dicembre 04, 2010

La questione sionista ed il Vicino Oriente – Documentazione tratta da “L’Osservatore Romano”: 1a) Cronache dell’anno 1920.

Sinottica di «Geopolitica»
Home della «Questione sionista»
Mentre valgono le considerazioni generali già fatte per le precedenti fonti documentarie, e cioè: 1°) «Oriente Moderno»; 2°) «Le peuple juif»; 3°) «Jüdische Rundschau»; 4°) Le temps, pare qui opportuno rilevare ogni volta la casualità e imparzialità con la quale le diverse fonti si aggiungono le une alle altre, animati da una pretesa di completezza, che sappiamo difficile da raggiungere.

Fin dal sorgere della questione sionista l’«Osservatore Romano» segue con la sensibilità che le è propria i fatti nel loro divenire giorno dopo giorno, aiutandoci a capire oggi i veri nodi di una problematica, sempre più nascosta dietro l’ideologia e la propaganda. Se l’interesse religioso per i Luoghi Santi è quello prevalente nelle considerazioni della Santa Sede ed ispira la sua diplomazia e la sua geopolitica, non per questo manca la percezione di una grande ingiustizia consumata sulla pelle della popolazione indigena. Nell’accingerci allo spoglio di annate polverose di storia in Biblioteche non sempre agevoli e attrezzate, siamo certi di trovare materiale prezioso che ci aiuterà a capire meglio il nostro presente.

LA QUESTIONE SIONISTA
E IL VICINO ORIENTE
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tratta dal quotidiano “L’Osservatore Romano”

19191921

L’Osservatore Romano: 1882 - 1883 - 1884 - 1885 - 1886 - 1887 - 1888 - 1889 - 1890 - 1891 - 1892 - 1893 - 1894 - 1895 - 18996 - 1897 - 1898 - 1899 - 1900 - 1901 - 1902 - 1903 - 1904 - 1905 - 1906 - 1907 - 1908 - 1909 - 1910 - 1911 - 1912 - 1913 - 1914 - 1915 - 1916 - 1917 - 1918 - 1919 - 1920 - 1921 - 1922 - 1923 - 1924 - 1925 - 1926 - 1927 - 1928 - 1929 - 1930 - 1931 - 1932 - 1933 - 1934 - 1935 - 1936 - 1937 - 1938 - 1939 - 1940.


Sommario: Anno 1920 de “L’Osservatore Romano” → 1. La Conferenza di San Remo. Una mozione dei sionisti per l’avvenire della Palestina. – 2. Sionismo e antisionismo in Palestina. – 3. La Palestina e il Sionismo. – 4. Il programma antisionista dei Siriani in Palestina. – 5. La Palestina e il Sionismo: a) La protesta degli Arabi a Lloyd George; b) L’impressione in Francia; c) Pei diritti francesi in Oriente. – 6. Sionisti e antisionisti fra gli Israeliti. – 7. La Palestina e il Sionismo: a) Il programma del nuovo governo; b) Le dichiarazioni non sarebbero esaurienti; c) Sir Samuel dal Re. – 8. La Palestina e il Sionismo: La grave questione alla Camera dei Lords. – 9. La Palestina e il Sionismo: a) Gravi preoccupazioni; b) Un giudizio del “Morning Post”; c) Effetti della Conferenza Sionista. – 10. La Palestina e il Sionismo: a) L’entrata di Sir Samuel a Gerusalemme; b) I propositi sionisti pel risorgimento della Palestina. 11. Le condizioni della Palestina in un discorso dell’E.mo Card. Bourne al Congresso di Liverpool. – 12. Il Sionismo in Palestina. 13. Il Card. Dubois ed il Sionismo. – 14. Un pericolo. – 15. Gravi critiche e proteste. – 16. L’acquisto di terre in Palestina. – 17. Il sionismo e la Palestina: “il Principe d’Israele”. – 18. La Convenzione per la Siria e la Palestina.→ Sommario 1921.

Serie Periodici 1921 = a: Oriente Moderno; b: Le peuple juif; c: Jüdische Rundschau; d: Le Temps; e: L’Osservatore Romano; f: La Documentation Catholique; g: La Rassegna Italiana; h: La Correspondance d’Orient; i: Le Figaro; j: Journal des débats; k: Journal de Genève; l: Gazette de Lausanne; m: La Vita Italiana; n: La Stampa; o: El Sol; p: El Siglo futuro; q: Alrededor del Mundo; r: New York Tribune; s: Evening Public Ledger; t: The Sidney Morning Herald; u: Luxemburger Wort; v: Escher Tageblatt; w: The Evening Post; x: The Ashburton Guardian; y: La Civiltà Cattolica; z: Miscellanea.

Serie Periodici 1920 = a: L’Osservatore Romano; b: La Stampa; z: Miscellanea.

TopCap. 1a2a → § 1a

La Conferenza di San Remo.
Una mozione dei sionisti per l’avvenire della Palestina.

da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 96, p. 1
21 Aprile 1920, Mercoledi

BRUXELLES, 19 (S). – I delegati dei gruppi e circoli sionisti del Belgio riuniti in assemblea straordinaria hanno approvato e inviato a Lloyd George a San Remo una mozione, la quale dice:
In vista delle prossime sedute del Consiglio Supremo che si occuperà dell’Impero turco, la Federazione dei sionisti del Belgio esprime la sua convinzione che è urgente regolare definitivamente l’avvenire politico della Palestina e affidarne il mandato alla Gran Bretagna sotto il controllo della Società delle Nazioni, affinché la restaurazione della Palestina come ente nazionale ebraico possa compiersi senza ulteriori dilazioni, conformemente agli impegni assunti verso il popolo ebreo dalla Gran Bretagna, dall’Italia e dalle altre potenze alleate sostenute dagli Stati Uniti e conformemente infine alla ardente ed irresistibile volontà dell’intero popolo ebreo.
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Top 1aCap. 2a3a → § 2a

Sionismo e antisionismo in Palestina

da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 137, p. 1
9 Giugno 1920, Mercoledi

(Nostra corrispondenza particolare). GIAFFA, 28 maggio 1920. – Nella prima metà di maggio si procedette alla nomina del nuovo Consiglio municipale di Gerusalemme. Il nuovo Consiglio della Città Santa si compone di sei persone: Ragheb bey Nasciascibi, mussulmano, è capo del Municipio; Levi, sionista, direttore della Anglo Palestina Bank, è primo vice-presidente; Fakub Farag, greco, è secondo vice-presidente; Iellin, sionista; Husseni, mussulmano; Albina, latino, sono i consiglieri.

Un giornale ebreo di qui annunzia che Sir Herbert Samuel, già Ministro inglese, ebreo, il quale ha visitato la Palestina nel mese di marzo di quest’anno, è stato nominato Governatore Generale della Palestina. Lo stesso giornale racconta che in cinque villaggi situati fra Safed e Sur, sono stati massacrati molti cristiani maroniti e greci. Il numero delle vittime tra i morti e i feriti arriverebbe a circa seicento. È certo che nella popolazione serpeggia molto malumore contro il governo mandatario e contro gli europei. Specialmente i mussulmani indigeni sono indignatissimi per vedere che la loro patria viene data agli ebrei; e non potendo vendicarsi direttamente col Governo, su cui fanno ricadere la responsabilità di questo stato di cose, se la prendono coi cristiani del paese che vorrebbero sterminare. Ai mussulmani si uniscono qua e là i beduini e insieme tentano delle rivolte e fanno massacri di cristiani.

Le regioni finora più colpite da questi massacri sono la Fenicia e la diocesi di Sidone. Qualche cosa si è tentato anche in Galilea, a Nazareth; ma il pronto accorrere delle truppe francesi e inglesi ha subito domato l’insurrezione. La carestia rende ancor più disastrose queste gravi turbolenze politiche.

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Top 2aCap. 3a4a → § 3a

La Palestina e il sionismo

da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 143, p. 1
16 Giugno 1920, Mercoledi

È noto che sebbene la Palestina dal punto di vista e storico e geografico ed economico faccia parte della Siria, il Consiglio Supremo degli Alleati, l’abbia, a San Remo, affidata al governo dell’Inghilterra quale mandataria della futura Società delle Nazioni. Ora, partendo da questa decisione tanto, del resto, ancor vicina a noi, Roger Lambelin, scrive nel fascicolo del 25 maggio u.s. de «Le correspondent» un interessante articolo su «la Palestina e il sionismo visto da vicino» che merita di essere conosciuto sia pure attraverso un breve ma esatto riassunto.

Politica pericolosa

Il brillante scrittore ha osservato a tale proposito come le autorità inglesi, in quella terra che fu per secoli il sospiro del mondo cristiano ed oggi ne ha ridestato l’attenzione più sollecita, spieghino una loro particolare politica atta indubbiamente a facilitare il sogno israelitico della più o meno prossima ricostituzione di uno stato israelitico sulle rive del Giordano.

È di Lord Balfour una lettera in data dell’8 novembre 1917 a Lord Rotschild in cui si prometteva la istituzione in Gerusalemme di un «Foyer national juif»; sono del generale Bols alcune dichiarazioni al giornale «Mirat el Clark» donde traspare chiaramente come da certe norme amministrative e politiche applicate in Palestina, gli israeliti riescano facilitati nei loro disegni; e finalmente sono di Sir Herbert Samuel – un ebreo inglese, incaricato di un’inchiesta sulla situazione in terra santa – le conclusioni dichiaranti «superficiale l’opposizione islamico-cristiana contro il sionismo». E posto in rapporto con questi precedenti – a cui si aggiungono la nomina dello stesso Samuel a nuovo governatore inglese nella Terra Santa – il rigore con cui si ostacola l’entrata in Palestina di studiosi e missionari cattolici e la facilità con cui vi possono invece accedere gli ebrei, l’autore dell’articolo non si meraviglia che sotto gli occhi delle autorità inglesi l’antico sogno giudaico speri e si prepari a tradursi in realtà.

I precedenti

Rievocata pertanto la storia dello spirito e del movimento sionista fin da quando distrutto il tempio e interdetti gli ebrei di vivere a Gerusalemme si dispersero per tutto l’impero romano godendovi di una larga tolleranza e la quasi personalità di nazione autonoma; per tentare una prima prova sotto Giuliano l’apostata, allorquando si pensò di ricostruire il tempio, mentre sembrava rovinasse il Cristianesimo, il Lambelin ricorda il lento, tenace, progressivo risorgere del pensiero e della organizzazione ebraica, dopo i duri anni delle peregrinazioni israelitiche attraverso il mondo nell’età di mezzo, fino al secolo decimottavo in cui tentano gli ebrei di forzare il passo nel campo politico, per cui parve più tardi un trionfo della razza la nomina di Beniamino Disraeli, divenuto conte di Beaconsfield, a primo ministro della Regina Vittoria, uno degli arbitri della situazione europea al trattato di Berlino, e campione dell’imperialismo britannico.

E poi la vitalità sionistica nelle comunità russe, rumene e ungheresi, e il sogno di teodoro Herzl che vuole organizzare lo stato modello ebraico, se non in Palestina, sotto il dominio mussulmano, altrove, in una terra nuova, fosse pure nell’Uganda offerta dagli inglesi; e infine allo scoppiare della guerra mondiale le risorte speranze che restano affidate all’abilità di uomini politici ebrei e dei grandi banchieri israeliti, quando l’alta banca di oltre mare è chiamata in aiuto alla lotta immane. La promessa succitata del governo inglese al Rotschild è l’esponente ultimo di questa silenziosa ed operosa attesa, il primo di un’attività che si prepara ad affermarsi in piena luce: certo essa commuove e scuote profondamente tutto il mondo israelita: il corpo dei volontari che partecipò all’occupazione della Palestina con l’esercito inglese sotto gli occhi del generale Allenby, s’innalza già dinnanzi a tutta la razza al valore di una armata liberatrice e redentrice: e via via, gli entusiasmi e gli spiriti si accendono così che un giornale sionista finisce per attribuire al Cardinale Dubois, salutante in Terra Santa, i figli di tutte le razze e di tutte le religioni che combatterono per la causa del diritto e della libertà, queste ben altre parole: «Se l’Intesa è riuscita vittoriosa lo deve agli ebrei, che dall’inizio sino alla fine della guerra, hanno versato il loro sangue per la causa degli Alleati e la sostennero con tutte le loro forze!»

È su questo sfondo così significativo che l’articolo di «Le correspondent» passa all’esame dei fatti più sintomatici.

