marzo 25, 2010

Criticità geopolitiche: A. Fatti e antefatti nei rapporti USA-Israele: 1. La crisi Netanyahu vs Obama.

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Sono certamente limitate le possibilità del cittadino comune di comprendere le grandi crisi della politica internazionale. Spesso siamo oggetto di manovre politiche, anche quando sembra che si cerchi il nostro consenso. Basta citare il caso a tutti noto di come si è è stati indotti su una mera e consapevole menzogna ad accettare la guerra illegale, aggressiva e preventiva, che in Iraq è costata milioni di morti e di profughi, danni materiali, culturali, spirituali incommensurabili e irreparabili. Tutto in nome della nostra bella e marcia democrazia da dover esportare a suon di bombe? No! La logica del dominio e della sopraffazione non è diversa da quella delle epoche passate. Vale oggi più che mai il modello hobbesiano che vuole gli stati in perenne stato di natura nelle relazioni reciproche, a base di inganni sempre e di sopraffazione quando è possibile. Ben sapendo che la nostra analisi ha limiti strutturali, dipendenti dalla mancanza di informazioni tanto segrete quanto essenziali, come pure dalla povertà delle nostre relazioni sociali, tentiamo tuttavia con i dati a nostra disposizione di comprendere quelli che paiono essere momenti critici nelle relazioni internazionali, e proprio per questo, forse, momenti di passaggio e di svolta. Iniziamo dunque una serie di analisi, collegate da una stessa tipologia, e distinti in episodio, anche distanti parecchi decenni l’uno dall’altro.

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Sommario: 1. Come andrà a finire? –

1. Come andrà a finire? – Non senza vergogna e forti perplessità continuiamo a monitorare l’immonda «Informazione Corretta», di cui sospettiamo una diretta dipendenza da Uffici isrealiani. Esistono in Israele cittadini con la doppia cittadinanza, con passaporto israeliano e italiano. Noi che di patria e cittadinanza ne abbiamo una sola non pensiamo di poterla condividere con concittadini a metà. Sorvolo qui su un problema antico e mi limito a rilevare una sorta di quinta colonna presente non da oggi nella politica italiana. Certamente, attraverso le testate sioniste in lingua italiana abbiamo un più comodo accesso nelle articolazioni del sionismo made in Israel. L’articolo di R. A. Segre ci è utile soprattutto per averci dato tre indicazioni di ricerca, anzi quattro, che andremo a studiare separamente. L’ultima è quella attuale, per la quale non mi spaccio come profeta che sa come andrà a finire. Certamente, serve già adesso per riflettere sul ruolo della cosiddetta più antica democrazia del mondo, quella americana, dove un ben individuabile lobby sembra farla da padrona. Potendo condizionare, finanziariamente, le elezioni di tutti gli uomini politici che hanno ambizioni, riescono in questo modo a far passare posizioni e decisioni che al comune buon senso sembrano non solo assurde, ma contrarie ad ogni senso di giustizia ed in ultimo anche agli interessi politici e materiali della stragrande maggioranza degli americani, come hanno dimostrato i due politologi americani Mearsheimer e Walt nel loro libro sulla Israel lobby e la politica estera americana, un libro che la stessa lobby non è riuscita ad affossare.

I tre momenti critici che precedono quello attuale sono stati dunque i seguenti: 1°) Nel 1956 quando Eisenhower impose a Ben Gurion di ritirarsi dall’Egitto; 2°) nel 1975 quando Kissinger obbligò Rabin ad evacuare il Sinai minacciando una “revisione” dei rapporti israelo-americani; 3°) nel 1991 quando si minacciò da parte americana la cancellazione della copertura dei credit se non fosse mutata l’occupazione della Palestina. Questi sono i momenti che individua un esperto come R. A. Segre. Se ve ne siano stati altri, da lui non apprezzati, vedremo. Per adesso iniziamo la nostra analisi con questi quattro momenti. Non ci interessa di percorrere i dieci motivi elencati dal noto sionista e che esprimono i suoi pregiudizi o almeno le sue angolazioni mentali, che non sono certamente le nostre. Noi, infatti, non parleremmo mai di «schiena dritta» per Netanyahu, ma di faccia tosta e di mancanza del più elementare senso del pudore. Ma fra sionisti, fra il Segre che scrive sui media italiani ed il suo capo in Israele, si si copre e ci si sostiene a vicenda, per nostra disgrazia e a nostro danno. Ciò che invece viene a noi in mente , se la situazione dovesse precipare, è il ricordo di improvvise scomparse di presidenti americani., senza che poi se ne sappia nulla, come ancora nulla di certo si sa sull’11 settembre, dove il primo a gioire fu proprio Netanyahu, per le previste ricadute positive in favore di Israele. Quanto e se Obama abbia un suo disegno politico da far valere, è quello che vedremo nei prossimi giorni e nei prossimi mesi. Ed è quello direi che al mondo più interessa, un mondo dove gli USA hanno una potenza militare che sopravanza quella di tutti gli altri messi insieme.

Quanto al “quarto motivo” enunciato da R.A. Segre vi è da dire che, a causa della lobby che non esiste, sono in molti a credere il contrario di ciò che lui dice: è l’imperialismo americano ad essere al «servizio» della follia sionista. Il libro di Mearheimer e Walt non dimostra proprio questo? Per una diversa analisi da quella del sionista Segre è utile la lettura di una vecchia firma come quella di Giampaolo Calchi Novati, il cui testo è edito dai «corretti informatori» in modo quasi del tutto illegibile.

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(segue)

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