marzo 13, 2011

La questione sionista ed il Vicino Oriente – Tratte da “Oriente Moderno” cronache dell’anno 1921: § 11a: Discorso di Churchill sul Medio Oriente

§ 11a/1921 § Precedente/Successivo
La lettura di «Oriente Moderno», anno 1921, secondo semestre, offre una sobria e rigorosa rassegna stampa delle notizie sulla Palestina, il Vicino Oriente e l’affermarsi del sionismo. È qui possibile una duplice modalità di lettura: in verticale (↑↓), a papiro, in un singolo post, di tutto e del solo testo originale dei fascicoli mensili, dove diviso per capitoli (cap., c.) e annate con qualche illustrazione grafica si affianca qui una diversa lettura in modalità orizzontale (← →), a libro, di ogni singolo paragrafo (§), dove è possibile un commento critico con webgrafia, note, iconografia e ogni utile integrazione. Il Lettore che desidera leggere i testi senza nessuna mediazione del Curatore può spostarsi sulla lettura verticale, a papiro, con un semplice clic sul numero del Cap., mentre chi vuole un’analisi e discussione dei testi ovvero avvalersi degli apparati forniti dal Curatore ovvero partecipare al Forum, può trovare maggiore interesse in un diverso editing dello stesso testo. Si spera che la segnaletica approntata e le numerose pagine di raccordo agevolino la navigazione in un ipertesto di dimensioni enciclopediche.

§ 11a

c. 11a §§ § 10a12a

Discorso di Churchill sul Medio Oriente

da: Oriente Moderno,
Anno I, Nr. 2,
15 luglio 1921, p. 82-85

Discorso Churchill sul Medio Oriente.Il 14 giugno Churchill tenne alla Camera dei Comuni il suo primo discorso da Ministro delle Colonie, sul bilancio di 27.197.000 sterline per «stipendii e spese nel Medio Oriente».

Egli ricorda che l’Inghilterra, sostituendosi al Governo turco in Palestina e in Mesopotamia, si è impegnata a provvedere al loro avvenire e non può ora mancare ai suoi obblighi. Certamente essi non sono illimitati, e potrebbe presentarsi la dura necessità di riconoscere come le risorse finanziarie e militari inglesi non permettano di fare di più. Ma non si è ancora giunti a tanto; anzi appare giustificata la speranza di una felice soluzione, purché le spese di Mesopotamia e Palestina vengano ridotte entro limiti pratici e ragionevoli. Tale è stato il suo primo pensiero.

Qui Churchill fa la storia del Dipartimento per il Medio Oriente da lui fondato per coordinare l’azione politica e militare in quelle regioni; esso dipende direttamente dal Ministero delle Colonie ed è responsabile di fronte al Parlamento, che vota separatamente le questioni ad esso relative. La sua formazione permise di ridurre gli effettivi; impresa impossibile finché la direzione militare era separata da quella politica.

Se l’attuale politica potrà svolgersi secondo le sue previsioni, i preventivi normali del 1922-23 per ambedue quei paesi non supereranno 9 o 10 milioni di sterline, 10 milioni meno dell’attuale bilancio.

Parla poi dei metodi e della politica che permetteranno di raggiungere tali risultati, e comincia dalla Mesopotamia od Irak, a cui nel giugno 1920 l’Alto Commissario Cox promise la prossima costituzione di un Governo arabo sotto un sovrano arabo. Promessa in gran parte adempiuta; da parecchi mesi funziona un Governo provvisorio indigeno formato dal Naqib di Bagdad che malgrado la tarda età ha reso preziosi servizi, (vedi più avanti, in O.M. p. 90, col. I: qui in nota 1).

Il Governo provvisorio sarà sostituito nell’estate da un Governo basato su di un’assemblea eletta dal popolo dell’Irak, con un sovrano arabo gradito all’Assemblea e con un esercito arabo per la difesa nazionale.

L’Inghilterra non intende imporre all’Irak un principe che non sia stato scelto dal paese, ma quale Potenza mandataria non si può disinteressare di tale questione.