L’invasione sistematica

Appena conchiuso l’armisticio con la Turchia, numerosi ebrei giungono in Palestina proprio quando si pronuncia un ammutinamento di soldati israeliti che i sionisti riescono a sottrarre alla giurisdizione della Corte Marziale. Essi si credono già padroni in casa propria. Ma frattanto i dodici o quindicimila ebrei che sbarcano in fretta nella Terra Santa, si espongono a morire di famne e di stenti, senza trovarvi tetto e lavoro; ciò che pone sull’avviso l’autorità britannica e la federazione sionista, e provoca un piano più prudente di penetrazione.

Un Comitato fornito di capitali considerevoli compera o affitta tutte le abitazioni disponibili in Gerusalemme e nei dintorni, le aree fabbricabili, senza discuterne il prezzo; mentre nelle campagne ove, in seguito alla guerra, molti agricoltori s’erano immiseriti nei debiti, acquista terre da lavoro e piantagioni di olivi.

In tal modo è possibile iniziare un’immigrazione ebraica dall’Europa centrale offrendo un tetto e del lavoro e quella lenta e metodica invasione cui non può mancare il successo.

Contemporaneamente si mira ad impossessarsi delle cariche ed uffici pubblici: il mezzo, per non allarmare i cristiani ed i mussulmani che ne debbono essere eliminati ed esclusi, è ingegnoso: le paghe dei bassi funzionari sono misere, insufficienti. Le autorità decidono di non aumentarle, e il Comitato Sionista d’incarica di raddoppiarle ai propri correligionari. È così che gli ebrei occupano quasi tutti gli uffici delle ferrovie, delle poste e della polizia!

Quanto ai commercianti israeliti trovano denaro a prestito al tre per cento nelle banche anglo-israelitiche, ove gli altri pagano interessi del dieci o dodici. È per ciò che la Agenzia del Credito Lionese a Gerusalemme, chiusa durante la guerra, non può riaprirsi che quando già vi funzionano le succursali della Anglo-Egiziana, la Nazionale, e le banche ebree.

Frattanto – nota il Lambelin – gli ebrei piangenti il venerdì sulle rovine del tempio si fanno sempre più rari, come se fosse superfluo ormai implorare dal cielo la restaurazione del regno di Israele. Le dichiarazioni, adunque del generale Bols, sulle garanzie che il reggimento attuale in Palestina può dare contro ogni possibilità di preferenza di razza o di religione, sono infirmate dai fatti. D’altronde se è vero che non «si permetterà di vendere i propri beni se non in caso di necessità, è vero altresì che questi casi di necessità sono pressochè generali nella miseria che la guerra ha prodotto e il passaggio così delle proprietà in mano degli ebrei si effettua su larghissima scala: come, se è vero che all’infuori e contro l’affermata intenzione di creare un governo ebreo nel Paese, si intende farlo governare da tutti i suoi figli, quando tutto ciò potrà avverarsi i nuovi suoi figli saranno dati dall’immigrazione e pemetrazione civile e politica ebraica nell’elemento cristiano e mussulmano stremato e sommerso!

La nazione minacciosa

Nessuna meraviglia pertanto se pure fra le miti e pazienti popolazioni della Palestin, s’alzi un allarme e si pronunci una reazione contro una razza che in proporzione di uno a sei intende erigersi al dominio e all’annientamento delle altre.

L’associazione islamico-cristiana il 26 gennaio a Naplouse, presenti i notabili del Paese decise il boicottaggio completo degli ebrei, proporzionato alle loro pretese: l’acquisto da parte di «israeliti di un vasto possedimento di Djemal Pascià, confiscato durante la guerra, produsse tale emozione, che le note dichiarazioni del generale Bols non valsero naturalmente a calmare. Memori delle parole di Wilson al Senato Americano del 17 dicembre 1917 in cui si proclamava il diritto d’ogni popolo a provvedere alla propria esistenza, gli abitanti della Palestina, sorretti dai propri capi intensificarono l’agitazione.

L’Associazione, presiduta da Aref Pascià El Dazani, indice per 27 febbraio pubblici comizi in tutte le città. Quello di Gerusalemme riesce imponente; vi prendono parte più di diecimila persone che percorsero in pacifico corteo la città santa e i loro delegati rimettono al governatore ed ai rappresentanti delle potenze copie d’una protesta nella quale affermano che la Palestina non può essere lacerata da una guerra civile «che farebbe rosseggiare le acque del Giordano»: essa dopo aver votati i suoi figli alla causa degli alleati e di averli veduti vincitori in Siria sotto la bandiera dell’esercito arabo, «non può essere ricompensata con la pena di morte».

«Come si può – dice letteralmente la protesta – permettere agli ebrei che non formano il sette per cento della popolazione e i cui beni non costituiscono che una minima parte della proprietà immobiliare del Paese, di divenire senza il minimo diritto padroni del territorio?». A Betlemme, gli abitanti, tutti cristiani, latini o greci, organizzarono pure una simile manifestazione di pacifica protesta: a Giaffa chiusi i fondachi e le botteghe, la popolazione dopo di essersi raccolta nelle rispettive chiese cristiana e musulmana, si recò in massa, capeggiata dai propri notabili dal governatore. Il Mufti presentò a Staton Pascià una protesta scritta contro l’invasione ebraica e alla Conferenza degli alleati venne spedito un telegramma in cui si afferma che quanto avviene in Palestina è una macchia per la civiltà occidentale.

Il maresciallo Bols, il Maresciallo Allenby, tutte le autorità britanniche, ben conoscendo il mite carattere delle popolazioni non si lasciarono impressionare troppo; tutto finì nell’inchiesta di quell’israelita Samuel, che giudicò un movimento addirittura superficiale tale esplosione pacifica si, ma sincera ed energica, di proteste. E fu un errore: perché si ebbe tosto la necessità di proclamare la legge marziale, di far intervenire le truppe inglesi, stabilire la censura, e ben presto contare duecento cinquanta vittime nei moti sanguinosi che ne seguirono.

Occorre provvedere

Cristiani e musulmani di Palestina fanno ormai causa comune contro il comune pericolo, per la salvezza comune. Occorre, secondo l’articolista, mutare e subito politica, malgrado che in ciò il governo britannico, sembri non voler abbandonare una decisione irrevocabile. Eppure all’errore politico evidente e palmare si unisce la assoluta impossibilità pratica di veder risorgere in Palestina uno stato giudaico.

Nello «Spectator» un inglese imparziale Lord Lydenham of Combe ha dimostrato in un limpido studio, riprodotto daa l’Egytian Gazette del 28 febbraio 1920, le aspirazioni del Sionismo e i danni che ne sarebbero l’inevitabile conseguenza. La popolazione della Palestina – egli osserva – comprende circa 515.000 mussulmani, 65.000 ebrei, 63.000 cristiani. L’idea di importare un popolo senza territorio in un territorio senza popolo può essere seducente ma impossibile laggiù; pur migliorando le condizioni dell’agricoltura e delle vita, con enormi lavori e riforme, le plaghe coltivabili e redditizie della Palestina basterebbero appena per dar nutrimento a un milione e mezzo di abitanti al massimo. E i sionisti vorrebbero nella loro fantasia importarvi da sei a sette milioni di ebrei!

Bisognerebbe sbarazzarsi, secondo il tenenete colonnello Patterson comandante del battaglione Giudaico di tutti gli Arabi e Siriani, con espropri forzati e trapiantandoli altrove!

Per cui Roger Lambelin conchiude insistendo perchè non sia detta su questo gravissimo argomento l’ultima parola; non è possibile che la Palestina sia stata liberata dai turchi per abbandonarla al sionismo, «generatore del bolscevismo e dell’anarchia»: non è possibile che laddove un soldato inglese, un soldato italiano, un soldato francese montano la guardia al Santo Sepolcro, siano d’ora innanzi sostituiti da soldati ebrei di sentinella alla tomba del Redentore. L’Inghilterra deve saper provvedere: per opporsi al Sionismo, per la pacificazione del vicino Oriente, la ragione, la storia, l’esperienza s’accordano appieno con il sentimento cristiano.

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Top 3aCap. 4a ↓ 4a → § 4a

Il programma antisionista
dei Siriani in Palestina

da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 144, p. 1
17 Giugno 1920, Giovedi

PARIGI, 16. – L’attenzione dei nostri Circoli più favorevoli ad una politica di pacificazione e di equilibrio in Oriente continua ad essere preoccupata della questione sionistica. I centri dirigenti ebraici non nascondono più le loro precise intenzioni in Palestina: essi proclamano il proprio diritto all’egemonia contro gli arabi, che essi giudicano gente inferiore e contro i cristiani e cattolici contro la cui fede, mantengono l’ostilità secolare, manifestando così quale sarebbe lo stato della Terra Santa, se dovesse giacere sotto una simile egemonia.

Di fronte a queste provocatrici manifestazioni, che si vantano del favore inglese, il Congresso di Damasco, di cui si hanno oggi più precise notizie costituisce più che una risposta minacciosa, una dichiarazione di guerra. Vi hanno partecipato le rappresentanze di tutte le regioni siriane; i delegati del Comitato di difesa nazionale; i delegati del Partito della Indipendenza Araba; della Unione siriana; del Patto siriano; del Patto mesopotamico; i capi tribù dello Hauran, della Circassia, delle regioni siriane costiere; gli ulema di Damasco; gli studenti, i sodalizi e i sindacati intellettuali, ecc.

Questa che si può considerare una vera e propria assemblea nazionale ha deliberato la lotta contro il sionismo, sulle sequenti dichiarazioni di principio:
  • che la nazione siriana riafferma essere la Palestina parte integrante ed indivisibile della Siria e che essa intende difendere con tutti i mezzi l’unità della patria siriana;
  • che gli abitanti della Siria del nord e del litorale considerano il sionismo come una grave minaccia alla loro esistenza politica. In tali condizioni di cose essi respingono il sionismo e lo condannano come lo respinsero e condannarono innanzi alla commissione di inchiesta americana;
  • che gli abitanti della Siria del nord e del litorale si uniscono al congresso palestinese nel respingere ogni governo indigeno che si vada a costituire prima che i voti presentati alla Commissione americana siano accolti e cioè la unione di tutta la Siria; ed il divieto della immigrazione sionista in Terra Santa.
Il congresso non si è però accontentato di proclamare questi principii, ma ha deciso di opporsi con tutti i mezzi possibili alla immigrazione ebraica.

Le conclusioni di questo Congresso, che dopo i gravi moti che turbarono i principali centri di Palestina contro il sionismo, è manifestazione impressionante di una volontà decisa a resistere malgrado la legge marziale e la vigorosa vigilanza delle autorità inglesi, furono presentate ad Hachem al Atani Presidente del Consiglio di Damasco. Egli rispose rassicurando i delegati annunciando che «le trattative si svolgono tra il re Husseim dello Heggiaze Sir Mac Mahon in rappresentanza del Governo britannico. In ogni modo essendo la Palestina compresa nel programma nazionale arabo qualunque accordo fra Inghilterra e Sionisti, in contrasto con questi principî e con questi legittimi interessi dei cristiano mussulmani palestinesi, sarebbe dal Governo senz’altro respinto».

Anche Faysal cui si presentarono i delegati del Congresso per comunicargliene i voti, fu più esplicito che per l’addietro. Infatti prima delle note dichiarazioni di Balfour quando ancora il sionismo sembrava voler rivendicare agli ebrei palestinesi la semplice libertà di azione economica e politica, Faysal fece in riguardo al nuovo movimento dichiarazioni piuttosto conciliative. Ma gli elementi pan-arabici di Damasco ebbero occasione fin da allora di avvertirlo del nuovo pericolo sionista invocando a più riprese un suo energico interevento contro coloro che venivano ad infrangere la unità della patria.

I fatti gli hanno dimostrato che [di fronte a] una conciliazione fra gli aperti e irriducibili disegni egemonici dei sionisti e la grave reazione islamico-cristiana che culmina nella assise di Damasco, non vi è luogo a intese ed a conciliazioni. La sua simpatia, quindi, per la causa indigena è un nuovo elemento di influenza e di forza che essa si è potuto accaparrare.

Tanto qui come in America, per quanto abbiamo da recentissime informazioni, la nazione antisionista pronunciatasi con tanto fervore e con promettenti successi è accolta con fiducia specialmente per quanto riguarda la possibilità di una più prudente politica da parte dell’Inghilterra in Oriente.

Giacchè nel turbamento profondo in cui si agita oscuramente il mondo mussulmano dopo le conseguenze della guerra in Turchia e a Costantinopoli, quanto avviene in Palestina non può che inasprire gli animi e persuaderli che si persegua un programma anti-islamico, con tutti i mezzi, compreso quello di incoraggiare in Siria le mire sionistiche.

La risposta di Faysal
al Congresso pan-siriano

Colasanti, telegrafa dal Cairo al «Messaggero», una interessante corrispondenza sul Congresso pan-siriano di Damasco. A conferma delle informazioni che ci giungono da Parigi vi leggiamo una interessante notizia a proposito della risposta data da Feysal ad una delegazione palestinese. Essa conferma le parole rivolte dai delegati del Congresso ad al Atani:

«Io resto fedele ai miei impegni in difesa della palestina –. Ritengo che un “foyer” ebraico in Terra Santa sia un grave danno per tutta la Siria; giacchè la Palestina è araba e non ebrea. Gli arabi hanno in Europa un loro rappresentante, Mohammed Rustour Haidar; ed io voglio sperare ch’egli non accetti mai nè il distacco della Palestina dalla Siria, nè un “foyer” giudaico in quella regione».

L’impressione generale è – continua il Colasanti – che Feysal – un po’ compromesso in pro del sionismo – cerchi ora una qualsiasi via di uscita di fronte alla levata di scudi che in tutta la Siria si verifica. Altra contatazione è questa: in un momento in cui le differenze e le diffidenze religiose tra i cristiani e mussulmani erano state felicemente superate per diretta iniziativa degli stessi elementi indigeni, nel cuore dell’Oriente si va trapiantando – col Sionismo – tutto un groviglio di nuovi contrasti».

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Top 4a ↑ Cap. 5a ↓ 6a → § 5a

La Palestina e il Sionismo : a) La protesta degli Arabi a Lloyd George;
b) L’impressione in Francia; c) Pei diritti francesi in Oriente.

da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 147, p. 1
20 Giugno 1920, Domenica

a.
La protesta degli Arabi a Lloyd George.


LONDRA, 19. – È stata rimessa a Lloyd George una protesta a lui indirizzata dai Comitati Arabi di Gerusalemme contro la minaccia sionistica. La protesta consiste in un indirizzo rivolto al Primo Ministro britannico in persona da cui si ha la precisa sensazione della decisa volontà degli arabi di opporsi con ogni loro mezzo e non secondi in questo a nessun’altra razza alla egemonia ebraica.

Vi si afferma infatti che la decisione della Conferenza di San Remo riguardante in genere i paesi arabi e specialmente la Palestina, è per gli arabi una sentenza di lenta morte, a cui sarebbe da preferire la condanna ad una morte immediata che ne abbrevierebbe almeno tutti i dolori. Gli estensori della protesta non sanno di aver recato danno alcuno alla civiltà ed alla causa degli alleati perchè debbano meritare una punizione tanto crudele.

La trasformazione della Palestina in uno Stato nazionale per gli ebrei sarebbe sorgente di grandi turbamenti e di gravi calamità, per la terra in cui i profeti vissero e nella quale Gesù Cristo nacque e fu crocefisso. Si ricorda che alcuni moti sono già scoppiati in parecchie città e soprattutto in Gerusalemme nella infausta giornata del 4 aprile u.s. Gli arabi affermano che la responsabilità di ciò non spetta ad essi ma al governo; gli arabi difendono i loro diritti e la loro nazionalità. Essi si appellano al giudizio della storia che biasimerà i conculcatori della loro nazione.

La protesta ha dei passi incisivi e commoventi secondo il fervido stile orientale.

«Se voi, nei vostri congressi avete deciso di portare a compimento tale disegno, non avreste dovuto illuderci con speranza alcuna, inviandoci quella Commissione americana che vi riportò i nostri desiderata. Noi non abbiamo mai chiesto a quella Commissione di fare della Terra Natale di Cristo e dei Profeti una Terra Nazionale per i figli d’Israele.

«Se voi poi fate questo come compresi della nostra Alleanza con voi, i nostri figli certamente vi giudicheranno come meritate; se questa è invece la punizione per i delitti, da noi commessi, noi crediamo che l’unico nostro delitto sia quello di esserci sollevati quando Voi ce lo richiedeste, di essere stati vostri alleati, di aver combattuto al vostro fianco per riconquistare la nostra indipendenza perduta. Ma se noi abbiamo commesso tale delitto, ciò fu perchè ci siamo fidati delle dichiarazioni della Francia e dell’Inghilterra, colle quali esse proclamarono che le Nazioni liberate sarebbero state arbitre del proprio avvenire e della propria forma di Governo».

L’indirizzo si chiude avvertendo che esso vuol essere una formale protesta dei Comitati Arabi di Gerusalemme contro la decisione della Conferenza di San Remo e che la Nazione Araba intende con essa declinare tutte le responsabilità di quanto potrà accadere se cadrà inascolatata.

Si rassicura che la protesta della nazionalità araba, la quale giunge dopo i voti del Congresso di Damasco e dei numerosi agitati comizi in tutta la Palestina non ha mancato di produrre una certa impressione in questi Circoli politici e governativi anche per la sua insolita forma vibrata e quasi aggressiva che manifesta uno stato d’animo poco rassicurante nelle popolazioni mussulmane.

b.
L’impressione in Francia

PARIGI, 19. – Giunge qui notizia di una protesta dei Comitati Arabi di Gerusalemme al Primo Ministro Inglese contro le decisioni della Conferenza di San Remo nei riguardi del sionismo in Palestina.

La protesta che tali decisioni si risolvono in una sentenza mortale per la nazionalità araba, la quale non ha delitti da scontare dopo la sua fedele cooperazione alla causa degli Alleati in Oriente; mentre si meritava considerazione e gratitudine, ben diversi ne dovevano essere gli effetti.

Particolare impressione ha qui prodotto però un passo dell’indirizzo in cui con l’Inghilterra si chiama in causa la Francia che si unì alla politica britannica quando si trattò di determinare gli arabi a far causa comune con gli Alleati sul principio del pieno arbitrio delle Nazioni liberate a decidere della propria sorte e del proprio governo. È infatti la prima volta che la Francia viene così nominativamente resa corresponsabile della politica inglese in Palestina, mentre è noto che l’Inghilterra agisce sola quale mandataria del Consiglio della Lega delle Nazioni.

Ciò sembra giustificare tutto un notevole movimento nella stampa e nella politica, volto a far sì che la Francia non resti completamente assente a quanto avviene in Palestina, in modo così poco coerente ai principii comuni agli Alleati nella loro politica di guerra in Oriente e con i quali appare in aperti contrasto la politica di pace della potenza che ora li rappresenta in Palestina.

c.
Pei diritti francesi in Oriente

PARIGI, 18. – L’altra sera sotto la presidenza del grande esploratore francese M. G. Bouvalot, presidente del Comitato Duplex, M. Saint-Yves ha parlato nella sala di Geografia, dinnanzi a gran folla sui diritti della Francia in Oriente e soprattutto nella Siria, ove la politica inglese, sta sottraendo quelle terre e quelle popolazioni al naturale e secolare protettorato francese.

Un’altra eco autorevole delle condizioni anormali in cui si vengono a trovare le popolazioni cristiane, non meno di quelle mussulmane, per l’orientamento della politica inglese in Oriente, l’avevamo avuta alla Commissione degli affari esteri ed alla Camera da parte di M. Leail deputato di Lione, che ha ripetuto pure alla sala di Geografia la sua requisitoria contro la intollerabile acquiescenza contro quanto avviene in Oriente, auspice la vicina potenza alleata, dopo il Convegno di San Remo.

Il valoroso deputato fra entusiastici applausi ha affermato che porterà ancora la questione alla Camera e combatterà fino all’ultimo per una cuasa sì grave per gli interessi francesi. Egli giudica che nulla vi può essere di definitivo circa l’Oriente e che tutto si possa in tempo riparare, giacchè i primi accordi di M. Briand non possono invocarsi perchè conseguenze di trattative segrete che egli non conosceva, mentre le decisioni della Conferenza di San Remo sono contrarie alle promesse fatte dall’Inghilterra allo stesso Briand.

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Top 5a ↑ Cap. 6a ↓ 7a → § 6a

Sionisti ed antisionisti fra gli Israeliti

da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 148, p. 1
21-22 Giugno 1920,
Lunedi-Martedi

Il senatore Francesco Ruffini scrive un articolo sul Sionismo, in cui dove di averne fatto la storia fino ai deliberati di san Remo e al «national home» per gli ebrei, ha notizie interessanti circa i contrasti che fra gli stessi israeliti vanno sorgendo circa la possibilità di fondare in Palestina il nuovo Stato Ebraico. L’esultanza infatti del mondo sionistico, per la determinazione degli alleati e della compiacente politica inglese, non impedisce agli israeliti di comprendere come il tratto di via che loro rimane è il più scabroso e il più pericoloso.

«La Palestina non è certo ora, né sarà forse mai – scrive adunque il Ruffini – in condizione di ospitare i quattordici o quindi milioni di israeliti, che ci sono, dispersi un po’ dappertutto, nel mondo. Tre o quattro milioni al più vi potranno capire. – (No, veramente, molto meno; competenti inglesi affermano che la Palestina non può nutrire più di un milione e mezzo di abitanti, e vi sono già – almenoché non debbano essere deportati – 500.000 musulmani e oltre 60.000 cristiani. N.d.R.) – Quindi, se anche i Sionisti e i Filo-sionisti non lo avessero già gridato le mille volte e in tutti i toni per calmare le timorose apprensioni di quegli Israeliti, i cosidetti assimilatori», che si trovano bene dove sono e come sono; dovrebbe bastare questo dato a rassicurarli, che nessuno vorrà o potrà mai trasportarli a forza e inquadarli nel futuro Stato palestiniano. Questo non sarà bastante neppur eper i cinque o sei milioni che gemono e fremono nell’Oriente europeo.

Ma vi sarebbero altresì ragioni ideali di opposizione. L’articolo infatti continua:

«Il punto di resistenza è altrove, ed ha radice, bisogna riconoscerlo, in sentimenti ben più degni e più plausibili. Si tratta della apprensione di quegli Israeliti di Occidente, i quali hanno rinunciato al Giudaesimo, in quanto nazione, e temono che la costituzione di un centro nazionale israelitico in Palestina possa recare pregiudizio alle loro conquiste politiche e religiose in quei paesi, in quelle patrie, che li accolsero come cittadini con pienezza di diritti. Il loro timore va anzi più in là. In una sua lettera ad Israel Zangwill, scriveva Luciano Wolff, che difficilmente il nuovo Stato avrebbe potuto evitare di assumere una impronta teocratica, il che sarebbe stato un deplorevole effetto.

«È certo che difficoltà enormi si adergono alche dalla parte dell’Oriente angariato. Dei cui spiriti ci può dare una sufficiente idea questo solo scampolo del più grande dei pensatori israelitici viventi, il russo Asher Ginzberg: “Oggi, s’io voglio distogliere lo sguardo per un istante dalla stoltezza, dalla bassezza, dalla miseria che mi circonda in queste terre russe, se voglio passare il confine per confortare l’anima stanca nella contemplazione della felicità dei fratelli d’Occidente, professori, accademici, generali e ministri, anche là, nonostante la gloria e la grandezza, io trovo una duplice schiavitù: morale ed intellettuale. E mi domando: devo io invidiare la loro libertà? E rispondo: No! Io, se non posseggo diritti civili e politici, ho ancora la mia anima pura, che è mia e che non ho venduto: io posso gridare che amo i miei fratelli in qualunque luogo essi siano, senza essere costretto a cercare scuse od attenuanti a questo mio amore».

Era interessante, per la cronaca, conoscere tutto ciò.

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La Palestina e il Sionismo

da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 149, p. 1
Mercoledi, 23 Giugno 1920,

a.

Il programma del nuovo Governatore

LONDRA, 20 giugno 1920 - Sir Herbert Samuel, in procinto di partire per assumere il suo posto di Alto Commissario per la Palestina, ha fatto alla stampa la seguente dichiarazione:

“E’ un grave compito il dover collaborare alla sistemazione e ricostituzione della Terra Santa. L’ho accettato tuttavia volentieri. Appena giunto in Palestina io farò una pubblica dichiarazione particolareggiata circa la mia azione politica. Intanto io desidero esporre i generali principi che saranno adottati dall’Amministrazione.

Verrà mantenuta in Palestina una completa libertà religiosa. I luoghi sacri alle grandi religioni rimarranno sotto il controllo degli aderenti a tali religioni. Verrà immediatamente stabilita una civile amministrazione per il paese. Nei gradi più elevati saranno ammessi officiali inglesi di abilità ed esperienza. Gli altri gradi saranno aperti alla popolazione locale indipendentemente da ogni fede. L’ordine verrà fermamente stabilito. Verrà attivamente promosso lo sviluppo economico del paese.

