gennaio 03, 2011

Wikileaks: 7. Il coperchio di nome Israele.

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Non ci vuole troppa immaginazione per sapere di che lagrime e di che sangue grondi lo «Stato ebraico di Israele». Che dai cablogrammi venuti in possesso di Wikileaks possano venire fuori tanti segreti di Pulcinella è cosa assolutamente prevedibile solo che si tratti di materiale autentico, il che finora non è stato messo da nessuno in dubbio, ch’io sappia e sempre che non si tratti di un colossale inganno. È da dire però che lo «Stato criminale» di Israele – per riprendere una terminolgia di Jaspers – basa la sua politica su due fattori: uno materiale, di forza pura e bruta, in barba a qualsiasi principio di diritto internazionale e in dispregio di qualsiasi principio di logica umana e di senso dell’equità; l’altro fattore consiste in una produzione di immagine caratterizzata non da singoli fotogrammi, spesso facilmente criticabili, ma su un flusso continuo, ininterrotto di slogans, che fondano la loro efficacia non sulla loro contenuto intrinseco, ma nel puro meccanismo della ripetizione e della persuasione subliminale. Per questa via gli Ideologi del sionismo pensano di poter ribaltare le evidenze: il bianco che diventa nero ed il nero bianco, l’aggredito un aggressore e l’aggressore un aggredito, e così via.

Sommario: 1. Un altro genocidio era pronto a scattare alla fine del 2009. – 2. Wikileaks citato da Robert Fisk. – 3. Il patto con il diavolo. –

1. Un altro genocidio era pronto a scattare alla fine del 2009. – Andando al link si accede su una delle più becere ed ottuse testate sioniste, che opera in Italia. Ancora non riusciamo ad abituarci a questo genere di linguaggio e quindi ad evitare i nostri toni di indignazione. Tuttavia, si noti per un verso la conferma di ciò che continuamente temiamo: una nuova guerra di sterminio. Dai cablo emergerebbe che un’operazione stava per scattare alla fine del 2009, ad appena un anno da “Piombo Fuso”, a riprova del fatto che il regime di Tel Aviv confida sulla più completa impunità, garantita dagli Usa e dalla copertura internazionale dei governi vassalli. Non ripetiamo qui giudizi già espressi, ma annotiamo i cablo di Wikileaks sul capitolo Israele. Aspettiamo di poter attingere direttamente agli originali, ma intanto è pure interessante rilevare come la stampa di sostegno ad Israele riporta ed interpreta le notizie.

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2. Wikileaks citato da Richard Falk. – La questione ha una sua complessità, ma ciò che ha attirato la mia attenzione è l’utilizzo che Richard Falk ha fatto in questo brano di un recente articolo. Lo riporto ampiamente:
«…Sotto l’affidarsi alla forza eccessiva come dottrina strategica che Israele persegue, si nascondono subdole idee razziste: che le vite israeliane valgono molte volte quelle palestinesi e che i palestinesi, come tutti gli arabi, capiscono solo il linguaggio della forza (sostanzialmente un'idea genocida lanciata di prepotenza anni fa, in un celebre libro La Mente Araba di Raphael Patai, pubblicato nel 1973). È anche parte di un metodo punitivo di occupazione, soprattutto a Gaza, dove i cablogrammi di Wikileaks confermano ciò che da tempo si sospettava: "Come parte del loro piano di embargo totale contro Gaza, fonti israeliane hanno confermato [a funzionari dell'ambasciata statunitense] in più occasioni che è loro intenzione mantenere l'economia di Gaza sull'orlo del collasso, senza proprio spingerla oltre il limite.” (cablo pubblicato il 5 gennaio 2011 sul Norwegian Daily).

L’allora Primo Ministro Ehud Olmert, in un discorso tenuto nel gennaio 2008 ha detto del blocco: "Non impediremo la fornitura di alimenti per bambini, di medicine per chi ne ha bisogno e di combustibile per salvare vite umane... Ma non c’è alcuna giustificazione per esigere che noi consentiamo agli abitanti di Gaza di vivere normali vite mentre bombe e razzi vengono lanciati dalle loro strade e cortili [verso il sud di Israele]”.

Questa è stata una chiara ammissione di punizione collettiva della popolazione civile fatta dal leader politico israeliano del momento, che violava platealmente l'articolo 33 della Quarta Convenzione di Ginevra che ciò vietava nel modo più assoluto. Cotanta madornale criminalità dovrebbe costringere i leader politici israeliani a sottoporsi a meccanismi internazionali per far sì che i singoli responsabili di crimini contro l'umanità siano perseguibili. È altresì evidente che il blocco è punitivo, e non una risposta alla violenza transfrontaliera che, per inciso, ogni volta è stata più distruttiva di vite umane e proprietà palestinesi che non israeliane…» (Fonte).
Se un esperto come Falk suffraga ciò che si apprende da Wikileaks, allora lo possiamo fare anche noi. Si rivela anche falsa e strumentale la lettura dei cablo tentata da alcuni propagandisti nostrani, usi a stravolgere le evidenze più immediate ed elementari.

3. Il patto con il diavolo. – Andando al link del titolo si accede ad un articolo di Israel Shamir, che mi è di conforto in una mia opinione del primo momento. Ammesso che i cablo siano autentici, cosa che nessuno ha finora mai contestato, si tratta di saperli interpretare e comunicare. Ed è cosa non da poco ed è cosa che i giornali a cui Assange ha affidato il suo materiale non possono e non vogliono fare. Tutti questi problemi sono ben dipanati da Shamir con particolare riguardo ad Israele, che sembra contento delle rivelazioni di Wikileaks.

4. Qualcosa incomincia a venir fuori. – I dati grezzi di Wikileaks devono essere elaborati ed interpretati, almeno finché ce lo lasciano fare e possiamo farlo. Sapendo appena poche cose, non è difficile desumere che un governo come quello di Abu Mazen è il classico regime fantoccio, di cui ci si serve per non gestire in diretta e in prima persone le faccende sporche che possono compromettere la propria immagine pubblica. Che per i palestinesi sia stata pensata da sempre, intendo fin dal 1882, un vero e proprio genocidio, una cancellazione stile indiani di America, lo sapevamo. Adesso apprendiamo di questa “genialata” della Condoliza che avrebbe voluto collocare i profughi palestinesi in Cile. Le cose vanno di male in peggio e questo mondo si dimostra ogni giorno che passa sempre più brutto.

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