Il Congresso siriano-palestinese. – Sul Congresso Siriano-palestinese, di cui abbiamo dato già notizia (1), prendiamo da una corrispondenza inviata da Ginevra
da Ali el-Ghaiati alla
Correspondance d’Orient le seguenti notizie e considerazioni, che mostrano meglio il significato e il carattere di tale importante avvenimento. Vi è chiaramente mostrato il dissidio siriano-palestinese.
Nello scorso aprile il Comitato Centrale della «Unione siriana» del Cairo aveva lanciato un appello invitando tutti i partiti politici che lavorano per l’indipendenza e l’unità della Siria a riunirsi in congresso a Ginevra nel momento della discussione dei Mandati presso
la Società delle Nazioni.
Il progettato Congresso Siriano aveva per iscopo di unificare lo sforzo dei partiti che vi doveano prendere parte, e di far valere avanti alla
Società delle Nazioni i diritti della Siria una e indivisibile, come pure i voti dei suoi abitanti. Avendo parecchi partiti risposto all’invito della «Unione Siriana», questa fissò definitivamente la data di riunione del Congresso per
il 25 agosto 1921.
A questa data infatti il Congresso tenne una seduta preliminare a Ginevra.
Non essendo ancora giunti parecchi delegati, si rinviò la continuazione dei lavori
al 27 agosto, e in questo giorno il Congresso Siriano fu aperto ufficialmente.
Le organizzazioni politiche che si sono fatte rappresentare a questo Congresso sono nove, e cioè:
Il Comitato centrale dell’Unione Siriana (Cairo), il Comitato palestinese d’Egitto (Cairo), la Delegazione palestinese (Gerusalemme), l’Indipendenza araba (Transgiordania, Palestina, Siria), il Consiglio amministrativo del Libano (in esilio), il Partito nazionale arabo (Buenos Ayres), l’Indipendenza e l’unità della Siria (Santiago), «National League for liberating Syria» (New-York) e «Syrian National Society» (Boston).
Il totale dei congressisti rappresentanti questi enti fu di quindici persone.
Da uno dei quattro delegati dell’Indipendenza araba era anche rappresentato il ben
noto Ibrahim Hanano (2), che le autorità inglesi in Palestina, ove egli era arrivato di recente, hanno ora arrestato e consegnato ai suoi nemici francesi.
Il Congresso, fino ad allora giustamente chiamato «Siriano», il giorno della sua inaugurazione fu detto invece «Siriano-palestinese», per l’intervento dei delegati palestinesi arrivati da Londra. Costoro, che in principio avevano tentato di fare un congresso essenzialmente arabo, denominandolo «Congresso Arabo», incontrarono una viva opposizione, specie da parte dell’Unione Siriana, in seguito alla quale essi si limitarono a reclamare che si aggiungesse la parola «palestinese». Per evitare ogni malinteso il Congresso accolse la loro domanda. Fu un primo colpo contro l’unità siriana; ma non fu - ben inteso - l’ultimo.
I Palestinesi, che sembravano adottare il punto di vista inglese riguardo al problema arabo, non potevano accettare una politica unitaria siriana che avrebbe fatalmente irritato gli ambienti inglesi che essi credevano favorevoli alla loro causa. Sembra che questi ultimi vedano in ogni tendenza unitaria una manifestazione segreta della politica francese. Qualunque spiegazione e qualunque rassicurazione da parte dei Siriani, i quali non vogliono il Mandato francese e lottano apertamente contro la ingerenza francese, furono inutili. La delegazione Palestinese, la cui preoccupazione dominante è di sbarazzarsi del Sionismo, teneva più che ad ogni altra cosa, ad allontanare qualunque argomento che sembrasse sospetto agli occhi degli Inglesi.
Sin dal primo contatto i suoi inviati, che non erano tutti dei più capaci, hanno nettamente espresso la loro opinione a questo riguardo, ed hanno, per così dire, spostato la discussione. Per guadagnarli alla propria causa il Congresso si è indotto a prendere una risoluzione particolare di cui ecco la traduzione letterale:
«Il Congresso riunito a Ginevra e composto dei rappresentanti dell’Unione Siriana, dell’Indipendenza araba, della Delegazione palestinese, e della Lega nazionale per la Liberazione della Siria, decide di rivendicare l’indipendenza completa della Siria e della Palestina, l’una con l’altra, e con gli altri paesi arabi».
Questa decisione, un poco oscura, fu la base dell’intesa tra i Siriani e i Palestinesi. Essa è stata in seguito chiaramente confermata nei numeri 1 e 2 delle cinque risoluzioni finali del Congresso, di cui ecco il testo:
1° Il riconoscimento dell’indipendenza e della sovranità della Siria, del Libano e della Palestina;
2° Il diritto di questi paesi di unirsi fra di loro, con un Governo civile e parlamentare, e di federarsi con gli altri Stati arabi;
3° La decisione immediata della cessazione del Mandato;
4° L’evacuazione immediata della Siria, del Libano e della Palestina da parte delle truppe franco-inglesi che le occupano;
5° L’annullamento della dichiarazione Balfour relativa alla sede nazionale ebraica.
I partigiani dell’unità siriana hanno dovuto per conseguenza cedere davanti all’attitudine dei delegati palestinesi che si sono categoricamente rifiutati di aderire a questa unità, anche nel quadro d’una confederazione araba. È per questo che, malgrado gli sforzi
di Michele Lutfallah e dei suoi colleghi d’Egitto, l’unità siriana, uno dei principali scopi del Congresso, non è stata rivendicata nè nelle risoluzioni del Congresso, nè nei rapporti che questo ha presentato alla
Società delle Nazioni.