In accordo alla decisione delle Potenze alleate e associate, si adotteranno misure per ricostruire la Terra Nazionale ebrea in Palestina. Le aspirazioni del Popolo Ebreo di 2000 anni, delle quali il moderno movimento Sionista è la ultima espressione, verranno finalmente realizzate. I provvedimenti necessari a questo scopo saranno pure conformi ad uno scrupoloso rispetto per gli abitanti non giudei. Il paese ha posto per una più numerosa popolazione di quella che attualmente contiene; giacchè la Palestina ben provveduta di strade, ferrovie, le terre abbandonate rimesse in coltivazione, le foreste ristabilite, ed estirpata la malaria, coll’incoraggiamento delle industrie nelle città e villaggi, può mantenere una maggiore popolazione, non solo senza urti, ma anzi, con grande vantaggio per gli attuali abitanti.

Sarà ammessa la immigrazione nella proporzione permessa dallo sviluppo del paese, man mano che vi si possano trovare nuove occupazioni.

Soprattutto saranno incoraggiate tutte le influenze spirituali ed educative nella speranza che ognor più possano irradiare dalla Terra Santa forze morali per il bene dell’umanità. Questi sono i disegni che il Governo inglese sotto l’Alta Sopraintendenza della Lega delle Nazioni, cercherà di attuare nell’esercizio del suo mandato per la Palestina”.

b.

Le dichiarazione non sarebbero esaurienti

PARIGI, 21 luglio 1920 – Un influente membro dei Comitati d’agitazione antisionisti che raccolgono arabi e greci di Siria, quivi residenti, a proposito delle dichiarazioni di Sir Herbert Samuel, nuovo Governatore di Palestina, così ha espresso il proprio pensiero che assicura rispecchiare le impressioni di tutti i suoi colleghi.

“Sir Herbert Samuel ha sentito l’opportunità ed il bisogno, di fronte all’agitarsi di tutta la Palestina, delle odierne dichiarazioni.

Egli avea bensì conchiuso una sua inchiesta commessagli dal Governo inglese, dichiarando “superficiale” il movimento antisionistico in Palestina: ma, evidentemente, i sanguinosi moti che ne seguirono, la legge marziale proclamata in tutto il Paese, e la rigorosa censura istituita, l’hanno convinto del contrario.

Così è che oggi noi abbiamo un programma fondamentale di governo e di condotta di fronte al pericolo sionista ed alla minacciosa reazione cristiano-islamica, che può essere interessante, ma nè nuovo nè esauriente.

Non nuovo perchè il generale Bols, fin dalle prime avvisaglie di una agitazione che scoppiò, malgrado tutto, ben tosto si affrettò a delle dichiarazioni circa il programma inglese in Palestina, che assomigliano moltissimo a quelle di Sir Samuel; non esauriente perchè come quelle, l’attuale programma presta il fianco alle stesse critiche.

Lasciamo l’ottimismo circa lo sviluppo economico e sociale della Palestina di fronte alla sua futura capacità di popolazione; anche studiosi inglesi non si illudono tanto e dichiarano la Terra Santa incapace di assicurare l’esistenza a più di un settimo degli israeliti sparsi nel mondo: notiamo piuttosto che Sir Samuel assume come uno degli scopi positivi dell’opera sua in Palestina, la ricostruzione della Terra nazionale ebraica, quale la realizzazione del sogno due volte milennario dei suoi correligionari.

Di fronte a questo punto esplicito e principalissimo del suo programma, ogni garanzia di equità e di tolleranza per gli altri – per gli altri si noti bene, che da secoli non “sognano” la Palestina, ma vi abitano e vivono, come ogni altro popolo nella propria Patria – ogni garanzia, dico, ci lascia per lo meno scettici.

Sir Samuel afferma che gli alti gradi dell’Amministrazione saranno affidati ad ufficiali inglesi; gli altri – i subalterni – ai cittadini, senza privilegio di religione. Ebbene, mentre fra gli inglesi che possono coprire quegli alti gradi – compreso quello massimo di Governatore – non sono esclusi, evidentemente, gli ebrei, negli altri sono gli ebrei che vi arrivano quasi esclusivamente, perchè è il loro Comitato istituito accanto al “Foyer de Juif” che provvede ad integrare le misere paghe agli impiegati israeliti, mentre i cristiani e i musulmani sono costretti a lasciare i loro posti, o non vi concorrono, perchè insufficienti ad assicurar loro l’esistenza.

Ciò fu ribattuto al generale Bols; ciò va ripetuto a Sir Samuel.

L’immigrazione ebraica sarà regolata in modo da assicurare il più scrupoloso rispetto per gli abitanti non giudei?

Anche questo fu già detto: ma in fatto si lascia operare ben altrimenti: si espropria, si acquista profittando della miseria e dell’usura che ha coperto di balzelli terreni e case. E tutto questo poteva autorizzare bensì il generale Bols ad assicurare che nessuno sarebbe stato costretto a privarsi dei propri beni, se non di sua libera volontà, ma tale dichiarazione apparve, come può apparire oggi quella del nuovo Governatore, una amara ironia.

Ancora: fra le libertà garantite, vi è quella della immigrazione, sia pure prudentemente regolata date le difficoltà economiche del Paese. Sta bene: ma fin’ora la prudenza e le difficoltà ostacolarono tutti fuorchè gli ebrei. I francesi ne sanno qualche cosa: alcune Suore attesero sei mesi i passaporti, altri Missionari dovettero indossare la divisa dell’esercito per avere almeno quelli militari. Alcuni studiosi tedeschi di archeologia cristiana non poterono passare. E non si trattava di immigrazione vera e propria.

Restano le influenze “spirituali ed educative”. Qui è la concretizzazione di un altro postulato sionistico: fare della Palestina e di Gerusalemme specialmente la patria spirituale per tutto il popolo ebreo, anche per quella sua gran maggioranza che per motivi meno idealistici e più positivi, non porrà mai piede nella Terra santa. Si può ben intendere subito di che influenze spirituali ed educative parli Sir Samuel; di quelle cioè israelitiche che vogliono ristabilire nella Città Santa anche questa loro egemonia che ripugna a tutta la civiltà del mondo la quale sa di avere in Gerusalemme la culla del suo pensiero; e contrasta con lo stesso pensiero e religione islamica che ha laggiù monumenti cospicui.

A pare nostro pertanto, le dichiarazioni del nuovo Governatore, contengono più un programma positivamente sionista, che un indirizzo di governo equanime ed egualitario. Non le credo quindi destinate nè a tranquillizzare gli animi, nè a facilitare il compito che Sir Samuel si è assunto”.

c.

Sir Samuel dal Re

LONDRA, 21 giugno 1920 – Il Re, prima di lasciare la città di Londra sabato scorso, ricevette il sig. Herbert Samuel, Alto Commissario per la Palestina, e lo nominò Cavaliere consegnandogli pure le insegne di Gran Croce dell’Impero Britannico.

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La Palestina e il Sionismo:
La grave questione alla Camera dei Lords

da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 161, p. 1
Mercoledi, 7 Luglio 1920,

Londra, 4 luglio 1920 – Alla Camera dei Lords la questione sionistica ha avuto un’eco importante. Lord Syndenham domandò in che modo, sotto il mandato avuto per la Palestina, intendesse il Governo Imperiale salvaguardare i diritti della immensa maggioranza della popolazione che non è ebrea, mentre si vuole ripristinare la “Terra Nazionale” della razza giudea; e se la voce “Terra Nazionale” implicasse l’esercizio della potestà di governo sopra una parte soltanto o sopra l’intera popolazione della Palestina. L’illustre parlamentare con chiara dimostrazione sostenne come saggia politica dell’Inghilterra sia quella di favorire una varia e forte immigrazione in Palestina, accettando tutti gli elementi d’ordine che ivi desiderano stabilirsi, rispettandone i sentimenti, ma colla inderogabile condizione che siano mantenuti uguali diritti per tutti i cittadini.

Il signor Balfour aveva dichiarato che i diritti della popolazione non giudea dovessero essere mantenuti, ma è perchè ciò non era stato fatto che egli sollevò la questione.

Dopo la splendida campagna del generale Allenby, il prestigio britannico era alto come mai lo fu, così da poterne essere veramente orgogliosi. Ma ora la situazione è completamente cambiata. I Moslens apertamente dichiarano che essi sono preparati a tornare sotto il vecchio regime turco. I sionisti hanno adottato una politica straordinariamente infelice nel loro proprio interesse, e niente potrebbe più gravemente suscitare l’allarme dei cristiani e dei turchi, che la recente dichiarazione del Cancelliere di Lancaster (Crowford) a nome del governo. L’oratore non ha dubbio che Sir Herbert Samuel farà di tutto per agire con imparzialità; ma giustamente si temevano e si temono le influenze esagerate dei sionisti. Se si ammettesse che costoro governino il paese, si avrebbero dei risultati ben più gravi.

Lord Lamington, a sua volta, disse che egli personalmente non era contrario al movimento sionista, ma avendo visitata di persona la Palestina, apprese e constatò quanto fosse difficile la questione. “Noi avevamo ripetutamente promesso agli Arabi uno speciale aiuto, ed ora essi si lamentano che non manteniamo la parola data. Non abbiamo interessi commerciali che ci spingano in Palestina e in Siria, mentre ci arrischiamo in una grave impresa in favore degli ebrei.
Già fu detto essere contrario al diritto internazionale il cambiare le leggi di occupazione come in realtà si è fatto. La scelta della persona del governatore fu molto infelice, per quanto egli abbia dato prova di sacrificio nell’accettare. La miglior soluzione sarebbe stata offerta da un governo misto di cristiani, arabi ed ebrei”.

Il sottosegretario di Stato agli Esteri, Lord Curzon, rispose che gli arabi e i turchi si erano dimostrati incapaci di governare la regione e che l’assunzione al governo di ebrei e sionisti non è in necessario contrasto con gli arabi. Con un forte governo civile si rispetteranno le libertà della popolazione non ebrea. Sir H. Samuel ha fatte dichiarazioni esplicite. I proprietari di terre, anche se non ebrei, non saranno espropriati, e si accetterà la immigrazione in rapporto al limite di lavoro consentito dalla agricoltura locale. Il Sottosegretario asserisce che non si poteva trovare persona più adatta di Sir H. Samuel e per quanto egli si troverà ora in difficile posizione per rispetto agli arabi, può darsi invece che dopo sei mesi si troverà in dissidio cogli ebrei. Del resto il governo non sarà composto di sionisti, ma proporzionatamente dalle tre razze.

-------

Questa nostra interessante corrispondenza dimostra ancora una volta a quali gravi critiche si presti anche in Inghiletrra la politica del governo inglese in Palestina. La risposta pertanto del sottosegretario, ripete, a proposito degli esproprii, della immigrazione e delle intenzioni dell’alto Commissario, affermazioni, più volte confutate dai Comitati di agitazione e da molte prove di fatto; e non riesce perciò, ancora una volta esauriente. Tanto più che la dichiarazione da un lato sulla incapacità dimostrata (quando e come l’oratore non disse) dagli Arabi e dai Cristiani a governare, è in istrano contrasto con la fiducia con cui invece si chiamano al governo gli ebrei, quasi che avessero già dato prove eloquenti di capacità, di moderazione, di tolleranza.

Non manca tuttavia di importanza la assicurazione che il governo in Palestina sarà misto e in modo proporzionale fra le tre razze, o più precisamente fra le tre religioni.

Se saran rose, è proprio il caso di dire che, fioriranno a Gerico.
(N. d. R.)
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La Palestina e il Sionismo:


da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 167, p. 1
Mercoledi, 14 Luglio 1920,

a.

Gravi preoccupazioni

LONDRA, 7 (Ritardato). - (D. Batt.). Sono in grado di inviare altri interessanti particolari sulla discussione parlamentare in merito alla Palestina e al Sionismo, discussione che ha avuto ed ha tuttora larga eco in questi circoli politici e nella stampa. Particolarmente grave è l’atteggiamento dell’autorevole “Morning Post”. Il Governo vien accusato di aver troppo, e per non confessabili motivi, sorretto il Sionismo in Palestina. Allo scopo di chiarire la politica del “Foreign Office”, il “Morning Post”, pubblica, tipograficamente contrapposti, un comunicato dell’Agenzia Giudea di Stampa (Jewish Correspondence Bureau) e alcune contemporanee dichiarazioni fatte dal Ministro in Parlamento. E infatti meritano di essere conosciute per il loro evidente contrasto.

L’Agenzia Giudea di Stampa secondo l’Agenzia Reuter, dichiara dunque: “Sir Herbert Samuel solennizzerà la sua entrata nell’ufficio di Alto Commissario per la Palestina colla proclamazione dell’amnistia per tutti quelli che furono condannati in relazione ai moti rivoluzionarii di Gerusalemme, e tale amnistia sarà applicabile agli Arabi, ai Cristiani e ai Giudei.

