gennaio 06, 2011

La questione sionista ed il Vicino Oriente. – Documentazione tratta dalla rivista “La Vita Italiana”: m) Cronache dell’anno 1921.

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Mentre valgono le considerazioni generali già fatte per le precedenti fonti documentarie, e cioè: 1°) «Oriente Moderno»; 2°) «Le peuple juif»; 3°) «Jüdische Rundschau»; 4°) Le temps; 5°) «L’Osservatore Romano»; 6°) «La Documentation Catholique»; 7°) «La Rassegna Italiana»; 8°) «La Correspondance d’Orient»;9°) «Le Matin»; 10°) «Le Figaro»; 11°) «Journal des débats politiques et litéraires»; 12°) «Journal de Genève»; 13°) «Gazetta de Lausanne»; 14°) «Le Nouveau Quotidien»; e ora: 15°) «La Vita Italiana» pare qui opportuno rilevare ogni volta la casualità e imparzialità con la quale le diverse fonti si aggiungono le une alle altre, animati da una pretesa di completezza, che sappiamo difficile da raggiungere. A causa di problematiche tecniche complesse da spiegare per “Le Matin” dobbiamo seguire un criterio diacronico anziché quello sincronico finora seguito. Per assicurare una successione cronologica dei testi seguiremo una diversa numerazione basata data del giorno e del mese di ogni singolo anno. Ciò consentirà inserzioni successive senza dover rifare la numerazione. Il nuovo simbolo di freccia: immetterà nella modalità di editing orizzontale, a libro, dove sarà sviluppato il commento e l’apparato critico ed avendone il tempo anche la traduzione italiana, per chi non fosse in grado di leggere agevolmente il testo originale.

“La Vita Italiana”, che nel 1921, anno iniziale della nostra ricerca sincronica di fonti dell’epoca, è al suo Nono anno di uscita. La «Rassegna mensile di politica» diretta da Giovanni Preziosi avrà un destino tragico insieme con l’esistenza personale del suo direttore. Di lui e del suo pensiero si è occupato Renzo di Felice ed altri tornano ultimamente ad occuparsene, rivangando la questione della razza di cui non qui non ci occupiamo, anche se il tema “razza” salta subito agli occhi trattando di “sionismo”, presente sulla scena ben prima che il fascismo sia. Noi cercheremo di non farci influenzare da “pregiudizi” di nessun genere, ma ci limitiamo in questa fase ad una rigorosa e per quanto possibile completa raccolta di fonti. Nessuna persona di cultura ama sentirsi tacciare di “pregiudizio”, ma ammesso che ognuno di noi ne abbia di indotti dal contesto in cui vive, ci si libera di ogni “pregiudizio”, appena lo si scopre tale, lasciando libero spazio alla libera espressione di “giudizi” su fatti e dottrine ormai lontane negli anni e campo della ricerca storica. Valgono i criteri generali enunciati in precedenza e adattati ogni volta alla specificità della nuova fonte. Per il materiale particolarmente interessante ma non racchiudibile entro i rigorosi limiti della ricerca, ci serviremo di “rinvii”. Assumendo come anno di partenza il 1921 seguiamo un metodo sincronico, raccordandolo con quello diacronico basato su alcuni anni di riferimento.
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LA QUESTIONE SIONISTA
E IL VICINO ORIENTE
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tratta dalla rivista mensile “La Vita Italiana”

1920 ↔ 1922

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Il Sionismo e l’internazionale ebraica

La Vita Italiana,
Anno IX. Vol. XVII - Fasc. 97
15 gennaio 1921, p. 21-26

Per ben comprendere il movimento del Sionismo (1) di cui oggi tanto si parla, dobbiamo rammentare che gli ebrei si dividono nei seguenti partiti: a) i sionisti propriamente detti, organizzati da Herzl, i quali vogliono ricostituire lo Stato ebraico di Gerusalemme (Sion) in Palestina; – b) i sionisti impropriamente detti, da chiamarsi piuttosto territorialisti, organizzati da Zangwill (centro britannico) i quali vogliono costituire una «terra ebraica», ma in qualunque punto del mondo ove potessero trovarsi in buone condizioni; – c) i cosmopoliti i quali preferiscono invece che Israele resti sparso attraverso il mondo per dominarlo; parecchi di questi si danno per opportunismo come sionisti contribuendo al rispettivo fondo; ma in realtà il loro programma non è nè sionista, nè territoriale.

Quanto alla politica sociale ebraica in genere si hanno: a) gl’israeliti ultra-conservatisti, organizzati verso il 1880, i quali sono contrari ad ogni cultura ed immissione goy (non-ebrea); b) i conservatori che vogliono gli opportuni contatti con la vita goy purchè la vita dell’ebraismo resti sostanzialmente tradizionale; c) i democratici sociali che hanno sempre più invaso e dominato le democrazie europee ed americane, dai socialisti classici Marx e Bebel, fino agli odierni indipendenti e bolscevichi di Russia e spartachiani di Germania. Costoro furono organizzati dal vecchio «Bund» (parola tedesca che vuol dire Lega) dei rivoluzionari ebrei, il quale si rivelò nel congresso di Ginevra del 1906.

L'alta banca ebraica sussidia tutti questi partiti e si fa servire da tutti. I Rothschild, gli Hirsch, gli Schiff, ecc., non pensano davvero a diventare cittadini di uno Statarello giudaico, essi che sono i padroni del mondo; ma appoggeranno sempre gli sforzi per quello scopo, sia per restare popolari tra i loro, sia perchè ognuna di quelle imprese ebraiche è un buon affare.

Circa i territorialisti, Zangwill ed i suoi della I.T.O. (Jewish Territorial Organization) cercano da un pezzo la nuova terra promessa attraverso il mondo. A questo proposito giova ricordare quanto stampava la Rivista mensile del Touring Club Italiano (aprile 1914): «La missione dell’Ito nel Benguela. Il nome Ito risulta formato dalle iniziali Jewish Territorial Organization ossia della Società che si propone di studiare quali territori si presentino idonei ad accogliere una colonia ebraica, e che, più precisamente, ricerca un territorio in cui possano vivere autonomi quegl’israeliti che non trovino favorevoli le condizioni dei paesi in cui essi presentemente vivono. Poco prima dell'occupazione italiana, la Ito mandò in Cirenaica una missione a cui dobbiamo una descrizione pregevole di quella terra. Le conclusioni della missione furono sfavorevoli alla proposta di fondare una colonia ebraica in Cirenaica: e ciò per ragioni estranee alla produttività del suolo, o meglio alla potenzialità di produzione agraria che la Ito ebbe occasione di mettere in rilievo (nostra nota: la vera ragione fu la facile previsione che la popolazione araba, cominciando dai senussiti, non avrebbe tollerata quella presa di possesso ebraica). La nuova missione inviata nella colonia portoghese d’Angola, a Sud del Congo belga, ha presentato ora una relazione favorevole alla fondazione di una colonia ebraica sull’altipiano di Benguela, nella parte centrale dell'Africa Occidentale Portoghese a cui si conserva il nome di Angola».

Il movimento I. T. O. è a base britannica; ed il governo inglese lo segue e lo appoggia dal punto di vista della sua politica imperialistica. Non per nulla Zangwill faceva dei sondaggi nella Cirenaica confinante coll’Egitto, e poi nelle colonie portoghesi tanto desiderate dall’Inghilterra.

D’altronde i non-ebrei debbono guardarsi bene dal ritenere che gli ebrei i quali non sono personalmente nè territorialisti, nè sionisti, siano per questo veramente e lealmente fusionisti, cioè vogliano sinceramente che l'ebreo di Francia o di Germania divenga nè più nè meno un cittadino francese o tedesco come tutti gli altri. Il vecchio elemento farisaico (pharah: dividere) cioè separatista, vige sempre nella grande maggioranza ebraica anche se ha perduto l’avita fede. L'ebreo cosmopolitico non è territorialista nè sionista perchè in questi due progetti non vede un buon affare per Israele; ma egli è sionista a modo suo, cioè vuole che gl’israeliti materialmente dispersi attraverso il mondo, siano cittadini dei rispettivi Stati per goderne tutti i diritti di cittadinanza; ma vuole altresì che quegli Stati riconoscano i privilegi nazionali d’Israele. La duplice pretesa è contradittoria in sè stessa; ma Israele si dispensa anche dalla logica. Vedremo infatti gli ebrei della Cecoslovacchia reclamare ed ottenere, e quelli della Polonia esigere con ogni specie di ricatti che l’ebreo di Praga e di Varsavia sia pienamente un cittadino ceco o polacco con tutti i diritti, ma nello stesso tempo il governo locale deve riconoscere la «nazionalità israelitica», accordarle scuole proprie con lingua propria, ecc., ecc.

Tale stato d’animo vige perfino in quegli Stati Uniti ove la fusione e confusione di tante razze ed il livellarismo democratico dovrebbero favorire quella fusione definitiva.

Due anni or sono noi denunziavamo in questa rivista la pretesa dei privilegi nazionali d'Israele (2) a proposito di una adunanza che ebbe luogo qui in Roma l’8 febbraio 1919 per iniziativa della «Pro Israele Italiana» con l'intervento del sig. Rosenberg. Udimmo allora formulare la tesi che la «Società delle Nazioni» dovesse riconoscere una autonomia politica agli agglomeramenti israelitici notevoli in Galizia, Polonia, Lituania, Romania, ecc. Questa autonomia la si chiedeva anche nei casi in cui agli israeliti fosse riconosciuta la piena uguaglianza giuridica e politica con gli altri abitanti di quelle regioni. Insomma gli ebrei volevano e vogliono costituire degli Stati negli Stati. Nè, per ragione almeno di coerenza, si dichiaravano disposti a permettere che nuclei di popolazione non israelitica potessero, nel loro Stato di Palestina, continuare ad essere cittadini autonomi o di altro Stato nel tempo stesso che divenivano cittadini dello Stato ebraico.

Il loro ragionamento era semplicissimo: noi, essi dicevano, non vogliamo contentarci di avere ogni garanzia per la pratica della nostra religione e per l’esercizio di tutti i diritti, alla pari di ogni altro cittadino dello Stato nel quale viviamo; ma vogliamo conservare alla nostra razza un riconoscimento legale per non essere alla lunga assorbiti, come razza, in quella nella quale viviamo.

Alla stregua di questa pretesa, gli Stati Uniti, ad esempio, per ragione di parità dovrebbero consentire ai dodici milioni di negri di costituirsi Stato nello Stato, e così ai tre milioni di italiani, ai tedeschi, irlandesi, cinesi, ecc. O che forse gli ebrei hanno diritto a trattamento di favore? Ne verrebbe di conseguenza una condizione di inferiorità per i veri originari cittadini dello Stato. È questa pretesa che farà considerare gli ebrei come stranieri in terra altrui, nè più nè meno di come sono stranieri all'estero gli italiani che vogliono conservare le loro nazionalità di origine.

Un «bel caso» della irriducibilità ebraica ad una vera e leale fusione coi popoli in mezzo ai quali Israele si trova, venne dato alla vigilia della guerra dal rabbino americano Schindler il quale scriveva nella «Jewish Chronicle» del 28 aprile 1911, pag. 26: «Durante 50 anni io ero partigiano risoluto dell’assimilazione ebraica, e vi ho creduto. Oggi confesso il mio errore. La grande caldaia («Malting pot») degli Stati Uniti non farà mai compiere la fusione di un ebreo. Cinquant'anni fa eravamo prossimi ad assimilarci cogli americani; ma da allora due milioni di nostri fratelli sono venuti dall’Oriente (Europa, e specialmente Europa centro-orientale) aderenti alle loro vecchie tradizioni e conducendo seco il loro vecchio ideale. Quest’esercito ci ha sommersi. Vi è la mano di Dio! L'ebreo deve differenziarsi dal suo vicino. Ciò egli deve saperlo, averne coscienza ed esserne fiero!».