Toccherà al Commissario Percy Cok [1864-1937], profondo conoscitore del paese, ed avente rapporti personali con i notabili del paese e con i vari candidati, di guidare il popolo dell’Irak nella sua saggia e libera scelta. Le politiche possibili verso gli Arabi sono due: tenerli divisi, incoraggiare le autonomie locali e fomentare le gelosie fra tribù (e questa fu la politica turca prima della guerra). Oppure, – unico programma compatibile con le promesse fatte agli Arabi durante la guerra, – tentar di costituire intorno a Bagdad uno Stato arabo amico dell’Inghilterra e dei suoi alleati, capace di far rivivere l’antica cultura, le antiche glorie della razza. L’Inghilterra ha deciso di seguire questa seconda politica. L’unica base, su cui ci si possa fondare per dar soddisfazione alla nazione araba, è la casa Sceriffiana della Mecca. Il Re Husein e i suoi figli Faisal e Abdallah dichiararono la guerra ai Turchi e parteciparono validamente alla guerra per la liberazione della Palestina. Ambedue gli Emiri hanno grande influenza nell’Irak, nella classe religiosa come in quella militare, e fra gli Sciiti. «Gli aderenti di Faisal l’hanno invitato a recarsi in Mesopotamia ed a presentarsi al popolo e all’assemblea che verrà fra poco convocata. Il re Husein gli ha permesso di accettue l’invito, e l’Emiro Abdallah ha rinunciato ai propri diritti in suo favore. Ho informato l’Emiro Faisal, in risposta alla sua richiesta che non venga ostacolata la sua candidatura, che egli è libero di recarsi in Mesopotamia, dove, se viene scelto, sarà riconosciuto e appoggiato dall’Inghilterra. Egli ha già lasciato la Mecca e giungerà in Mesopotamia fra una decina di giorni».

Se l’Assemblea Nazionale, una volta eletta, sceglierà Faisal, vi sarà ragione di bene sperare nell’avvenire del Governo responsabile che l’Inghilterra si propone di appoggiare finché esso, capace di fare da sé, le permetta una rapida e regolare riduzione dei suoi oneri.

«La difesa dell’India potrà meglio organizzarsi sulla nostra frontiera strategica; la Mesopotamia non è come l’India, di capitale importanza strategica per noi. Noi siamo fortemente in favore della soluzione sceriffiana tanto in Mesopotamia che in Transgiordania, ed aiutiamo lo Sceriffo della Mecca, danneggiato finanziariamente dalla sospensione del pellegrinaggio che nell’interesse dei nostri sudditi musulmani vogliamo veder restaurato». Bisognerà sorvegliare con cura le ripercussioni di tale potitica sulla setta potente dei Wahhabiti, che è in guerra con Husein e con tutti i suoi vicini. Il capo dei Wahhabiti si è mostrato ben disposto verso l’Inghilterra ed è in intimi rapporti con Sir Percy Cox. Gli verrà continuato il sussidio di 60.000 Lst., subordinato al mantenimento dell’ordine e soggetto a confische per indennizzare le vittime di sue eventuali aggressioni.

Si spera di instaurare a Bagdad il Governo e il Sovrano arabo per la fine dell’anno finanziario.

«L’esercito arabo è già in parte costituito sotto l’attuale ministro della Guerra di Mesopotamia, devoto sostenitore di Husein; le relative spese graveranno sul bilancio mesopotamico. Vi sono inoltre reclute arabe che saranno gradatamente assorbite dall’esercito arabo e che vengono mantenute dall’Inghilterra, e reclute curde e siriane. Queste forze sostituiscono le truppe inglesi ritirate; alla fine dell’anno vi saranno in Mesopotamia, oltre le truppe locali, circa 12 battaglioni di fanteria inglese e indiana, sufficienti per tenere Bagdad e le comunicazioni fluviali col mare. Vi sono poi le forze aeree: 6 squadriglie di aeroplani; l’anno prossimo se ne aggiungeranno altre due. Esse serviranno al contatto con le truppe dei centri locali per prevenire disordini, sostenere posti isolati, tenere i funzionari politici in relazione con i loro distretti, e mantenere l’ordine. Vi è una squadriglia aerea in Palestina e tre in Egitto. Sono in corso preparativi per stabilire partenze regolari di aeroplani fra il Cairo e Bagdad; una volta tracciata questa via transdesertica, le intere forze della Mesopotamia potranno venir trasportate in Palestina o in Egitto, e viceversa, riducendo cosi il totale delle squadriglie. Saranno organizzati anche servizi aerei postali, commerciali e per passeggeri, formando un anello importante nella catena delle comunicazioni imperiali che potranno un giorno abbreviare, con grande vantaggio, le comunicazioni con l’India, l’Australia e la Nuova Zelanda».

Churchill parla poi del Kurdistan.

«Prima di lasciare Bagdad, Sir Percy Cox comunicò ai Turchi che, in attesa del plebiscito stabilito per loro dal Trattato di Sévres, egli avrebbe continuato ad amministrare il distretto del Kurdistan. I Curdi non vedono con tanto favore la possibilità di venire sotto un Governo arabo; sono state fatte quindi inchieste in tutto il Kurdistan e si è visto che gli abitanti del Kurdistan meridionale accetterebbero l’unione con l’Irak solo se venissero governati direttamente dall’Alto Commissario e non dal Governo arabo. Cox dunque adempirebbe ad una doppia funzione rispetto all’Irak e al Kurdistan, presso a poco come l’Alto Commissario per il Sud Africa con l’Unione, la Rhodesia e i territori abitati da indigeni».

«La regione verrà naturalmente amministrata come una zona commerciale unica. Si spera che più tardi, raggiunta una certa stabilità, vi sarà completa comunanza, e mano a mano che il Governo arabo si rinforzerà, potremo ridurre i nostri effettivi al disotto del limite fissato, lasciando finalmente a lui la massima parte se non l’intera responsabilità, possibilmente con l’aiuto di reclute curde. Anche il Kurdistan avrà le sue truppe curde, che formeranno un valido baluardo contro infiltrazioni bolsceviche e kemaliste. Una volta costituito il Governo arabo, siamo pronti a concretare col suo Sovrano un trattato che ne riconosca in modo più diretto l’indipendenza, riducendo cosi sempre più i nostri oneri».

«Sui 7 od 8 milioni di sterline del bilancio mesopotamico previsto per l’anno prossimo, circa 1.252.000 Lst. saranno destinate all’aviazione, il resto per spese militari e sussidi. Io non posso garantire che questo mio programma darà tutti i risultati sperati, affermo semplicemente che esso rappresenta quanto si è potuto stabilire di meglio e ch’esso ha ottenuto l’appoggio generale fra i competenti, militari, civili e aeronautici, che vi hanno collaborato».

«Il problema della Palestina è più acuto di quello mesopotamico, ma militarmente molto minore, per la diversa posizione geografica dei due paesi. Lo scontento in Palestina è dovuto al movimento Sionista ed agl’impegni inglesi verso di esso. Senza tali circostanze la guarnigione inglese potrebb’essere notevolmente ridotta. Alla fine dell’anno scorso essa venne portata da 16.000 a 7 .000, con 5.000 combattenti quanti sono oggi. Questo numero lungi dal diminuire in un prossimo avvenire dovrà forse venir aumentato. Le spese totali dell’anno scorso furono di 6.500.000 Lst. Quest’anno saranno 4.500.000, di cui 2.000.000 per smobilitazione e rimpatrio di truppe indiane che hanno ormai sgombrato il paese. Quanto alla nostra posizione rispetto agli Ebrei e agli Arabi palestinesi, vi è la dichiarazione Balfour, approvata dal Consiglio Supremo degli Alleati a S. Remo e introdotta nel progetto di mandato che verrà presentato fra breve alla Lega delle Nazioni».

BANBURY: «La Lega sarà rappresentata in Palestina e Mesopotamia?»