Specificatamente verrà rilasciato il Tenente Vladimiro Iabotinsky, che fu condannato dalla Corte marziale per aver organizzato un corpo ebreo di difesa.

Lord Curzon invece espresse alla Camera il suo rammarico per non poter consegnare a Lord Sydenham il rapporto non ufficiale di Mister Samuel e neppure quello di Lord Allenby, sugli incidenti di Gerusalemme essendo ancora “sub judice” la questione.

Il Ministro Churchill risponde al Generale Colvin che un tribunale britannico e il Generale Allenby non emisero giudizio favorevole al Tenente Jabotinski e che egli non poté giustificare la sua azione anti-araba. L’Alto Commissario Samuel potrà rivedere il caso, dopo aver consultato Lord Allenby e le autorità del luogo.

Dove si vede che lo stesso affare (Jabotinsky) era “sub judice” per il governo Britannico, ma era già risolto dai Sionisti, con pratico risultato: la effettiva liberazione del Tenente.

b.

Un giudizio del “Morning Post”

In altro attacco al Governo il sopracitato giornale Londinese, si dimostra decisamente ostile alla nomina di Sir H. Samuel.

«In una regione ove Giudei ed Arabi sono antitetici, e dove le passioni e i pregiudizi degli Ebrei moderati sono stati straordinariamente infiammati dai bollenti spiriti Sionisti e dalle animosità che questi hanno portato dall’Europa Centrale, il Governo Britannico ha creduto opportuno di nominare non un comune cittadino inglese ma appunto Sir Herbert Samuel. Questi può apparire a Lord Curzon “un uomo di giudizio, accorto, sperimentato”, ma gli Arabi in lui vedranno null’altro che un Ebreo. Sfortunatamente gli Arabi della Palestina non sono “giudiziosi” come il signore al cui imparziale governo vengono affidate le loro sorti; essi sono spinti dall’istinto di razza e da pregiudizi religiosi; e siccome esse hanno avuto un grave conflitto con gli Ebrei del loro stesso paese, essi vedranno in questo nuovo Salomone non la prudenza del saggio, ma un altro strumento posto a disposizione dei loro antichi nemici. Ed invero: mentre persino gli stessi cristiani più indifferenti non vivrebbero volentieri sotto il Governo di un Samuel, che possiamo aspettarci dal primitivo Arabo, certo nobile creatura, ma incapace di un altero distacco e della serena obbiettività di un Segretario di Stato? No, checché dica Lord Curzon, noi siamo ancora della opinione che in questa nomina il Governo inglese si è gravemente ingannato, e che il popolo inglese, e non i figli di Sion, sopporterà le conseguenze dei disturbi ormai inevitabili.

Che direbbero i Sionisti se un Arabo fosse stato nominato Commissario Britannico in Palestina? L’avrebbero essi amabilmente accettato, anche se Lord Curzon l’avesse proclamato “giudizioso, sensibile, sperimentato”? Accetterebbero i Maomettani dell’India un viceré indu?

No, in questa questione concernente la Palestina, il Governo Britannico si è lasciato guidare non dagli elevati principii della giustizia, non dagli interessi dell’inquieto e pericoloso popolo Arabo, non dagli obblighi e dall’onore dell’Impero, ma dalle richieste di una poderosa ma esclusivista e fegatosa cricca, che hanno troppa influenza nei dintorni di Via Downing, e che sono tanto fedeli cittadini quanto tenaci missionari di una fede”.

c.

Effetti della Conferenza Sionista

È grave soprattutto l’accenno all’India e il fatto che l’articolista mette avanti molte ragioni d’indole non religiosa, per dimostrare assurda e dannosa la politica del “Foreign Office”.

Le recenti audaci dichiarazioni dell’Agenzia Ebrea ed il benevolo consenso del Governo, ricordano la grande importanza che ha avuto la 21ª Conferenza annuale dei Sionisti Inglesi, avvenuta qui il 30 maggio. Il Presidente dott. Ch. Weizman disse che una immigrazione di 30.000 persone circa si avrebbe avuta quest’anno in Palestina, e che sarebbe in seguito aumentata; il detto oratore manifestò le sue vive speranze per il successo di varii Comitati Ebrei che avrebbero regolata la immigrazione, in modo che nella Palestina vi possa esser posto per le prossime quattro o cinque generazioni di Ebrei. Aggiunge che al finanziamento del nuovo Stato dovrebbero provvedere i Sionisti, allo scopo di farne una Terra Nazionale Ebrea (in order to make it the home of the Jews).

Il Weizman concluse affermando che i Sionisti inglesi non risparmieranno sacrifici per provvedere alla ricostruzione della Palestina, come Terra nazionale Ebrea.

Siamo ben lungi quindi dal pacifico collettivo lavoro delle tre razze come asseriva Lord Curzon: occorre chiuder completamente gli occhi per non vedere che ci troviamo davanti ad un proposito deliberato di lotta.

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La Palestina e il Sionismo:


da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 183, p. 1
Domenica, 1 Agosto 1920,

a.

L’entrata di Sir Samuel a Gerusalemme

PARIGI, 30 luglio 1920. (Nostra informazione). - L’«Actione Française» pubblica una corrispondenza di un testimonio oculare sulla entrata di Sir Herbert Samuel, Alto Commissario per la Palestina, in Gerusalemme.

Il 30 giugno – scrive il corrispondente - a un’ora dopo mezzodì, le truppe inglesi, a baionetta in canna, sbarravano tutte le vie. Alle due, entra nella stazione una locomotiva precedendo di duecento metri il treno speciale che recava l’Alto Commissario. Quasi nessuno era stato preavvertito di questo arrivo. Si compone un corteo. Quattro automitragliatrici blindate precedono e seguono la vettura ove prende posto Sir Herbert Samuel. Vengono quindi due camions con soldati inglesi in tenuta da campagna, armati di fucile. Fra due file di baionette, in un silenzio profondo, il corteo si avvia a monte Oliveto. Degli aeroplani solcano il cielo come durante la sanguinosa settimana di Pasqua.

Quando l’Alto Commissario arriva a Monte Scopus, una batteria inizia i tiri a salve regolamentari. La bandiera inglese si inalbera nell’ospitale di San Paolo, residenza del Governatorato tedesco, che diviene la nuova dimora del Commissario.

Ed è così – commenta l’«Actione» – in esecuzione ai trattati di pace che si realizzano i nobili ideali del Presidente Wilson sulla indipendenza dei popoli e la protezione dei piccoli Stati, l’ebreo inglese Sir H. Samuel, arbitro della Palestina per volontà della Gran Bretagna, e l’accondiscendenza dei suoi alleati, fece gloriosamente la sua entrata in Gerusalemme.

Ora va notato, a parte le tinte un po’ oscure della corrispondenza citata, che i giornali inglesi avevano dato all’avvenimento una versione ben differente e tale da essere giudicata per lo meno esagerata nei più seri circoli politici di Londra e di qui. Si parlava infatti di entrata trionfale. Secondo infatti i corrispondenti sionisti della stampa londinese, tutta la popolazione, i cristiani e i musulmani compresi, avrebbero accolto con formidabili evviva ed acclamazioni Sir Samuel, e l’entusiasmo avrebbe raggiunto il colmo quando venne proclamata l’amnistia pei condannati in seguito ai moti di Pasqua.

La contraddizione non potrebbe essere più stridente e più significativa.

b.


I propositi sionisti pel risorgimento della Palestina

LONDRA, 30 luglio 1920. (Nostra informazione). – In questi giorni i delegati sionisti in numero di circa trecento hanno tenuto un Congresso per studiare in tutti i suoi dettagli, l’organizzazione del «risorgimento» della Palestina.

Delle Commissioni speciali studieranno dei disegni di immigrazione, di colonizzazione, di rimboschimento e di irrigazione. La Commissione finanziaria vi ha, s’intende, una parte preponderante e ben presto si inizierà la raccolta di più milioni per permettere ai sionisti di realizzare i loro propositi.

Non si esclude che una parte di questi capitali siano dedicati alla propaganda di un’idea che nè all’estero, e nemmeno in Inghilterra, riesce ad accapararsi troppa fiducia nè sufficiente simpatia.

Si nota intanto che tutto questo piano di lavoro in Palestina viene studiato e deciso prima ancora che il Trattato di Pace con la Turchia sia compiuto, e senza sentire nemmeno il parere dei competenti fra gli attuali abitanti della Palestina.

------------

Roger Lambelin, uno studioso di questo grave problema intorno al sionismo in Palestina, non crede che tanti vasti disegni riusciranno ad attuarsi. «Bonaparte – egli scrive – anch’egli, quando sognava di colpire gli inglesi nelle Indie, aveva pensato di raccogliere gli ebrei in Palestina, ma con l’intenzione di organizzarli militarmente. Il Monitore del 3 Pratile dell’Anno ottavo, inseriva, a tale proposito, una curiosa nota da Costantinopoli: “Bonaparte ha fatto pubblicare un proclama col quale invita tutti gli ebrei di Asia e di Africa ad accorrere sotto le sue bandiere per ristabilire l’antica Gerusalemme. Egli ne ha già armati un grande numero e i loro battaglioni minacciano Aleppo. Ma il tentativo – continua Lambelin - non ha avuto punto il successo che pretende lo storico tedesco Philippson: furon pochi i battaglioni israeliti combattenti in Oriente sotto Bonaparte».

Ora è opportuno rilevare che qui non si tratta però di battersi ed arrischiar la vita per Gerusalemme; tutt’al più dei milioni. E se il Sionismo può essere stato molto prudente nel primo caso, non ha l’aria di paventare il secondo. Si trova, anzi, nel suo naturale elemento.

(N.d.R.)
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Le condizioni della Palestina
in un discorso dell’E.mo Card. Bourne
al Congresso di Liverpool
da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 196, p. 1-2
Lunedi-Martedi, 16-17 Agosto 1920,

Nell’odierno importante discorso inaugurale che ha riscosso unanimi applausi fra i numerosi intervenuti, l’Eminentissimo Signor Cardinale Bourne, Arcuivescovo di Westmister, ricordando che l’azione cattolia mondiale è entrata in una nuova fase con speciale interesse per l’influenza dei popoli di lingua inglese, ha trattato diffusamente due questioni: la condizione presente e futura della Palestina, e l’andamento delle missioni estere nella nuova situazione creata dalla guerra.

Data l’imprtanza assunta dalla lingua inglese e la conseguente diffusione delle notizie d’Inghilterra, le parole del Cardinale Bourne potranno portare a un gran numero di lettori, il benefico insegnamento a favore della Chiesa.

Il Cardinale rammenta la presa di Gerusalemme sullo scorcio del 1917, occupazione che ha allietato in particolare modo i cattolici Inglesi, perché avvenuta per mezzo dei soldati britannici.

Senonchè alla gioia seguì un periodo di notevole apprensione. Secondo le decisioni dell Conferenza di San Remo l’Inghilterra ottenne il mandato per la Palestina ed alla fine di Giugno venne inviato l’Alto Commissario nella persona di Sir Herbert Samuel.

In ciò non vi è nulla di preoccupante, poiché Sir H. Samuel si è cattivato l’universale stima per la sua rettitudine. Ma resta il grave inconveniente che l’amministrazione della Palestina si presenta con elementi di unico carattere. L’8 [sic] novembre 1917, il signor Balfour scrisse a Lord Rothschild, promettendo che il governo britannico avrebbe favorito il ristabilimento in Palestina della Terra Nazionale degli Ebrei.

La promessa fu varie volte ripetuta ed ottenne la formale sanzione a San Remo.

Il pericolo sionista

Certo è largamente diffusa in Europa la constatazione che numerosi gruppi di ebrei non furono ancora assimilati nelle varie nazioni e possono costituire fondo di dissidi e irrequietudine. Si spera quindi da alcuni di eliminare tali danni col costituire per i giudei un centro di attrazione territoriale e nazionale. Certo, però non si può avere la minima illusione che le classi più elevate fra i giudei lascino Inghilterra, Francia, Germania, Italia per stabilirsi permanentemente nel nuovo Stato. Pare quindi che il progetto manchi assolutamente di praticità.

Inoltre è grave il fatto che una forte influenza non cristiana viene deliberatamente costituita in quella regione, dalla quale per secoli i Cristiani hanno cercato di allontanare una Potenza non cristiana; anzi tanto grave, che molti, anche senza il più piccolo pregiudizio antisemita, giustamente si domandano quale è il motivo di una sì radicale deviazione della linea tradizionale.

E’ vero che si sono date definitive assicurazioni che nessun dominio politico sarà concesso a questa nuova popolazione immigrante, ma tali assicurazioni sono ben lungi dal soddisfare e gli originari abitanti e gli europei.

