma una unità commerciale e agricola; 2° Galilea e Nablus, unità religiosa; 3° Gerusalemme e Hebron, unità politica; con le rispettive sedi a Giaffa, Nazaret e Hebron. I Governatori dovrebbero essere scelti fra gl’Inglesi più esperti. Inutile licenziare, col pretesto di economie, funzionari di valore che non si sono dimostrati abbastanza arrendevoli verso i Sionisti, mentre non si tenta neppure di ridurre il costo enorme dell’Amministrazione Centrale. (Morning Post, 22-5-1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 1, p. 33
15 giugno 1922
Altre notizie giunte dal Cairo dicono che i Francesi avrebbero conchiuso un trattato con Ibn Sa’ud per fornirgli armi e munizioni e per prestargli aiuto nel caso che egli fosse attaccato dal Higiaz, dalla Mesopotamia o dalla Transgiordania.
lbn Sa’ud s’impegnerebbe a combattere in tutti i modi la formazione d’una cospirazione araba sotto l’egida dell’Inghilterra, fornendo alla Francia l’aiuto delle armi, se la Siria venisse attaccata dalla Mesopotamia o dalla Transgiordania. Ad onta della loro inverosimiglianza, queste informazioni riscuotono qui un certo credito. (Temps, 7-6-1922). U. F.
Si confrontino il Times del 6-6-1922, e il Daily Herald dello stesso giorno.
Sulla situazione in Transgiordania. - Si ha da Londra: L’emiro ‘Abdallah, che governa la Transgiordania, si trova nuovamente in una situazione difficile rispetto ai Wahhàbiti. Mr. Philby, agente britannico presso l’emiro ‘Abdallah, ha proposto alle tribù del deserto la costruzione d’una strada ferrata da ‘Amman a Baghdad e ad el-Giauf; ma questa proposta è stata accolta freddamente.
Altre notizie giunte dal Cairo dicono che i Francesi avrebbero conchiuso un trattato con Ibn Sa’ud per fornirgli armi e munizioni e per prestargli aiuto nel caso che egli fosse attaccato dal Higiaz, dalla Mesopotamia o dalla Transgiordania.
lbn Sa’ud s’impegnerebbe a combattere in tutti i modi la formazione d’una cospirazione araba sotto l’egida dell’Inghilterra, fornendo alla Francia l’aiuto delle armi, se la Siria venisse attaccata dalla Mesopotamia o dalla Transgiordania. Ad onta della loro inverosimiglianza, queste informazioni riscuotono qui un certo credito. (Temps, 7-6-1922). U. F.
Si confrontino il Times del 6-6-1922, e il Daily Herald dello stesso giorno.
Cap. 69
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 1, p. 58-59
15 giugno 1922
Una Società per la Giurisprudenza ebraica. - Il settimanale Israel, di Firenze, riceve da Gerusalemme la seguente notizia:
« Col ritorno del popolo ebreo ad una vita nazionale propria, è sorto il bisogno di ricreare tutti i valori civili e tutti gli istituti e organismi di vita pubblica, senza di cui non può esistere alcun gruppo di uomini civili. Fra i problemi che si affacciano agli Ebrei di Palestina c’è quello della Legislazione ebraica. Senza un sistema giuridico nazionale che tenga conto anche dei nuovi bisogni sarebbe impossibile ricreare una vita nazionale. Dal giorno lontano in cui lo Stato ebraico cessò, le condizioni
della vita han subito trasformazioni notevoli. Ora il sistema di giurisprudenza ebraica non può esser fissato coll’adottare un qualsivoglia codice straniero, ma piuttosto cotio s\'iluppar la legge tradizionale ebraica adattandola alle necessità moderne.
« I giuristi ebrei moderni non hanno una conoscenza sufficiente delle fonti originali della legge ebraica; molti studiosi del Talmud non hanno alcuna cognizione pratica del giure moderno. È necessario superare questo abisso e raccoglier le forze dei due campi per dar vita ad una moderna legislazione ebraica.
« A tale scopo si è costituita a Gerusalemme una Società giuridica ebraica, sotto il nome di Hamishpat haibri, composta di Rabbini e di giuristi ebrei. Il Comitato direttivo è composto così: giudice Frumkin, membro della Corte d’Appello, presidente; dottori Eliash e Pen, vice-presidenti; Friedenberg, segretario.