I delegati palestinesi hanno seguito un programma nazionale, cioè antisionista, e arabo. Essi hanno dichiarato a varie riprese che la Palestina è pronta ad unirsi a qualsiasi paese arabo, per esempio l’Egitto, se questo paese riuscisse ad ottenere la sua indipendenza. Piuttosto ottimisti, essi dicevano in pieno Congresso che la causa palestinese trionferà prima della causa siriana e che, per questo, essi non potevano legare la sorte del loro paese a quello della Siria. Nonostante la loro politica separatista, per così dire, e la loro opposizione alla unità siriana, essi hanno dovuto tuttavia votare le risoluzioni precedenti 3 e 4, che richiedono la cessazione immediata del mandato e l’evacuazione del paese dalle truppe che lo occupano. Forse essi l’hanno fatto senza molto entusiasmo, ma in ogni modo l’hanno fatto, con il fine soprattutto di dissipare ogni sospetto e di evitare ogni critica, sia da parte francese, sia da parte siriana.
Non tutti i Palestinesi sono però ostili all’unità siriana; sono ad essa favorevoli molte personalità ragguardevoli.
Se il principio dell’unità siriana non ha trionfato, come si aspettava, nel seno del Congresso, ciò non toglie che questo abbia reso importanti servigi alla causa siriana nel suo insieme. Grazie alla sua opera l’opinione pubblica in Europa considererà ormai il problema siriano con molto più interesse e migliore cognizione.
Quanto al pensiero arabo, di cui la questione siriana non è che una evidente manifestazione, bisogna pur riconoscere ch’esso ha dominato, direttamente o indirettamente, il Congresso, e che ne è uscito fortificato. Non si è voluto fare, e a ragione, del congresso Siriano un Congresso Arabo ufficiale, ma non si è mai osato combattere il pensiero arabo. D’altra parte l’Unione Siriana ha sottoscritto assai volentieri all’unione della Siria con gli altri paesi arabi in una confederazione, con la sola riserva di garantire la indipendenza e l’unità della Siria. È ancora da notarsi che una buona parte dei congressisti ha lavorato e lavora sempre alla istituzione di questa confederazione araba. Essi, a questo scopo, guardano la formazione del regno di Bagdad e dello stato di Transgiordania, con molta simpatia e speranza. Quelli stessi che diffidano dell’amicizia inglese seguono con vivo interesse lo sviluppo della politica araba di Londra, e forse non vedrebbero di cattivo occhio in Siria un regime analogo al regime attuale della Mesopotamia.
A questo proposito sia permesso fare la seguente constatazione. Si apprende da buona fonte che il progetto francese del Mandato in Siria sarebbe più o meno simile al progetto inglese per la Mesopotamia. Si sa che il primo rimane riservato, mentre il secondo è stato pubblicato, come tutti gli altri progetti di Mandato, francesi o inglesi.
D’altra parte il
dottore George Samné ha tracciato, qualche giorno fa, un programma significativo (3) che richiede per la Siria un Re designato dalla maggioranza degli abitanti, l’unità, un Governo nazionale, il Mandato francese. In questo regno cristiano il Libano sarebbe ridotto «al limite di una sede cristiana». Questo programma non sembra del tutto estraneo al progetto francese.
È una semplice coincidenza?
Comunque sia, una politica francese di conciliazione s’impone oggi più che mai. Essa sarebbe senza dubbio accolta favorevolmente dai Siriani, i quali si sforzano, d’altra parte, di provare alla Francia che la pratica di una tale politica non sarebbe affatto contraria ai suoi interessi. Essi si dichiarano pronti a riconoscere e a salvaguardare questi ultimi se, dal canto suo, il Governo della Repubblica è pronto a riconoscere e a rispettare i diritti sovrani della loro patria.
Del resto i mezzi di conciliazione non mancano.
Ecco un altro programma:
In una lettera particolare indirizzata
il 27 settembre 1921 a Gabriel Hanotaux, membro della Delegazione francese alla
Società delle Nazioni , Mohammed Rashid Ridà, ex-presidente del Congresso generale e Costituente di Damasco e direttore della celebre rivista araba al-Manar del Cairo, propone ciò che segue:
«La Francia riconoscerà che la Siria è degna di essere libera e indipendente e che il popolo siriano è atto a governarsi da sè. Essa permetterà a questo popolo di formare un Governo nazionale indipendente sulla base del decentramento, secondo la forma che sceglieranno i rappresentanti eletti dal paese. Sarà conchiusa un’alleanza fra la Siria e la Francia, in virtù della quale gli interessi di questa saranno salvaguardati, e una posizione preponderante economica e morale le sarà accordata sul territorio siriano».
Bisogna infine ricordare le dichiarazioni dell’Emiro
Michele Lutfallah, presidente dell’Unione Siriana e del Congresso Siriano-palestinese di Ginevra, che, pur reclamando l’indipendenza della Siria sotto la garanzia della
Società delle Nazioni, desidera vivamente « conservare i rapporti tradizionali di amicizia e di simpatia reciproca con la Francia».
È ancor tempo per la Francia di cogliere questa preziosa occasione e di riconciliarsi con i suoi amici della Siria. Facendolo in questo momento opportuno essa servirà i suoi propri interessi e rialzerà il suo prestigio morale nell’Oriente musulmano. (
Correspondance d’Orient, 15-11-1921).
(1) Cfr.
Oriente Moderno, fascicolo 5°, p. 291 [
vedi] e fasc. 6°, p. 362 [
vedi].
(2) Cfr.
Oriente Moderno, fascicolo 5°, p. 292 [
vedi].
(3) Nel numero di settembre della
Correspondance d’Orient.
M. G.