CHURCHILL: «No. Le cose sono già abbastanza complicate come sono! I mandati vengono esercitati in forza dello Statuto della Lega. La promessa della sede nazionale fatta agli Ebrei presenta questa difficoltà, che essa non s’accorda con la nostra politica regolare di consultare sui loro desideri le popolazioni dei paesi soggetti a mandati e di conceder loro istituzioni rappresentative appena sono preparati a valersene. In Palestina tali istituzioni verrebbero indubbiamente adoperate per proibire ogni ulteriore immigrazione ebraica. Le difficoltà sono molte, ma credo che con pazienza, sangue freddo e un po’ di fortuna, ne usciremo. Vi sono in Palestina 500.000 Musulmani, 65.000 Cristiani e circa 65.000 Ebrei. Secondo il programma sionista d’immigrazione vi sono stati introdotti circa 7.000 Ebrei. E gli Arabi sono preoccupati ed eccitati non tanto dal numero degli immigranti quanto dalle ripetute ed entusiastiche dichiarazioni fatte – a buon diritto – dall’organizzazione sionista in tutto il mondo intorno alla loro speranza di fare della Palestina un paese prevalentemente ebraico, popolato dagli Ebrei di tutto il mondo. Gli Arabi temono poi che questi Ebrei verranno specialmente dall’Europa centrale e in particolare dalla Russia, e credono che nei prossimi anni ne arriveranno delle ventine di migliaia, che si impadroniranno della terra e diverranno i padroni assoluti del paese. Tali timori sono infondati. I Sionisti, per ottenere l’appoggio necessario, debbono condurre un’ardente propaganda ed affermare il loro programma con la massima convinzione; ciò ha preoccupato gli Arabi, non le proporzioni presenti e future dell’immigrazione. Abbiamo in Palestina Sir Herbert Samuel, esperto uomo politico liberale e sionista convinto. Gli Arabi non hanno nulla a temere, perchè l’immigrazione è severamente controllata come numero e qualità ed è proporzionata alle risorse del paese che oggi è indubbiamente troppo poco popolato. Sfido chiunque abbia visto le colonie ebraiche in Palestina a consigliare al Governo di abbandonarli agli attacchi dei fanatici, e di vietare l’immigrazione dopo gl’impegni presi; ciò equivarrebbe al riconoscimento che la parola dell’Inghilterra in Oriente non conta più. Se saranno concesse istituzioni rappresentative agli Arabi di Palestina, come spero, verranno presi provvedimenti per salvaguardare, entro limiti ragionevoli, l’immigrazione degli Ebrei, poichè essi bastano a sè stessi e creano i propri mezzi di sussistenza». Qui Churhill spiega come i capitali e l’attività degli Ebrei potranno accrescere la ricchezza e la popolazione del paese per il bene di tutti i suoi abitanti.

Parla poi della Transgiordania (v. supra, n. 4a), che è una delle parti più preziose della Palestina. «In questa regione non teniamo truppe e negli ultimi due anni il disordine vi è stato continuo. È necessario darle un governo stabile, non solo per noi ma anche per i Francesi, poichè la zona nord della Siria è contigua al confine settentrionale della Transgiordania. Noi siamo contrarii ad assumere la spesa di mantenervi due o tre battaglioni e il rischio di vederli isolati e circondati da sollevazioni dei Beduini. Siamo perciò ricorsi ai buoni uffici dell’Emiro Abdallah, ed abbiamo conferito a lungo con lui: egli si è impegnato a mantenere l’ordine interno; la squadriglia aerea di Lidda e alcune autoblindate sono a sua disposizione».

«La nostra politica generale di collaborazione con la famiglia sceriffìana non è in nessun modo contraria agli interessi francesi, anzi è il mezzo più sicuro per garantire la Francia da torbidi in Siria, da parte di influenze arabe con le quali essa è disgraziatamente in disaccordo. Esiste purtroppo uno stato latente di recriminazione fra funzionari inglesi e francesi nel Medio Oriente che però non si estende agli uomini responsabili da ambo le parti e che, sono convinto, verrà soppresso dalle autorità superiori dei due paesi 0vunque si manifesti».

«Se vogliamo conservare la nostra posizione e far frome alle nostre responsabilità nel Medio Oriente, l’Inghilterra e la Francia dovranno seguire insieme una politica di pacificazione e di amicizia tanto con i Turchi che con gli Arabi. Tutti questi sforzi saranno vani se non vengono appoggiati da una pacifica e durevole soluzione della questione turca, ed essa non è raggiungibile se la Francia e l’Inghilterra ostentano un’assoluta impotenza. Noi dobbiamo avere i mezzi di difendere i nostri vitali interessi, e dobbiamo mostrare di possederli e manifestarci capaci, in caso di necessità, di valercene. Se ci mostriamo impotenti o incapaci di difenderci, non otterremo quella pace durevole con la Turchia che da mesi è il nostro scopo principale. Soltanto in base a questa pace potranno realizzarsi le speranze di ridurre notevolmente quei pesi che Francia ed Inghilterra sopportano in seguito ai loro impegni nel Medio Oriente».

V. d. B.

(1) Faisal a Bagdad. - Secondo l’Agenzia Reuter l’Emiro Faisal è giunto a Basra il 24 e prosegue per Bagdad, dove si riunirà l’Assemblea Nazionale Mesopotamica, convocata per eleggere un sovrano. (Daily Herald, 25 - 6 - 1921). Y. d. B.

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