« La Società ha deciso di iniziare uno studio storico e scientifico, di creare e dar incremento alla letteratura giuridica in ebraico, originale o tradotta, di organizzare letture e corsi di giure ebraico. Si ha in mente pure la pubblicazione di una rivista legale ebraica». (Israel, settimanale di Firenze, 18-5- 1922). N.
« Col ritorno del popolo ebreo ad una vita nazionale propria, è sorto il bisogno di ricreare tutti i valori civili e tutti gli istituti e organismi di vita pubblica, senza di cui non può esistere alcun gruppo di uomini civili. Fra i problemi che si affacciano agli Ebrei di Palestina c’è quello della Legislazione ebraica. Senza un sistema giuridico nazionale che tenga conto anche dei nuovi bisogni sarebbe impossibile ricreare una vita nazionale. Dal giorno lontano in cui lo Stato ebraico cessò, le condizioni
della vita han subito trasformazioni notevoli. Ora il sistema di giurisprudenza ebraica non può esser fissato coll’adottare un qualsivoglia codice straniero, ma piuttosto cotio s\'iluppar la legge tradizionale ebraica adattandola alle necessità moderne.
« I giuristi ebrei moderni non hanno una conoscenza sufficiente delle fonti originali della legge ebraica; molti studiosi del Talmud non hanno alcuna cognizione pratica del giure moderno. È necessario superare questo abisso e raccoglier le forze dei due campi per dar vita ad una moderna legislazione ebraica.
« A tale scopo si è costituita a Gerusalemme una Società giuridica ebraica, sotto il nome di Hamishpat haibri, composta di Rabbini e di giuristi ebrei. Il Comitato direttivo è composto così: giudice Frumkin, membro della Corte d’Appello, presidente; dottori Eliash e Pen, vice-presidenti; Friedenberg, segretario.
« La Società ha deciso di iniziare uno studio storico e scientifico, di creare e dar incremento alla letteratura giuridica in ebraico, originale o tradotta, di organizzare letture e corsi di giure ebraico. Si ha in mente pure la pubblicazione di una rivista legale ebraica». (Israel, settimanale di Firenze, 18-5- 1922). N.
cap. 70
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 1, p. 59
15 giugno 1922
Società ebraica per l’esplorazione della Palestina. - La Società Ebraica per l’esplorazione della Palestina (Jewish Palestine Exploration Society), di recente fondazione, ha già compiuto vari lavori importanti; ha scoperto il luogo dove sorgeva l’antica Sinagoga di Hamata, ove sono stati rinvenuti molti oggetti usati nel culto ebraico ed altri oggetti d’arte; ha messo in luce alcune parti del muro del Santuario, del tempo degli Erodi; ha scoperto un cimitero giudeo-ellenico del II e III secolo, e le fondamenta dell’acropoli di Erode Antipatro, Erode Agrippa II e Berenice.
La società ha ottenuto la concessione del terreno intorno al monumento detto Piramide o Obelisco di Assalonne, sul declivio occidentale del Monte degli Ulivi, ove si propone di iniziare scavi durante l’estate. Ha anche ricevuto l’autorizzazione di fare assaggi presso la piscina di Siloam, presso le rovine del muro di Neemia.
Il dotto N. Slousch, direttore della Società, giunto recentemente dall’Inghilterra, comunica che si sono già costituiti Comitati locali per aiutare la Società non solo in Palestina, ma anche in Egitto e in Francia; egli spera di fondarne anche in Inghilterra, e con l’aiuto di Sir A. Mond, suo segretario provvisorio, raccogliere 3000 sterline. (Times, 4-4- 1922). V. V.
La società ha ottenuto la concessione del terreno intorno al monumento detto Piramide o Obelisco di Assalonne, sul declivio occidentale del Monte degli Ulivi, ove si propone di iniziare scavi durante l’estate. Ha anche ricevuto l’autorizzazione di fare assaggi presso la piscina di Siloam, presso le rovine del muro di Neemia.
