gennaio 01, 2011

La questione sionista ed il Vicino Oriente. – Documentazione contemporanea tratta da fonti scritte e testimonianze: Cronaca dell’anno corrente 2011.

Sinottica di «Geopolitica»
Home della «Questione sionista»
Mentre valgono le considerazioni generali già fatte per le fonti documentarie, finora individuate e raccolte, e cioè: 1°) «Oriente Moderno»; 2°) «Le peuple juif»; 3°) «Jüdische Rundschau»; 4°) Le temps; 5°) «L’Osservatore Romano»; 6°) «La Documentation Catholique»; 7°) «La Rassegna Italiana»; 8°) «La Correspondance d’Orient»;9°) «Le Matin»; 10°) «Le Figaro»; 11°) «Journal des débats politiques et litéraires»; 12°) «Journal de Genève»; 13°) «Gazetta de Lausanne», alle cui argomentazioni si rinvia, qui va fatto un diverso discorso ed illustrata una diversa metodologia. Le fonti di cui ci si serve per percorre la vicenda del sionismo e della sua occupazione della Palestina dall’anno di riferimento comunemente accettato dagli storici, cioè il 1882, sono fonti di pubblico dominio che ci consentono di arrivare fino al 1998 (“Le Nouveau Quotidien”). Ciò che non è pubblico è privato e secretato. Wikileaks, quale sia il giudizio che se ne voglia dare, è un clamoroso esempio di rivelazione di documenti diplomatici contemporanei (cablogrammi dei diplomatici americani), la cui autenticità – la sola che a noi interessi – non è stata messa in dubbio. Noi stessi siamo stati partecipi e testimoni della imponente manifestazione (200.000 persone, si disse) che in Roma, negli ultimi giorni dell’operazione “Piombo Fuso”, si snodò in pacifico corteo da Piazza Vittorio a Piazza di Porta San Paolo. Siamo anche stati testimoni della sparutissima manifestazione che il partito sionista della signora Nirenstein tenne negli stessi giorni a piazza Montecitorio, non più di 400 persone, a cui non è stato inibito l’ingresso al centro storico, davanti ai palazzi del potere. Erano però partecipi sul palco non pochi eminenti politici che davano copertura politica ad un massacro che fu poi descritto dal rapporto Goldstone e condannato dall’ONU.

Sono questi alcuni esempi dove il narratore è egli stesso protagonista o quanto meno testimone. Ma poi, per i fatti contemporanei, diventa diversa la documentazione attingibile. È possibile l’inchiesta. Sono certamente numerose le fonti giornalistiche, ma sono forse meno attendibili di quelle da noi archiviate per il passato. È giudizio consolidato che nell’impresa del sionismo un ruolo di primissimo piano ha svolto e svolge il controllo diretto ed il condizionamento dei grandi canali dell’informazione stampata e televisiva. Queste fonti, pertanto, non possono essere usate se non con un grande discernimento critico. Sono insomma molteplici le problematiche per la narrazione di una storia contemporanea e non potremo che affrontarle di volta in volta che si presentano. Noi qui consideriamo “contemporaneo” il periodo che intercorre fra l’ultima fonte di dominio pubblico, da noi citata, fino al 1998, ed il momento in cui stiamo scrivendo. La comprensione della nostra quotidianità è anche l’oggetto di un intenso scontro di natura politica fra il cittadino ovvero lo studioso che non detiene il potere, che ne è del tutto privo, e chi invece quel potere tiene saldamente nelle sue mani, non sempre e forse mai per il “bene comune”. La vicenda medio-orientale, e segnatamente il genocidio in atto del popolo palestinese, è altamente emblematica della nostra epoca, non solo per i suoi risvolti di politica internazionale, ma non in misura inferiore anche per gli aspetti della politica interna, che vedono spesso la maggior parte degli stati sotto un giogo imperiale non meno pesante e non meno odioso di quelli che lo hanno preceduto.