«Quando io ebbi la consolazione di visitare Gerusalemme nel Gennaio 1919», continua l’Eminentissimo, «uomini di ogni classe e religione vennero a vedermi; ed erano latini e greci, melchiti e ortodossi, cristiani e moslemi. Tutti ad una voce apertamente protestarono contro la promessa del signor Balfour e contro i progetti dei sionisti. E mi assicuravano che le promesse ed i progetti erano gravemente dannosi al prestigio inglese.

Certo se si deve pur dare qualche importanza ai diritti di autodecisione dei popoli, non si possono giustificare tali progetti. E ben conoscono i nostri ufficiali le numerose e gravi inframmettenze dei sionisti.

Appena ri tornato dal mio viaggio non ho mancato di portare a conoscenza delle autorità molti fatti precisi. In seguito ho ricevuto molte lettere da cristiani e moslemi, che resistono all’invadeza sionista. Essi sono poveri e sovente senza case, mentre i giudei dispongono di notevoli mezzi finanziari, ed almeno sotto questo aspetto sono i dominatori.

Ho ricevuto recentemente una lettera da fonti ufficiali che così diceva: “Credo che se si continua come si è incominciato, presto non vi saranno proprietari all’infuori dei giudei. Ecco come, influenti società ebree comprano ogni tratto di terreno posto in vendita; vassti territori sono già nelle loro mani e non ritorneranno più agli antichi padroni, perché i terreni vengono rivenduti a privati ebrei; questi ottengono allo scopo denaro a prestito al modesto interesse del 3 per cento e quindi possono muovere concorrenza ad altri compratori”.

In breve tempo sarà costruita l’università ebrea, che invaderà la Palestina con propri uomini di ogni professione, che monopolizzeranno ogni impiego burocratico od influente».

Il Cardinale Bourne legge anche una lettera del 4 maggio 1920, colla quale alcuni arabi di religione cattolica e moslena, si lamentano della oppressione giudaica e rimpiangono i loro sforzi per liberarsi dal giogo ottomano.

La propaganda protestante

Il Cardinale Bourne procedendo nel suo discorso parla di un altro grave pericolo per la Chiesa Cattolica in Palestina, costituito dalla intensa propaganda protestante. Non siamo di fronte ad una azione governativa inglese; trattasi invece di una libera organizzazione americana, favorita da eccezionali disponibilità di denaro ed uomini, che si esplica particolarmente negli istituti di educazione e che quindi a breve scadenza può essere fortemente temibile. Alcuni Istituti religiosi, specialmente francesi, hanno compiuti in questi mesi sforzi eroici per tener testa alle attività protestanti. Ma il Cardinale crede assolutamente necessario ed urgente che alcuni ecclesiastici cattolici di Gerusalemme, si pongano in continuo contatto col Governatore Civile per ottenere equo e pari trattamento.

Occorre inoltre decidere prestamente la annosa questione dei diritti di proprietà dei Luoghi Santi. La Chiesa Cattolica ha secolari incontestati diritti su alcuni santuari.

Da ultimo, senza pregiudizio del ricevuto mandato, si potrebbe dare ad alcune nazioni – Francia, Belgio, Italia, Spagna, America latina – una speciale rappresentanza per la tutela comune dei Luoghi Santi, che rappresentano la grande eredità dell’intero mondo cristiano. Ciò cattiverebbe all’Inghilterra le generali simpatie. Nel contempo i cattolici di tutto il mondo dovranno unirsi per aiutare le Scuole Cattoliche della Terra Santa; senza la generosità di tutti, sarà in breve tempo distrutto tutto il lavoro degli anni scorsi.

L’Importanza delle Missioni

Nella seconda parte del suo discorso il Cardinale Bourne rileva la qualità del problema relativo alle Missioni. Già molto si era fatto prima della guerra. Ora urge provvedere perché molti missionari specialmente francesi sono morti in guerra. Inoltre le condizioni politiche limitano in varie regioni la scelta dei missionari rimasti a disposizione. Il Cardinale constata il progresso dei Seminari inglesi dedicati alee missioni e la migliorata organizzazione dell’associazione della Propagazione della Fede e della Santa Infanzia. Raccomanda infine ai cattolici di rispondere con prontezza e generosità non appena il Santo Padre farà appello al mondo cattolico perché ai missionari zelanti venga data una straordinaria contribuzione, che aiuti il loro Ministero, le loro scuole e istituti di carità.

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Il Sionismo in Palestina
da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 242, p. 1
Sabato, 9 Ottobre 1920,


Pare che l’Inghilterra e la Grecia abbiano congluso degli accordi dopochè Venezilos diede l’ordine di iniziare l’offensiva in Asia Minore. La grecia sarebbe diventata l’avanguardia della Gran Bretagna, e tale fermo accordo reciproco produce i suoi effetti specialmente in Palestina.

Una lettera ricevuta dall’inviato a Gerusalemme, sir Roger Lambelin, ne offre una prova caratteristica.

Il Principe d’Israele, così chiamano i Giudei della Terra Santa l’alto commissario britannico, ha fatto, sabato 24 Luglio, la sua preghiera alla grande Sinagoga di Achkenazima, che si trova nell’interno del muro che divide il quartiere giudeo addobbato a tappeti. Fu per il commissario un vero trionfo.

La vigilia il sig Herbert Samuel era andato a visitare la Basilica del Santo Sepolcro e vi fu ricevuto solennemente. Il patriarca greco-ortodosso accompagnava l’alto commissario che passò tra due file di monaci grigi portanti ceri accesi. Il Santo Sepolcro ed il Calvario erano illuminati e ornati.

Però, malgrado le vive insistenze del patriarca greco, il sig Samuel non entrò nel Santo Sepolcro.

Tale visita molto strana provocò un serio incidente tra gli ortodossi. La sera stessa il Sinodo dichiarò deposto come colpevole di Sionismo il patriarca Damianos. Resta però in tutta la sua gravità il tentativo di unione.

Nel 1916 si era internazionalizzata la Palestina, e il sig Briand aveva potuto sostenere fra i vivi applausi dei deputati che il principio di internalizzazione non sarebbe mai stato sacrificato e tanto meno con diminuzione dell’influenza francese. Se non che l’articolo 95, del trattato di Versailles già prevedeva l’applicazione del mandato anche per la Palestina e la prevedeva appunto perché si costituisse una terra nazionale per gli Ebrei.

La storia è ben nota. E’ ad un Ebreo che il governo inglese ha affidato la custodia della Terra Santa.

Le ultime notizie ci dicono che sono ammesse le tre lingue inglese, ebraica e araba nei documenti ufficiali. I rapporti quindi fra Palestina ed Europa non devono più passare attraverso le lingue europee, sibbene unicamente devono servirsi della lingua inglese.

Il tenente Jobotinsky

E’ interessante la dichiarazione del tenente Jabotinski, ed è bene notare che tale ufficiale, quando Lord Allemby occupò la Palestina aveva costituito la famosa legione ebrea e appunto per questo era stato processato e condannato a quindici anni di prigione.

Si ricorda nella stampa una dichiarazione fatta da sir Herbert prima di lasciare Londra in favore di detto tenente.

E’ ben vero che l’alto commissario non aveva però invocato la liberazione del tenente, ma in vece sua l’aveva fatto il comitato sionista di Londra, ed appena giunto in Palestina l’alto commissario si era fatto un dovere di mettere in completa libertà il tenente Jabotinski.

Questi è tornato a Londra ed ha iniziato ed ha iniziato la sua tentata giustificazione con interviste ed articoli.

Recentemente egli così dichiarava al Times:

«Sono ben lieto di esprimere a nome di tutti i miei compagni con me arrestati, quanto noi siamo lieti per tutto quello che l’Inghilterra ci ha apertamente difeso, nel ridonarci l’uso dei diritti civili e politici, sir Herbert Samuel ha compiuto una nobile azione; se non che l’amnistia non preclude la via ad una revisione della sentenza, cosi da molti desiderata. La posizione legale è questa: io ho organizzato ed armato i corpi di difesa ebraica in Gerusalemme, e sono disposto ad accettare tutte le conseguenze legali di tale atto, senonchè nessuno dei codici penali applicabili in Palestina (chè né il codice ottomano, né la legislazione della temporanea occupazione britannica sono stati riconosciuti) contiene alcun paragrafo contrario all’organizzazione di difese anche a mano armata. Essi quindi mi accusavano di aver istigato il popolo dell’impero ottomano a mutue rapine.

Questo è il lato legale.

Quanto alla ragione morale, essa ormai è nota a tutti. Fortunatamente le condizioni sono ora molto mutate; la propaganda antiebraica era completamente artificiale e non potrà avere alcun successo. In riguardo ai programmi del sionismo, io non sono molto competente, certo però in Palestina vi è molto posto per i Giudei a condizione che si pensi di provvederli di denaro e di buoni condottieri.

Personalmente credo che la migliore base per la costituzione ebraica della Palestina sia il reggimento giudaico; sarà esso un simbolo della collaborazione anglo-giudaica, ed un centro magnetico di sentimenti pro-britannici per tutti gli ebrei che sono sparsi nel mondo.

Si vede dunque quanto il tenente Jabotinski ed i sionisti sperino dal governo inglese e dall’alto commissario.

Essi osano domandare apertamente la costituzione di un regime giudaico; essi vogliono che il sionismo provveda ampiamente di denaro e di condottieri i poveri ebrei che sono sparsi nel mondo.

Senonchè altre voci autorevoli si oppongono alla dichiarazione ottimista dl Jabotinski.

Una autorevole opinione contraria

Il Vescovo anglicano in Gerusalemme dott. Rennie Mac Innes ha dato recentemente un grave monito circa i pericoli del sionismo. Si noti che tale vescovo viene considerato come un uomo di larghe vedute, non allarmista e che si è cattivata la stima e la simpatia generale.

Secondo le dichiarazioni da lui fatte all’arrivo dell’alto commissario, si trovavano in Palestina 540.000 maomettani, e 65.000 cristiani. Egli crede che alle prime votazioni popolari cristiani e maomettani riuniranno i loro voti.

Secondo il dott. Mac Innes, pochi ebrei di alto rango sono giunti finora in Palestina. Si nota un elemento selvaggio proveniente dalla Russia, dalla Polonia, dalla Romania, tutto apertamente bolsceviko, eppure è protetto e soccorso dalla commissione sionista. Sempre secondo il dott. Mac Innes questa immigrazione costituisce il più grave pericolo per il futuro benessere della Palestina.

La politica agraria

Nella conferenza sionista mondiale di Londra si decise di raccogliere la somma di venticinque milioni per attuare il progetto di espansione sionista in Palestina. Dopo l’approvazione di tale progetto sorse un grave dibattito circa le linee fondamentali della politica riguardo la Palestina.

I principi adottati sono i seguenti:
  1. La terra assegnata alla colonizzazione ebraica deve costituire proprietà dell’intera comunità.
  2. L’amministrazione sia conferita al consiglio giudeo locale.
  3. I terreni dovranno impiegare soltanto lavoratori ebrei.
  4. Scopo finale della politica agraria sarà la completa colonizzazione della terra giudaica.
Molti credono che l’Inghilterra pur avendo accettato il mandato non intenda ritenere il possesso della Palestina. Sarebbe così la sua politica favorevole alla minoranza ebraica che potrebbe col tempo diventare o più numerosa o almeno organicamente più forte e costituita in modo da assicurarsi con apposite leggi l’assoluto dominio. Si preparerebbero allora giorni gravi per il cristianesimo nei Luoghi Santi.

Certo che la conferenza sionista di Londra non ha inteso di impiegare il suo denaro in Palestina a solo scopo industriale. Sono interessanti a tale proposito alcune franche diciarazioni.

Il sig, Nathan Strauss, prima di partire da New York per raggiungere la Palestina ha fatto importanti dichiarazioni alla New York Tribune. Alla domanda dell’intervistatore: Crede lei sig. Strauss, che molti lasceranno l’America per recarsi nella loro terra nazionale in Palestina?

«No, rispose Strauss; no, o almeno molto pochi; e nenanche ne andranno molti dall’Inghilterra o dalla Francia».

Si conferma quello che aveva detto il vescovo anglicano che temeva la immigrazione dalla parte orientale dell’Europa. Lo Strauss però, continuando nella sua intervista asseriva che la Palestina era un ritrovo invernale.

«La Palestina ha il miglior clima del mondo. Neppure la nostra California può essere ad essa paragonata. I ricchi ebrei di ogni nazione potranno così colà ritrovarsi per passare il loro mese di vacanze invernali. Io per conto mio intendo andarci per molti anni di seguito».

Richiesto poi della popolazione in Palestina Strauss ammise chiaramente che ora gli ebrei costituiscono soltanto un sesto della popolazione della Palestina, ma ne andranno molti dagli Stati dell’Europa orientale. «Essi vi si recano dalle contrade in cui sono stati lungamente oppressi e almeno due milioni vi si recheranno immediatamente se fosse risolto il problema delle abitazioni».

Una idea americana

«Non appena vari milioni di ebrei saranno giunti in Palestina gli ebrei compreranno dai maomettani le terre, e questi troveranno altre regioni per vivere. I giudei sono per natura loro agricoli; i miei antenati sono stati per generazioni piccoli contadini in Germania. I giudei sono stati pur costretti a entrare nel commercio dalle circostanze, ma essi sono naturalmente campagnoli e in Palestina avranno campi: essa è una delle terre più fertili del mondo».

Aaron Aaronshon, uno dei più grandi cultori di agraria, aveva il suo laboratorio a circa quaranta miglia da Gerusalemme. Egli aveva trovato circa quaranta varietà di grano. Egli è morto in un incidente aereo tra Parigi e Londra, mentre compiva una missione del governo. Il problema più importante sarà l’irrigazione della Palestina. A questo provvedono due banche e specialmente la Anglo-Palestin Bank. La maggior parte di tale denaro sarà data dagli ebrei ricchi sparsi pel mondo.

Dopo aver risolto i problemi economici si passerà pure allo sviluppo intellettuale ebraico. È già stata messa la prima pietra per l’università ebraica. Io stesso ho contribuito con centomila dollari ed assegnai altri centomila dollari per l’ambulanza e l’ospedale che dovrà sorgere. Si incontreranno così gli studenti di ogni parte del mondo e fonderemo la più grande stazione di sperimenti agrari del mondo. Si fonderà pure con grande larghezza di mezzi un laboratorio chimico e fisico e si faranno studi per migliorare le condizioni sanitarie del mondo.

«E perché non fare di Gerusalemme il centro della chiesa mondiale? Si spende troppo denaro dalle chiese che si combattono l’un l’altra e un grande spreco per delle piccole differenze di religione. Iddio è lo stesso ed è buono con tutti e fondamentalmente tutti credono le stesse cose. In tutte le nostre preghiere, mattina e sera, noi terminiamo colla frase: “Qui sta il prossimo, non a Gerusalemme”. La Bibbia dice: “Da Sion uscirà la legge e la parola del Signore”.

Non vi sarebbe quindi luogo più appropriato di Gerusalemme per la chiesa mondiale».

La testimonianza del miliardario americano indica tutto il programma del sionismo. Occupazione del territorio, delicata espulsione degli arabi, proprietà comune amministrata dalla comunità ebraica; sviluppo intellettuale e tecnico, enorme coi rapporti mondiali. Tutto questo per raggiungere l’ultimo risultato di porre tutte le religioni sotto il minimo comune denominatore ebraico.

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Il Card. Dubois ed il Sionismo.
da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 242, p. 1
Sabato, 9 Ottobre 1920


PARIGI, 7. – Il Petit Parisien che ha pubblicato la sua nota intervista con il Card, Dubois, reca anche interessanti dichiarazioni dell’illustre Porporato circa il nuovo regime in Palestina, che egli, come è noto, visitò da poco.

Lo statuto dei Luoghi Santi – disse il Cardinal Dubois – non sembra ancora fissato. Mi ripugna di pensare che ad una Confessione dissidente ne sia affidata la custodia. È questa una anomalia, una di quelle imperfezioni umane cui siamo adusati. Certo San Luigi non aveva previsto tutto ciò morendo sul suo letto di ceneri!

Il sionismo? E l’Inghilterra sembra incoraggiarlo? Ma chi, fra gli ebrei di questo mondo – intendo dire di quelli che vi hanno qualche influenza – andrà a deporre le sue ricchezze alle porte dei templi? Chiamare a Gerusalemme, a Betlemme, a Nazareth gli ebrei! Quali ebrei? Quelli che trafficano fra le colonie e che un colpo di sferza ha cacciati? Dei poveri agricoltori, dei pigri pastori o degli abili agenti di cambio? Son questi che il sSonismo vuol chiamare in Palestina? Per far che cosa? Il Sionismo non appare una cosa sì misera; lo dico senza rancore. Ma chissà? Per i credenti i destini della Provvidenza sono imperscrutabili. I Luoghi Santi, da moloto tempo, erano abbandonati ad un triste e sciagurato sfruttamento. Chi sa che un disegno superiore non abbia permesso a nazioni non nostre di prepararli ad essere ad essere più tardi ritornati alla gloria primiera, ai popoli cattolici?

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Un pericolo
da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 247, p. 1
Venerdi, 15 Ottobre 1920

La stampa estera, e specialmente quella francese, torna ad occuparsi di ciò che non si perita di definire il pericolo ebraico. La Croix e l’Action française levano la voce: l’una con un valido articolo di M. Vuigent, l’altro con interessanti note sulla potenza ebraica in Inghilterra, sull’alleanza israelitica.

Distinzioni opportune

La Croix dice che la parte considerevole presa dagli ebrei nella rivoluzione bolscevica della quale sono i capi, il posto che gli ebrei occupano nei congressi politici e finanziarii, le reazioni che essi hanno un po’ dappertutto coi personaggi ufficiali di favori veramente eccezionali di cui sono stati colmati in Palestina dal governo inglese, attirano nuovamente l’attenzione sul pericolo giudaico che pareva essersi dimenticato di fronte all’agonia del pericolo tedesco.

Bisogna subito distinguere tra ebrei e ebrei, così come capovolgendo il paragone converebbe distinguere tra cristiani e cristiani. Si è, difatti, troppo facili a generalizzare e a rappresentare la razza ebrea come immorale e incapace di bene. È una esagerazione e una ingiustizia. I fatti mostrano il contrario. Non possiamo dimenticare il bel gesto del rabbino Bloch che offre a baciare il Crocefisso a un soldato cattolico mortalmente ferito.

Per restare nella realtà bisogna riconoscere che vi sono ancora nel mondo degli individui, delle famiglie ebree che vivono in buona fede nei loro errori secolari e indirizzano al vero Dio l’omaggio di un cuore sincero. Ma questo è ben piccolo numero. Nella sua immensa maggioranza il popolo israelitico è passato dall’adorazione del vero Dio all’adorazione di Satana! e ciò non sorprende quando si vede nella Bibbia con quale sorprendente facilità quegli antichi abbandonavano in massa gli altari di Geova per quelli di Baal.

Il pericolo ebraico esiste; e bisogna intenderlo nel suo odio contro il Cristo e i popoli cristiani. Ma si sa bene che l’avidità del lucro non arresta gli ebrei neppur quando di fronte ad esso vi deve lasciare un poco del suo onore.

Yewisch peril

Nel giugno scorso il Times parlava ai suoi lettori di un libro di Sergio Nilus, pubblicato in Russia nel 1902 e nel 1905, una traduzione della quale veniva allora pubblicato a Londra col titolo: Yewisch peril. L’autore riproduceva in questo libro i discorsi tenuti da un personaggio ebreo al Congresso sionista di Basilea nel 1897 nei quali è esposto il piano politico-religioso e sociale d’Israele. Sergio Nilus diceva di aver avuto questo documento da una donna che l’avrebbe sottratto a un alto dignitario della massoneria.

Vi si leggono delle cose veramente sconcertanti. Certe frasi seembrerebbero scritte ieri, tanto le loro previsioni sono precise e conformi agli avvenimenti recenti. Il lettore giudicherà da queste citazioni:

«Noi creeremo una crisi economica universale con tutti i mezzi segreti possibili e con l’aiuto del danaro che è nelle nostre mani. Faremo aumentare i salari, e ciò non aiuterà gli operai perchè nel tempo stesso faremo aumentare il prezzo degli oggetti di prima necessità. Inquineremo abilmente le fonti stesse della produzione seminando delle dottrine di anarchia tra gli operai, e incoraggiando l’odio…

La lotta per il successo e la speculazione continua nel mondo degli affari, creerà una società demoralizzata, egosita e senza cuore. Questa società diventerà completamente indifferente per la religione e disgustata della politica. L’avidità dell’oro e la smania dei piaceri materiali saranno la sola guida.

Per rovinare l’industria dei gentili e per favorire la speculazione, noi favoriremo l’amore sferanto del lusso che noi abbiamo già sviluppato.

In una parola: per provare che i governi gentili dell’Europa sono nostri schiavi, noi mostreremo la nostra potenza sopra uno di essi per mezzo dei delitti e delle violenze, cioè col regno del terrore. E nel caso che essi insorgessero contro di noi, noi risponderemo coi cannoni americani, chinesi e giapponesi».

Son cose tanto chiare che si può tralasciare di commentarle. Che pensare di questo documento? A nostro avviso la sua provenienza ebraica resta dubbia, non appoggiandosi essa che sulla testimonianza di Sergio Nilus.

È possibile?

La Croix dice che ha voluto in proposito interrogare l’abbate Meniglier, assai competente e bene informato delle cose russe, domandandogli se gli sembrava verosimile che uno scrittore russo avesse potuto prevedere così esattamente gli avvenimenti che si sono abbattuti sul suo paese.

Io non mi ricordo – ha detto l’abbate Meniglier –d’aver letto il libro di Sergio Nilus, ed è perciò che non potrei garantire l’autenticità delle parole che gli si attribuiscono. Ma quelle parole, però, non hanno nulla di straordinario per me. Poco prima della guerra io ho letto in un romanzo russo, del quale sfortunatamente non ricordo il titolo, delle previsioni non meno circostanziate.

– Credete dunque che gli ebrei avessero già un piano di rivoluzione che doveva applicarsi in Russsia?
– Si. Gli ebrei in nessun luogo erano così potenti come nell’impero degli Czar ed avevano là un magnifica campo di esperimento.
– Dite che erano potenti. Ma come cià? La legge non proibiva loro di abitare nell’interno della Russia?
–È vero. La legge permetteva loro soltanto di stabilirsi in polonia e in qualche città eccentrica, come Odessa, ove si contano 300.000 israeliti sopra 700.000 abitanti. Ma vi era modo di eludere la legge. Siccome i russi mancavano di medici e di farmacisti, i figli dei commercianti ebrei prendevano un diploma di medici e di farmacisti e ottenevano di andare ad esercitare la loro arte a Kiew, a Mosca, a Pietrogrado e in altri luoghi. Il diploma non era altro che un lascia passare perché tutti questi pretesi medici praticavano nascostamente o apertamente il commercio e la speculazione.
– Ma è vero che gli ebrei avevano stabilito di far deviare la rivoluzione russa?
– Io credo che essi pensassero di essere vicini al loro sogno, d’essere cioè, d’un colpo padroni della Russia e del mondo. A questo riguardo i miei ricordi sono molto precisi. Io mi trovavo a Odessa al momento della visita di Kerenski, ebreo, come sapete. La popolazione israelita delirava. Lo Czar, nei giorni della sua potenza non aveva mai avuto accoglienze così entusiaste. Lo chiamarono il nostro Kerenski. Essi, decisamente credevano che il regno d’Israele sarebbe stato instaurato nella Santa Russia. «Noi prenderemo le vostre chiese, diceva davanti a me un ebreo a una donna ortodossa, e ne faremo delle sale da teatro o delle scuderie».
– Credete dunque che gli ebrei avessero veramente stabilito il piano di disorganizzazione che gli attribuisce l’autore del Yewish peril?

Romanzo e realtà

– È la mia convinzione. Il romanzo al quale ho fatto allusione e del quale non ricordo il titolo, esponeva precisamente questo piano.
– Ricordate da quali sentimenti vi fossero animati i personaggi?
– Di vendetta. Israele doveva schiacciare i suoi oppressori per l’assassinio degli uni e la schiavitù degli altri.
– E i suoi oppressori erano i russi?
– Si: e benchè gli ebrei non stessero poi tanto male fra essi e vi andassero come in una terra promessa. La Russia aveva, senza dubbio, dei torti verso di essi, ma bisogna riconoscere che la vendetta ha sorpassato di molto la misura dell’offesa.
– Potreste darmi qualche notizia sui massacri organizzati dagli ebrei in Russia?
– Leggete quello che si pubblica sulla Russia attuale. Le corrispondenze da quel paese avrebbero già dovuto informarvi e non vi maravigliereste apprendendo che le vittime dell’ebraismo bolscevismo ascendono a un centinaio al giorno nella sola città di Odessa.
– Tutti i racconti degli orrori bolscevichi non sono dunque esagerati?
– Certamente, no. E badate che noi non sappiamo che una parte della verità.
– Ma tutto cià è il risultato di passioni del momento o non piuttosto l’esecuzione di un piano previsto e concertato dall’ebraismo russo?
– Non ho il menomo dubbio al riguardo: e questo piano deve estendersi a tutto il mondo cristiano».