Il dotto N. Slousch, direttore della Società, giunto recentemente dall’Inghilterra, comunica che si sono già costituiti Comitati locali per aiutare la Società non solo in Palestina, ma anche in Egitto e in Francia; egli spera di fondarne anche in Inghilterra, e con l’aiuto di Sir A. Mond, suo segretario provvisorio, raccogliere 3000 sterline. (Times, 4-4- 1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 1, p. 59
15 giugno 1922
« Il Consiglio Supremo musulmano ha stabilito di fondare una Scuola (kulliyyah) scientifica musulmana superiore, e prega le persone colte ed erudite, gli educatori e gl’insegnanti del paese di voler comunicare per lettera le loro vedute, proposte e idee, e i frutti della loro esperienza in questo campo, al Segretario del Consiglio, Mohammed ‘Afifi. Sarà costituita una Commissione per studiare
la questione; esaminare le proposte e tracciare un programma per l’Università».
Questa iniziativa raccoglie il plauso della stampa palestinese; lo scrittore al-Hani, collaboratore del Sahah, riavvicinandola alla donazione di Faisal per l’Istituto scientifico di Baghdad, alla rinascita della fiera di ‘Ukaz, alla fondazione della Madrasat annagah al-waiayyah di Nàblus, ed allo sviluppo che prende in Oriente il movimento dei Giovani esploratori (al-kassafah), si rallegra dei progressi che
compie la cultura nel mondo arabo, e ne prende le mosse per attaccare con aspre ironie le “Potenze colonizzatrici » che vogliono la fine della civiltà orientale. (as-Sabah, arabo di Gerusalemme, 30 marzo e 3 aprile 1922). V. V.
Scuola superiore musulmana a Gerusalemme. - Il segretario del Consiglio Supremo musulmano (cfr. Oriente Moderno, I, 594-596) comunica:
« Il Consiglio Supremo musulmano ha stabilito di fondare una Scuola (kulliyyah) scientifica musulmana superiore, e prega le persone colte ed erudite, gli educatori e gl’insegnanti del paese di voler comunicare per lettera le loro vedute, proposte e idee, e i frutti della loro esperienza in questo campo, al Segretario del Consiglio, Mohammed ‘Afifi. Sarà costituita una Commissione per studiare
la questione; esaminare le proposte e tracciare un programma per l’Università».
Questa iniziativa raccoglie il plauso della stampa palestinese; lo scrittore al-Hani, collaboratore del Sahah, riavvicinandola alla donazione di Faisal per l’Istituto scientifico di Baghdad, alla rinascita della fiera di ‘Ukaz, alla fondazione della Madrasat annagah al-waiayyah di Nàblus, ed allo sviluppo che prende in Oriente il movimento dei Giovani esploratori (al-kassafah), si rallegra dei progressi che
compie la cultura nel mondo arabo, e ne prende le mosse per attaccare con aspre ironie le “Potenze colonizzatrici » che vogliono la fine della civiltà orientale. (as-Sabah, arabo di Gerusalemme, 30 marzo e 3 aprile 1922). V. V.
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 2, p. 81-82
15 luglio 1922
L’accettazione del mandato da parte del Consiglio della Società delle Nazioni dovrebbe pertanto essere aggiornato, fintantoché non siano recate al mandato le modificazioni che lo rendano perfettamente conforme agli impegni assunti dal Governo britannico.
Lord Balfour rispose a nome del Governo ricordando che le dichiarazioni del novembre 1918 erano conformi alla politica seguita da tutti gli alleati prima dell’armistizio, erano state accettate dagli Stati Uniti e avevano per conseguenza avuto il consenso universale; ma le sue osservazioni non valsero ad evitare il voto contrario della Camera dei Lordi.
Sul problema della Palestina i membri del Governo inglese hanno conferito sia con Poincaré che
con l’on. Schanzer, in occasione della loro andata a Londra.
Il Governo inglese ha preparato un libro bianco sulle trattative con la Delegazione palestinese per l’assetto della Palestina.
Palestina. - L’agitazione nel mondo arabo e cristiano per la questione della Palestina è continuata con molta vivacità. Il 22 giugno Lord Islington presentò una mozione alla Camera dei Lordi - che venne approvata con 60 voti contro 29 - con la qnale si stabilisce che il mandato conferito dalla Gran Bretagna alla Palestina è inaccettabile nella forma attuale, in quanto viola la promessa solennemente fatta dalla Gran Bretagna alla popolazione palestinese con le dichiarazioni dell’ottobre 1915 e del novembre 1918 ed è in formale contraddizione coi sentimenti della grande maggioranza del popolo palestinese.
L’accettazione del mandato da parte del Consiglio della Società delle Nazioni dovrebbe pertanto essere aggiornato, fintantoché non siano recate al mandato le modificazioni che lo rendano perfettamente conforme agli impegni assunti dal Governo britannico.
Lord Balfour rispose a nome del Governo ricordando che le dichiarazioni del novembre 1918 erano conformi alla politica seguita da tutti gli alleati prima dell’armistizio, erano state accettate dagli Stati Uniti e avevano per conseguenza avuto il consenso universale; ma le sue osservazioni non valsero ad evitare il voto contrario della Camera dei Lordi.
Sul problema della Palestina i membri del Governo inglese hanno conferito sia con Poincaré che
con l’on. Schanzer, in occasione della loro andata a Londra.
Il Governo inglese ha preparato un libro bianco sulle trattative con la Delegazione palestinese per l’assetto della Palestina.
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 2, p. 92-96
15 luglio 1922
Il voto della Camera dei Lordi contro il mandato inglese in Palestina. - Alle notizie già date nel fascicolo precedente circa il voto della Camera dei Lordi sulla mozione di Lord Islington, contraria al mandato inglese in Palestina (1), aggiungiamo i seguenti particolari. Diamo poi più sotto notizia del voto alla Camera dei Comuni, che è stato invece favorevole al mandato.
Il 21 giugno, alla Camera Alta, Lord Islington presentò il seguente ordine del giorno: « Il mandato sulla Palestina, nella sua forma attuale, non può essere accettato da questa Camera perché è in violazione diretta degli impegni presi dal Governo di S. M. verso il popolo palestinese nella dichiarazione del 15 ottobre 1918, e, quale è stato ora formulato, è contrario ai sentimenti e ai desideri della grande maggioranza del popolo palestinese; perciò il consiglio della Lega delle Nazioni dovrà rimandarne l’approvazione, fino a quando non vi siano state eseguite modifiche tali da renderlo conforme agli impegni presi dal Governo di S. M. ».
Lord Islington, svolgendo il suo ordine del giorno, dice ch’egli ha sollevato la questione per soddisfare a un desiderio largamente sentito, e che comprende l’importanza della discussione con Lord Balfour che ne seguirà.
Il suo ordine del giorno, se fosse approvato, esigerebbe la modifica del preambolo del mandato e degli art. 4, 6 e 11, che riguardano rispettivamente l’Esecutivo Sionista Palestinese, le facilitazioni da
concedersi agli immigrati ebrei, e il controllo dell’Agenzia ebraica sullo sviluppo commerciale e industriale del paese (2). Questi punti sono in contrasto con le basi del sistema dei mandati. Una volta ammesso il principio di una sede sionista in Palestina, l’altro principio di guidarne la popolazione su di una via propria dev’essere abbandonato. Egli non sente ostilità per la razza ebraica; ma finchè vi sarà in Palestina un Esecutivo Sionista, tutta l’amministrazione del paese ne risentirà indebite pressioni. L’ideale sionista è la perfretta antitesi dei principi rappresentati dal sistema dei mandati: quale è oggi, il mandato palestinese è lilla deformazione di quel sistema, perché concede un trattamento di favore ad una piccola minoranza col sostegno dell’autorità britannica, e questo è in contraddizione con tutti i nostri principi amministrativi. 25,000 Ebrei sono andati in Palestina, e solo un 1/4 ha trovato lavoro. I rimanenti hanno prodotto gravi imbarazzi, in un paese già depresso, e si son dovuti impiegare provvisoriamente in lavori temporanei. La popolazione ebraica della Palestina in passato visse in buona armonia con gli Arabi, godendo in gran parte gli stessi diritti degli altri sudditi ottomani, e mai agitandosi per il Sionismo, che molte comunità ebraiche palestinesi considerano con la stessa avversione che sentono per gl’immigrati ebrei provenienti dall'Europa orientale.
La concessione Rutenberg (3), se avrà effetto, concederà ad una comunità ebraica per molti anni larghi poteri nel campo industriale ed economico sugli Arabi. È evidente che la concessione fu data non in base ai meriti del progetto, ma in seguito ad una politica di preferenza economica per i Sionisti. Si compromettono le simpatie che vi sono sempre state fra Inghilterra ed Arabi, con una politica che, per quanti sforzi si facciano a dimostrare il contrario, altro non è che l'aperta violazione degl’impegni presi con loro. Il Parlamento non si è compromesso col Sionismo e non si è pronunciato in proposito. Il Sionismo è contrario a tutta l’odierna psicologia. La metà dei mali che affliggono oggi
il mondo sono dovuti alla violazione del concetto elementare di nazionalità. Introdurre una razza estranea in un paese di popolazione indigena e locale equivale a negare tutte le tendenze del nostro secolo, ed è un esperimento innaturale, parziale e a beneficio di terzi.
Lord Balfour, salutato da applausi, dice: « Mi sembra alquanto paradossale sostenere che quegli stessi a cui si deve l’invenzione del sistema mandatario non ne comprendano il significato. Essi hanno sempre pensato ad un mandato palestinese sulle linee generali della dichiarazione del novembre 1917 (4). Tale mandato non fu presentato inaspettatamente alle Potenze riunite a Parigi per la Conferenza della Pace, ma rappresenta una politica su cui gli Alleati e l’Associato si trovavano d’accordo fin da prima dell’armistizio e che venne accettata in America e in Inghilterra, e divulgata in tutto il mondo. Se vi fu mai una dichiarazione sostenuta dal consenso generale, fu quella del novembre 1917. Il Presidente Wilson, le cui dichiarazioni sono intimamente legate a tutta la politica dei mandati, era decisamente favorevole al programma rappresentato dal mandato in questione, che egli sostenne a Parigi per incarico del suo popolo e del suo Governo.
« Non so perchè questa Camera ha aspettato fino al 1922 per attaccare una politica iniziata nel 1917 o prima, tenuta sempre in vita, già considerata nel 1918 e 1919 ed ora posta in pratica dalle Potenze alleate e associate.
La Lega ha domandato al Governo di S. M. di continuare a dare esecuzione al sistema dei mandati. Essi non formano ancora parte del diritto internazionale; i deplorevoli ritardi frapposti al raggiungimento della pace nell’Europa orientale e in Asia hanno loro impedito di attraversare tutte le fasi richieste; ma noi stiamo nondimeno applicando la politica dei mandati, ed il Consiglio della Lega
delle Nazioni ne è informato, consente, ed approva. Poco fa l’intera questione fu discussa dal Senato degli Stati Uniti, che potè interrogare testimoni competenti e concluse all’unanimità che la politica della sede ebraica era un beneficio per il mondo. L’asserzione che le Potenze autrici del sistema dei mandati ne violino i principi mi sembra dunque paradossale e tardiva.
Vengo ad un’accusa più particolare: che non si possa fondare una sede ebraica in Palestina senza dare all’Organizzazione Sionista poteri politici sugli Arabi tali che il mandato britannico non dovrebbe concedere ad ulla razza rispetto ad un’altra. Lord Islington non ha addotto prove della verità di quest’affermazione; egli crede la dominazione ebraica sugli Arabi una conseguenza inevitabile; ora ciò non è esatto, e bisogna avere cattiva opinione del Governo inglese, di quello Palestinese nominato
dal primo, e della Commissione dei mandati alla Lega delle Nazioni, per supporli capaci di mancare a tutti gl’impegni presi e a tutti i principi sottoscritti, adoperando i poteri ricevuti dal Trattato di Pace per mettere una parte della popolazione palestinese in grado di opprimerne e dominarne un’altra. Non posso immaginare interessi politici perseguiti con maggiori salvaguardie di quelli degli Arabi palestinesi. Ogni atto del Governo palestinese sarà gelosamente osservato. All’Organizzazione Sionista non sono attribuiti poteri politici; se li assumerà, commetterà un atto di usurpazione. Vi pare concepibile cbe ciò avvenga sotto gli occhi di lince di critici come Lord Islington, e della Commissione dei Mandati, a cui spetta di vedere che il mandato sia applicato da un Governatore Generale inglese, educato a tutte le tradizioni britanniche di equità e di buon Governo?
Finalmente, oltre a tutte le salvaguardie che ho detto, vi è quella della libera critica parlamentare delle due Camere. I timori sono fantastici e non possono turbare alcun critico.
Qualunque cosa possa avvenire in Palestina, io ho assoluta fiducia che sotto il mandato britannico non sarà mai permessa alcuna forma di tirannia etnica o religiosa.
Passando ad accuse più particolari, non comprendo perché Lord Islington abbia criticato il sistema di immigrazione nel suo complesso. Nessuno può credere che la Palestina sia un paese troppo densamente popolato. Se le mie speranze non sono destinate a fallire, essa potrà mantenere una popolazione molto superiore a quella che aveva o poteva avere durante la dominazione turca, in condizioni di benessere impossibili sotto quella dominazione. La politica di immigrazione è stata studiata nel suo insieme con la massima cura, gli immigranti vengono sottoposti ad un rigidissimo esame sotto il controllo del Governo e, per quanto mi risulta, nessuno di loro è stato a carico di alcun ente pubblico dopo esser passato per il nostro controllo. lo vorrei domandare a Lord Islington, che teme di veder diminuito il benessere materiale degli Arabi, come possono cambiare le condizioni del popolo palestinese se le risorse naturali del paese non sono sfruttate da capitalisti pronti a investirvi il loro danaro? La Palestina potrà avere una popolazione più grande soltanto se verrà risvegliato l’entusiasmo delle comunità ebraiche in tutto il mondo. Esse sono disposte a contribuire largamente allo sviluppo di una sede ebraica. Qui non si tratta di una grandiosa speculazione destinata a fruttare milioni alla finanza internazionale od a commuovere le borse di Londra e di New York: è piuttosto un grande programma ideale che un progetto capace di offrire dividendi e produrre patrimoni.
Non voglio entrare nei particolari della controversia Rutenberg (5), che mi dicono sarà lungamente discussa altrove, ma posso affermare che l’intero progetto fu esaminato con spirito severamente critico dai competenti del Ministero delle Colonie, i quali riconobbern all’unanimità che l’impresa non poteva trovare un contratto migliore di quello offerto da Rutenberg. Esso fu esaminato da persone non soltanto disinteressate, ma assolutamente imparziali e pienamente competenti. Potete credermi: il progetto Rutenberg non contiene alcun indebito favoritismo; se verrà eseguito, la Palestina ne avrà vantaggi economici che non sarebbero altrimenti conseguibili. Le critiche mi hanno alquanto sorpreso, specialmente per l’affermazione che la popolazione indigena sarà posta sotto il controllo della parte della comunità ebraica interessata nel progetto Rutenberg. Ciò significherebbe, o che le ricchezze della Palestina saranno adoperate per sostenere un progetto di valore economico negativo o inadeguato, oppure che le opere idrauliche ed elettriche, una volta compiute, andranno a beneficio degli Ebrei e saranno negate agli Arabi, con favoritismi nella distribuzione degli impieghi fra gli uni e gli altri. Non posso credere che Lord Islington sia seriamente persuaso di questo.
La Palestina non è una vasta regione ove in località remote possano esistere abusi tali da sfuggire anche al Governo più vigile; anzi è tutta intera sotto la sorveglianza dei suoi funzionari. Che il grande progetto approvato dal Governo possa diventarvi strumento di oppressione mi sembra una delle accuse più fantastiche mai pronunciate. (Attenzione). La politica del Governo e degli alleati in Palestina è e sarà altamente benefica alla popolazione araba, e non vedo perchè una razza pacifica sotto i Turchi debba ostinarsi a litigare sotto di noi. (Attenzione).
Dal punto di vista materiale la politica da noi iniziata ha probabilità di successo; io la considero una soluzione parziale del vasto e durevole problema ebraico. Lord Islington dichiara di non aver pregiudizii contro gli Ebrei; io personalmente posso dire di non averne in loro favore. Ma la loro posizione nella nostra storia, i loro rapporti con la politica e le religioni mondiali, sono assolutamente unici, senza parallelo in alcun ramo della storia umana.
Considerate come sono stati trattati per secoli, quali tirannie e persecuzioni abbiano subito, quali siano le gravi colpe commesse contro di loro dai nostri padri e dall’intera organizzazione religiosa europea. Tutto questo basta a spiegare l’odio e il malvolere ebraico.
Ma non bisogna dimenticare neppure il loro contributo alla vita intellettuale, artistica, filosofica e scientifica del mondo, senza parlare della loro attività economica. Nessuno può negare che essi hanno fatto e fanno per lo meno la loro parte nella vita intellettuale. Li troverete in ogni università, in ogni centro scientifico. Mentre alcuni di loro venivano perseguitati dalla Chiesa, i loro filosofi svolgevano teorie che i grandi dottori della Chiesa incorporarono nei loro sistemi religiosi. Com’era nel Medio Evo cosi è oggi. Eppure nessuno qui può sentirsi soddisfatto della loro posizione. Con la straordinaria tenacia della razza, essi sono stati capaci di mantenere la loro continuità, e ciò senza avere una sede ebraica. In conseguenza furono detti i parassiti delle civiltà cui si sono mescolati. Comunque sia, se il mondo cristiano, non immemore delle proprie colpe, può, senza danno altrui, offrire a questa razza un’occasione di dimostrarsi capace di organizzare la sua cultura in una sede dove sarebbe al riparo dall’oppressione, non credete voi che farebbe bene ad offrirgliela?
Vi confesso francamente che, nella parte che ho avuto in questa politica, fui attirato da motivi, nessuno dei quali è stato toccato da Lord Islington nel suo discorso.
Ho tentato di difendere il progetto di mandato palestinese dal punto di vista più materiale. Oltre e al disopra di tutto ciò vi è un grande fine ideale cui mirano quanti pensano come me, ed io credo che esso sia conseguibile. Potrebbe fallire; non nego che si tratti di un rischio; ma non dobbiamo dunque arrischiare nulla, non dobbiamo tentare nessun esperimento? Se rischi od esperimenti possono essere giustificati da qualche causa, certo lo sono ora, affinchè si possa mandare in ogni paese ove la razza ebraica si trova dispersa un messaggio che dica loro come la Cristianità non sia immemore della loro sorte e del contributo da loro portato alle grandi religioni mondiali, e specialmente a quella che voi in maggioranza professate; che dica loro come noi desideriamo far del nostro meglio per dar loro ogni occasione di sviluppare in pace e tranquillità, sotto il dominio britannico, quelle grandi doti che finora, per forza di cose, furono obbligati a veder fruttificare in paesi estranei alla loro razza e ignari della loro lingua. Questo è l’ideale che desidero raggiungere e che forma la base della politica che difendo. (Applausi).
Lord Sydellbam obbietta che Ebrei influenti in Inghilterra e in America hanno dichiarato il Sionismo spiritualmente falso ed economicamente poco solido. È impossibile conciliare le diverse politiche palestinesi dell’Inghilterra, che hanno subito continue oscillazioni dal 1915 in poi. L’Inghilterra ha cinicamente mancato ai propri impegni, ed anche alla dichiarazione Balfour, che promette di rispettare i diritti civili dei Palestinesi, apertamente calpestati. Critica la concessione Rutenberg; non può credere che non si sarebbe trovato un Inglese o un Palestinese capace di assumere il contratto invece dell’Ebreo russo rivoluzionario Rutenberg. La popolazione palestinese è contraria al progetto, e dev’essere ascoltata per quel rispetto dei suoi diritti civili affermato da Balfour. Deplora il gravame che l’oppressione della Palestina rappresenta per i contribuenti inglesi, e la fine della fiducia araba nell’Inghilterra.
Seguono altri oratori che criticano vari punti del discorso Balfour; poi l’ordine del giorno di Lord Islington viene messo ai voti e approvato con 60 voti contro 29. (Times, 22-6-1922). V. V.
Note:
(1) Vedi Oriente Moderno, vol. II, fasc. 1 (giugno 1922), p. 33
(2) Si veda il testo dello schema del mandato nell'Oriente Modernoo, voI. I (1921-1922), pp. 337-340.
(2) Si veda il testo dello schema del mandato nell'Oriente Modernoo, voI. I (1921-1922), pp. 337-340.