Sarà dunque diversa la raccolta di notizie e di dati di ogni genere dal 1998 in poi. Non meno importante sarà la cernita e selezione di ciò che si può trovare, spesso irrilevante nella sua abbondanza. Per dare un solo esempio di una ricerca che vorremmo fare, ma di cui non abbiamo i mezzi, indichiamo questo brano di Ghada Karmi:
«…Per illustrare la situazione basta un esempio. Una caratteristica della nakba, della quale si è parlato poco, furono i campi di di lavoro forzato istituiti dal nuovo Stato israeliano durante la guerra del ’48-49. Secondo la Croce Rossa Internazionale furoni istituiti cinque campi per la popolazione maschile tra i 10 e i 60 anni che ospitarono oltre 5.000 palestinesi catturati nel corso della guerra. Gli uomini lavoravano per costruire gli insediamenti israeliani e per trasferire le pietre delle case arabe distrutte, necessarie per la costruzione di nuove abitazioni per gli ebrei. I prigionieri rimasero nei campi dai due ai cinque anni, la maggior parte fu rilasciata nel 1955. Molte delle guardie dei campi erano ebrei tedeschi fuggiti dalla Germania nazista, a volte anche ex prigionieri dei campi tedeschi. Nessuno dei prigionieri palestinesi parlò di questa esperienza e questa storia è emersa solo successivamente. Fu come se nessuno riuscisse a esprimere in parole l’enormità delle sofferenze causate dall’esperienza della perdita, dell’insicurezza e dello sradicamento. La gente che doveva far fronte alla sopravvivenza quotidiana non poteva guardare al passato» (op. cit., 33).»
Se la parte debole potesse disporre degli stessi mezzi politici e finanziari della parte forte andrebbe fatta una poderosa ricerca di storia contempranea prima che la documentazione scompaia e venga distrutta. L’unica fonte indicata è la Croce Rossa, ma pare che i suoi archivi non siano attingibili, in quanto la Croce Rossa vive di donazione da parte degli stati e non avrebbe più danari se si mettesse anche a documentare ciò che vede e riscontra, facendo sorgere le responsabilità da parte degli autori di crinmini e stragi. Ma poi anche scompaiono le vittime che furono racchiusi in quei “campi di contramento”, non meno odiosi di quelli a cui ci hanno abituati la filmistica hollyvodiana ed i serial televisivi, con i quali si crea artificiosamente un “senso di colpa” in figli, nipoti e pronipoti, mentre si nascondono ai nostri sguardi i ben maggiori e inescusabili crimini del nostri giorni. Per questo esempio qui dato andrebbe fatta una ricerca, ad esempio come quella di Joe Sacco, prima che sia troppo tardi.

*

LA QUESTIONE SIONISTA
E IL VICINO ORIENTE
Home
Cronache tratte dal vivo e da fonti coeve

2010 ↔ 2012

Cronache contemporanee: 1998 - 1999 - 2000 - 2001 - 2002 - 2003 - 2004 - 2005 - 2006 - 2007 - 2008 - 2009 - 2010. Anno iniziale della ricerca: 1882. Anno di inizio raccolta dati: 1921. Altri anni di riferimento: 1935 - 1948 - 1991 -


Cronaca generale a fonti documentarie unificate degli anni: 1882 - 1883 - 1884 - 1885 - 1886 - 1887 - 1888 - 1889 - 1890 - 1891 - 1892 - 1893 - 1994 - 1895 - 1896 - 1897 - 1898 - 1899 - 1900 - 1901 - 1902 - 1903 - 1904 - 1905 - 1906 - 1907 - 1908 - 1909 - 1910 - 1911 - 1912 - 1913 - 1914 - 1915 - 1916 - 1917 - 1918 - 1919 - 1920 1921 1922 - 1923 - 1924 - 1925 - 1926 - 1927 - 1928 - 1929 - 1930 - 1931 - 1932 - 1933 - 1934 - 1935 - 1936 - 1937 - 1938 - 1939 - 1940 - 1941 - 1942 - 1943 - 1944 - 1945 - 1946 - 1947 - 1948 - 1949 - 1950 - 1951 - 1952 - 1953 - 1954 - 1955 - 1956 - 1957 - 1958 - 1959 - 1960 - 1961 - 1962 - 1963 - 1964 - 1965 - 1966 - 1967 - 1968 - 1969 - 1970 - 1971 - 1972 - 1973 - 1974 - 1975 - 1976 - 1977 - 1978 - 1979 - 1980 - 1981 - 1982 - 1983 - 1984 - 1985 - 1986 - 1987 - 1988 - 1989 - 1990 - 1991 - 1992 - 1993 - 1994 - 1995 - 1996 - 1997 - 1998 - 1999 - 2000 - 2001 - 2002 - 2003 - 2004 - 2005 - 2006 - 2007 - 2008 - 2009 - 2010 - 2011


Top supra
Cap. 1 ↓ infra ⇒

Capodanno di sangue nella Striscia


«Noi i pastori li mettiamo nel presepe, gli israeliani li mettono sotto l'albero. Quattro metri sotto». Così ha sardonicamente commentato su Facebook il mio amico Otaku, la notizia dell’ultimo civile palestinese ammazzato dai soldati israeliani.