Quanto al sionismo propriamente detto, esso fu preparato, per parte delle cose dalla Rivoluzione che emancipò gli ebrei e dette loro la base di sperare tutto, di osare tutto. Per parte degli uomini, esso venne preparato da alcuni personaggi politici e finanziari di Israele come l'ebreo anglo-italiano Mosè Montefiore al principio del secondo impero (tentativo interrotto dalla guerra di Crimea). Quando si organizzò l’ «A.I.U.» (Alleanza Israelita Universale) con sede a Parigi, questa riprese più assiduamente il progetto, fondando una prima colonia ebrea in Palestina, la «Mikweh Israel» con scuola agricola, sostenuta dall'ebreo Carlo Netter e da vari correligionari russi. A quella prima colonia ebraica di Palestina si sono aggiunte nell’ultimo trentennio molte altre, alcune delle quali floridissime e tendenti a diventare vere città. Fra queste le più antiche sono Petach-Tikwah (la porta della speranza) sussidiata dal barone Edoardo Rothschild, Rishon-le-Zion (il primo a Sion) presso Giaffa, Zichron-Jacob (il ricordo di Giacobbe) in Samaria con elementi ebrei di Rumenia, Rosti-Pinah (pietra angolare) in Galilea, ecc.

In Inghilterra si organizzava altresì verso il 1880 (va ricordata la fioritura di organizzazioni ebraiche nell’Europa odentale circa quel tempo) il movimento sionista con Laurence Oliphant (1879), ma senza successo per il momento. Simultaneamente Edoardo Cazalet pubblicava uno schema per ìl condensamento demografico israelitico in Palestina.

Intanto in Russia, nel gran centro ebraico di Odessa, si fondava la società dei Chovenè-Zion (gli amici di Sion) con i capi intellettuali gli scrittori ebrei Perez Smolensky e Leone Pinsker, allo scopo d’incanalare masse ebree dall'impero russo in Palestina.

Ma il grande organizzatore del sionismo propriamente detto fu l’ebreo di lontana origine spagnuola (gli aschkenezim sono gli ebrei del gruppo e del rito germanico; i sephardim sono gli ebrei del gruppo e del rito spagnuolo) Teodoro Herzl nato nel 1860 e morto nel 1904. In pieno affare Dreyfus egli osò lanciare a Parigi un vero programma sionista «lo Stato degli ebrei». L'affare, già lentamente preparato ed ormai maturo, ebbe il definitivo successo.

Il sionismo organico ebbe il suo organo centrale a Lipsia, fin dal 1896: «Die Welt, Zionistisches Zentralorgan» settimanale. Il partito si affermò al congresso di Basilea, negl’inizi dell’1902; fu coniata una medaglia distintivo dei sionisti (riprodotta nel «Secolo» di Milano, del 3-4 febbraio 1902).

Allora l’opera ebraica in Palestina si rafforzò. Nel 1914 gl’istituti ebraici adottarono la lingua ebraica parlata. Ingenti somme furono raccolte per spedire e collocare famiglie ebree in Palestina: somme raccolte dal Jewish National Found, dai Chovene-Zion suddetti (capo il Wissotzki), dal banchiere ebreo Jakob H. Schiff - testè defunto di cui a traverso un rapporto della polizia segreta americana da noi ben due volte pubblicato vedemmo l'attività criminale -, dalla associazione ebreo-tedesca Judisches Hilfverein, ecc.

Un vero governo internazionale-ebraico già sostanzialmente esistente ab antiquo, si è venuto perfezionando in questi ultimi anni, ed ha funzionato completamente ed energicamente durante la guerra e durante la pace, imponendo promesse e compromessi ai capi ufficiali del mondo, perseguendo tenacemente una politica di conquista e di accaparramento su tutti i terreni vitali. Avremo modo di vedere quale è stata l’azione di questo governo che ha funzionato spesso a Londra; con «Comitati» o Commissioni per gli affari esteri, per la stampa, ecc., ecc., veri ministeri e dipartimenti di Stato. In questo quadro il sionismo rappresenta la parte vistosa di un programma i cui punti più forti sono invisibili al mondo profano.


NOTE

(1) Dalle inedite «Annotazioni contemporanee» togliamo i dati più importanti sul sionismo, dolenti che lo spazio non ci consente ospitare in questo stesso numero altri brani delle «Annotazioni».
(2) «Una dannosa e chimerica pretesa dei sionisti» in Vita Italiana, fascicolo di febbraio 1919.
Cfr. nel presente fascicolo l'articolo del console P. Brenna: Schizzi di un viaggio nell'Europa Orientale.

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(segue)


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