(3) Vedi appresso pp. 97-98 e 98-103.
(4) Quella cioè sulla «sede nazionale ebraica» in Palestina.
(5) Il progetto è esposto qui avanti, p. 98-100.
(4) Quella cioè sulla «sede nazionale ebraica» in Palestina.
(5) Il progetto è esposto qui avanti, p. 98-100.
Cap. 74
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 2, p. 96
15 luglio 1922
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 2, p. 96
15 luglio 1922
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A. II, Nr. 2, p. 96-98
15 luglio 1922
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15 luglio 1922
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A. II, Nr. 2, p. 101
15 luglio 1922
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A. II, Nr. 2, p. 101-102
15 luglio 1922
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A. II, Nr. 2, p. 102
15 luglio 1922
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A. II, Nr. 2, p. 102-103
15 luglio 1922
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15 luglio 1922
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A. II, Nr. 2, p. 105
15 luglio 1922
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A. II, Nr. 2, p. 105-106
15 luglio 1922
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A. II, Nr. 2, p. 106-107
15 luglio 1922
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 2, p. 107
15 luglio 1922
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 2, p. 107-108
15 luglio 1922
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 2, p. 108
15 luglio 1922
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 2, p. 108
15 luglio 1922
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 3, p. 142-143
15 agosto 1922
Proteste siriane contro il mandato
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 3, p. 158-159
15 agosto 1922
Discussione sui mandati sulla Siria e sulla Palestina
innanzi alla Lega delle Nazioni, e loro ratifica
innanzi alla Lega delle Nazioni, e loro ratifica
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 3, p. 159-161
15 agosto 1922
Le riserve italiane e l’opinione francese
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 3, p. 161
15 agosto 1922
Dopo l’approvazione del mandato
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 3, p. 161-162
15 agosto 1922
Il mandato palestinese e le due Camere inglesi
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 3, p. 164
15 agosto 1922
Appoggio arabo ai Sionisti
- da: Oriente Moderno,
- A. II, Nr. 3, p. 166
- 15 agosto 1922
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Contro la proposta Balfour circa la Commissione per i Santuari della Terra Santa
Contro la proposta Balfour circa la Commissione per i Santuari della Terra Santa
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Memoriale presentato dalla Delegazione Siriana
alla III Assemblea generale della Società delle Nazioni
Memoriale presentato dalla Delegazione Siriana
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Provvedimenti governativi contro il minacciato boicottaggio delle elezioni per l’Assemblea legislativa
Provvedimenti governativi contro il minacciato boicottaggio delle elezioni per l’Assemblea legislativa
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Il V Congresso arabo-palestinese e gli accordi con gli altri Arabi e con tutto l’Oriente
Il V Congresso arabo-palestinese e gli accordi con gli altri Arabi e con tutto l’Oriente
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Sulla presenza dell’Emiro ’Abdallah
alla proclamazione del Mandato palestinese a Gerusalemme
Sulla presenza dell’Emiro ’Abdallah
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Progetti ferroviari fra la Palestina, la Transgiordania e la Mesopotamia
Progetti ferroviari fra la Palestina, la Transgiordania e la Mesopotamia
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Unione delle due delegazioni siriana e palestinese per la Conferenza di Losanna
Unione delle due delegazioni siriana e palestinese per la Conferenza di Losanna
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Comunicato del Governo della Mecca
sul viaggio dell’Emiro ‘Abdallah a Londra
Comunicato del Governo della Mecca
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Fuga di ‘Awdah Bu Tayih dal carcere
Fuga di ‘Awdah Bu Tayih dal carcere
da: Oriente Moderno,
A. II, Nr. 7, p. 418
15 dicembre 1922
A. II, Nr. 7, p. 418
15 dicembre 1922
as-Saba:
Bayt a-Maqdis: 9-12-1920;
Bayt a-Maqdis: 9-12-1920;
Doar hayom: 6-12-1920;
Éco Sioniste: 6-1-1922;
Haaretz
Times: 19-12-1921;
Zionist Executive Press Bureau di Gerusalemme: 9-12-1921).
Éco Sioniste: 6-1-1922;
Haaretz
Times: 19-12-1921;
Zionist Executive Press Bureau di Gerusalemme: 9-12-1921).
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