Come si vede queste importanti dichiarazioni di persona così competente in cose russe vengono a corroborare le affermazioni di Sergio Nilus. Può anche darsi che costui abbia inventato il documento: ma ciò che resta fuor dubbio è che le idee sovversive che esprime, sono proprio le stesse che animarono gli ebrei di Russia, prima del terrore bolscevico.

Il pericolo ebraico, non è davvero una vana parola. Non dimentichiamo che Satana ne è l’anima e che per vincerlo ci vuole ben altra cosa che i cannoni. Sola la preghiera può salvarsi dal pericolo giudaico. Ma bisogna, del resto, aggiungervi i mezzi umani.

Fin qui la Croix.

I protocolli di Sion.

L’Action Française rilevando che il Direttore del Morning Post ha fatto precedere da una interessante prefazione il libro The cause of World Marest, ove sono riuniti gli articoli apparsi sotto questo titolo nel giornale, in circa tre mesi, osserva che vi si fa allusione di «protocolli» des anciens de Sion che hanno provocate tante collere.

Gli autori del libro – scrive – si son fatti premura di non garantire l’autenticità di tutti i documenti riportati, ma ciò che dà a questi documenti un interesse particolarmente notevole è che gli ebrei bolscevichi hanno realizzato quasi alla lettera in Russia questo programma annunziato nei “protocolli”.

Gli ebrei ungheresi hannto tentato, con un successo più effimero, l’applicazione degli stessi metodi. I «comitati d’azione» del Labour Party che sono parenti prossimi dei Soviets, s’incamminano sulla stessa via. Se si vuol credere a The kidden hand, nuovo titolo dell’antico Jewry über alle, gli ebrei non sono affatto estranei agli scioperi e alle minaccie persistenti dei minatori inglesi.

Smillie, Williams e Thomas, non sarebbero che fantocci in mano ad Israele che muove i fili. Sembra anche che fra le aziende carbonifere di Scozia, molti minatori sono degli ebrei polacchi. Smillie non è che il porta voce di Emanuel Shingwell, un ebreo di Glascow che fu l’autore principale di tutti i conflitti di lavoro, nei cantieri della Clyde, durante la guerra. Williams deve la sua autorità al fatto che ha la moglie ebrea e Thomas è l’anima dannata d’Abraham. Tutte e tre sono in stretta relazione con gruppo Lansbry-Fels-Zanwill».

Il pericolo ebreo non è un sogno: ma una realtà tangibile, anche in Inghilterra.

La potenza ebrea – conclude l’articolo – ha lasciato traccie sanguinanti sui campi di battaglia, nelle città devastate dell£Europa orientale, ed essa estenderà di più la sua azione funesta se continua a trovare delle complicità e degli appigli nelle spese governative e nelle organizzazioni operarie.

Dal canto nostro ci sembra che la cronaca almeno non poteva sfuggire l’importanza di questi scritti.

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Gravi critiche e proteste

da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 247, p. 1
Venerdi, 15 Ottobre 1920

IL SIONISMO E LAPALESTINA: Gravi critiche e proteste. - PARIGI , 22 ottobre 1920. (Nostra informazione). – Sembra che il sionismo incontri ostacoli imprevisti sulla sua via. Giornali indipendenti, nella cronaca e nel commento della sua influenza e delle sue opere in Palestina, non gli risparmiano critiche. Ma un’eco singolare dello stato d’animo che va formandosi in Palestina a tale proposito ci viene da un discorso del Cardinale Bourne, tenuto alla Church House di Westminster, in cui deplora vivamente gli atti amministrativi delle autorità in Palestina.

Egli afferma che dopo il 1918 i sionisti si sono attirate le più profonde avversioni di tutti gli antichi abitanti del Paese, compresi gli ebrei. Non mancano tra gli immigrati degli estremisti provocatori che si propongono di distruggere tutte le sacre vestigia dei Luoghi Santi. Certo sir Samuel parla altrimenti; ma lascierà dire e lascierà fare gli agenti sionisti che aumentano ogni di’ di audacia e di insolenza. «Gli ebrei russi, polacchi e rumeni sono invasi da idee bolsceviche; essi pretendono che milioni di uomini e di rubli non attendano in Russia che il momento opportuno, per riversarsi in Palestina».

Essi trovano che le terre non sono abbastanza divise; che occorre al più presto prenderne i tre quarti o addirittura i cinque sesti, per gli immigrati. La stampa israelita si batte per la espropriazione indigena, così da far credere ammissibile l’espulsione dalle loro terre degli indigeni impoveriti, perché gli ebrei occuparono già il paese, prima dei secoli cristiani!

L’Autorità ecclesiastica di Gerusalemme afferma per sua parte che il prestigio inglese ha dal sionismo un contraccolpo fatale; gli indigeni perdono ogni fiducia nell’Inghilterra, alla cui ombra si procede così da far rimpiangere l’oppressione turca. Essa non attribuisce tutto ciò alle autorità ufficiali, ma a coloro che impunemente alterano i suoi ordini ed agiscono contro gli interessi della sua influenza.

Roger Sambelin, che raccoglie e pubblica queste note, osserva però che è il governatore che ha imposto un segretario israelita alla Camera di Commercio di Haifa e che vi ha sciolto il Consiglio
Provvisorio elettovi dalla popolazione, sostituendolo con un Consiglio provvisorio di sua scelta; ed è a lui che nulla sfugge di ciò che passa nel nuovo Stato.

E che le cose si avviano ad una crisi suprema su cui conti il sionismo pel suo sopravvento lo indica anche il fatto che il dottor Weiszmann, il grande capo del sionismo stesso, annunzia la sua
partenza per Gerusalemme.

In questi circoli politici, pertanto, si seguono con sommo interesse queste vicende che sono a tutto danno dell’influenza francese nei Luoghi Santi; ed è apparsa addirittura gravissima a tale proposito la determinazione del Governatore che esclude per le lingue ufficiali in Palestina quella francese e che nessuna petizione o reclamo potrà essere rivolta al Governatore im tale lingua.

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L’acquisto di terre in Palestina

da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 249, p. 1
Domenica, 17 Ottobre 1920

L’acquisto di terre in Palestina. Londra, (nostra corrispondenza), settembre. – I metodi dei sionisti, esposti dal cardinale Bourne nel suo discorso al congresso di Liverpool, si manifestano sempre più chiaramente. Il cardinale, riportando alcune lettere da lui ricevute, aveva dimostrato come molti privati giudei, acquistano dei terreni che poi saranno riuniti in una amministrazione comune.

La banca ebrea impresta ora a giudei che sono in Palestina forti somme con un interesse molto inferiore a quello concesso per i cristiani e gli arabi.

In questi ultimi giorni vi sono state anche abbondanti elargizioni per promuovere piccole compere per parte di ebrei. Un ricco ebreo di Bagdad, di nome Esdra Sassoan ha recentemente messo a disposizione del Fondo nazionale Giudeo 12.000 sterline, colla espressa disposizione che tale denaro deve essere adibito per favorire la piccoloa proprietà ebrea in Palestina e per provvedere i coloni giudei di macchine agricole.

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Il sionismo e la Palestina:
“il Principe d’Israele”.


da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 267, p. 1
Domenica, 7 Novembre 1920

Il Sionismo e la Palestina - (Nostra informazione). Parigi, 4 novembre 1920 – La stampa francese continua ad occuparsi con molto interesse del movimento sionistico in Palestina, di cui chiama responsabile la politica inglese e l’attività nazionalistica del Governatore Sir Samuel, che gli ebrei di Terra Santa chiamano ormai “il Principe d’Israele”.

Il Governatore infatti non lascia occasione per manifestare apertamente l’indirizzo della sua azione di fronte al programma sionistico, che ha in lui più che un tutore, un difensore ed un propugnatore: e ciò si rileva da una serie di fatti ormai e dalla preghiera pubblica il sabato nella grande sinagoga di Gerusalemme, al riconoscimento del sabato come festa legale contro ogni tradizione della popolazione indigena di cui gli ebrei sono appena una decima parte; dal decreto sulle lingue ufficiali che contiene ben sintomatiche esclusioni, alla liberazione del tenente Jabotinsky capo della famosa legione ebraica.

E così il malcontento e i disordini continuano e sempre più cresce il vincolo di opposizione fra le varie razze che da secoli abitano la Palestina e che si sentono minacciate, malgrado tutte le assicurazioni, dalla persecuzione, dall’ostracismo, dall’esilio. Mussulmani e cristiani d’ogni confessione, sono sempre più ferventi antisionisti; non è la loro una questione tanto religiosa e politica, quanto di vita o di morte, insidiati come sono nel tranquillo possesso dei loro beni e nell’uso dei diritti civili da una sempre più potente e intollerante organizzazione sionistica all’ombra del governatorato.

Ne è una prova il grosso incidente scoppiato fra i greco-ortodossi.

Il Governatore non ha potuto fare a meno di visitare la Basilica del Santo Sepolcro: e in quel giorno il Patriarca scismatico di quel rito, Damianos, lo incontrò e gli rese gli onori, ripagati subito con un reciso rifiuto di Sir Samuel di por piede nella Cappella del Santo Sepolcro: rifiuto positivamente offensivo e incomprensibile, perchè s’era pur fatto dovere, volentieri o no, di visitare la Basilica. Il Damianos restò malissimo, ma restò peggio assai poche ore dopo, quando il suo Sinodo trattandolo da male accorto e per gli onori resi all’effettivo capo del sionismo in Palestina e per l’insulto avutone.

Ed intanto fra Gerusalemme e Londra l’azione sionistica, attiva, tenace, quanto silenziosa ed abile, intreccia rapporti continui in attuazione del proprio programma, così da far credere alle maggiori comunità israelitiche che l’Inghilterra terrà il mandato in Palestina fino a quando Israele, rifattosi maggiorenne, potrà accettarlo per proprio conto.

Un’ingenuità questa, di tale evidenza, che la storia stessa si dispensa dal ricordarcelo. Ciò non toglie che questa speranza rappresenti pel sig. Landmann, segretario generale dell’associazione sionista di Londra, l’argomento più persuasivo per organizzare – come sta facendo – uffici di emigrazione di ebrei in Palestina, in tutta l’Europa Centrale, in Galizia, in Polonia, a Trieste, donde di preferenza si dovrebbero imbarcarsi i figli d’Israele, in questo novello esodo verso la Terra Promessa.

S’intende, quei figli d’Israele che la terra promessa non hanno già trovato altrove. E sono questi i più.
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L’Agenzia Stefani comunica che il sig. Landmann venuto a Roma, sia stato ricevuto insieme all’avv. Sallam, rappresentante della Federazione sionista italiana, dall’on. Sottosegretario agli esteri. Il quale, sempre secondo l’Agenzia informatrice avrebbe piuttosto battuto l’aria – come si suol dire – confermando al sig. Landmann “l’interesse e la viva simpatia per lo sviluppo del Levante da parte dell’Italia la quale spera che i legami economici e culturali fra l’Italia e la Palestina aumenteranno col tempo”.
(n.d.r.)

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La Convenzione per la Siria e la Palestina

da: L’Osservatore Romano,
Anno LX, Nr. 309, p. 1
Domenica-Lunedì-Martedi
27-27-28 Dicembre 1920

La Convenzione per la Siria e la Palestina. (Nostra corrispondenza). – Parigi, 24 dicembre 1920. – Una informazione dell’Agenzia Havas, relativamente alla convenzione firmata ieri da Leygues e Lord Harding, ambasciatore d’Inghilterra, circa la Siria e la Palestina, dice che gli accordi del 1916 non presentavano un carattere definitivo.

Tali accordi furono riesaminati nel dicembre 1918 in una conversazione tra Clemenceau e Lloyd George. La questione fu ripresa in esame parecchie volte. Nel principio del 1919 si convenne che il territorio della Palestina sarebbe stato posto sotto il mandato inglese invece di farne un territorio internazionale.

Dopo la caduta del Gabinetto Clemenceau si riprese la discussione circa i confini della Palestina e della zona di influenza della Francia, della Gran Bretagna e dell’Italia. Si ammise che il territorio della Palestina, posto sotto il Mandato britannico, sarebbe stato quello della Palestina storica. La delimitazione definitiva dei confini formò oggetto di parecchie discussioni di periti, e se la Francia ha ceduto su alcuni punti ha poi avuto dei vantaggi in altri.

L’insieme delle frontiere della Palestina e della Siria fu fissato durante la prima conferenza di Londra nel febbraio scorso e nella conferenza di San Remo.

(segue: 1921)





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