E in effetti durante il periodo natalizio sia in West Bank che a Gaza si è registrata una escalation di attacchi contro i pastori palestinesi, oltre che contro i contadini e raccoglitori di materiale di riciclo ormai drammaticamente obbiettivi abituali dei tiratori scelti di Tel Aviv.

Il 15 dicembre il Palestinian Center for Human Rights ha denunciato come Ibrahim Hassan, 28 anni, è stato assalito da un gruppo di coloni israeliani mentre pascolava il suo bestiame a sud di Nablous. Hassan è riuscito a liberarsi e darsi alla fuga mentre 2 delle sue pecore veniva uccise dai coloni.

Sempre nei pressi di Nablous, 3 giorni dopo, il 18 dicembre, un gruppo di israeliani armati provenienti dalle colonie di “Eitamar” hanno attaccato Sameer Mohammed Bani Fadel, mentre stava pascolando le sue pecore a est del villaggio di Aqraba. Il pastore è scappato sotto le minacce degli estremisti israeliani che dopo aver raggruppato le sue pecore vicino a dei cespugli secchi gli hanno dato fuoco. Risultato: 12 pecore arse vive e altre 7 gravemente ustioniate, un atto abominevole e un grave danno economico per il pastore palestinese.

Probabilmente il mio amico commenterebbe che i coloni si sono dovuti difendere, visto mai ci fosse stata una pecora kamikaze.

Qui a Gaza i pastori non hanno trascorso un Natale migliore.

Il 19 dicembre Ejmaian Fareed Abu Hwaishel di 19 anni, stava pascolando le sue bestie a Beit Lahiya, Nord della Striscia, quando cecchini israeliani piazzati sulle torri di osservazione hanno sparato verso di lui ferendolo al piede destro.

L’episodio più grave in questo periodo è certamente l’omicidio a sangue freddo di un altro pastore, avvenuto il 23 dicembre: Salama Abu Hashish.

Salama, giovane beduino di vent’anni, che sin da bambino per tirare a campare faceva pascolare le sue pecore dalle parti di Beit Lahiya, a Nord della Striscia, è stato colpito alle spalle da un cecchino israeliano mentre a detta del padre, si trovava a più di 300 metri dalla linea di confine.

Il proiettile gli perforato uno dei reni. Trasportato via prima a spalla, poi sopra un carretto trainato da un asino ed infine sopra ad un ambulanza, è stato operato d’urgenza all'ospedale di Kamal Adwan di Beit Lahiya , ma è morto subito dopo l’uscita dalla sala operatoria.

E cosi’ il mio Natale si è tramutato in un funerale: la veglia funebre all’ultima vittima dell’oppressione israeliana su Gaza, la tredicesima dall’inizio di novembre.

“Tutto questo è a causa dell'occupazione e della povertà che ha generato a Gaza! Salama rischiava molto andando nei pressi della buffer zone ma non aveva altre possibilità per dare da mangiare ai suoi animali”. Ha riferito ad un compagno dell’International Solidarity Movement lo zio del ragazzo ucciso mentre il padre Khalil domandava a me a quando la fine di questo onda di omicidi impuniti contro i civili di Gaza.

Nel piano superiore dell’abitazione, sopra il al tendone nel quale i parenti si alternavano con gli occhi lucidi scambiandosi dignitosissime condoglianze, impercettibile l’urlo soffocato di disgrazia della moglie di Salama con in braccio Ghassan, il figlio appena nato. Il cecchino israeliano con un solo proiettile ha ucciso un uomo, reso vedeva una giovane donna di 18 anni e orfano il suo primogenito, venuto al mondo appena poche ore prima dell’omicidio del marito.

Salama non ha avuto neanche il tempo di dare il nome a suo figlio.

Restiamo Umani.
Vittorio Arrigoni
da Gaza city

Torna al Sommario.
Archivi storici svizzeri: Journal de Gèneve - Gazette de Lausanne - Le Nouveau Quotidien. - Quotidiani francesi, tratti dalla Biblioteca Gallica: Journal des débats - Le Figaro - Le Matin - Le Temps - Navigazione: Indice delle Fonti e Repertori: Cronologia - Analitico - Elenco di tutte le fonti utilizzate -

(segue)

Nessun commento: